Reincarnazione cristianesimo Chiesa cattolica Bibbia catechesi - Cristiani Cattolici: Pentecostali Apologetica Cattolica Studi biblici

Vai ai contenuti

Reincarnazione cristianesimo Chiesa cattolica Bibbia catechesi

Catechesi Quinta Parte

LA REINCARNAZIONE E IL CRISTIANESIMO
La reincarnazione è una grande eresia
Stampa articolo


L'odierno sincretismo religioso non soltanto accetta la reincarnazione come una delle sue dottrine di base, ma cerca anche di dimostrare che esso può essere trovato nella Bibbia e nella storia del Cristianesimo. Esamineremo allora le fonti che sono citate per sostenere quest'ipotesi, dimostrando le differenze tra la dottrina della reincarnazione e l'insegnamento cristiano, e daremo infine una spiegazione per i ricordi di vita passata menzionati in un capitolo precedente.

Nelle religioni non cristiane

L'idea che l'anima possa, dopo morte, essere la forma di altri corpi appartiene al patrimonio comune dei popoli primitivi, presso i quali i fenomeni dell'allucinazione e del sogno hanno suggerito la possibilità per l'anima di abbandonare temporaneamente il corpo; la non chiara coscienza della distinzione tra la natura umana e quella animale, in quanto entrambe animate e viventi[4], ha reso possibile la credenza che l'anima, specialmente l'anima dei defunti, possa andare ad informare individui di una data specie animale. Naturalmente in questo passaggio non v'è, in origine, nessun concetto di sanzione morale; neppure, in un primo tempo, tra gli indiani i quali hanno, come altri popoli primitivi, considerato la luna come soggiorno delle anime dei morti e la pioggia come veicolo del loro ritorno a fecondare e rianimare la terra.

La speculazione brahmanica, nella sua ultima evoluzione contenuta nelle Upanishad, ha aggiunto a questo primitivo concetto animistico quello della reincarnazione (samsara), considerata come pena per non aver raggiunto con la meditazione liberatrice la comprensione dell'identità sostanziale dell'io con il mondo, nel che consiste la liberazione.

Il buddismo, che segna l'ultimo termine della speculazione brahmanica, accetta il postulato della reincarnazione ma considera questa, con i suoi sviluppi secondo la legge del karma, come conseguenza del non aver raggiunto la conoscenza, non già dell'identità dell'io con il cosmo, ma della realtà empirica del dolore e dei mezzi per annientarlo, insegnati dal Buddha.

Nella filosofia greca

La dottrina della reincarnazione si ritrova anche in Grecia, dove la concezione animistica primitiva fu sviluppata da un apporto che Erodoto suppone erroneamente provenire dall'Egitto[5], ma che in realtà proviene dall'Oriente indiano attraverso l'Asia Minore. Il movimento orfico, sviluppatosi in Grecia nel VI secolo a.C., considerò la reincarnazione come mezzo di espiazione per ridare all'anima la purezza della sua origine divina, oscuratasi per esser discesa ad abitare il corpo umano, in seguito a una colpa primordiale; la rottura di questo ciclo di rinascite è descritta come la gioia dell'uccello che rompe i lacci che lo tengono prigioniero.

Dell'orfismo è tributario Pitagora, la cui dottrina in proposito è perciò detta orfico-pitagorica[6]. Anche Platone per la psicologia dipende dall'orfismo in quanto anche egli[7] insegna che l'anima umana prima ha vissuto negli astri, dove le furono rivelate le leggi naturali e morali; poi in forza di una legge fatale (per la quale filosoficamente si deve intendere la necessaria unione di anima e corpo a formare l'individuo umano e miticamente la colpa dei titani divoratori di Dioniso) è discesa nel corpo che per essa è una prigione (σῶμα-σῆμα).

Nel solco di Platone si muovono il neopitagorismo e il neoplatonismo. Plotino spiega la legge fatale che induce l'anima, di origine divina, a incorporarsi, per il desiderio che essa sente di posseder meglio se stessa, individuandosi in un corpo. Soltanto con l'esercizio di una vita ascetica e purificatrice (κάθαρσις, kátharsis) che abbrevi il ciclo delle rinascite può, attraverso l'estasi, riunirsi all'Uno che l'attira e l'assorbe formando con essa un solo essere, facendole perdere il senso della sua individualità, che è principio della sua inferiorità.

In epoca moderna


Le antiche dottrine pagane sulla metempsicosi sono state rinnovate nei tempi più recenti dai seguaci dello spiritismo e della teosofia, i quali però al termine di metempsicosi (come agli altri di ensomatosi, metensomatosi, palingenesi) preferiscono sostituire quello di reincarnazione, per sottolineare che essi limitano le trasmigrazioni dell'anima attraverso i soli corpi umani, mentre la metempsicosi può estendersi agli animali e persino ai vegetali.

Tra i protestanti alcune sette hanno rinnovato la teoria dell'apocatastasi; così gli anabattisti e alcuni più recenti, come Ugo Janni[8]. Ma specialmente Schleiermacher introdusse nel protestantesimo l'idea di una possibile conversione dopo la morte[9]. Anche altri riesumarono la teoria della reincarnazione sotto diverse forme e con intonazioni diverse: così Gerolamo Cardano, Bernardino Telesio, Giordano Bruno, Jean Baptiste Van Helmont, Charles Bonnet, Bellanche, Pierre Leroux, Jean Reynaud, Charles Fourier, ecc.

Ma furono specialmente i seguaci della teosofia e dell'antroposofia a rimetere in vigore la dottrina della metempsicosi, insegnando la successione delle vite ("reincarnazione"), con riferimento a fonti greche e latine, ad autori dei secoli XV-XVII, e,
specialmente Helena Petrovna Blavatsky e Annie Besant, alle antiche filosofie e speculazioni religiose dell'India. Secondo tali teorie l'immenso ciclo di nascite e morti è regolato dal karma, secondo il quale ogni anima, lasciando un corpo, ne riveste un altro iniziando una nuova vita, in uno stato migliore o peggiore secondo ciò che ha seminato nella vita precedente, senza escludere del tutto che si riproduca in una specie animale o vegetale o minerale, se la vita antecedente fu peccaminosa. Se si "reincarna" in un corpo umano e migliora si ha una progressiva ascesa fino alla perfezione, che si raggiunge con l'entrata nell'essenza universale, il Nirvana, dove l'uomo è assorbito[10].



Anche i seguaci dello spiritismo, specialmente francese, sostengono la reincarnazione invece del Purgatorio. Secondo loro la persona ha molte esistenze successive, di cui non ha ricordo. In esse espia i peccati commessi precedentemente. Quando lo spirito sarà pienamente purificato, avrà fine il ciclo; ma a questa purificazione completa l'anima arriva fatalmente, per un processo quasi automatico, poiché personalmente, non conoscendo i falli, non potrebbe espiarli[11].
L'insegnamento biblico

Se le dottrine reincarnazioniste parlano di differenti esistenze in corpi o esseri diversi da parte della stessa anima, l'insegnamento evangelico parla sempra nei termini di una sola vita, dopo la quale si da il giudizio.

Nel Discorso della Montagna colpisce la contrapposizione delle "beatitudini" e dei "guai": essa si risolve in un rovesciamento di posizioni dopo la morte, quando chi "ora" ride, "allora" piangerà, e viceversa (Lc 6,20-26; Mt 5,3-12), e ciò in modo definitivo. Lo stesso insegnamento risulta dalla parabola di Lazzaro e del ricco epulone (Lc 16,19-31) e da quella delle dieci vergini (Mt 25,1-13): in entrambe è evidente l'impossibilità di un cambiamento di sorte, essendo finito il tempo delle decisioni.

Le esortazioni di Gesù alla vigilanza, all'attività, alla perseveranza (Mt 24,42-51; 25,13; Mc 13,33; Lc 12,35-40) non avrebbero senso se vi fosse reincarnazione: dopo la "notte" nessuno può più lavorare (cfr. Gv 9,4).

Lo stesso pensiero e le stesse esortazioni si trovano negli scritti degli Apostoli (cfr. Gal 6,9-10; 1Cor 9,24-27; 2Cor 5,1-10; 1Ts 5,2-3; 1Pt 1,3-8; 2Pt 3,10; Gc 4,13-15; Ap 11,10-11; 16,15). In particolare San Paolo insegna chiaramente (1Cor 15,24-28) che con il giudizio si chiude per tutti l'economia della salvezza, senza alcuna possibilità di un ritorno o di una universale apocatastasi. Infatti l'affermazione di una decisione essenziale e irrevocabile importa l'esc1usione di qualsiasi trasmigrazione e ricomparsa dell'anima in nuove vite.

La Lettera agli Ebrei afferma infine categoricamente:

«  [..] per gli uomini è stabilito che muoiano una sola volta, dopo di che viene il giudizio [..]. » (9,27)

Nei Padri della Chiesa
San Giustino
Clemente Alessandrino

La stessa dottrina che si trova nel Nuovo Testamento si può cogliere in numerosi testi dei Padri della Chiesa[12]: in Clemente Romano[13], in San Cipriano[14], i San Basilio[15], in San Giovanni Crisostomo[16], in Sant'Ambrogio[17].

Rispetto alle dottrine pagane sulla metempsicosi, il mondo cristiano è su posizioni diametralmente opposte, anche se non mancano tracce delle antiche dottrine, specialmente in qualche scrittore ispirato al platonismo e al neo-platonismo:
  
in San Giustino[18] si trova affermata una certa preesistenza dell'anima, di cui essa non ha coscienza, come nemmeno ha coscienza delle successive esistenze che seguono l'attuale;
   
Clemente Alessandrino non sembra abbia ammesso una forma di preesistenza, nonostante certi testi non decisivi[19]; altrove però accenna a un travisamento di anime[20], ma sembra riferirsi a speculazioni filosofiche, e chiaramente afferma la μετενσωμάτωσις, metensomátosis ("trascorporazione") propria della teologia egiziana, dalla quale tale dottrina passò in altri indirizzi (qui pensa a Pitagora[21]);

   Origene ha una teoria sull'universale ἀποκατάστασις, apokatástasis ("reintegrazione"): essa non è intimamente collegata con la metempsicosi propriamente detta, anche se egli ammette la preesistenza delle anime, e, nel De Principiis[22] cerca di conciliare il cristianesimo con le teorie platoniche; tali scritti suscitarono una forte polemica contro Origene, soprattutto dopo la sua morte, e particolarmente nel VI secolo, fino alla condanna del patriarca Menna di Costantinopoli e del suo Concilio particolare, e a quella del Sinodo di Costantinopoli del 543, con approvazione di papa Vigilio[23].

L'assenza di una vera e propria corrente cristiana favorevole alle teorie origeniste in generale e alla metempsicosi in particolare risulta pure da alcuni accenni che si trovano in opere antieretiche, in cui talvolta si giunge fino allo scherno di quelle teorie:

   in Sant'Epifanio, Panarion adversus omnes haereses, 21, c. 2; 66, 28;
   in San Basilio Magno, In Haexaemeron, homilia VIII, 2;
   nel Pseudo-Dionigi l'Areopagita, De ecclesiastica hierarchia, c. VII, 2.

Nel Magistero medioevale


Anche se manca una definizione esplicita sulla irreformabilità dell'anima dopo la morte e sulla impossibilità di un mutamento sostanziale delle sue disposizioni, il magistero ecclesiastico ha però dichiarazioni inequivocabili secondo cui la sanzione avviene subito dopo la morte ed è decisiva per tutta l'eternità:

   nel II Concilio di Lione (1274)[24];
   nella costituzione Benedictus Deus di Benedetto XII (29 gennaio 1336)[25];
   nel Decretum pro Graecis del Concilio di Firenze (4 giugno 1439)[26].

Nella Scolastica
Carlo Crivelli, San Tommaso d'Aquino

La teologia scolastica riafferma e spiega razionalmente la dottrina della Sacra Scrittura e dei Padri sottolineando la distinzione tra status viae ("stato di cammino") e status termini ("stato di termine"): in quest'ultimo non si può più meritare. Nel periodo della scolastica echeggia però qua e là l'idea manichea, già combattuta dai Padri, come risulta da due passi della Summa de Catharis di Fr. Rainerio Sacconi[27].

La questione è ancora attuale ai tempi di San Tommaso d'Aquino, che la esamina sotto tutti gli aspetti. Il rifiuto reciso e categorico di tutti gli elementi che potrebbero giustificare la metempsicosi si fonda in San Tommaso su un principio basilare: "la proporzione dell'anima dell'uomo al corpo dell'uomo è uguale alla proporzione dell'anima di quest'uomo al corpo di quest'uomo"[28], e di questo principio metafisico-psicologica fa il perno della sua confutazione filosofica. Tommaso poi dimostra con l'autorità della Rivelazione e con ragioni metafisiche e teologiche che la trasformazione finale avrà carattere definitivo[29], e che le anime hanno la volontà immutabilmente fissa nel bene o nel male, secondo lo stato in cui si trovavano al momento del trapasso
[30].

Questa dottrina, conforme al magistero ecclesiastico e ai dati della Rivelazione, è ancor oggi comune tra i cattolici.[31]
Nel Magistero recente

Il Sant'Uffizio dichiarò nel 1919[32] che le dottrine teosofiche, all'interno delle quali è sviluppato un insegnamento reincarnazionista, non sono conciliabili con la dottrina cattolica.

Giovanni Paolo II toccò il tema della reincarnazione nell'Udienza generale di mercoledì 4 novembre 1998, nella quale fa riferimento al n. 9 della Tertio Millennio Adveniente citata a inizio voce:
«  Non manca chi avverte il fascino di una credenza come quella della reincarnazione, che è radicata nell'humus religioso di alcune culture orientali[33]. La rivelazione cristiana non si accontenta di un vago sentimento di sopravvivenza, pur apprezzando l'intuizione di immortalità che è espressa nella dottrina di alcuni grandi ricercatori di Dio. Possiamo, inoltre, ammettere che l'idea di una reincarnazione sia suscitata dall'acuto desiderio di immortalità e dalla percezione dell'esistenza umana come "prova" in vista di un fine ultimo, nonché della necessità di una purificazione piena per giungere alla comunione con Dio. La reincarnazione, tuttavia, non garantisce l'identità unica e singolare di ogni creatura umana quale oggetto del personale amore di Dio, né l'integrità dell'essere umano quale "spirito incarnato"
. »
(http://www.vatican.va/holy_father/john_paul_ii/audiences/1998/documents/hf_jp-ii_aud_04111998_it.html)
La risposta alle teorie reincarnazioniste

L'opposizione tra le dottrine reincarnazionistiche e la dottrina cattolica è evidente.[34]


Nell'impostazione tomista l'argomento contro la reincarnazione può essere così formulato: se l'anima è forma sostanziale del corpo[35], che gli dà l'essere specifico e che ha quindi con esso un unico essere sostanziale, ne consegue che non può unirsi che a questo corpo[36]; Vi è stretta proporzione tra tale anima e tale corpo[37]. L'anima conserva sempre le determinazioni avute nell'unione con questo corpo, come sua forma, e non può divenire forma di un altro corpo[38].

In termini più diretti, gli argomenti portati in favore della reincarnazione non sono cogenti:

I suoi sostenitori si appellano all'ineguale distribuzione dei mali nell'attuale permanenza sulla terra, per sostenere che essa dipenderebbe dal fatto di altre esistenze anteriori, peccaminose, da cui occorrerebbe purificarsi.

Nella visione cristiana, invece, l'ineguale distribuzione dei beni, con permissione o tolleranza dei mali, dipende dalla diversa donazione dell'amore di Dio[39], che ad ognuno assegna una via da percorrere per prepararsi alla vita eterna. I mali della vita presente servono per la purificazione dai peccati attuali, non da quelli di una vita anteriore di cui nessuno ha ricordo.

I sostenitori della reincarnazione si richiamano anche alla grande diversità, già per disposizioni native, tra le anime, mentre i corpi sono simili.

Riguardo a ciò è sufficiente far osservare che tutto il mondo è fatto di ineguaglianze, dalla natura inanimata alla natura spirituale, e che la diversità di genio, di virtù, di intelligenza dipende sia da una diversa donazione divina, sia dall'influsso dei genitori (ereditarietà), sia dalla particolare costituzione di ogni singolo nell'unione dell'anima a un determinato corpo.

Ancora, chi sostiene la reincarnazione afferma che per percorrere il cammino verso l'infinito una sola esistenza non basta.

Si risponde che non basterebbero nemmeno milioni di esistenze; in realtà si è chiamati a svolgere nell'unica vita a nostra disposizione il disegno di Dio, con l'aiuto della sua Grazia.


Infine, i reincarnazionisti rilevano che quaggiù i buoni sono spesso vittime dei cattivi, e purtuttavia la società non viene meno, ma progredisce: e ciò perché le individualità migliori sempre ritornano, mantengono e sviluppano le sane tradizioni.

Si risponde che il progresso morale nell'umanità è spesso problematico e comunque, quando è reale, si spiega con ben altre ragioni.

Infine vi sono contro la reincarnazione argomenti inconfutabili:


l'assenza di ogni ricordo di una o più esistenze anteriori; i teosofi cercano di giustificare ciò dicendo che tra le due esistenze vi è come uno spazio in cui tutto diventa tendenza, non vi è più atto di conoscenza, e pertanto al ritorno nell'esistenza è impossibile ricordare: ma almeno una memoria confusa dovrebbe esservi;

l'impossibilità di dare alla reincarnazione il carattere di sanzione morale, poiché non si vede come possa esserci castigo se non c'è memoria della colpa che si deve espiare;

l'impossibilità di conciliare la reincarnazione con la spiritualità dell'anima, che se avesse bisogno di simili trasmigrazioni per purificarsi non sarebbe spirituale, bastando a un essere spirituale, per purificarsi, il cambiamento e riordinamento della volontà.

La teoria della reincarnazione è pertanto in contrasto sia con la dottrina cattolica che con i principi di una sana filosofia che resti fedele ai dati dell'esperienza e ai postulati della ragione. (dal sito cathopedia.org)

LA REINCARNAZIONE E LA BIBBIA


I testi biblici presi per sostenere l'idea di reincarnazione sono i seguenti:

1) Matteo 11,14 e 17,12-13, riguardo all'identità di Giovanni il battista;
2) Giovanni 9,2, "Chi ha peccato, lui o i suoi genitori, perché sia nato cieco?";
3) Giovanni 3,3, "Se uno non è nato di nuovo non può vedere il regno di Dio";
4) Giacomo 3,6, "Il ciclo della vita";
5) Galati 6,7, "Quello che l'uomo avrà seminato, quello pure mieterà";
6) Matteo 26,52, "Tutti quelli che prendono la spada, periranno di spada";
7) Apocalisse 13,10, "Se uno deve andare in prigionia, andrà in prigionia; se uno dev'essere ucciso con la spada, bisogna che sia ucciso con la spada".

