Canconi Malio giornalista ateo convertito
Manlio Cancogni, anche lui convertito,
in un’intervista del 2005: «per lungo tempo la religione per me è stata un insieme confuso di ricordi, pensieri e emozioni contrastanti dai quali tutto sommato preferivo stare lontano. Una tranquilla indifferenza mi sembrava la soluzione migliore, la stessa indifferenza che condividevo con i miei amici da giovane, tutti laici o addirittura apertamente anticlericali. Poi quando la fede è diventata per me un argomento centrale, molti dei miei amici non c’erano più, e con quelli rimasti ho finito per non parlare di questo argomento. Oggi mi ritengo un cattolico osservante: la fede si vive con la pratica, ogni giorno, non è un sentimento individuale, ha bisogno di un corpo cioè della Chiesa. E in questo senso ho capito solo dopo la mia conversione quanto la cultura italiana sia profondamente anticattolica. Anche se non in maniera clamorosa, esiste una ghettizzazione del credente, soprattutto dell’intellettuale cattolico che è escluso, guardato con sospetto, magari deriso. Oggi ci si può convertire al buddismo o frequentare sette di occultisti, ma dirsi cattolici è quasi scandaloso. Non c’è odio antireligioso, questo no; ma c’è molto fastidio, e lo sento».