1. Il primo testo concerne l'identità di Giovanni il battista, che i reincarnazionisti suppongono essere la reincarnazione del profeta Elia. In Matteo 11,14 Gesù dice: "Se lo volete accettare, egli (Giovanni il battista) è l'Elia che doveva venire". Più avanti, nel rispondere agli apostoli riguardo alla venuta di Elia, Gesù dice loro: "Ma io vi dico: Elia è già venuto e non l'hanno riconosciuto; anzi, gli hanno fatto tutto quello che hanno voluto; così anche il Figlio dell'uomo deve soffrire da parte loro. Allora i discepoli capirono che egli aveva parlato loro di Giovanni il battista" (Matteo 17,12-13; vedere anche Marco 9,12-13).

A un lettore frettoloso, può sembrare che questi versi implichino la reincarnazione del profeta Elia in Giovanni il battista.
La profezia del ritorno di Elia si trova nel libro del profeta Malachia (3,1; 4,5-6): "Ecco, io vi mando il profeta Elia, prima che venga il giorno del Signore, giorno grande e terribile. Egli volgerà il cuore dei padri verso i figli, e il cuore dei figli verso i padri, perché io non debba venire a colpire il paese di sterminio". Proprio prima dell'adempimento di questa profezia con la nascita del battista, un angelo aveva annunciato a suo padre Zaccaria: "...andrà davanti a lui con lo spirito e la potenza di Elia, per volgere i cuori dei padri ai figli e i ribelli alla saggezza dei giusti, per preparare al Signore un popolo ben disposto" (Luca 1:17). Cosa significano le parole "con lo spirito e la potenza di Elia"? Secondo gli altri passaggi biblici che si riferiscono a Elia e al battista, non insegnano la reincarnazione.

Al tempo in cui Giovanni il battista cominciò la sua predicazione pubblica, i sacerdoti gli chiesero: "Sei tu Elia?" (Giovanni 1:21). In tali circostanze un vero "guru" non avrebbe esitato a dichiarare la sua posizione nella successione dei maestri spirituali (guru parampara) della tradizione che egli rappresenta. Ma Giovanni il battista rispose semplicemente: "Non lo sono"
(stesso verso).

Il motivo della sua negazione è che Giovanni il battista era un TIPO di Elia, un profeta che avrebbe dovuto ripetere la missione di Elia in un contesto simile al suo. Come Elia prima di lui, anche Giovanni il battista dovette subire la persecuzione della casa reale e agire nel contesto di degenerazione spirituale in cui versava la nazione d'Israele, con la missione di ricondurre le persone a Dio. Il battista aveva lo stesso incarico spirituale del profeta Elia, ma non la stessa anima o lo stesso "sè"
. Dunque nell'espressione "con lo spirito e la potenza di Elia" non bisogna vedere l'idea della reincarnazione di una persona, ma la necessaria ripetizione di un episodio ben conosciuto nella storia d'Israele. Un altro testo biblico che contraddice la teoria della reincarnazione in questo caso è la storia della scomparsa di Elia da questo mondo. Elia non morì fisicamente, ma fu trasportato in cielo (2 Re 2,11). La teoria classica della reincarnazione afferma che una persona deve prima morire affinché il suo sè possa reincarnarsi in un altro corpo. Nel caso di Elia, questo ovviamente non accadde. Infine, dobbiamo ricordare l'esperienza dei tre apostoli al monte della trasfigurazione (Matteo 17,1-8, Marco 9,2-8, Luca 9,28-36), dove in presenza di Cristo apparve Elia e fu identificato dagli apostoli senza alcun fraintendimento che potesse trattarsi del battista.

2. Il prossimo testo è quello della guarigione dell'uomo nato cieco, riportata in Giovanni 9,2. Consideriamo la domanda degli apostoli: "Maestro, chi ha peccato, lui o i suoi genitori, perché sia nato cieco?". E' ovvio che se fosse valida la prima opzione (l'uomo sarebbe nato cieco a causa dei suoi peccati) significherebbe che l'uomo poteva aver peccato solo in una vita precedente. Secondo la teoria classica della reincarnazione, in una vita precedente quell'uomo sarebbe potuto essere un crudele dittatore che ora stava subendo la condanna per le sue azioni.

Comunque, la domanda degli apostoli non implica che tra gli israeliti fosse diffusa qualche forma di dottrina della reincarnazione. Conferma anzi che alcune fazioni religiose dell'epoca insegnavano la fantasiosa teoria che il feto può commettere peccati mentre è ancora nel grembo della madre. Se Gesù avesse considerato vera la reincarnazione, sicuramente avrebbe utilizzato questa opportunità - come Egli era solito fare - per spiegare loro la legge del karma e per applicare la reincarnazione al caso di quell'uomo. Gesù non mancò mai di cogliere simili occasioni per istruire i suoi discepoli riguardo alle questioni spirituali, e la reincarnazione sarebbe stata una dottrina cruciale da apprendere.

Ciò nonostante, con la risposta che diede loro, Gesù rigettò entrame le ipotesi suggerite dagli apostoli. Sia l'idea di poter peccare prima della nascita, sia quella della punizione per i peccati dei genitori, erano sbagliate. Gesù disse: "Né lui ha peccato, né i suoi genitori" (Giovanni 9,3). Quella situazione offrì a Gesù la possibilità di offrire alla gente una prova della Sua divinità, guarendo il cieco nato (v. 39).

3. Nel Vangelo di Giovanni, Gesù dice a Nicodemo: "In verità, in verità ti dico che se uno non è nato di nuovo non può vedere il regno di Dio" (Giovanni 3,3). Preso fuori contesto, questo verso può sembrare suggerire che la reincarnazione (la rinascita) è il modo per ottenere la perfezione spirituali ed essere ammessi nel "regno di Dio". Al verso seguente leggiamo che Nicodemo risponde: "Come può un uomo nascere quando è già vecchio? Può egli entrare una seconda volta nel grembo di sua madre e nascere?" (v. 4). Gesù rigettava l'idea di rinascita fisica e stava spiegando il bisogno che l'uomo rinasca spiritualmente, durante la sua vita, per poter entrare nel regno di Dio dopo la vita terrena (si veda anche questa riflessione).

Gesù spiegò ulteriormente il significato delle Sue parole riferendosi a un episodio ben conosciuto della storia d'Israele: "Come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che il Figlio dell'uomo sia innalzato" (Giovanni 3,14). Questo episodio risale alla traversata del deserto da parte del popolo d'Israele verso la Terra Promessa, sotto la guida di Mosè. Essi parlarono contro Dio, e come risultato comparvero dei serpenti velenosi che presero a morderli. Rendendosi conto del loro peccato, implorarono salvezza. Dio allora disse a Mosè di forgiare un serpente di rame e di metterlo su un'asta, e chiunque l'avrebbe guardato sarebbe stato sanato; bastava semplicemente ubbidire e guardare, per essere guariti. Tornando al collegamento che Gesù fece tra questo episodio e il suo insegnamento, Egli disse: "Come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che il Figlio dell'uomo sia innalzato, affinché chiunque crede in Lui abbia vita eterna" (Giovanni 3,14-15). In altre parole, come Mosè aveva innalzato il serpente di rame nel deserto 1400 anni prima, prefigurando il sacrificio di Gesù, così Egli doveva essere innalzato sulla croce, affinché chiunque crede in Lui sia salvato.
Come gli Israeliti nel deserto ubbidendo al comando di Dio furono salvati dalla morte, così Dio offriva a Nicodemo, alla sua generazione e al mondo intero, di essere salvati credendo che il sacrificio di Gesù sulla croce è la soluzione perfetta che Egli ha provvisto per i peccati del mondo. Dunque il tipo di rinascita di cui Gesù parlava (come anche Paolo, vedi Tito 3,5) non è il concetto orientale di reincarnazione ma una rinascita spirituale che noi abbiamo sperimentato e di cui ogni essere umano può fare l'esperienza nel corso della sua vita terrena.

4. Il quarto testo interpretato da alcuni come indicativo della reincarnazione si trova nell'epistola di Giacomo 3,6, dove si parla di "corso della vita" o di "ciclo della vita", il che sembra richiamare il ciclo di reincarnazioni senza fine presentato dalle religioni orientali. Ma il verso in questione dice soltanto che "la lingua è un fuoco... che contamina tutto il corpo e, infiammata dalla geenna, dà fuoco al ciclo della vita". La lingua senza controllo viene equiparata a un fuoco che danneggia tutti gli aspetti dell'esistenza, pensieri e opere, in un circolo vizioso. Significa cioè che il parlare peccaminoso è all'origine di molti altri peccati, che ne conseguono, e che conducono l'uomo alla geenna (l'inferno).

5. L'esempio classico di karma e samsara nella Bibbia è, secondo i reincarnazionisti, rappresentato dalle parole dell'apostolo Paolo ai Galati: "Non vi ingannate; non ci si può beffare di Dio; perché quello che l'uomo avrà seminato, quello pure mieterà" (Galati 6,7). Questo "seminare e mietere" può sembrare indicare gli atti della persona e le loro conseguenze come dettate dal karma nelle vite seguenti. In realtà, basta leggere il verso successivo per rendersi conto che il punto qui è il giudicare gli effetti dei nostri atti dalla prospettiva della vita eterna, come affermato nella Bibbia, senza possibilità di ulteriori esistenze terrene in gioco: "...quello che l'uomo avrà seminato, quello pure mieterà. Perché chi semina per la sua carne, mieterà corruzione dalla carne; ma chi semina per lo Spirito mieterà dallo Spirito vita eterna" (Galati 6,7-8, si legga anche l'intero capitolo). "Mietere corruzione" significa separazione eterna da Dio nella geenna, mentre la "vita eterna" rappresenta comunione eterna e personale con l'Iddio eterno nei cieli. Nel loro contesto, questi versi non suggeriscono affatto la reincarnazione dell'anima dopo la morte. Secondo il Cristianesimo, il giudice supremo dei nostri atti è Dio, e non un karma impersonale.

6. Dopo che pietro ebbe tagliato l'orecchio di Malco, servo del sommo sacerdote, nel tentativo di impedire l'arresto di Gesù nel Getsemani, Gesù guarì il servo (Luca 22:51), e rimproverò Pietro dicendo: "Riponi la tua spada al suo posto, perché tutti quelli che prendono la spada, periranno di spada" (Matteo 26:52). I reincarnazionisti pensano che questo verso implichi l'azione del karma.

Tutti e quattro i vangeli fanno un resoconto del rimprovero di Gesù contro l'iniziativa di Pietro. Per quanto eroica potesse apparire, era contraria al piano di Dio (come Gesù stesso disse poco dopo: "Come dunque si adempirebbero le Scritture, secondo le quali bisogna che così avvenga?", verso 54). Pietro dunque in questo caso stava peccando e, secondo la legge dell'Antico Testamento il peccato doveva essere retribuito (cfr. Genesi 9,6, ecc.). Comunque, in tutta la legge dell'Antico Testamento, si parla sempre di retribuzione nella vita attuale (Es. 21,23-25, Lev. 24,19-20, Deut. 19,21, ecc.), non in presunte vite future. Altrimenti le parole di Gesù porterebbero a delle implicazioni assurde. Se Egli avesse inteso dire che uccidendo qualcuno con la spada in questa vita, si verrebbe uccisi con la spada in una vita futura, allora la crocifissione di Gesù (che seguì di lì a poco) sarebbe stata una punizione per i peccati che il Figlio di Dio aveva commesso in qualche "vita precedente", invece di essere secondo il piano di salvezza di Dio come Cristo stesso aveva più volte affermato.

7. "Se uno deve andare in prigionia, andrà in prigionia; se uno dev'essere ucciso con la spada, bisogna che sia ucciso con la spada" (Apocalisse 13,10). Questo verso appartiene a una profezia che parla del tempo della fine, in cui Satana e i suoi soggetti avranno temporaneamente potere sulla terra. I seguaci della reincarnazione devono rendersi conto che si tratta di una citazione dall'Antico Testamento: "Se anche ti dicono: "Dove ce ne andremo?", tu risponderai loro: "Così dice il Signore: Alla morte, i destinati alla morte; alla spada, i destinati alla spada; alla fame, i destinati alla fame; alla schiavitù, i destinati alla schiavitù" (Geremia 15,2). Questa sentenza fu scritta dal profeta Geremia poco prima della caduta di Gerusalemme e dell'esilio Babilonese (586 a.C.) ed esprime la condanna di Dio sugli israeliti malvagi di quel tempo, che Lo avevano rigettato. Qui non è all'opera una legge impersonale del karma, ma la volontà di un Dio personale e creatore, che ha il diritto di scegliere come punire coloro che Lo hanno rigettato (si veda anche Geremia 43,11, che usa le stesse parole per annunciare la punizione dell'Egitto per i suoi peccati). Lo scrittore dell'Apocalisse usa questa citazione per rassicurare i credenti che si troveranno a vivere durante gli eventi descritti nella profezia, che Dio tornerà a fare giustizia, così come fece nel passato. Pertanto li esorta ad avere costanza e fedeltà, come il verso aggiunge subito dopo (v. 10).

Come si può osservare, in tutte le situazioni in cui sono menzionate delle "prove bibliche" per la reincarnazione, il contesto viene sempre ignorato. Altri passaggi usati per tentare di convalidare la reincarnazione, parlano in realtà dell'esistenza di Cristo prima della Sua venuta nel mondo in forma umana (Giovanni 8,58), la continuità dell'esistenza dell'anima di ogni persona dopo la morte (Giovanni 5,28-29, Luca 16,22-23, 2 Corinzi 5,1), e la rinascita spirituale dei credenti durante la loro vita terrena attuale (Tito 3,5, 1 Pietro 1,23), l'unica ammessa dalla Bibbia. Nessuno di questi passaggi dà una seppur vaga indicazione della reincarnazione.


QUALCUNO HA RISCRITTO LA BIBBIA, CANCELLANDO DEI PASSAGGI CHE PARLAVANO DI REINCARNAZIONE?

Alcune persone pensano che la Bibbia abbia potuto contenere molti passaggi che insegnavano la reincarnazione, e che questi furono cancellati durante il quinto cincilio ecumenico, tenuto a Costantinopoli nell'anno 533 d.C. Comunque, non esiste alcuna prova che sia mai avvenuta una cosa del genere. I manoscritti esistenti, molti dei quali sicuramente alquanto più antichi del 533 d.C., non sono diversi dai testi che noi usiamo oggi. Esistono inoltre numerosi motivi per credere che il Nuovo Testamento non fu scritto più tardi del primo secolo dopo Cristo, prima della nascita di qualsiasi istituzione religiosa cristiana.
Ulteriori informazioni sull'accuratezza dell'attuale testo Biblico sono disponibili in inglese (si veda ad es. Dating the Oldest New Testament Manuscripts, di Peter van Minnen, Duke University) e in italiano (si veda ad es. questo studio).

Inoltre, se i presunti riferimenti alla reincarnazione fossero stati cancellati, perché allora sono stati lasciati passaggi come quelli che abbiamo visto sopra? E' chiaro, invece, che tutto il testo biblico contraddice l'idea di reincarnazione, sia esplicitamente che implicitamente (si vedano ad esempio 2 Samuele 12,23; 14,14, Giobbe 7,9-10, Salmo 78,39, Matteo 25,31-46, Luca 23,39-43, Atti 17,31, 2 Corinzi 5,1;4;8, Apocalisse 20,11-15). Ecco un chiaro esempio tratto dal Nuovo Testamento:

"Come è stabilito che gli uomini muoiano una volta sola, dopo di che viene il giudizio, così anche Cristo, dopo essere stato offerto una volta sola per portare i peccati di molti, apparirà una seconda volta, senza peccato, a coloro che lo aspettano per la loro salvezza" (Ebrei 9,27-28).

L'insegnamento cristiano che si vive una sola volta è biblico oltre ogni ragionevole dubbio, e viene offerto come termine di paragone il fatto che Gesù stesso morì una sola volta per i nostri peccati. Il giudizio che segue dopo la morte non è ovviamente il giudizio di un karma impersonale, ma quello di un Dio personale e onnipotente; l'uomo può entrare nella vita eterna con Lui in cielo, o essere separato da Lui per l'eternità.

La reincarnazione è contraria al cuore stesso del Cristianesimo: la necessità del sacrificio espiatori di Gesù Cristo per i nostri peccati. Se noi esseri umani dobbiamo pagare le conseguenze dei nostri peccati nelle vite future e guadagnarci la salvezza con le nostre capacità, il sacrificio di Gesù diventa inutile e assurdo. Non sarebbe la via per andare al Padre, ma un evento come un altro nella storia. Gesù invece ha detto: "Io sono la via, la verità e la vita; nessuno viene al Padre se non per mezzo di me" (Giovanni 14,6).


SE LA REINCARNAZIONE NON E' VERA, COME SI SPIEGANO I RICORDI DI VITE PRECEDENTI?

In un precedente capitolo abbiamo discusso dell'equivalenza tra il rievocare "i ricordi di vite passate" mediante l'ipnosi, e il fenomeno delle personalità multiple. Ma, dicevamo, se si considera la questione da un punto di vista puramente naturalistico, rimane un elemento irrisolto: come sono distribuiti i ruoli delle diverse personalità, chi dirige cioè questo processo? Non può essere casuale. Usando le parole di Wilson, "lo show deve avere un 'direttore'".

I parapsicologi tendono ad attribuire il ruolo del "direttore" a delle entità personali esterne, che agiscono attraverso un processo di channeling. L'ipnosi crea delle condizioni perfette per entrare in contatto con queste entità mediante l'abolizione della normale coscienza. Invece di presentare la loro vera identità, tali entità si presentano come personalità rievocate dalle vite precedenti della persona. Fino ad oggi sono stati documentati sufficienti casi di interferenza da parte di spiriti esterni nella produzione di storie di reincarnazione. La maggior parte delle persone che cercano di rievocare tali ricordi non sono consapevoli di queste entità parassite. Quelli che ne sono consci invece le accettano come aiuti preziosi nel processo di ricostruzione dei ricordi. Il solo motivo per accettare i ricordi così ottenuti è la fiducia cieca nella sincerità di queste entità spirituali.

Ora se passiamo dal campo della parapsicologia a quello del Cristianesimo, appare evidente che tali "entità spirituali esterne" esistono, e hanno sufficienti motivi per mentirci riguardo alle realtà spirituali. Sono chiamati demoni e hanno sviluppato diversi sistemi ingegnosi per ingannare gli esseri umani. La Bibbia commenta:

"Non c'è da meravigliarsene, perché anche Satana si traveste da angelo di luce. Non è dunque cosa eccezionale se anche i suoi servitori si travestono da servitori di giustizia; la loro fine sarà secondo le loro opere" (2 Corinzi 11,14-15).

Se accettiamo la rivelazione biblica, ammettendo che i demoni esistono e che fanno del loro meglio per diffondere le loro "verità" sulle realtà spirituali, perché non si dovrebbe considerare il loro possibile coinvolgimento nella produzione di prove a favore della reincarnazione, un concetto che si oppone vistosamente all'essenza del Cristianesimo e al tempo stesso si adatta perfettamente ai loro scopi? Se le migliori condizioni per esprimersi si verificano proprio sotto ipnosi (quando la coscienza di sè viene abolita), perché non dovrebbero agire? Perché non dovrebbero rispondere a un pubblico invito di adempiere i loro scopi in un modo affascinante per un pubblico credulo e ignorante delle realtà spirituali?

L'esperienza della possessione spiritica rappresenta un pieno o parziale controllo dell'essere umano da parte di un'entità spirituale esterna (un demone). Questo fenomeno è conosciuto alla maggior parte delle religioni e nell'occultismo. Lo spirito parassita esercita il suo controllo sul comportamento, sulle funzioni mentali e sulle emozioni della persona coinvolta, essendo capace di produrre sensazioni e sintomi nel corpo fisico. Questa figura è ovviamente molto vicina a ciò che accade durante una seduta di regressione ipnotica. Perché allora rigettare la spiegazione della possessione spiritica e scegliere di credere a un'evidenza di vita precedente? Le informazioni prodotte (i ricordi di vite precedenti) corrispondono in parte alla realtà, al fine di guadagnare la fiducia dell'uomo; se queste informazioni sono conosciute dagli esseri umani, quanto più sono conosciute dai demoni. Se gli uomini sono in grado di creare degli scenari storici basandosi sulle informazioni a loro disposizione, quanto più creativi sapranno essere i demoni?

Nel caso dei "ricordi spontanei di vite passate" da parte dei bambini, il meccanismo è simile. All'età in cui essi ricordano le loro presunte vite precedenti (in genere tra i due e i cinque anni) il loro discernimento spirituale non è ancora neppure formato, il che li rende vulnerabili a ogni manipolazione. In un precedente capitolo su questo fenomeno, abbiamo visto che ci sono casi in cui la presunta reincarnazione dell'anima si sovrappone alla personalità del bambino, presentando i tipici sintomi della possessione demoniaca.

In conclusione, non è possibile riconciliare il Cristianesimo e la reincarnazione. Da un punto di vista di studio, come Ian Stevenson ha affermato, le cosiddette esperienze di reincarnazione rilevate fino ad oggi possono solo "suggerire" l'idea della reincarnazione, ma a un esame attento non dimostrano nulla. Da un punto di vista cristiano, invece, suggeriscono evidenza di possessione demoniaca e pertanto questi metodi non andrebbero mai usati.

La dottrina della reincarnazione e la Bibbia

a cura di G. Butindaro


La dottrina della reincarnazione ha cominciato a diffondersi ampiamente tra gli occidentali alla fine del diciannovesimo secolo per opera della Società Teosofica, una setta fondata dalla spiritista Helena Blavatsky (1831-1891) assieme all'avvocato spiritista colonnello Henry Steel Olcott (1832-1907), nel 1875. Questa setta, dedita all'occultismo e allo spiritismo e che avversa in maniera feroce il Cristianesimo, ha avuto un ruolo fondamentale nella formazione del New Age (in italiano Nuova Era o Nuovo Evo), il super-movimento che in questi ultimi decenni si è divulgato per tutto il mondo e che attira al suo interno soprattutto i giovani, tanto che taluni fanno risalire l'origine del New Age proprio alla data del 1875 e chiamano la sua fondatrice la madre del New Age.

La reincarnazione ha ricevuto un forte impulso dopo la seconda guerra mondiale dai cosiddetti guru indiani che hanno cominciato ad invadere l'Occidente. È accettata da innumerevoli persone nel mondo. In particolare va segnalato che la reincarnazione spesso si fa strada nei cuori di molti giovani per il fatto che taluni cantanti, o attori o atleti sportivi di cui essi hanno profonda stima aderiscono ad essa. In sostanza molti giovani accettano la reincarnazione perché l'ha accettata il loro 'idolo'.
Vediamo adesso che cosa dice questa dottrina; noi la descriveremo dal punto di vista induista, facendo notare man mano i punti su cui non tutti i reincarnazionisti sono d'accordo tra loro (tra di essi infatti ci sono differenti modi di vedere a riguardo di una cosa o di un'altra).

Innanzi tutto questa dottrina dice che noi sulla terra non stiamo vivendo per la prima volta, avendo vissuto delle altre vite in precedenza; e questo perché l'anima dell'uomo quando abbandona un corpo se ne andrebbe in un altro. Questo concetto è espresso nella Bhagavad-Gita (scritti considerati sacri da coloro che professano l'Induismo) in questi termini: 'A quel modo che un uomo abbandona i suoi vecchi vestimenti e ne prende di nuovi, così il sè abitante nel corpo abbandona i suoi vecchi corpi e ne prende di nuovi' (Bhagavad-Gita, Seconda Lettura v. 23); 'A quel modo che in questo corpo il sè incorporato passa attraverso l'infanzia, la giovinezza e la vecchiaia, così, alla morte, egli assume un altro corpo' (Ibid., Seconda Lettura v.14). A tale proposito va detto che alcuni credono che l'anima dell'uomo può andare a reincarnarsi anche in un animale (come credono gli induisti) e altri questo lo negano; inoltre mentre taluni credono che l'anima disincarnata se ne va subito in un altro corpo umano, altri credono che ci va dopo un certo periodo di tempo, breve per alcuni molto più lungo per altri, e che nel frattempo l'anima rimarrebbe sulla terra o risiederebbe in qualche altro mondo o piano di esistenza. La dottrina della reincarnazione dice anche che noi siamo e sperimentiamo sulla terra quello che meritiamo di essere e di sperimentare in base al nostro comportamento tenuto nelle vite precedenti; in altre parole il bene che uno riceve sulla terra è il frutto delle azioni buone passate, mentre il male che uno riceve è il frutto delle cattive azioni passate. Cosicché se uno nasce in una famiglia ricca o ha una buona salute viene detto che ha un buon karma, mentre se nasce in una famiglia povera, malato, e durante la sua vita subisce sventure di ogni genere si dice che ha un cattivo karma. 'È il suo karma', ecco l'espressione che si sente ripetutamente dire ai reincarnazionisti per dare una spiegazione alla differente condizione sociale degli uomini e agli eventi buoni e cattivi che si succedono nella loro vita. Karma significa letteralmente 'azione' e indica la legge di causa ed effetto, in sostanza la legge che dice che quello che uno semina (in questa vita) quello pure mieterà (nella prossima vita terrena). È da notare che i reincarnazionisti per sostenere questa cosiddetta legge del karma prendono anche le parole di Paolo ai Galati: "Quello che l'uomo avrà seminato, quello pure mieterà" (Gal. 6:7). Sempre secondo la 'legge' del karma l'uomo non può sperimentare gli effetti di tutte le azioni con una sola vita perché mentre da un lato egli miete in questa esistenza il frutto delle azioni passate dall'altro compie delle azioni che hanno bisogno della corrispondente retribuzione. In altre parole egli non può scontare tutto il suo debito karmico in una sola esistenza o in altre parole ancora egli non può purificarsi (espiare il suo karma) da sè medesimo in una sola vita; quindi egli deve reincarnarsi ancora. Da qui la necessità di un ciclo di ripetute reincarnazioni chiamato samsara (ossia il ciclo delle rinascite), da cui è possibile però liberarsi. La meta dunque da raggiungere è la liberazione (moksha) da questo ciclo di rinascite, che può essere conseguita facendo ricorso ai diversi tipi di yoga. Questa liberazione sopravviene quando l'anima individuale (Atman) si ricongiunge con l'anima universale (Brahman), e l'uomo esce così dall'illusione (maya) di essere distinto da Brahman cioè quando l'uomo in sostanza realizzerà la sua natura divina; raggiungerà allora la perfezione e finiranno allora le sofferenze e sperimenterà la suprema beatitudine! Ecco cosa dice la Bhagavad-Gita a proposito di questa liberazione: 'Così lo yoghin, sforzandosi di continuo e purificate le sue impurità, raggiunge, dopo molteplici nascite, la perfezione e perviene al fine supremo' (Bhagavad-Gita, Sesta Lettura v.47) ed ancora: 'Raggiunto che m'abbiano, questi magnanimi non sono più soggetti a nuova nascita, sede di dolore, impermanente. Essi hanno ormai raggiunto la perfezione suprema' (Ibid., Ottava Lettura. v.15). Riguardo a questo punto va detto che taluni credono che il ciclo delle rinascite sia senza fine e quindi che la meta non sia la liberazione dal ciclo delle rinascite.

Tenete dunque presente, quando sentite parlare della reincarnazione, che essa racchiude questi principi:

   l'anima dell'uomo è parte di Dio o è Dio stesso (si tenga presente però che per 'Dio' i reincarnazionisti intendono una Energia cosmica, cioè un Dio impersonale);
   l'anima si è incorporata nel corpo umano dopo avere vissuto precedentemente in un altro essere vivente o in altri esseri viventi;
   le circostanze della vita dell'uomo, cioè le cose buone e cattive, spiacevoli e piacevoli, che gli succedono non sono altro che la conseguenza delle sue azioni compiute nelle vite precedenti;
   dopo la morte la sua anima continuerà a reincarnarsi ripetutamente sulla terra in un altro essere umano (o persino in qualche animale) per raccogliere il frutto delle sue azioni e per compiere l'espiazione del suo karma;
   esiste la speranza che un giorno questo ciclo di rinascite cesserà definitivamente (per altri invece questo ciclo è senza fine);
   affinché l'uomo possa essere liberato da questo ciclo di rinascite deve praticare lo yoga (ognuno mette l'enfasi su un particolare tipo di yoga);
   quando l'uomo diventerà Brahman o meglio tornerà a congiungersi con Brahman (appunto mediante lo yoga) e realizzerà la sua natura divina uscendo dall'illusione di essere separato dalla divinità, per lui finirà questo ciclo di rinascite perché avrà raggiunto la perfezione;
   non è previsto nessun perdono per le cattive azioni perché esse devono essere pagate fino in fondo nelle vite seguenti;
   l'uomo non deve rendere conto delle sue azioni a Dio ma solo a se stesso.


COME LA SCRITTURA ANNULLA LA DOTTRINA DELLA REINCARNAZIONE E LA 'LEGGE' DEL KARMA

1) La sacra Scrittura insegna che Dio non è un'energia cosmica cioè un Dio impersonale ma un Essere vivente che parla: "E Dio disse loro: Crescete e moltiplicate e riempite la terra, e rendetevela soggetta..." (Gen. 1:28), vede: "E l'Eterno disse: Ho veduto, ho veduto l'afflizione del mio popolo che è in Egitto..." (Es. 3:7), sente: "E Dio udì i loro gemiti..." (Es. 2:24), ricorda: "E Dio si ricordò del suo patto con Abrahamo, con Isacco e con Giacobbe" (Es. 2:24), ha dei sentimenti che manifesta: "Dacché io parlo contro di lui, è più vivo e continuo il ricordo che ho di esso; perciò le mie viscere si commuovono per lui, ed io certo ne avrò pietà, dice l'Eterno" (Ger. 31:20), che fa del bene o del male a secondo che deve premiare o punire: "Benedirò quelli che ti benediranno e maledirò chi ti maledirà..." (Gen. 12:3), ecc.

2) La Scrittura insegna che l'uomo non è parte di Dio, cioè l'uomo non è un'emanazione di Dio (e perciò non è divino), ma bensì una creatura di Dio (cfr. Gen. 2:7 e Sal. 139:13-15) che ha bisogno di riconciliarsi con il suo Creatore perché gli è nemico nei suoi pensieri e nelle sue opere; e questo egli lo può fare solo ora, in questa vita, perché è scritto: "Siate riconciliati con Dio ... Eccolo ora il tempo accettevole; eccolo ora il giorno della salvezza" (2 Cor. 5:20; 6:2). Quindi l'uomo è un essere (distinto dal suo Creatore) che a motivo del peccato di cui è schiavo deve fare pace con Dio mentre è ancora in tempo. Egli non potrà mai realizzare di essere uno con Dio e perciò di essere Dio, perché egli non è mai stato Dio e non ha bisogno di realizzare una sua presunta divinità da lui ignorata. In altre parole, l'uomo non è una scintilla divina (Atman) che ha bisogno di ricongiungersi con il fuoco (Brahman) da cui è proceduta. L'uomo ha bisogno di riconciliarsi (badate, non realizzare una ricongiunzione con Dio) con il solo vero Dio e questo lo può fare solo su questa terra, solo in questa esistenza; e quando lo fa egli viene purificato da tutti i suoi peccati e in virtù di questa purificazione è certo di andare a vivere con il Signore quando morirà. Se non si riconcilia con il suo Creatore avverrà invece che quando morirà se ne andrà nel fuoco dell'Ades perché morirà nei suoi peccati. Il ciclo delle rinascite (reincarnazioni) da cui "la goccia uomo" deve uscire per immergersi nell'oceano Brahman è un qualcosa di inesistente, un inganno perpetrato dal diavolo a danno di tante anime per menarle in perdizione; siamo persuasi infatti che tutti i reincarnazionisti che sono morti pensando di dovere passare attraverso questa sorta di ciclo di purificazione prima di ricongiungersi con Brahman sono nel fuoco dell'Ades a biasimare la dottrina della reincarnazione e chi l'ha inventata.

3) La Scrittura insegna che la nostra anima non esisteva prima di essere in questo corpo perché è stata creata da Dio assieme ad esso (non possiamo dire però con certezza quando essa, per opera di Dio, è venuta all'esistenza nel seno di nostra madre). Perciò l'anima che possediamo nel nostro corpo non può essere stata nel corpo di un altro individuo che ha vissuto prima di noi o nel corpo di un animale. State dunque tranquilli, perché voi siete voi e solo voi; la vostra anima è la vostra; voi non avete vissuto mai in qualcun altro prima di venire all'esistenza in questo mondo e quindi non avete bisogno di mettervi a cercare chi eravate nelle vite passate.

4) La Scrittura insegna che l'anima di ogni individuo quando muore va o in paradiso o all'inferno a secondo che è salvato o perduto. Ecco le prove scritturali. L'anima del ladro pentitosi sulla croce, in quello stesso giorno, quando morì, andò nel paradiso come Gesù gli aveva detto poco prima: "Io ti dico in verità che oggi tu sarai meco in paradiso" (Luca 23:43) e questo in virtù del fatto che il Signore gli aveva perdonato tutti i suoi peccati. Egli non andò a reincarnarsi in nessuno, né subito e né dopo un certo lasso di tempo. Le anime di quegli uomini uccisi a motivo della Parola di Dio, Giovanni le vide in cielo presso l'altare. Ecco cosa dice Giovanni: "E quando ebbe aperto il quinto suggello, io vidi sotto l'altare le anime di quelli ch'erano stati uccisi per la Parola di Dio e per la testimonianza che avevano resa" (Ap. 6:9). Esse non andarono a reincarnarsi in nessuno né subito e neppure dopo un certo tempo. L'apostolo Paolo sapeva e diceva che una volta morti l'anima dei giusti va ad abitare in cielo con il Signore: egli infatti disse ai Corinzi: "Noi sappiamo infatti che se questa tenda che è la nostra dimora terrena viene disfatta, noi abbiamo da Dio un edificio, una casa non fatta da mano d'uomo, eterna, nei cieli" (2 Cor. 5:1). Questa è la ragione per cui egli diceva sempre ai Corinzi: "Abbiamo molto più caro di partire dal corpo e d'abitare con il Signore" (2 Cor. 5:8) ed ai Filippesi che egli aveva il desiderio di partire dal corpo e d'essere con Cristo secondo che è scritto: "Io sono stretto dai due lati: ho il desiderio di partire e d'essere con Cristo, perché è cosa di gran lunga migliore..." (Fil. 1:23). L'apostolo dunque non credeva nella immediata o in una posticipata reincarnazione dell'anima, ma bensì in un immediato trasferimento dell'anima del giusto dal corpo umano al regno dei cieli. Gesù ha detto che chi crede in lui anche se muore vivrà (in paradiso naturalmente) secondo che è scritto: "Chi crede in me, anche se muoia, vivrà" (Giov. 11:25) e non che anche se egli muore rivivrà come se lo aspettasse un'altra vita terrena o altre vite terrene subito o dopo qualche tempo. L'anima del ricco della parabola, quando morì non andò a reincarnarsi in un povero, o in un maiale, o in una cagna, per pagare l'ingiustizia operata nei confronti del povero che giaceva alla sua porta pieno di ulcere, bramoso di sfamarsi con le briciole che cadevano dalla sua tavola. Secondo la 'legge' del karma quell'anima avrebbe dovuto andare a reincarnarsi nel corpo di uno che sarebbe stato povero e pieno di ulcere o comunque in qualcuno che avrebbe dovuto soffrire quanto aveva sofferto il povero alla sua porta, ma così non avvenne perché essa se ne andò nell'Ades dove era tormentata dal fuoco. Dice infatti la Scrittura: "Morì anche il ricco, e fu seppellito. E nell'Ades, essendo nei tormenti..." (Luca 16:22,23). Egli si era goduto la vita e quando morì cominciò il suo tormento; Abramo gli disse: "Ricordati che tu ricevesti i tuoi beni in vita tua, e che Lazzaro similmente ricevette i mali; ma ora qui egli è consolato, e tu sei tormentato" (Luca 16:25).
Dopo la morte, dunque, siccome le anime dei giusti vanno in cielo (in Paradiso) e quelle dei peccatori vanno nell'Ades, esse non possono in nessuna maniera e in nessun tempo entrare nel corpo di qualcuno che deve nascere o che è appena nato. Fratelli, voi alla fine del vostro corso terreno andrete ad abitare con il Signore in cielo, se pure perseverate nella fede, e là attenderete il giorno della risurrezione nel quale ritornerete a vivere in un corpo e precisamente nel vostro corpo che avrete lasciato sulla terra trasformato però in un corpo immortale, incorruttibile e glorioso, e comparirete davanti al tribunale di Cristo per ricevere la vostra retribuzione. Quanto invece agli empi, essi quando moriranno andranno nel soggiorno dei morti come dice la Scrittura (cfr. Giob. 21:13 e Sal. 9:17) e là attenderanno il giorno del giudizio nel quale saranno giudicati secondo le loro opere e saranno condannati ad una eterna infamia. "È stabilito che gli uomini muoiano una volta sola, dopo di che viene il giudizio" (Ebr. 9:27), dice la Scrittura; questo verso esclude nella maniera più categorica che dopo morti l'anima di chicchessia si vada a reincarnare nel corpo di un altro individuo.

5) La Scrittura insegna che c'è un Dio che guida tutti i passi dell'uomo, sia dei giusti che degli empi, senza che questi possano comprendere come egli faccia infatti è scritto: "I passi dell'uomo li dirige l'Eterno; come può quindi l'uomo capire la propria via?" (Prov. 20:24) ed altrove: "Non è in potere dell'uomo che cammina il dirigere i suoi passi" (Ger. 10:23). Inoltre essa afferma che tutti dipendono dal tempo e dalle circostanze secondo che è scritto: "Tutti dipendono dal tempo e dalle circostanze" (Ecc. 9:11) che Dio crea a suo piacimento. Quindi, per noi credenti il fatto di essere nati in una famiglia ricca o in una povera, o pieni di salute o malati è dipeso in definitiva da Dio e non da meriti o demeriti precedenti acquistati prima di venire in questo mondo. Anche il fatto che ci troviamo ad abitare in un determinato luogo, di esserci sposati una determinata persona, di avere un particolare lavoro, ed il passare determinate circostanze dipende da Dio il quale in una maniera che noi non comprendiamo dirige la nostra vita sempre per farci alla fine del bene. Come lui ha guidato i nostri passi quando eravamo perduti al fine di salvarci e quindi farci del bene, così sappiamo che egli sta ancora guidando i nostri passi per farci alla fine del bene. "Tutte le cose cooperano al bene di quelli che amano Iddio, i quali sono chiamati secondo il suo proponimento" (Rom. 8:28), dice Paolo. Nulla di male quindi può accaderci senza che sia stato prestabilito anch'esso da Dio per il nostro bene. D'altronde non si può pensare altrimenti perché Gesù ha detto che non cade un solo passero a terra senza il volere del Padre nostro (cfr. Matt. 10:29) e che persino i capelli del nostro capo sono tutti contati (cfr. Matt. 10:30). Perciò siamo disposti ad accettare dalla mano di Dio non solo il bene ma anche il male e diciamo come Giobbe nelle nostre afflizioni: "Abbiamo accettato il bene dalla mano di Dio, e rifiuteremmo d'accettare il male?" (Giob. 2:10). Per quanto riguarda gli empi occorre dire che anche loro sono nati o in una famiglia ricca o in una povera, o pieni di salute o malati, o sono sposati con certe persone o abitano in un certo luogo piuttosto che in un altro, ed hanno un certo tipo di occupazione, non per dei loro meriti o demeriti acquisiti in vite precedenti ma per la volontà di Dio. Ma mentre una parte di essi saranno a suo tempo salvati dal Signore perché sono nel numero di coloro che egli ha preconosciuti e predestinati ad essere adottati come suoi figliuoli (cfr. Rom. 8:29,30), e quindi i loro passi Dio li guida affinché in quel giorno possano pervenire alla conoscenza della verità che li affrancherà dal peccato; un'altra parte facendo parte di quei vasi d'ira preparati per la perdizione saranno guidati da Dio nella loro vita in maniera tale che non possano pervenire alla conoscenza della verità e se ne vadano in perdizione (cfr. Rom. 9:21-24). Dio fa grazia a chi vuole e indura chi vuole; la salvezza dell'individuo dipende dal proponimento della sua elezione e non dalla volontà di colui che annunzia l'evangelo o di chi l'ascolta (cfr. Rom. 9:10-18).

6) La Scrittura afferma che l'uomo viene retribuito già sulla terra in base al suo operato secondo che è scritto: "Ecco, il giusto riceve la sua retribuzione sulla terra, quanto più l'empio e il peccatore" (Prov. 11:31); ed ancora: "Ditelo che il giusto avrà del bene, perch'ei mangerà il frutto delle opere sue! Guai all'empio! male gl'incoglierà, perché gli sarà reso quel che le sue mani han fatto" (Is. 3:10,11) ma questo operato è quello attuale e solo quello attuale, ossia non è che il giusto ottiene la retribuzione di sue opere buone compiute in vite precedenti, e neanche che l'empio riceve la retribuzione di malvagie opere compiute in vite precedenti. Ognuno quindi miete quello che ha seminato in questa vita, e solo in questa vita (in attesa del giudizio che per i giusti implicherà il premio che essi si terranno per l'eternità, mentre per gli empi il castigo eterno). Questa legge spirituale l'ha stabilita Dio e nessuno sfugge ad essa o può cambiarla. Come nella natura se uno semina un seme di grano al suo tempo raccoglierà grano, e se uno semina spine e triboli raccoglierà a suo tempo spine e triboli, in virtù della legge naturale stabilita da Dio al principio della creazione; così il giusto che semina giustizia miete pace, gioia, e riceve giustizia da Dio; mentre l'empio che semina iniquità raccoglie guai e dolori di ogni genere perché infrange i comandamenti di Dio.

7) La Scrittura dice: "l'Eterno è l'Iddio delle retribuzioni, non manca di rendere ciò che è dovuto" (Ger. 51:56). In altre parole Dio retribuisce il male che viene fatto, punendo coloro che lo compiono come essi meritano. Abbiamo nella Scrittura diversi esempi che ci mostrano questo. Faraone fu colpito da Dio con grandi piaghe perché si era preso la moglie del patriarca Abramo (cfr. Gen. 12:14-17), la casa di Abimelec fu colpita da Dio con la sterilità perché Abimelec si era presa la moglie di Abrahamo (cfr. Gen. 20:1-18), Nebucadnetsar fu colpito da Dio a motivo della sua arroganza (cfr. Dan. 4:1-37), il re Jehoram fu colpito da Dio a motivo della sua malvagità (cfr. 2 Cron. 21:18,19), ecc. Naturalmente a questa punizione non scampano neppure i credenti quando si abbandonano a fare ciò che è male agli occhi di Dio. Paolo infatti dice ai santi di Colosse che "chi fa torto riceverà la retribuzione del torto che avrà fatto; e non ci sono riguardi personali" (Col. 3:25), e Pietro che "è giunto il tempo in cui il giudicio ha da cominciare dalla casa di Dio" (1 Piet. 4:17). Gli esempi di Anania e Saffira (cfr. Atti 5:1-10), e di quei credenti di Corinto colpiti con la malattia e con la morte sono una dimostrazione di come Dio giudica anche quelli di dentro quando fanno ciò che è male (cfr. 1 Cor. 11:28-32). In questo caso quindi il male che si abbatte sull'incredulo e quello che si abbatte sul credente è un giudizio di Dio.

8) La Scrittura insegna che il fatto che uno soffra molto sulla terra non significa che egli sia stato ingiusto o empio in vite precedenti. L'esempio di Gesù spiega questo concetto molto bene; egli pure essendo giusto, immacolato, irreprensibile soffrì molte sofferenze. Per quale motivo? Forse perché il suo karma era cattivo, ossia perché nelle sue vite precedenti egli aveva accumulato tante cattive azioni che poi ha dovuto pagare? Affatto, lui quale Figliuolo di Dio coeterno con Dio Padre, era presso Dio prima della fondazione del mondo (quindi prima di incarnarsi; ma si badi bene che Gesù non era la "reincarnazione" di nessuno vissuto prima di lui come alcuni malvagi insinuano) in uno stato di purezza incontaminata infatti Pietro lo chiama l'agnello "senza difetto né macchia, ben preordinato prima della fondazione del mondo..." (1 Piet. 1:19,20). Gesù soffrì tutte quelle sofferenze, di cui la Scrittura parla, per tutti noi, per i nostri peccati al fine di purificarci da tutte le nostre iniquità col suo prezioso sangue. E noi suoi discepoli adesso siamo chiamati a soffrire come ha sofferto Gesù; Gesù disse infatti che se hanno perseguitato lui perseguiteranno anche noi, e questo perché gli uomini non conoscono il Padre suo (cfr. Giov. 15:20,21); le nostre sofferenze quindi non sono il risultato inevitabile di un nostro presunto karma ma sono l'adempimento delle parole di Gesù Cristo. "Molte sono le afflizioni del giusto" (Sal. 34:19), dice la Scrittura, e questo perché egli non è più di questo mondo come non lo è Gesù Cristo, e il mondo odia ciò che non gli appartiene secondo che disse Gesù: "Se foste del mondo, il mondo amerebbe quel che è suo; ma perché non siete del mondo, ma io v'ho scelti di mezzo al mondo, perciò vi odia il mondo" (Giov. 15:19). Quindi, i cristiani di tutte le epoche hanno sofferto non a motivo del loro karma, ma a motivo del fatto che essi non fanno parte di questo mondo e siccome il principe di questo mondo è il nemico, il maligno, il quale tiene sotto di sè la maggior parte delle persone, egli istiga coloro che sono sotto la sua potestà contro i cristiani.

9) La Scrittura insegna che esiste un essere malvagio chiamato diavolo e Satana il quale mediante i dominatori di questo mondo di tenebre ed altri suoi ministri invisibili spinge le persone ad agire iniquamente secondo che è scritto: "Chi commette il peccato è dal diavolo, perché il diavolo pecca dal principio" (1 Giov. 3:8) e difatti Caino uccise il suo fratello perché era dal diavolo. Ed il peccato retribuisce chi lo serve con la morte, e lo rende nemico di Dio. E quindi il male che l'uomo compie non trova nessuna giustificazione neppure nella reincarnazione, perché l'individuo lo compie perché è dominato da un essere malvagio invisibile più forte di lui. E' dunque completamente errato dire o pensare che uno è omosessuale perché in una vita precedente si faceva beffe degli omosessuali, o che uno commette adulterio con una donna sposata perché in una sua vita precedente quella era sua moglie ed altre cose di questo genere. Il malvagio è dal diavolo, e per il male che compie si deve ravvedere, altrimenti ciò che lo aspetta è il fuoco. Inoltre il diavolo infligge pure malattie di ogni genere agli uomini; Satana colpì Giobbe che era giusto con un ulcera maligna (cfr. Giob. 2:7); sempre Satana aveva tenuto legato (per ben diciotto anni) quella donna tutta curva guarita da Gesù (cfr. Luca 13:10-17). E sempre Satana, per mezzo di uno spirito sordo e muto, aveva colpito quel giovane poi liberato da Gesù (cfr. Mar. 9:20-22). Quindi in alcuni casi il male che ricevono taluni (sia giusti che empi) è un'opera del diavolo, che Dio permette per degli scopi ben precisi, tra cui quello di trarre gloria per il suo santo nome.

10) La Scrittura insegna che c'è un giorno in cui tutti noi credenti compariremo "davanti al tribunale di Cristo, affinché ciascuno riceva la retribuzione delle cose fatte quand'era nel corpo, secondo quel che avrà operato, o bene, o male" (2 Cor. 5:10); questo avverrà quando risusciteremo corporalmente. Quindi noi per tutto ciò che abbiamo fatto saremo retribuiti in quel giorno e non nel corso di successive vite sulla terra. La retribuzione ce la darà Dio per mezzo di Cristo. Questa è la ragione per cui siamo chiamati ad essere zelanti nelle opere buone, ad approfittare delle opportunità per fare il bene mentre siamo ancora in vita perché una volta morti non ci sarà più nessuna possibilità di compiere ulteriori buone azioni; rimarrà solo di attendere la retribuzione per quello che abbiamo fatto. Quello che avremo fatto sarà fatto per sempre; quello che non avremo fatto non sarà possibile mai più farlo. E sempre questa è la ragione per cui siamo chiamati ad aborrire il male e a fuggirlo, perché farlo (oltre a dispiacere a Dio e disonorare la dottrina di Dio) significa dovere rendere conto per esso un giorno a Dio, il giusto Giudice e riceverne noi stessi danno.

11) La Scrittura insegna che gli empi risorgeranno nell'ultimo giorno per essere giudicati secondo le loro opere ed essere condannati al tormento eterno. Dice infatti Giovanni che vide le anime dei morti tornare in vita stare ritti davanti al trono di Dio "ed i libri furono aperti;... e i morti furono giudicati dalle cose scritte nei libri, secondo le loro opere" (Ap. 20:12); quindi per i malvagi impenitenti ci sarà ira e indignazione da parte di Dio e nessuna misericordia. E quindi non c'è la possibilità che i malvagi dopo morti tornino a vivere sulla terra per pagare i loro debiti, perché i loro debiti rimarranno con loro per l'eternità e per essi dovranno subire una punizione eterna. Naturalmente tra i malvagi ci saranno diversi gradi di punizioni, perché essi saranno giudicati in base alle loro opere (cfr. Matt. 11:20-24).

12) La Scrittura insegna che c'è un Dio in cielo pronto a rimettere tutti i debiti a chi si ravvede dai suoi peccati e crede nel suo Figliuolo Gesù Cristo; dice infatti il profeta Isaia: "Lasci l'empio la sua via, e l'uomo iniquo i suoi pensieri: e si converta all'Eterno che avrà pietà di lui, e al nostro Dio che è largo nel perdonare" (Is. 55:7) e Pietro afferma che "chiunque crede in lui riceve la remissione dei peccati mediante il suo nome" (Atti 10:43). Quindi i debiti che un uomo ha contratto nei confronti del nostro Dio possono essere da lui rimessi appieno e gratuitamente mentre l'individuo è ancora in vita. La 'legge' del karma esclude che una cosa simile possa avvenire, la Parola di Dio invece lo afferma chiaramente. La 'legge' del karma è quindi da rigettare essendo falsa, generata dal diavolo, padre della menzogna, il quale vuole fare credere alle persone che non esiste perdono per i loro falli perché non esiste un Dio perdonatore. E' vero che i reincarnazionisti parlano anch'essi talvolta di assoluzione e di espiazione ma si tratta sempre di autoassoluzione di autoespiazione perché l'uomo è chiamato a pagare il prezzo del suo riscatto, ossia - per loro - il debito karmico. Nei loro discorsi non è infatti mai menzionato il pagamento del riscatto compiuto per noi una volta per sempre da Cristo Gesù quando offrì se stesso in propiziazione per i nostri peccati. Gli uomini devono pagare fino all'ultimo spicciolo - essi dicono -, quando avranno finito di pagare questo debito allora saranno salvi (non dal peccato però, ma bensì dal ciclo delle rinascite).

13) La Scrittura dice che "con un'unica offerta egli ha per sempre resi perfetti quelli che sono santificati" (Ebr. 10:14); ciò sta a significare che chi ha creduto in Gesù Cristo mediante la fede nel Suo sangue che Egli ha sparso per i nostri peccati è stato reso perfetto quanto alla coscienza una volta per sempre. Nel sangue di Cristo c'è infatti il potere di cancellare dalla coscienza dell'uomo ogni peccato, ogni iniquità. Noi che abbiamo sperimentato questa purificazione attestiamo che le cose stanno proprio così come dice la Scrittura. Se dunque i discepoli di Cristo hanno raggiunto - quanto alla coscienza - la perfezione in virtù del sangue prezioso di Gesù Cristo, non c'è il benché minimo bisogno di vite successive durante le quali purificarsi dalle impurità, appunto perché queste impurità sono loro state purificate dal sangue di Gesù. Anche per quanto riguarda i peccati che si commettono dopo la conversione il sangue di Gesù persiste ad avere lo stesso potere purificatore infatti è scritto: "Se camminiamo nella luce, com'Egli è nella luce, abbiamo comunione l'uno con l'altro, e il sangue di Gesù, suo Figliuolo, ci purifica da ogni peccato" (1 Giov. 1:7). Questa è la ragione per cui il credente sa che la reincarnazione e la relativa 'legge' del karma non possono essere cose vere, perché la fede nel sacrificio espiatorio perfetto di Cristo e nel suo sangue prezioso annulla qualsiasi altra dottrina sulla purificazione dalle iniquità sia in questa vita che in vite successive. Si legge spesso nei libri che trattano la reincarnazione che la perfezione in una sola vita per la maggioranza è un'impresa pressoché impossibile, per questo ci vogliono altre vite.

La Buona Novella del regno di Dio afferma invece che quantunque la perfezione è un impresa umana impossibile a tutti in questa unica vita concessaci da Dio perché nessuno può purificarsi dai suoi peccati ed eliminare il senso di colpa che essi producono nel cuore, Gesù Cristo offrendo se stesso sulla croce per i nostri peccati ci ha acquistato col suo sangue la perfezione della nostra coscienza. Quello che l'uomo deve fare quindi non è sforzarsi per raggiungere la perfezione, ma bensì pentirsi e credere nel Figlio di Dio per essere reso perfetto da lui mediante il suo prezioso sangue quanto alla coscienza. Sia ringraziato Dio per Gesù Cristo che col suo sangue ci ha resi perfetti!
Come si può ben vedere l'insegnamento della Scrittura a riguardo di Dio, dell'uomo, dell'espiazione compiuta da Cristo Gesù, del dopo la morte e del giudizio a venire non lascia spazio nella maniera più assoluta alla dottrina della reincarnazione e alla 'legge' del karma.


COME I REINCARNAZIONISTI SOSTENGONO LA REINCARNAZIONE NEI CONFRONTI DEI CRISTIANI E COME RISPONDIAMO LORO

Coloro che sostengono la reincarnazione pensano di avere trovato un alleato persino nella Bibbia che è la Parola di Dio (un po' come pensano alcuni maghi per sostenere certe loro pratiche occulte); quindi per loro la reincarnazione è presente pure nella Parola di Dio. Adesso citeremo i passi principali da loro presi a sostegno di questa eresia e ne daremo la spiegazione.

Mosè disse in una sua preghiera a Dio: "Ritornate, o figliuoli degli uomini" (Sal. 90:3). Queste parole starebbero a indicare che Mosè credeva nella reincarnazione perché dice che Dio dice agli uomini di ritornare a vivere sulla terra, ossia di rinascere sulla terra. Falso. Il profeta Mosè non ha per nulla attribuito a Dio una tale cosa perché poco prima ha detto: "Tu fai tornare i mortali in polvere" (Sal. 90:3) e poi afferma: "E dici: Ritornate, o figliuoli degli uomini" (Sal. 90:3). Quel "ritornate" sta a indicare quindi quel processo naturale secondo il quale l'uomo ritorna nella polvere donde è stato tratto secondo che Dio disse all'uomo: "Sei polvere, e in polvere ritornerai" (Gen. 3:19) e secondo che è scritto: "Prima che la polvere torni alla terra com'era prima, e lo spirito torni a Dio che l'ha dato" (Ecc. 12:9). Quel ritornare è dunque un ritornare alla polvere della terra e non un ritornare a vivere sulla terra nel corpo di qualcun altro.
   
Dio disse a Geremia: "Prima che io ti avessi formato nel seno di tua madre, io t'ho conosciuto; e prima che tu uscissi dal suo seno, io t'ho consacrato e t'ho costituito profeta delle nazioni" (Ger. 1:5). Geremia quindi prima di venire al mondo era vissuto in qualcun altro perché Dio l'avrebbe conosciuto e costituito profeta ancora prima che egli nascesse in questo mondo. Falso. La dottrina della prescienza di Dio non ha nulla che fare con la dottrina della preesistenza delle anime; la prima è vera la seconda è falsa. Dio aveva preconosciuto Geremia e perciò lo aveva potuto anche prestabilire profeta delle nazioni: ma ciò non significa che Geremia era esistito prima di essere concepito nel seno di sua madre. Egli, se così possiamo dire, prima di essere concepito esisteva nella mente di Dio; ma nella realtà del mondo invisibile non esisteva affatto. Sono cose impossibili a comprendere perché troppo profonde; sia chiaro comunque che queste parole di Dio a Geremia non sostengono per nulla la preesistenza di Geremia o la sua reincarnazione.
   Gesù disse ai suoi discepoli di Giovanni Battista: "E se lo volete accettare, egli è l'Elia che dovea venire" (Matt. 11:14). Giovanni Battista sarebbe stato quindi la reincarnazione di Elia. Falso. Innanzi tutto ricordiamo che per esserci la reincarnazione deve esserci la morte di chi si va a reincarnare; nel caso di Elia egli non morì ma fu assunto in cielo spirito anima e corpo (cfr. 2 Re 2:9-12). Quindi gli stessi reincarnazionisti sono impossibilitati a sostenere persino la trasmigrazione dell'anima di Elia perché egli non morì. E poi Giovanni Battista se fosse stato Elia lo avrebbe saputo e confessato; mentre lui disse chiaramente di non essere Elia. Quando infatti gli fu chiesto: "Sei Elia?" (Giov. 1:21) egli rispose: "Non lo sono" (Giov. 1:21). Se dunque Giovanni disse di non essere Elia gli dobbiamo credere. Che volle dire allora Gesù con quelle parole ai suoi discepoli? Volle dire che Giovanni Battista era venuto con lo spirito e la potenza d'Elia come era stato predetto dall'angelo Gabriele a suo padre Zaccaria quando gli disse: "Egli andrà innanzi a lui con lo spirito e con la potenza d'Elia" (Luca 1:17). Questa è la retta interpretazione di quelle parole di Gesù.
   

È scritto: "E passando vide un uomo, ch'era cieco fin dalla nascita. E i suoi discepoli lo interrogarono, dicendo: Maestro, chi ha peccato, lui o i suoi genitori, perché sia nato cieco? Gesù rispose: Né lui peccò, né i suoi genitori; ma è così, affinché le opere di Dio siano manifestate in lui" (Giov. 9:1-3). Ecco la prova che i discepoli credevano nella 'legge' del karma e nella reincarnazione! dicono i reincarnazionisti. Come avrebbe potuto quell'uomo peccare prima di nascere se non perché era vissuto prima in un altro corpo umano? Innanzi tutto diciamo che quantunque i discepoli in questa loro domanda fanno capire che essi pensavano che prima di nascere si potesse peccare, bisogna escludere che essi pensavano che l'uomo quando moriva se ne andava nel corpo di un altro a scontare i suoi peccati. La legge, i salmi e profeti infatti non insegnano una tale cosa. Si può supporre però, ma precisiamo che si tratta solo di una supposizione, che al tempo di Gesù ci fossero scribi che insegnavano che prima di nascere si potesse peccare e per questi peccati si veniva puniti da Dio, e i discepoli avevano accettato questo particolare insegnamento errato (che fa pensare subito ad una preesistenza dell'anima) e volevano sapere da Gesù se la cecità di quel cieco nato fosse dovuta a qualche suo peccato commesso prima di nascere. Quello comunque che è importante non è la domanda dei discepoli, ma la risposta di Gesù; egli rispose infatti che quell'uomo non era nato cieco per qualche suo peccato compiuto prima di nascere ma in virtù di un disegno di Dio. Dio aveva decretato infatti di fare nascere cieco quell'uomo per poi un giorno tramite il suo Figliuolo donargli la vista e manifestare così la sua gloria. Ancora oggi ci sono persone che sono nate cieche in virtù di questo disegno di Dio.
   Gesù disse a Nicodemo: "In verità, in verità io ti dico che se uno non è nato di nuovo, non può vedere il regno di Dio" (Giov. 3:3). Ecco la rinascita ossia la reincarnazione insegnata da Gesù, dicono i reincarnazionisti! Falso anche questo. Gesù qui ha parlato della nuova nascita spirituale che l'uomo deve sperimentare per potere entrare nel regno di Dio. Infatti poco dopo egli afferma: "In verità, in verità io ti dico che se uno non è nato d'acqua e di Spirito, non può entrare nel regno di Dio" (Giov. 3:5). Nascere d'acqua significa essere rigenerati (o vivificati) dalla Parola di Dio e nascere dallo Spirito significa essere rigenerati (o vivificati) dallo Spirito Santo. Questa nuova nascita si sperimenta quando ci si ravvede e si crede in Cristo Gesù.

Passiamo ora alle altre asserzioni che fanno i reincarnazionisti nei nostri confronti.

   'La reincarnazione era nella Bibbia inizialmente ma poi col tempo fu da essa tolta'.

In altre parole la Bibbia sarebbe stata manipolata per questo la reincarnazione non è chiaramente insegnata nella Bibbia. E quale fu la ragione per cui i passi che parlavano chiaramente della reincarnazione sarebbero stati tolti dalla Bibbia? Questa: la dottrina della reincarnazione diminuiva il potere della chiesa perché essa responsabilizza l'individuo, il quale diventa il padrone del proprio destino e non ha bisogno di rendere conto a nessuno, se non a se stesso, delle proprie azioni. Il perdono non viene più da Dio ma si ottiene attraverso l'espiazione del karma nelle vite successive, finché non si raggiunge, vita dopo vita, la perfezione e pertanto Dio. La chiesa, una volta che l'individuo scopre la reincarnazione, diventa inutile perché l'individuo si rende conto di essere autonomo; in altre parole il reincarnazionista non ha più bisogno che gli sia mostrata la via che mena a Dio perché lui stesso diventa, teoricamente, la via che lo porterà a Dio.

Comunque - dicono sempre i reincarnazionisti - i riferimenti sulla reincarnazione nella Bibbia rimangono in forma velata, simbolica, ma chiara per chi è in grado di tradurre dalle antiche lingue ebraiche e greco. Rispondiamo: la dottrina della reincarnazione non è mai stata nella Bibbia, al pari di qualsiasi altra eresia. La Bibbia insegna la risurrezione finale dei morti sia nell'Antico Testamento che nel Nuovo, il che esclude che in essa ci potesse essere anche la dottrina della reincarnazione perché questa e la risurrezione sono in aperta contraddizione l'una contro l'altra, sono due dottrine inconciliabili, l'una esclude l'altra. Dio non si contraddice su nessun punto; la sua parola quindi non ha mai potuto includere la reincarnazione.
In sostanza queste ragioni addotte dai reincarnazionisti non fanno altro che fare capire quanto pericolosa sia la dottrina della reincarnazione per la chiesa di Dio. Per quanto riguarda poi l'affermazione che i riferimenti sulla reincarnazione sono nella Bibbia in forma velata e simbolica, diciamo che essi invece sono inesistenti, anche per chi conosce la lingua ebraica e quella greca.

   'La chiesa ha condannato la reincarnazione al concilio di Costantinopoli del 553 d.C'.

Con questo vogliono dire che essa veniva insegnata da taluni cosiddetti padri ma poi venne condannata. I fatti sono altri; in quel concilio vennero lanciati diversi anatemi contro degli insegnamenti di Origene; uno dei quali (il primo) era contro la dottrina della preesistenza delle anime che Origene insegnava. Origene aveva insegnato infatti la preesistenza delle anime dicendo che l'anima esisteva prima del corpo umano (ma non in un altro corpo umano) e che l'uomo era sulla terra quello che meritava di essere in base alle sue azioni commesse prima di incorporarsi nel corpo. Ma non si può dire che Origene insegnava la reincarnazione perché la reincarnazione insegna che dopo la morte l'anima torna a incarnarsi ripetutamente in altri corpi per purificarsi e questo Origene non l'accettava. Si deve quindi attribuire a Origene la dottrina errata della preesistenza delle anime ma non gli si può attribuire la reincarnazione.
Origene insegnava la risurrezione. Ma noi vogliamo dire pure che quand'anche un concilio della chiesa antica avesse approvato la reincarnazione non per questo noi saremmo chiamati ad accettarla per questo motivo, ma saremmo sempre chiamati a rigettarla.

   'La reincarnazione fu insegnata da Gesù ai suoi discepoli in privato e non pubblicamente'.
  
In altre parole Gesù come spiegava in privato ai suoi discepoli il significato delle parabole, così avrebbe spiegato loro in privato la reincarnazione. Falso anche questo
. Dire una tale cosa è come affermare che Gesù in privato avrebbe spiegato ai suoi discepoli che Pietro era il loro capo che alla morte avrebbe lasciato le chiavi del regno dei cieli a un suo successore che poi sarebbe diventato capo di un impero, che esisteva un purgatorio, che oltre a lui sarebbero sorti nel tempo altri mediatori su cui appoggiarsi nelle preghiere a Dio, che Maria sua madre doveva essere adorata e pregata da loro, e tante altre eresie che ancora oggi vengono insegnate e credute da molti che si dicono cristiani. Niente di nuovo sotto il sole; il discorso di costoro è vecchio, molto vecchio.


'PROVE' A SOSTEGNO DELLA REINCARNAZIONE - LA LORO REALE SPIEGAZIONE

Ci sono dei fatti che - a dire dei reincarnazionisti - proverebbero che la reincarnazione è una dottrina vera, e perciò questi fatti sarebbero delle prove irrefutabili. Ecco quali sono questi fatti e come noi rispondiamo.

1) Il déjà-vu
("già visto"). Un fenomeno che consiste nella sensazione, anzi nella certezza, di conoscere perfettamente un luogo mai visto, nel quale si va per la prima volta. Alcuni di questi fenomeni sono spiegati dalla scienza come risultato di un affaticamento del cervello. Ma ci sono diverse persone che asseriscono di essersi trovate in qualche posto per la prima volta e di avere visto cose o persone che essi già conoscevano. Cosa dire a riguardo di queste esperienze? Dopo averne lette alcune sono giunto alla conclusione che si tratta di un'opera del diavolo il quale riesce in qualche modo a fare credere all'individuo di avere vissuto in un'altra vita in un castello del Medioevo, in un paese del deserto, ecc. Noi credenti riconosciamo solo un tipo di 'déjà-vu'; è quell'esperienza che si sperimenta tale e quale dopo che noi l'abbiamo vista in sogno o in visione. In questi casi Dio ci annunzia un evento che deve avere luogo e ci fa vedere esattamente come esso avverrà; quando la cosa succede diciamo: 'E' proprio così come Dio mi aveva fatto vedere in sogno o in visione'.

2) Regressioni ipnotiche. L'ipnotista chiede al paziente di tornare in un tempo precedente alla sua nascita e lui sotto ipnosi crede di vivere in un altro tempo della storia, in circostanze a lui estranee e così di seguito. In altre parole mediante queste sedute ipnotiche gli individui sarebbero in grado di ricordare le loro vite passate. Anche in questo caso si deve dire che si tratta di un'opera del diavolo.

3) Le sedute medianiche. In queste sedute il medium dice alla persona chi lui era e dove ha vissuto nelle sue vite precedenti (l'attrice americana Shirley MacLaine - che da anni divulga idee del New Age - in un suo libro racconta come un medium le disse chi lei era stata nelle sue vite precedenti). In questo caso degli spiriti seduttori parlano tramite la bocca di questi ministri di Satana per indurre le persone a credere nella menzogna. Bisogna tenere presente quando si parla della reincarnazione che il diavolo ha tutti gli interessi a fare sì che le persone la credano, perché sa che chi l'accetta non sentirà affatto il bisogno di ravvedersi dai suoi peccati e di credere in Gesù Cristo, perché penserà che la salvezza è nelle sue mani, che dipende da lui. Non c'è dunque da meravigliarsi che questi medium parlino molto di vite passate, di registri akascici, e di tante altre cose del genere.

4) I cosiddetti colpi di fulmine, ossia l'innamoramento improvviso tra due persone che non si sono mai viste prima. Due persone si innamorano a prima vista e pare che si siano sempre conosciute perché si sarebbero conosciute in una vita precedente e quindi esse si sarebbero reincontrate. Non è affatto vero, perché l'innamoramento a prima vista, quello vero che sfocia nel matrimonio, è dovuto all'imperscrutabile opera di Dio nei loro cuori.

5) Le capacità straordinarie di quei "bambini prodigio" che riescono a suonare o fare delle cose che alla loro età normalmente non si possono fare. Se per esempio un bambino sa suonare maestrevolmente, significherebbe che è la reincarnazione di Mozart, di Beethoven o di qualche altro famoso musicista del passato; se riesce a scrivere delle belle poesie sarà la reincarnazione di un famoso poeta e così via. Nel caso dei bambini prodigio diciamo che in qualche caso si tratta di possessione demoniaca; cioè degli spiriti maligni prendono possesso del bambino che comincia a fare delle cose impensabili per un bambino della sua età. Un esempio di ciò è riportato nella New Age Encyclopedia di Melton Gordon dove viene detto che un bambino prodigio di nome Pepito Arriola nel 1900, all'età di tre anni e mezzo componeva marce, valzer, minuetti e riusciva a suonare a memoria 20 difficili pezzi musicali. La risposta spiritualista per le sue abilità fu data solo undici anni più tardi quando Arriola cominciò a esercitare una pratica occulta, la scrittura automatica (J. Gordon Melton, Clark Jerome, Kelly Aidan A., New Age Encyclopedia, Detroit 1990, 1 ed., pag. 294). Ricordiamo però che come il diavolo riesce a fare stupire le persone tramite questi bambini, così Dio riesce a fare stupire molto di più sempre tramite bambini. Un bambino può essere infatti costituito profeta sin dalla sua giovanissima età, e lasciare stupiti per i doni di rivelazione che si manifestano tramite lui; Samuele e Geremia ne sono degli esempi. Anche Gesù da bambino fece meravigliare gli uomini, infatti a dodici anni egli faceva delle domande ai dottori della legge e tutti stupivano del suo senno e delle sue risposte. Ma tutto ciò era dovuto all'opera di Dio Padre in lui. Una cosa deve essere chiara; quando è Dio a visitare un bambino o un fanciullo, il Suo nome viene glorificato e le persone sono attratte a Cristo Gesù per la loro salvezza.

6) Il fatto che taluni dimostrano capacità nello studio delle lingue o di particolari materie difficili. Cioè, se l'individuo è riuscito nelle lingue per cui è in grado di parlare dieci lingue sarà stato uno studioso di lingue del passato, se è riuscito invece nella medicina, allora sarà stato un famoso dottore del passato, e così di seguito. Non è affatto così; quell'individuo riesce in quella cosa in virtù dei suoi studi e basta. Si è impegnato ed è riuscito, tutto qui.


REINCARNAZIONE E VEGETARIANISMO

Abbiamo visto che una parte dei reincarnazionisti sostiene che l'uomo può reincarnarsi nelle sue vite successive anche in un animale. Tra coloro che credono in questo ci sono soprattutto le sette orientali di matrice induista, come per esempio gli Hare Krishna. Conseguenza di questa credenza: costoro rifiutano di mangiare ogni tipo di carne per non rendersi colpevoli di omicidio nei confronti di coloro che secondo loro si trovano negli animali per espiare il loro debito karmico, e impongono ad altri di non mangiare nessun tipo di carne.
Abbiamo dimostrato che la reincarnazione è una dottrina generata dal diavolo, quindi è superfluo dire che chi uccide gli animali per cibarsene non si rende colpevole di nessun omicidio. La Scrittura dice chiaramente che il divieto di mangiare la carne è una dottrina di demoni insegnata da uomini a motivo della loro ipocrisia i quali sono "segnati di un marchio nella loro propria coscienza" (si legga 1 Timoteo 4:2).
Ma perché è una dottrina di demoni? Perché si oppone alla Parola di Dio che dice: "E Dio vide tutto quello che aveva fatto, ed ecco, era molto buono" (Gen. 1:31) ed ancora all'ordine che Dio diede dopo il diluvio: "Tutto ciò che si muove ed ha vita vi servirà di cibo; io vi dò tutto questo, come l'erba verde..." (Gen. 9:3) ed ancora alle parole di Dio: "Potrai a tuo piacimento scannare animali e mangiarne la carne in tutte le tue città..." (Deut. 12:15).


Il concetto di reincarnazione offre una spiegazione alternativa affascinante riguardo alle origini dell'uomo e al suo destino. C'è un interesse crescente su questo argomento oggi, grazie soprattutto ai libri e alle riviste, alle trasmissioni televisive, i film e le conferenze. Molte di queste fonti sono collegate al mondo del sapere esoterico e delle cosiddette scienze occulte. La reincarnazione è anche un soggetto particolarmente "caldo" su internet. È accettata non soltanto dai seguaci delle religioni orientali e delle correnti new age, ma anche da tanti che non condividono tali interessi e dottrine esoteriche.

La reincarnazione sembra dare speranza per la continuazione dell'esistenza della persona, che può nelle vite successive avere maggiori possibilità di conseguire la liberazione. Appare come una fonte di conforto specialmente per coloro che cercano liberazione sulla base delle proprie possibilità interiori. D'altra parte, la reincarnazione è un modo per liberarsi dalla preoccupazione del giudizio finale da parte di un Dio imparziale, e dalle conseguenze eterne che avrebbero le proprie azioni se ci fosse una sola esistenza da vivere in questo mondo.
Un altro motivo importante per cui molti credono alla reincarnazione è che essa sembra spiegare il motivo delle differenze che esistono tra le persone. Prendendo in considerazione gli estremi, notiamo alcuni che sono in buona salute, e altri tormentati da handicap che li accompagnano per tutta la vita. Alcuni sono ricchi, altri vivono nella miseria. Alcuni trovano realizzazione nella religiosità, mentre altri nonostante i loro sforzi non sono mai soddisfatti.
Le religioni orientali spiegano che queste differenze sono il risultato delle vite precedenti che una persona ha vissuto, bene o male, di cui si raccolgono i frutti nella vita presente attraverso l'azione del karma. Ecco dunque che la reincarnazione sembra essere un modo perfetto per punire o ricompensare le proprie opere, senza il bisogno di credere alla realtà di un Dio personale.

Considerato l'enorme impatto che questa ideologia ha sulla vita sociale e spirituale delle persone, analizzeremo di seguito gli argomenti principali:

A) La reincarnazione nelle religioni del mondo;
B) Il ricordo di vite precedenti come prova della reincarnazione;
C) La reincarnazione e la giustizia cosmica;
D) La reincarnazione e il Cristianesimo.


A) LA REINCARNAZIONE NELLE RELIGIONI ORIENTALI

Quello della reincarnazione non è un concetto tanto antico come si pensa. Non è un elemento comune a molte delle antiche religioni conosciute, e la sua origine non appartiene a un passato immemorabile.

La forma classica della dottrina della reincarnazione fu formulata in India, ma certamente non prima del 9° secolo a.C., quando gli scritti brahmani furono composti. Quando le Upanihad (tra il 7° e il 5° secolo a.C.) ebbero definito chiaramente il concetto, esso fu adottato dalle altre grandi religioni orientali che ebbero origine in India, il Buddismo e il Giainismo. In seguito alla diffusione del Buddismo, la reincarnazione fu poi adottata dal Taoismo cinese, ma non prima del 3° secolo a.C.

Le antiche religioni del mondo mediterraneo svilupparono credi reincarnazionisti piuttosto differenti. Ad esempio, il platonismo greco affermava la preesistenza dell'anima in un mondo celestiale e la sua caduta in un corpo umano. Per liberarsi, l'anima aveva bisogno di essere purificata mediante la reincarnazione. In questo Platone fu fortemente influenzato dalle più antiche scuole filosofiche. Il primo importante sistema filosofico greco ad adottare una visione della reincarnazione paragonabile a quella induista fu quello neoplatonico, nato nel 3° secolo d.C., sotto influenze orientali.

Nel caso dell'antico Egitto, il Libro Egizio dei Morti descrive il viaggio dell'anima verso l'altro mondo senza ritornare alla terra. E' noto che gli antichi egizi imbalsamavano i morti in modo che il corpo potesse essere preservato e accompagnare così l'anima nell'altro mondo. Ciò suggerisce che questo popolo credesse nella resurrezione anziché nella reincarnazione.
Allo stesso modo, in molti casi di antiche religioni tribali che oggi sono descritte come aderenti al concetto di reincarnazione, si tratta invece di credenza nella preesistenza dell'anima prima della nascita o nella sua sopravvivenza indipendente dopo la morte. Ciò non è collegabile all'idea classica di trasmigrazione da un corpo fisico a un'altro secondo una la legge impersonale come quella del karma.


LA REINCARNAZIONE NELL'INDUISMO

L'origine del samsara va cercato nell'Induismo e nei suoi scritti classici. Non può essere apparsa prima del 9° secolo a.C. perché gli inni vedici (i più antichi testi nell'Induismo) non la menzionano; ciò prova che la dottrina della reincarnazione non era stata ancora formulata al tempo della loro stesura (tra il 13° e il 10° secolo a.C.).

A quel tempo - come si evince ad esempio dall'esegesi del rituale funerario - si credeva che l'uomo continuava ad esistere dopo la morte come persona completa. Tra l'uomo e gli dèi esisteva un distinzione assoluta, come in tutte le altre religioni politeistiche del mondo. Siamo piuttosto lontani dal concetto di una fusione impersonale con la fonte di tutta l'esistenza, che troviamo più tardi negli Upanishad.

Troviamo poi Yama, il dio della morte (menzionato anche nei testi sacri buddisti e taoisti), che regnava sulle anime dei defunti; a lui le famiglie facevano delle offerte in favore dei propri cari deceduti.
La giustizia divina era amministrata dagli dèi Yama, Soma e Indra, non da una legge impersonale come il karma. Queste divinità, anzi, avevano il potere di gettare i malvagi in una buia prigione eterna dalla quale essi non sarebbero mai più potuti scappare (Rig Veda 7,104,3-17).

(Per uno studio sull'evoluzione e la relazione tra le dottrine religiose politeiste e monoteiste si veda questo documento.)

La premessa per l'ottenimento di una ricompenza per le proprie azioni in una nuova esistenza terrena (invece di una celeste) apparve negli scritti brahmani (9° secolo a.C.). In essi si affermava una limitata immortalità celeste, che dipendeva dalle opere e della qualità dei sacrifici fatti duranti la vita. Dopo aver raccolto la ricompensa per queste cose, l'uomo doveva affrontare un'altra morte nel regno celeste (punarmrityu) e quindi ritornare all'esistenza terrena. L'antidoto a questa situazione era considerato come conoscenza esoterica, ottenibile solo durante la propria esistenza terrena.


LA REINCARNAZIONE NEGLI UPANISHAD

Gli Upanishad furono i primi scritti in cui si spostò il luogo della "seconda morte" dal cielo alla terra, identificandone la giusta soluzione con la conoscenza dell'identità atman-Brahman.

L'ignoranza della propria individualità (atman o purusha) mette in azione il karma, la legge di causa ed effetto della spiritualità orientale. La sua prima formulazione può essere trovata in Brihadaranyaka Upanishad (4,4,5): "Secondo come si agisce, secondo come ci si comporta, così si diventa. Chi fa bene diventa bene. Chi fa male diventa male. Si diventa virtuosi con le azioni virtuose, malvagi con le azioni malvagie".

La reincarnazione (samsara) è la via pratica con cui si raccoglie il frutto delle proprie azioni. Pertanto, l'individuo è obbligato a entrare in una nuova esistenza materiale finché tutto il debito karmico che ha accumulato è pagato (Shvetashvatara Upanishad 5,11).

Qui può essere osservata una mutazione fondamentale nel significato della vita dopo la morte in confronto alla prospettiva vedica. Abbandonando il desiderio di avere comunione con gli dèi (Agni, Indra, ecc.), conseguita come risultato dei buoni sacrifici portati, gli Upanishad giungono a considerare il destino finale dell'uomo come una fusione impersonale tra atman e Brahman, raggiungibile esclusivamente tramite la conoscenza esoterica. In questo nuovo contesto, il karma e la reincarnazione sono gli elementi chiave che segneranno da ora in poi ogni particolare sviluppo nell'Induismo.


LA REINCARNAZIONE NEI PURANA

Nel Bhagavad Gita, che è parte del Mahabharata, il concetto di reincarnazione è espresso chiaramente come un processo naturale della vita che dev'essere seguito da tutti i mortali (2,13; 2,22).

Nei Purana invece la speculazione su questo soggetto è più sostanziale e si considerano dei destini specifici per ogni tipo di male che si commette: chi uccide un sacerdote rinasce tisico, chi uccide una mucca rinasce gobbo o demente, chi uccide una vergine rinasce lebbroso, chi mangia la carne rinasce di colore rosso, chi ruba del cibo rinasce topo, chi ruba del grano rinasce locusta, chi ruba profumo rinasce puzzola, e così via (Garuda Purana 5).

Simili punizioni si trovano anche nelle Leggi di Manu (12, 54-69).


INDUISMO: CHI O COSA SI REINCARNA?

Secondo gli Upanishad e la filosofia Vedanta, l'entità si reincarna nell'sè impersonale (atman). L'atman manca non ha un elemento personale, ragion per cui l'uso del pronome riflessivo "sè" (l'io) non è corretto. Si può definire l'atman solo negando ogni attributo personale. Sebbene esso costituisca il substrato esistenziale dell'esistenza umana, l'atman non può essere ciò che trasporta il "progresso spirituale" della persona, perché non può mantenere nessun dato prodotto nel dominio illusorio dell'esistenza psico-mentale. Il progresso spirituale che si accumula verso la realizzazione dell'identità atman-Brahman è registrato dal karma, o piuttosto da una minima quantità di debito karmico. A seconda del proprio karma, alla (ri)nascita l'intero essere fisico e mentale che costituisce l'essere umano viene ricostruito. A questo livello, la persona così rimodellata sperimenta i frutti delle "sue" azioni derivanti dalle vite precedenti e deve fare del suo meglio per fermare il circolo vizioso avidya-karma-samsara.

Per cercare di spiegare il meccanismo della reincarnazione, l'Induismo Vedanta ha adottato il concetto di un corpo sottile (sukshma sharira) che resta attaccato all'atman per tutta la durata della sua schiavitù, e registra i debiti karmici e li trasmette da una vita all'altra. Comunque, questo "corpo sottile" non può essere una forma in grado di preservare gli attributi personali, in quanto non offre informazioni riguardanti le vite precedenti alla presente vita psico-mentale. Tutti questi dati sono cancellati, così che i fatti registrati dal corpo sottile sono una somma delle tendenze nascoste o impressioni (samskara) provenienti dal karma. Si materializzano inconsciamente nella vita dell'individuo, senza dargli alcun modo di comprendere la sua condizione attuale. Non esiste nessuna possibile forma per trasmettere la memoria cosciente da una vita all'altra, perché il suo dominio appartiene al mondo delle illusioni e si dissolve alla morte.

Nei darshana Samkhya e Yoga, l'entità che si reincarna è chiamata purusha, un equivalente dell'atman. Data l'assoluta dualità tra purusha e prakriti (sostanza), niente di ciò che appartiene alla vita psico-mentale può passare da una vita all'altra perché appartiene alla prakriti, che a una relazione meramente illusoria con la purusha. Comunque, nello Yoga Sutra (2,12) viene definito un meccanismo simile per la trasmissione degli effetti del karma da una vita all'altra, come nel caso della Vedanta. Il serbatoio del karma è chiamato karmashaya. Esso accompagna la purusha da una vita all'altra, e rappresenta l'insieme delle impressioni (samskara) che non hanno potuto manifestarsi nei limiti di una data vita. Non si tratta assolutamente di una memoria cosciente, di un insieme di informazioni che la persona può usare consciamente o di un nucleo di personalità, perché il karmashaya non ha niente a che fare con le abilità psico-mentali. Questo deposito di karma serve soltanto come meccanismo per adattare gli effetti del karma sulla vita della persona. Impone in modo meccanico e impersonale la rinascita (jati), la durata della vita (ayu) e le esperienze che devono accompagnarla (bhoga).


LA REINCARNAZIONE NEL BUDDISMO

Il Buddismo nega la realtà di un sè permamente, e spiega l'esistenza umana come un mero accumulo di cinque aggregati (skandha), che hanno una relazione funzionale di causa-effetto: 1) il corpo (la forma materiale e i sensi), 2) sensazione (prodotto dei sensi), 3) percezione (costruito sulla sensazione), 4) attività mentale, e 5) consapevolezza.
Tutti e cinque gli elementi, e l'insieme che essi costituiscono, sono non permanenti (anitya); sono sottoposti a una continua trasformazione, e non posseggono un principio dimorante in essi, un "sè". L'uomo solitamente pensa di averne uno a motivo della sua coscienza di se stesso. Ma essendo egli stesso in un continuo processo di trasformazione e cambiamento, la coscienza non può essere identificata con un sè che si possa supporre essere permanente. Oltre i cinque aggregati menzionati prima non può essere trovato nient'altro nell'uomo.

Comunque, qualcosa deve potersi reincarnare, secondo i dettami del karma. Quando fu chiesto al Buddha la spiegazione delle differenze tra le persone riguardo alla durata vitale, malattie, benessere materiale, ecc., egli rispose che gli uomini ereditano le conseguenze delle loro azioni, e che queste stabiliscono la loro condizione bassa o elevata (Majjhima Nikaya 3,202).

Se non esiste un vero sè, chi eredita allora le azioni e si reincarna? Buddha rispose che solo il karma passa da una vita all'altra, usando la figura della luce di una candela, che è derivata da un'altra candela senza possedere una sostanza propria. Il Buddismo insegna che nella stessa maniera si ha la rinascita senza il trasferimento del sè da un corpo all'altro. L'unico collegamento tra una vita e la successiva è di natura causale. Questa è sensa dubbio la più assurda definizione di reincarnazione che si sia mai avuta. Nella Sutra della Ghirlanda (10) si legge (trad.): "A seconda delle azioni compiute, si hanno le conseguenze che ne risultano; ma chi agisce non ha esistenza: questo è l'insegnamento del Buddha".

Le scuole Yogachara e Vajrayana (Buddhismo tibetano) del Buddismo Mahayana insegnano che esiste un'entità che si reincarna: è la consapevolezza (uno dei cinque aggregati), che ha dunque la stessa funzione dell'atman della Vedanta. Il Libro Tibetano dei Morti descrive in dettaglio le presunte esperienze avute nello stato intermedio tra due incarnazioni, suggerendo che il defunto mantiene i suoi attributi personali. Sebbene in questo caso non viene detto chiaramente cosa sopravvive dopo la morte, è menzionato un corpo mentale che non può essere toccato dalle visioni che il defunto sperimenta (12).

Qualunque sia la condizione del defunto dopo la morte secondo il Buddismo, è evidente che un eventuale nucleo personale svanirebbe subito dopo la nascita, pertanto non può esservi alcun elemento psico-mentale trasmesso da una vita all'altra. La persona nata non ricorda niente delle vite precedenti, né dei viaggi da uno stato intermedio a un altro (bardo).

Un altro elemento contraddittorio nella teoria buddista della reincarnazione è l'estrema rarità della reincarnazione come esseri umani. Il Buddha insegnò nella Chiggala Sutta che è una rara coincidenza l'ottenere un corpo umano, proprio come è una rara coincidenza che sorga nel mondo un Tathagata, un individuo degno e consapevole.

Volendo prendere alla lettera le parole del Buddha (Samyutta Nikaya 35,63), è stato calcolato che la possibilità di incarnarsi come essere umano è di una sola possibiltà su un numero di anni pari a 5 seguito da 16 zeri. Questo numero è pari a 5 milioni di volte l'età dell'universo.


LA REINCARNAZIONE NEL TAOISMO

Quello della reincarnazione è un concetto difficile da trovare negli aforismi del Tao-te Ching (6° secolo a.C.), pertanto dev'essere apparso più tardi nel Taoismo. Sebbene non venga specificato cosa si reincarna, la dottrina taoista sostiene che qualcosa passa da una vita all'altra. Un importante testo del Taoismo, il Chuang Tzu (4° secolo a.C.) afferma:

"La nascita non è un inizio; la morte non è una fine. C'è esistenza senza limiti; c'è continuità senza un punto d'inizio. ... C'è la nascita, c'è la morte, c'è l'uscire, c'è l'entrare. Ciò attraverso cui si passa dentro e fuori senza vederne la forma, è il Portale di Dio" (23).


LA REINCARNAZIONE NEL PENSIERO MODERNO

Quando il concetto orientale di reincarnazione arrivò in Europa, il suo significato cambiò. Durante il Medioevo fu una dottrina riservata agli iniziati di alcune tradizioni occulte (Ermetismo, Catarismo, ecc.), che l'avevano assorbita dal Neo-platonismo. Una più ampia accettazione della reincarnazione fu promossa nel mondo Occidentale solo dagli inizi del secolo scorso, dalla Teosofia e in seguito dall'Antroposofia. Il loro intenso lavorio, combinato con quello di molti guru orientali e occultisti occidentali, e in particolare dal movimento New Age, determinò un'ampia accettazione della reincarnazione nella nostra società, così che questo concetto fu ricevuto come una delle dottrine più intriganti sulle origini e sul significato della vita.

Comunque, la "versione moderna" è sostanzialmente diversa da quella insegnata dalle religioni orientali. Lungi dall'essere un tormento dal quale l'uomo deve fuggire a ogni costo tramite l'abolizione della propria identità, il pensiero New Age considera la reincarnazione come una progressione dell'anima verso più alti livelli di esistenza spirituale.
Influenzati dal contesto culturale cristiano ma opponendosi totalmente all'ideologia orientale classica, molti reincarnazionisti oggi pensano che l'entità che si reincarna è l'anima, che preserva gli attributi della personalità da una vita all'altra. Questo compromesso ovviamente emerge dal desiderio di adattare la dottrina della reincarnazione al pensiero occidentale. Il concetto di un atman impersonale che si reincarna era troppo astratto per essere accettato facilmente, così gli occidentali avevano bisogno di una versione più innocua di questa dottrina per poterla accettare.
Sebbene questa tendenza sia prova dello struggersi dell'anima per un destino personale, non c'è molta somiglianza con la spiritualità orientale classica, che la rigetta come qualcosa di completamente perverso.


Le informazioni che abbiamo visto sul significato della reincarnazione nelle religioni orientali e sulla natura dell'entità che si reincarna, ci saranno utili per esaminare quelle che oggi vengono considerate prove della reincarnazione. Nell'analizzarle, dobbiamo ricordare che nel concetto orientale di reincarnazione non può esistere alcun elemento personale che passi da una vita alla successiva.


B) IL RICORDO DI VITE PRECEDENTI COME PROVA DELLA REINCARNAZIONE


Oggi molti degli occidentali che accettano la reincarnazione sostengono che essa può essere dimostrata scientificamente. Solitamente basano la loro convinzione sulle cosiddette esperienze di vite precedenti, che rappresentano l'abilità di alcune persone di ricordare fatti delle loro presunte vite precedenti.
Vi sono due occasioni in cui si può osservare questo fenomeno. La prima è una sessione di ipnosi, in cui si tenta di far regredire una persona al tempo che precede la sua nascita. L'altra si ha quando alcuni bambini spontaneamente ricordano un'identità di una loro vita passata, meravigliando i vicini con dettagli specifici che coincidono con quelli della vita di una persona defunta. Queste esperienze possono essere considerate delle prove valide a sostegno della reincarnazione?


LA REGRESSIONE IPNOTICA COME PROVA DELLA REINCARNAZIONE


L'ipnosi può essere definita come un metodo per indurre uno stato alterato di coscienza, che fa sì che la persona divenga molto ricettiva ai suggerimenti dell'ipnotista. Il metodo è stato in psicanalisi per il trattamento delle malattie psichiche, evocando gli eventi dolorosi che ne sono stati causa nel passato (specialmente durante l'infanzia), e poi suggestionando la persona in modo che possano guarire quelle ferite che ne affliggono ancora il presente.
Sebbene vi siano dei risultati incoraggianti nell'uso di questo tipo di terapia, è un fatto che l'ipnosi può mischiare la fantasia con i ricordi autentici o addirittura creare episodi interamente inventati. In stato profondo di ipnosi, alcuni soggetti hanno dichiarato di avere avuto esperienze "fuori dal corpo" (OOB), e di aver viaggiato in misteriosi luoghi spirituali. Altri hanno avuto un'esperienza mistica di unità con l'universo.

La regressione ipnotica cominciò ad essere utilizzata come metodo per "ricordare le vite precedenti" nel 1952, quando Ruth Simmons del Colorado (USA), fu portata mediante ipnosi "indietro nel tempo" fino a prima della sua nascita. Improvvisamente ella cominciò a parlare con un marcato accento irlandese, affermando che il suo nome era Bridey Murphy e che viveva in Irlanda nell'anno 1890. Le sue brevi descrizioni sembravano descrivere bene la società irlandese del tardo 19° secolo. Si credette allora che era stata trovata la prova scientifica della reincarnazione. Perciò, questo metodo fu usato da un numero sempre crescente di ipnotisti per ottenere informazioni sulle presunte vite passate dei loro pazienti.
Recentemente il metodo si è diffuso in molti ambienti e viene usato per spiegare il motivo di paure e ansie. Durante la regressione, alcuni pazienti adottano personalità diverse, cambiano voce, comportamento ed espressione facciale. Tutte le informazioni ottenute sono il risultato di un dialogo tra l'ipnotista e il paziente, in cui le domande devono essere poste in modo semplice e chiaro al fine di ottenere la giusta risposta.

Fintanto che le informazioni prodotte da queste persone non possono essere state apprese durante l'arco della loro vita, possiamo desumere che si tratti di reali residui di esperienze di vita passata. Questa conclusione solleva però diverse difficoltà, in quanto esistono altre spiegazioni plausibili a questi fenomeni.

Una possibile spiegazione, valida per una parte dei casi, è la criptoamnesia. Così come l'ipnosi può essere usata per riportare a galla ricordi dimenticati del proprio passato, fatti che non sono più disponibili alla memoria cosciente, allo stesso modo può essere utilizzata per rievocare informazioni udite da altre persone, lette nei libri, o viste nei film, in cui il soggetto dell'ipnosi viene coinvolto come partecipante durante la seduta. La sua memoria subcosciente ha immagazzinato quelle informazioni e l'ipnosi ne determina l'uso in uno scenario completamente fittizio. Ian Stevenson, uno dei più importanti ricercatori su questo fenomeno, cita un caso a conferma di quanto detto:

"Vi è un altro caso inglese che è stato studiato da un docente universitario di Cambridge. Una giovane donna sembrava in grado di descrivere la vita di una certa Blanche Poynings, vissuta nel 14° secolo alla corte di Riccardo II. Diede un gran numero di dettagli sulla gente conosciuta da questa persona, citò diversi nomi propri e parlò del tipo di vita che ella conduceva. Gli studiosi continuarono a scavare nei suoi ricordi, finché a un certo punto le chiesero specificamente quale fosse la fonte di quelle informazioni. In stato di trance ipnotica, la ragazza stessa citò i riferimenti di un libro, Countess Maud, pubblicato verso la fine del 19° secolo; un romanzo classico vittoriano incentrato sulla corte di Riccardo II. Il soggetto era stato leggermente alterato, ma essenzialmente ciò che la ragazza aveva descritto proveniva da quel libro. Si scoprì poi che sua zia aveva in casa una copia del libro. La giovane non ricordava di averlo letto, ma ricordava distintamente di averne sfogliato le pagine" (Omni Magazine, 10(4):76, 1988).

Un aspetto intrigante delle testimonianze registrate sotto ipnosi è il fatto che esse dipendono pesantemente dai dati preesistenti nell'attuale conoscenza storica. In molti casi, sebbene le informazioni corrispondono ai dati storici generalmente riconosciuti, successive scoperte archeologiche le contraddicono, sollevando seri dubbi sulla veracità di queste "vite precedenti".
Ian Wilson, un altro importante ricercatore di questi fenomeni, descrive molti casi del genere nel suo libro Reincarnation (p. 88-90). Una delle persone citate nel libro diceva di essere la reincarnazione di un antico egizio vissuto durante il regno del faraone Ramses III. Ma invece di dire che la capitale era "No", disse che il nome era "Tebe" (quello che i greci usarono molto tempo dopo). D'altra parte, un antico egizio non avrebbe mai potuto dire di conoscere un faraone basandosi sul numero (Ramses III), dato che la numerazione dei faraoni fu adottata dagli egittologi vittoriani durante il 19° secolo. Un altro errore fu il fatto di menzionare l'uso dei sesterzi come moneta, la quale fu introdotta dai romani solo mille anni più tardi.
Un altro caso riguardava una persona che raccontava di aver assistito agli sbarchi dei vichinghi nel Nord America durante l'11° secolo. Secondo la descrizione data, essi indossavano elmetti con dei corni, il che non è storicamente vero. Negli ultimi anni gli studiosi hanno provato che quest'idea, per quanto comune, è falsa, in quanto i vichinghi indossavano copricapi conici. Gli elmetti cornuti venivano indossati soltanto durante le cerimonie religiose da individui di alto rango. Questi e altri casi dimostrano che le esperienze di "ricordi di vite passate" dipendono moltissimo dalla conoscenza storica che l'uomo ha al momento in cui viene effettuata la seduta di regressione ipnotica, e che spesso queste informazioni vengono contraddette dalle scoperte più recenti, dimostrandone l'infondatezza.
Questo è anche il motivo per cui gli scrittori di esperienze di reincarnazione di solito evitano di menzionare dati specifici che a un esame più attento potrebbero essere confutati.

Un'altra possibile spiegazione per il fenomeno dei ricordi delle vite passate è l'influenza dell'ipnotista stesso, la cui capacità di suggestionare è una condizione "sine qua non" all'efficacia dell'ipnosi. L'altro fattore necessario è la ricettività del paziente alle suggestioni dell'ipnotista. Sebbene le due condizioni determinino l'efficienza dell'ipnosi quando è usata nel trattamento psichiatrico, nel caso della regressione l'abilità dell'ipnotista di suggestionare può diventare un grave impedimento all'ottenimento di informazioni reali, in quanto può contaminare la storia del paziente. Ian Stevenson afferma:

"Nella mia esperienza, quasi tutte le cosiddette personalità precedenti evocate mediante l'ipnosi sono del tutto immaginarie e sono il risultato del desiderio del paziente di ubbidire ai suggerimenti dell'ipnotista. Non è un segreto che siamo altamente suggestionabili quando siamo sotto ipnosi. Questo tipo di investigazione può in realtà essere pericoloso. Alcuni sono stati terribilmente spaventati dai loro presunti ricordi, e in altri casi le personalità multiple evocate non sono più scomparse prima di un lungo tempo" (Omni Magazine 10(4):76, 1988).

Sotto ipnosi, il soggetto è pronto ad accettare ogni tipo di distorsione, ad avere la sua realtà plasmata dalla volontà dell'ipnotista. In molti casi è facile discernere le convizioni religiose dell'ipnotista nelle storie raccontate dai suoi pazienti.
Il rischio di costruire scenari completamente fittizi mediante l'ipnosi non può essere ignorato. Anzi è già accaduto molte volte. Ricorderemo i numerosi casi di donne che durante un trattamento d'ipnosi per problemi comuni scoprirono di aver subito abusi sessuali durante l'infanzia, il che alla fine si rivelò essere falso.
Persino Freud abbandonò l'ipnosi come metodo di trattamento quando scoprì i tanti casi di falsi ricordi. Più ancora, fu osservato che i ricordi "scoperti" sotto ipnosi possono arrivare a sostituire i veri ricordi dopo che la sessione d'ipnosi è terminata, distorcendo completamente la vita della persona. Questo caso è chiamato "false memory syndrome" (sindrome dei falsi ricordi).
I tribunali specie all'estero sono al corrente di questi pericoli e molti di essi non accettano testimonianze rese da persone che sono state precedentemente ipnotizzate. Lo stesso dicasi per i casi di abusi sessuali sui bambini, scoperti mediante ipnosi, che si rivelarono essere falsi. Il quadro non cambia per i ricordi di vite precedenti e per i ricordi di rapimenti extraterrestri.

Un altro fattore compromettente è la preparazione che la persona subisce prima della seduta: la persona viene informata dello scopo della regressione, e questo induce in lei una grande aspettazione. Il desiderio conscio di conoscere la verità sulle sue "vite precedenti" indubbiamente influenza le risposte date sotto ipnosi.

Una terza possibilità per spiegare questi fenomeni appartiene specificamente al campo della psichiatria. Le personalità multiple sono conosciute in essa come disturbi della personalità. Una stessa persona può cambiare nel giro di poco tempo anche fino a 20 diverse personalità, come se stesse giocando diversi ruoli successivi. Queste personalità contraddittorie hanno mentalità, comportamenti, voci e persino sessi diversi dalla persona reale. Di solito accade che una delle personalità conosce e osserva gli atti e i pensieri delle altre, ed è anche in grado di parlare a nome di tutte.

Dal punto di vista psichiatrico, le testimonianze di vite precedenti confermate mediante ipnosi possono essere il risultato di un disordine da personalità dissociate indotto attraverso l'ipnosi. Ciò si è verificato in diversi casi di cura della schizofrenia: nel tentativo di far uscire fuori le personalità nascoste e reintegrarle con quella reale, molti casi di ipnosi hanno invece prodotto nuove personalità, che sono rimaste attive anche dopo il trattamento. E' dunque possibile creare personalità addizionali e ricordi addizionali mediante l'ipnosi.

Comunque, resta ancora un mistero al quale le interpretazioni naturalistico-scientifiche non hanno una risposta soddisfacente: come sono distribuiti i ruoli delle "vite passate", chi decide quale sarà la prossima a manifestarsi? Non può essere un processo casuale. Ian Wilson scrive: "Da qualche parte, in qualche modo, deve esserci un "direttore". E' come guardare uno show di marionette, guardare i fili che le animano, senza vedere il burattinaio". Chi potrebbe essere il regista dello show delle personalità multiple? La spiegazione naturalistica dice che dev'essere la mente della persona, laddove la coscienza è suddivisa in entità separate, una delle quali assume il ruolo di dirigere le altre. A conferma di questo si può dire che a volte, durante l'ipnosi, una certa parte della mente continua ad essere cosciente, continua a ricevere dati dall'area reale che la circonda. Il problema irrisolto in questa spiegazione è la motivazione che anima tale entità (rimasta cosciente nella mente della persona) ad agire in questo modo. Perché dovrebbe ingannare altri riguardo a delle vite precedenti?

Giungiamo dunque a un'altra possibile spiegazione per il ricordo di vite precedenti. In parapsicologia è chiamato channeling (canalizzazione), termine che rappresenta il fenomeno di trasmettere delle informazioni generate da entità spirituali esterne al nostro mondo. Spesso agiscono attraverso delle persone (i medium) mentre sono in stati alterati di coscienza. Nel channeling vi sono sempre esseri esterni personali (spiriti) coinvolti nella trasmissione di informazioni attraverso i medium. L'annichilimento della coscienza normale attraverso l'ipnosi crea le condizioni ottimali per contattare questi "maestri" esterni, che possono presentare se stessi come personalità delle vite passate di una persona. Si può rigettare questa ipotesi solo presumendo che l'entità che sta comunicando attraverso il medium non ha motivo di mentire quando afferma di essere una personalità reincarnata e non uno spirito esterno.
Esistono moltissimi casi di simili entità che, come è stato scoperto in seguito, hanno mentito; analizzeremo comunque in dettaglio più avanti la loro possibile identità e le loro motivazioni.

In conclusione, il solo criterio per poter stabilire la veracità dei "ricordi di vita precedente" è la nostra fiducia nell'ipnotista e nella sua interpretazione di tali ricordi. Esamineremo quindi le altre "prove decisive" per la reincarnazione attraverso il ricordo di vite passate.


IL RICORDO SPONTANEO DI VITE PRECEDENTI DA PARTE DI BAMBINI


Un'altra categoria di esperienze citate come prove a favore della reincarnazione sono i casi in cui certe persone, quasi tutti bambini sotto i 10 anni d'età, ricordano spontaneamente eventi di presunte vite passate, insistendo di essere qualcun altro che ha vissuto in epoche passate. I dettagli da essi menzionati riguardo ai luoghi, alle persone e agli avvenimenti del passato, circa i quali normalmente non potrebbero sapere niente, si rivelano corrispondere alla realtà quando si investiga nell'area indicata.
Le approfondite ricerche del Dr. Ian Stevenson e i suoi libri su questo argomento sono ben noti. Sebbene i casi di ricordi spontanei di vita precedente da parte di bambini sono significativamente più pochi delle testimonianze prodotte sotto ipnosi, sembrano però essere molto più convincenti.
I casi delle ragazze indiane Swarnlata e Shanti Devi sono due dei più noti. All'età di 3 anni (Swarnlata) e 4 anni (Shanti Devi) hanno cominciato ad affermare di aver vissuto in una vita precedente come mogli e madri di due bambini, in un villaggio lontano. L'elemento più sbalorditivo è che hanno menzionato fatti specifici relativi alle loro presunte vite precedenti, e quei fatti sono stati verificati da degli investigatori. Possiamo immaginare quanto siano rimasti sorpresi i figli della madre defunta nel vedersi visitare da una bambina di 4 anni che asseriva di essere la loro madre reincarnata (o altri parenti in altri casi simili). Spesso in questi casi si sviluppano dei disturbi emotivi. Stevenson commenta: "In molti casi questi bambini rigettano i loro genitori dicendo che non sono i loro veri genitori, e spesso vagano per le strade in cerca della loro vera casa. In altri casi, insistono per essere riuniti ai loro ex mariti, o mogli, o figli. Un bambino indiano era così appassionatamente legato a una donna che lui diceva essere stata sua moglie, da cercare di riaverla indietro, causando grande dolore a se stesso e a lei" (Omni Magazine, 10(4):76, 1988).

Comunque, esistono altre interpretazioni possibili, al di là della reincarnazione. Una di esse è la possibilità che questi bambini siano venuti in contatto con delle entità spirituali, tramite channeling. Il bambino in questo caso è inconsapevolmente il "medium". Ma questa spiegazione non è convincente, in quanto i bambini non hanno di solito particolare interesse a stabilire un contatto con gli spiriti.

Una spiegazione alquanto più probabile è la possessione di questi bambini da parte di entità spirituali esterne. Si tratta di un fenomeno collegato al channeling
, ma questa volta la persona è obbligata a trasmettere il messaggio dello spirito senza avere la possibilità di apportare un contributo consapevole all'intero processo. In altre parole, la possessione implica che lo spirito "invasore" entra nel corpo e prende interamente possesso della consapevolezza dell'essere umano, agendo come se si trattasse di una personalità di una vita passata.
Va ricordato che quasi tutti i casi di ricordi di vite passate sono prodotti da bambini che li manifestano tra i due e i cinque anni, quando il loro discernimento spirituale è quasi inesistente, specialmente riguardo alle entità spirituali. Questa situazione li rende particolarmente vulnerabili ad essere manipolati da spiriti esterni. Durante la crescita, le entità perdono l'influenza che esecitavano su di loro, il che potrebbe spiegare perché i ricordi di vita precedente nei bambini scompaiono dopo i 10 anni d'età.
Si può obiettare che questi bambini non manifestano i classici sintomi di una possessione violenta. Comunque, le azioni violente e incontrollate non sono la sola forma in cui può manifestarsi la possessione spirituale.

Una conferma dell'ipotesi della possessione si ha in quei casi in cui lo spirito invasore entra nel corpo del bambino molto tempo dopo la nascita, e solo allora produce i ricordi di vita passata che vanno ad interferire con la sua personalità. Sono documentati sufficienti casi del genere in letteratura. Una breve descrizione di tre di questi casi è fornita da Stevenson, nel suo libro "Twenty Cases Suggestive of Reincarnation".

Il primo caso riguarda un bambino indiano chiamato Jasbir, di 3 anni e mezzo, che era gravemente ammalato ed entrò in un coma che la sua famiglia credette essere morte. Si riebbe qualche ora più tardi, e dopo diverse settimane dimostrò un comportamento completamente diverso, affermando di essere un brahmino chiamato Sobha Ram, morto in un incidente nel periodo in cui lui (Jasbir) era malato. Dato che Sobha Ram era morto quando Jasbir aveva già 3 anni e mezzo, questi ricordi di "vita precedente" ovviamente non possono essere accettati come prova della reincarnazione. Inoltre, considerando i tempi dell'incidente e la malattia di Jasbir, è probabile che la "reincarnazione" dell'anima del brahmino ebbe luogo ancora prima che costui fosse fisicamente morto. Per i 3 anni e mezzo precedenti entrambi avevano vissuto in villaggi vicini. Mentre parlava attraverso Jasbir, il presunto "brahmino reincarnato" disse che gli era stato indicato di entrare nel corpo del piccolo. Ci fu dunque un periodo in cui nel corpo di Jasbir erano presenti due diverse personalità: quella del piccolo e un'altra che sarebbe dovuta essere quella del brahmino. E' evidente che non può trattarsi di reincarnazione, ma di possessione da parte di uno spirito che pretendeva di essere quello del brahmino.

Il secondo caso, è quello di Lurancy Vennum, una bambina di appena 1 anno, che cominciò a manifestare la personalità di una certa Mary Roff quando questa (Mary Roff) morì. Questa situazione durò diversi mesi, mentre la "personalità Mary Roff" affermava di aver occupato il corpo vuoto della bambina. Dopo questo periodo, Mary Roff la lasciò e la bambina riprese in controllo di se stessa. Le personalità sovrapposte e i messaggi espressi durante quel periodo sono forti indicatori di possessione, ed escludono ogni possibilità di reincarnazione.

Il terzo caso riguarda un monaco buddista, Chaokhun Rajsuthajarn, nato un giorno prima della morte di Nai Leng, la personalità che egli dichiarava di essere stato nella sua vita precedente. Stevenson commenta in un'intervista: "Ho studiato questo caso con grande cura ma non ho trovato alcuna giustificazione plausibile per questa discrepanza" (Omni Magazine 10(4):76, 1988).

La possessione spiritica può anche spiegare un'altra "prova" per la reincarnazione che sta diventando molto popolare: la corrispondenza tra le ferite che hanno causato la morte di una persone e le "voglie" (macchie colorate) sulla pelle dei bambini che affermano di essere la reincarnazione di qualche persona. Non significa che qualche spirito sia la causa di queste piccole anomalie fisiche (almeno, non nella grande maggioranza dei casi), ma piuttosto che da esso provenga il "suggerimento" del loro significato, specialmente in culture dove la maggior parte delle peculiarità fisiche e comportamentali sono attribuite a delle vite precedenti (Sud Asia, Libano, indiani del Nord America).
Non molti casi, comunque, necessitano di una spiegazione elaborata come la possessione. La maggior parte di questi casi sono infatti da scartare perché non hanno alcuna prova scientifica (un rapporto medico preciso sulle ferite del defunto), o sono stati indotti da adulti che hanno convinto i bambini a ritenersi la reincarnazione di un certo parente defunto.

Un fattore importante che può confermare la possessione spiritica sono i casi di predizione della reincarnazione da parte della gente che vi crede fermamente. Ecco un caso scoperto da Stevenson nella tribù Tlingit in Alaska:

"Un uomo aveva predetto a sua nipote che sarebbe ritornato da lei e le indicò due segni nel suo corpo. Erano cicatrici di operazioni. Una era sul suo naso. Aveva avuto un'operazione nell'angolo del suo occhio destro; l'altra era sulla schiena, ma non so a cosa era dovuta. Comunque, l'uomo disse a sua nipote: Mi riconoscerai perché nel mio corpo ci saranno delle voglie proprio in questi punti. Morì, e 18 mesi più tardi sua nipote ebbe un bambino che aveva delle voglie sulla pelle esattamente in quei punti. Io stesso vidi e fotografai quelle voglie. Questo bambino aveva circa 8-10 anni quando lo vidi per la prima volta. La voglia sulla schiena era particolarmente evidente. Aveva dei piccoli segni circolari ai lati che sembravano precisamente i segni lasciati da un'operazione chirurgica" (Venture Inward Magazine, settembre/ottobre 1995).

Un'ulteriore indicazione per comprendere i ricordi spontanei di vite passate da parte dei bambini è il fatto che esse dipendono dalle culture. Molti casi sono riportati in India e altri in paesi del Sud Asia, dove la reincarnazione è pienamente accettata. I casi asiatici sono sempre i più ricchi di dettagli rispetto ai casi occidentali. I bambini occidentali che hanno simili esperienze danno pochissimi dettagli. Quando è possibile verificare alcuni dei dettagli, di solito si scopre che si tratta di esperienze del passato di altri membri della famiglia. Il condizionamento culturale gioca sicuramente un ruolo importante in questi fenomeni.

Per questo motivo, Ian Stevenson fu costretto ad ammettere che i casi da lui studiati possono solo suggerire l'idea di reincarnazione, ma non offrono nulla neanche lontanamente paragonabile a una prova (Omni Magazine 10(4):76, 1988).


MOTIVI METAFISICI PER RIGETTARE I RICORDI DI VITE PRECEDENTI COME PROVE

Anche se la regressione ipnotica e il ricordo spontaneo di vite passate fossero privi di contraddizioni, vi sarebbe ancora un motivo importante contrario alla loro veracità: secondo la dottrina classica della reincarnazione, l'entità che si reincarna è il sè impersonale (atman o purusha), accompagnato dal debito karmico. Ogni elemento psico-mentale che definisce la personalità non appartiene al sè o al corpo sottile, e perciò cessa di esistere alla morte fisica. La memoria è un tale elemento. Essa agisce solo nei limiti di una vita fisica e svanisce alla morte. Se le cose fossero diverse, se la memoria potesse passare alle vite successive attraverso la reincarnazione, avrebbe la stessa natura ontologica del sè, il che è assurdo, perché la memoria appartiene al dominio psico-mentale della personalità.

Di solito viene affermato che il veicolo che trasporta le impressioni psichiche da una vita all'altra è il corpo sottile (sukshma sharira nella Vedanta) o il deposito karmico (karmashaya nel Samkhya-Yoga). Anche se alcuni dicono che questi due elementi agiscono come una sorta di memoria conscia delle vite precedenti, non possono rappresentare una terza natura ontologica (differente sia dal sè che dal dominio psico-mentale), che potrebbe giocare il ruolo di memoria personale trasmissibile da una vita all'altra.
Il karmashaya e il sukshma sharira sono mere espressioni del modo in cui il karma registra i debiti del passato. Dal momento che il karma rappresenta una legge meccanica e impersonale che funziona con precisione matematica, il karma stesso non può giustificare lo stato di una persona ad un certo momento. In altre parole, l'uomo non può comunicare con il suo karma. Il karma spinge semplicemente l'individuo in uno scenario preordinato, senza comunicare quali debiti devono essere pagati dalle vite precedenti.
Anche se ci sono delle tecniche di meditazione speciali per ottenere alcune informazioni limitate sulle vite passate (lo Yoga-Sutra menziona ad esempio la pratica del samyama), esse sono disponibili sono agli yogi avanzati. E anche allora, la veracità di tali informazioni ottenute in stato di coscienza alterata è quantomeno dubbio.

Il debito karmico della persona può al massimo essere immaginato per intuito. Ad esempio, i reincarnazionisti suppongono che un uomo che viene assassinato abbia ricevuto la giusta ricompensa per l'aver egli stesso commesso omicidio in una sua vita precedente. Neppure i ricordi di tali vite possono dare informazioni sui "peccati" commessi durante quelle vite. Queste esperienze non cercano di provare la giustizia del karma, ma solo che le vite passate sarebbero reali. In altre parole, gli scenari "ricordati" non indicano quali fattori delle vite precedenti hanno prodotto l'incarnazione attuale, ma si limitano a convincerci che abbiamo vissuto delle vite precedenti e che dobbiamo credere alla reincarnazione.

A causa delle considerazioni metafisiche sopra menzionate, molti guru orientali non considerano i ricordi di vite passate come prove valide per la reincarnazione. Nel periodo in cui Stevenson stava compiendo i suoi studi tra dei bambini indù che affermavano di ricordare le loro vite precedenti, incontrò uno swami indù dell'ordine Ramakrishna. Egli commentò così quei casi: "Si, è vera [la reincarnazione], ma non fa alcuna differenza, perché noi in India abbiamo tutti creduto nella reincarnazione e l'abbiamo accettata come fatto, eppure non ha fatto nessuna differenza per noi. Abbiamo tanti roghi e uomini malvagi qui in India come li avete nell'occidente" (Venture Inward Magazine, settembre/ottobre 1995).
Tali ricordi sono ricercati e apprezzati principalmente dagli occidentali, probabilmente a causa della loro errata comprensione della dottrina della reincarnazione e anche a motivo dell'apparenza pseudo-scientifica. L'argomento principale per la reincarnazione in oriente ha tutt'altra natura e sarà ora analizzato.

C) LA REINCARNAZIONE E LA GIUSTIZIA COSMICA

L'argomento principale per la reincarnazione è di ordine morale. Si ritiene cioè che il karma e la reincarnazione siano il modo ideale per realizzare la giustizia nel mondo terreno, in quanto tutte le opere e i pensieri delle persone vengono retribuiti nelle loro vite future. Questa retribuzione si manifesterà sotto forma di circostanze positive o negative, con esattezza matematica; ciò significa che tutto ciò che si fa sarà giustamente punito o ricompensato, sia a livello quantitativo che qualitativo. Questo sistema spiegherebbe anche le disuguaglianze che vediamo tra le persone, dà conforto a quelli che non riescono a comprendere la loro attuale situazione negativa, e dà loro speranza per una vita futura migliore. Secondo il karma, non esiste alcun perdono per le proprie colpe del passato, ma soltanto l'accumulo di debito karmico, seguito dal pagamento delle conseguenze nelle vite future. Swami Shivananda dichiara:

"Se l'uomo virtuoso che non ha commesso alcun atto malvagio in questa vita soffre, ciò è dovuto a qualche atto malvagio che può aver commesso nella sua vita precedente. Avrà una compensazione nella sua nascita successiva. Se l'uomo malvagio che compie il male giorno per giorno apparentemente si gode la sua vita, questo è dovuto al karma buono che ha avuto nella sua vita precedente. Avrà una compensazione nella sua nascita successiva. Soffrirà nella sua prossima vita. La legge della compensazione è inesorabile e senza pietà" (Swami Shivananda, Pratica del Karma Yoga, 1985, p. 102).

Considerando che il debito karmico che ogni uomo accumula nel suo passato è assai grande, una sola vita non è abbastanza per espiarlo. Pertanto, per ottenere la liberazione, diventano necessarie molte vite. Nel panteismo, in cui è assente un dio personale come Realtà Definitiva, l'uomo è solo nella sua lotta col proprio passato. Anche i rami teisti delle religioni orientali sono incapaci di risolvere la solitudine dell'uomo nel proprio combattimento, in quanto i concetti di karma e di grazia divina non possono essere conciliati senza stravolgere completamente l'uno o l'altro. La grazia, concessa da un dio o da un guru, contraddice la regola base del karma e renderebbe inutile la sua azione. Ne risulta che le affermazioni di alcuni guru riguardo all'essere in grado di cancellare il karma dei loro discepoli è assurdo. Attraverso l'ascetismo e la meditazione, l'uomo deve guadagnarsi la salvezza con le proprie mani, o essere abbandonato a subire i dettami del karma.

Anche se potrebbe sembrare che il meccanismo del karma e della reincarnazione offre una spiegazione alla questione della giustizia sociale, vi sono due obiezioni principali che la contraddicono:

1) Fintanto che la sofferenze (o la ricompensa per il bene compiuto) può essere sperimentato solo a livello personale (fisico o psichico), e l'uomo cessa di esistere come persona dopo la morte fisica, è chiaro che un'altra persona, generata in un altro corpo fisico, subirà le conseguenze dettate dal karma dell'altra persona defunta. Il sè impersonale (atman o purusha) che si reincarna non ha niente a che fare con la sofferenza; è un semplice osservatore dello svolgimento della vita psico-mentale. Se, al momento della morte, non è rimasto alcun debito karmico da scontare, la separazione del sè dal coinvolgimento illusorio con il mondo fisico e psico-mentale è permanente, e ciò rappresenta la liberazione. Se no, il sè è obbligato a entrare in una nuova associazione illusoria con la personalità finché tutti i frutti delle sue vite passate vengono consumati. Per conseguire ciò, una nuova persona nasce ogni volta che il sè entra in un nuovo corpo umano. La nuova persona porterà le conseguenze del karma prodotto dalla persona precedente, abitata dallo stesso sè. Questo meccanismo, in cui una persona accumula il karma e l'altra ne porta le conseguenze, è alquanto ingiusto e contraddice fondamentalmente l'idea di poter realizzare una perfetta giustizia. Non è dunque possibile spiegare con il karma i disastri naturali, le piaghe e gli incidenti che affliggono gli innocenti.

Per questi motivi, il detto "si raccoglie ciò che si è seminato" non può essere usato per esprimere le idee dei reincarnazionisti (in realtà queste parole sono state prese dal Nuovo Testamento, Galati 6,7, dove hanno un significato molto diverso). Secondo il meccanismo della reincarnazione, una persona semina e l'altra raccoglie, dato che nessuna caratteristica personale può essere preservata da un'incarnazione del sè impersonale alla successiva. Nel Buddismo, che rigetta l'idea stessa di un sè che trasmigra, l'idea di seminare e raccogliere è ancora più assurda. Vediamo ad esempio il seguente testo:

"Se accade che uomini e donne buoni, che ricevono e ritengono queste parole, sono oppressi, i loro destini malvagi sono l'inevitabile risultato retributivo dei mali commessi nelle loro vite mortali passate. Mediante la virtù delle loro sofferenze attuali l'effetto del loro passato sarà espiato, ed essi saranno nella posizione di conseguire il Completamento dell'Incomparabile Illuminazione" (Sutra del Diamante, 16).

CHI deve espiare gli effetti del SUO passato? Una nuova distribuzione dei cinque aggregati? CHI conseguirà l'illumazione? Una certa configurazione di quei cinque aggregati impersonali? Questo processo assicura una giustizia perfetta PER CHI? Per una personalità illusoria che sparisce alla morte fisica?

2) Una seconda obiezione concerne l'attuale possibilità di ottenere la liberazione dal karma e dal ciclo della reincarnazione. Normalmente si suppone che la persona che vive le conseguenze del proprio karma deve farlo in uno spirito di rassegnazione e sottomissione. Ma questo ideale è lontano dalla realtà. Invece di adottare un'attitudine passiva nei confronti delle proprie sofferenze, quasi sempre l'uomo reagisce con indignazione, e così accumula un debito karmico costantemente in crescita. L'esperienza comune insegna che il male genera quasi sempre altro male e perciò un equilibrio tra il bene e il male non può essere raggiunto. Come risultato, un circolo vizioso viene generato e il debito karmico cresce in continuazione, a dismisura. Questo accadrebbe per la maggior parte delle persone sulla terra, in quanto è detto che la maggior parte di noi vive nell'ignoranza (avidya). Da una generazione alla successiva, il totale del debito karmico è costantemente in crescita e questa situazione non può mai essere risolta. Che tipo di giustizia è quella che causa molti più problemi di quanti ne può risolvere?

Se c'è un'alta probabilità di accumulare nuovo karma invece di liberarsene, ecco che la soluzione migliore per ottenere la liberazione dalla reincarnazione diventa il digiuno totale Jainista che mira alla morte, secondo ciò che afferma il Mahavira:

"Se questo pensiero si presenta a un monaco: 'Sono malato e incapace, al momento, di mortificare il mio corpo regolarmente', quel monaco deve ridurre il suo cibo regolarmente; riducendo regolarmente il suo cibo e diminuendo le sue colpe ... esercitandosi egli dissolve il suo corpo...
Vincendo ogni sorta di dolore e sofferenza attraverso la fiducia in questo, egli raggiunge questa temibile morte religiosa. Così a tempo debito porrà fine alla propria esistenza. Questo è stato adottato da molti che erano liberi da illusioni; è buono, integro, adatto, beatificante, meritorio. Così ho parlato." (Acaranga Sutra 1,7,6)

Prendiamo ora un esempio e vediamo come le due obiezioni si applicano ai casi di persone reali. Se consideriamo Hitler, i risultati sono sorprendenti (per uno studio dettagliato su questo caso e altri aspetti importanti della reincarnazione si veda il libro di Mark Albrecht "Reincarnation", InterVarsity Press, 1982). Non c'è dubbio che qualunque reincarnazionista concordi sul fatto che molte vite sono necessarie per consumare il suo debito karmico. Hitler morì nel 1945 e, stando alla dottrina della reincarnazione, ha dovuto reincarnarsi in un bambino per subire le dure conseguenze dei suoi atti mostruosi. Le due obiezioni viste prima possono essere formulate come segue:

1) La persona di Hitler ha cessato di esistere al momento della sua morte fisica. Solo il sè impersonale si reincarna, accompagnato dal suo deposito karmico. Comunque, non vi è continuità tra la persona di Hitler e quella dell'individuo che deve subire le sofferenze imposte dal karma di Hitler. Il nuovo nato non sa che deve subire le conseguenze del karma di Hitler. Dopo la crudele vita e morte di questa nuova persona, altri milioni di reincarnazioni si succederanno con lo stesso tragico destino. Il fatto più disgustoso è che la persona di Hitler, l'unica che avrebbe dovuto subire a livello fisico e psichico i risultati delle sue folli opere, si è dissolta al momento della sua morte fisica, mentre innumerevoli altre persone, che sono del tutto ignare della situazione e innocenti, devono subire le angosciose conseguenze del suo karma negativo.

2) In conseguenza delle durezze che devono essere subite dalle nuove incarnazioni di Hitler, è quasi certo che queste reagiranno con indignazione invece di rassegnarsi alla loro situazione, e dunque accumuleranno un debito karmico costantemente in crescita. Ogni nuova reincarnazione diventa una fonte di nuovo karma acquistato, e dà vita a una nuova catena di individui che devono pagarne le conseguenze. Lo stesso accade nel caso di Hitler stesso. Chiunque egli fosse stato in precedenza, ha aggravato moltissimo il suo karma durante gli anni della sua vita. Dunque, invece di risolvere il problema della giustizia globale, il problema si aggrava. Partendo da un singolo individuo come Hitler, si raggiunge un numero enorme di persone che devono pagare il karma di quel singolo e al tempo stesso ne accumulano altro durante le loro vite. Questo è solo uno dei casi di tutta la storia umana. Ogni tentativo di immaginare cosa accade su scala più larga rivelerebbe una catastrofe impossibile da risolvere.

E' evidente che il karma e la reincarnazione non possono fornire alcun tipo di giustizia. La reincarnazione non può risolvere il problema del male ma anzi lo amplifica, e lascia che il male commesso in origine resti impunito. Se la reincarnazione fosse reale, Hitler non sarebbe mai stato punito per i suoi atti perché ha smesso di esistere, prima che qualunque essere umano o circostanza della vita potesse realmente punirlo.

Analizzando poi i collegamenti tra le persone e il karma da una prospettiva globale, ci sono da fare due riflessioni.

Primo, dato che per la reincarnazione la sofferenza è il risultato delle opere malvagie compiute nelle vite precedenti, un possibile modo di reagire coerentemente con la legge del karma potrebbe portare a una mancanza di compassione verso coloro che soffrono. Un reincarnazionista potrebbe pensare che chi soffre merita di essere punito, e che chiunque osa aiutarlo interferisce con lo svolgimento del suo karma e di conseguenza si sta accumulando del karma negativo per se stesso.

Secondo, l'uomo che diventa strumento del castigo del karma accumula per se stesso del karma negativo e quindi dovrà essere punito a sua volta, nella vita successiva. Poi la prossima persona che agirà come strumento del karma dovrà essere punita a sua volta, e così via. Una possibile soluzione a questo ciclo infinito sarebbe che chi agisce come strumento del karma lo faccia in maniera completamente distaccata e disinteressata, secondo le parole di Krishna nel Bhagavad Gita (2,47; 3,19; ecc.). Ciò porterebbe a non acquisire nuovo karma. Comunque, questa soluzione sarebbe limitata al massimo a quei pochi "distaccati" che conoscono il loro ruolo e che lo seguono, e dunque non ha significato sulla ben più ampia scala della società umana. Ben poche persone infatti si considerano esecutori distaccati del karma sulle vite dei loro vicini.

Esaminiamo questi due punti nel caso dei milioni di Ebrei uccisi nelle camere a gas dai nazisti durante la guerra. Primo, un reincarnazionista potrebbe ritenere assurdo avere sentimenti di compassione verso di loro, perché essi si sarebbero meritati la loro sofferenze e morte, in una vita precedente. Potrebbe poi concludere che, dopo tutto, i nazisti stavano facendo la cosa giusta, in quanto esecutori dei dettami del karma. Usando questo ragionamento, ogni concepibile crimine commesso nel passato o nel presente può essere giustificato, senza preoccuparsi delle implicazioni morali. Tutto ciò apre una prospettiva orrenda sul passato e sul futuro dell'umanità, con implicazioni difficili da afferrare.

Secondo, l'uccisione di milioni di persone richiede che i loro giustizieri siano a loro volta uccisi, in modo simile, nelle loro vite future. Ma questo implica che i giustizieri reincarnati saranno a loro volta uccisi, e i loro giustizieri anche, ecc. ecc. Il ciclo non avrebbe mai fine. Si può obiettare che la morte dei colpevoli può avvenire anche, ad esempio, mediante calamità naturali. Questa spiegazione non è accettabile, in quanto il karma è generato non solo dalle azioni compiute, ma anche dal desiderio che le ha prodotte. Anche il desiderio di uccidere viene retribuito, non soltanto l'atto in se stesso. Dunque, se la reincarnazione fosse un concetto logico, implicherebbe che non ha né un inizio né una fine. Non può essere una soluzione per la giustizia, ma solo una sorta di eterno circo.

Un'analisi più approfondita del concetto di giustizia karmica dimostra che il principio base della moralità Indù, il non uccidere (ahimsa), diventa assurdo. Secondo questo principio non bisogna partecipare nell'uccisione di qualsiasi essere vivente, altrimenti ci si reincarna per pagarne le conseguenze (questo principio è la base del vegetarianismo religioso orientale).
Ad esempio, il macellaio che uccide un maiale si reincarnerà in un maiale per essere ucciso a sua volta. Comunque, il principio stesso di reincarnazione contraddice il significato di ahimsa e ne prova l'inutilità. Il maiale viene ucciso, probabilmente perché era la reincarnazione di un altro macellaio, che doveva essere punito in quel modo. Neppure in questo caso il circolo vizioso può essere fermato in modo naturale (ad es. morte naturale dell'animale per malattia), in quanto il desiderio del macellaio di uccidere l'animale (per mangiarlo o per guadagnarsi da vivere) genera del karma. Dunque la violazione del principio di non-violenza diventa una necessità per adempiere alla giustizia karmica. Il macellaio è al tempo stesso strumento dell'espiazione del debito karmico e produttore di un nuovo debito per se stesso. In modo strano e contraddittorio, l'adempimento del debito karmico richiede la punizione del suo esecutore. In altre parole, il karma paradossalmente agisce condannando gli esecutori della sua "giustizia".

In conclusione, il concetto di reincarnazione è in contraddizione con la logica, con la giustizia sociale, con la moralità e anche con il senso comune. Guardando oltre l'apparente conforto che esso sembra fornire alla vita corrente nel promettere altre vite in cui potersi perfezionare, la credenza nella reincarnazione non può portare alcun risultato benefico, ma solo rassegnazione e disperazione nell'affrontare il proprio destino.

Abbiamo visto in maniera chiara che per il cristianesimo la reincarnazione non esiste, è solo frutto di invenzioni umane, Dio non insegna la reincarnazione, si muore una sola volta, e risusciteremo per esser giudicati per essere accolti in Paradiso, o per andare all'inferno.


(dal sito camcris.altervista.org)

I testi sono liberamente e gratuitamente condivisibili ma non manipolabili
Informativa sulla privacy leggila cliccando qui
Torna ai contenuti