Geova non è il Nome di Dio vero nome Jahve risposte catechesi
Una mia risposta di qualche tempo fa sull’esegesi biblica dei Testimoni di Geova ha avuto uno strascico scontato. Alcuni geovisti e qualche cattolico "pencolante" mi hanno scritto lettere chilometriche in difesa di quelle scelte teologiche che contestavo e che, con me, contestano tutti gli esegeti di ogni confessione cristiana. Da un lato, sono felice che alcuni Testimoni di Geova leggano Famiglia Cristiana e non solo il loro foglio radicale e fondamentalista, quella Torre di guardia che qualche volta hanno offerto anche a me nelle stazioni. D’altro lato – e lo dico senza accanimento – le "difese" contenute negli scritti che ho ricevuto sono così zeppe di luoghi comuni e approssimazioni da meritare, più che lunghe repliche (qui impossibili), un caloroso invito allo studio di buone introduzioni o commenti biblici di esegeti cattolici o protestanti o ortodossi o ebrei o neutri.
Dove sono i veri esegeti?
Sottolineo: veri esegeti e non autori americani ignoti e di ovvio apostolato geovista. Né basta, come fa un lettore, usare il greco del computer ad avallare le proprie tesi: tra l’altro questo lettore torinese non scrive una sola parola greca in modo corretto. Non voglio neppure ritornare sugli assurdi a cui può condurre il letteralismo geovista né sulle divertenti libertà che al contrario essi si prendono, quando devono salvaguardare qualche loro tesi. Il dialogo è possibile solo quando si ha un terreno comune di discussione che sia scientifico (storico, letterario, teologico) e rigoroso. Altrimenti si può solo lasciare spazio alla carità.
In proposito desidero rispondere al lettore cattolico che mi invitava a essere "ecumenico" e "tollerante". Se mi conoscesse di più, scoprirebbe di sfondare una porta aperta. Questo, però, non significa che la verità non abbia il dovere di avanzare le sue esigenze prima di cedere il passo alla carità: è facile citare l’antico motto «Amicus Plato, sed magis amica veritas», che Lutero nella sua opera De servo arbitrio aveva così rielaborato: «È amico Platone, è amico Socrate, ma prima bisogna onorare la verità». Ai cattolici, però, vorrei riservare un appunto. Quante volte chiudono la porta in faccia ai Testimoni di Geova non tanto per la loro petulanza quanto per la propria ignoranza o insicurezza religiosa! Bastano un paio di citazioni bibliche imparate a memoria e un’argomentazione approssimativa a bloccare la bocca al cattolico?
Cattolici, studiate anche voi!
Il mio appello alla conoscenza seria delle Scritture lo vorrei, perciò, ribadire equanimemente anche per i cattolici, che pure hanno fatto passi enormi in questi ultimi decenni nel senso di una lettura genuina e valida della Bibbia. A loro, ma anche ai Testimoni, rinnoverei l’invito a leggere la Bibbia per la famiglia che il nostro giornale ha ormai completato per l’Antico Testamento e che a settembre riprenderà per il Nuovo. Desidero, però, in conclusione raccogliere e replicare a una delle più accese proteste geoviste, quella riguardante il loro stesso nome, ahimè, segnato da un assurdo linguistico, fiorito nel Medioevo e da allora perpetuato in ambito cristiano (la cartolina ne è un esempio).
Una lingua senza vocali
Il nome divino è composto nella Bibbia ebraica da quattro consonanti J-H-W-H che ricorrono ben 6.828 volte nell’Antico Testamento (leggi Esodo 3). Come è noto, l’ebraico – come le altre lingue semitiche – si scriveva originariamente senza le vocali perché le consonanti bastavano a definire significato e pronunzia. Quando in epoca cristiana anche gli Ebrei cominciarono a faticare nel leggere il testo biblico solo in consonanti, alcuni maestri, detti Masoreti, aggiunsero sotto le lettere dei piccoli segni convenzionali per le vocali, segni che ancor oggi si appongono nelle edizioni delle Scritture ebraiche.
Ora, il nome sacro di Dio (JHWH) non veniva pronunziato ma sostituito con un’altra parola, Adonaj, cioè "Signore". Che cosa fecero quei maestri per far leggere in questo modo il nome divino? Alle consonanti JHWH aggiunsero le vocali del termine sostitutivo Adonaj che in ebraico sono e/o/a. Quanti non conoscevano questa prassi lessero materialmente la parola e dettero origine al "mostro" filologico Jehowah o Geova, che è del tutto aberrante e abbandonato dagli studiosi, i quali ipotizzano al massimo come lettura più probabile Jahweh. Essi, però, preferiscono evitarne l’uso, anche per rispetto verso gli Ebrei, e allora lasciano solo le quattro consonanti Jhwh oppure usano "Signore" o altri termini sostitutivi; comunque non accettano mai l’improponibile "Geova".
GEOVA NON E’ IL NOME DI DIO – CONSIDERAZIONI
Qualche tempo fa ci chiesero di chiarire la questione tetragramma YHWH e i Testimoni di Geova. Sinceramente basterebbe farsi un giro persino su Wikipedia per capire quanto facciano a pugni con ebraismo e cristianesimo dal punto di vista Teologico, ma comunque:
Charles Taze Russell, il fondatore, ricevette un'educazione presbiteriana dai genitori, poi si unì alla Chiesa Congregazionalista, poi un padre cristiano-avventista, Jonas Wendell, lo ha riportato sulla "retta via" (che non era la Teologia Cattolica). Negli anni venti si sono mescolati con la dottrina (strampalata e protestante) della Chiesa del Regno di Dio e alla Chiesa cristiana millenarista.
Quindi la domanda sorge spontanea: Chi è Geova? una divinità ebrea?
YHWH a casa nostra è il nome ineffabile col quale Dio si fece conoscere a Mosé, quando gli disse di tornare in Egitto e di andare da Faraone per chiedere di lasciare libero il popolo d'Israele. Gli Ebrei non osavano pronunciare questo nome, sostituendolo nella lettura del testo biblico con ‘Adhonay (Signore, mio Padrone). Con questo artifizio evitavano che anche gli stranieri pronunziassero il nome impronunciabile di Dio. Impronunciabile perché troppo santo e puro: l'uomo, peccatore, non è degno. (e questa è Storia)
Il lettore non ebreo, e solo lui (anzi, chi non mastica di teologia), vedendo il tetragramma con i segni vocalici riportati, legge automaticamente Y'HoWaH, errore di lettura che cominciò a diffondersi nel XV secolo d. C.
Il lettore ebreo mentre leggeva il testo biblico non commetteva errori, perché sapeva di avere davanti agli occhi due parole in una: una tutta consonanti, l'altra
tutta vocali. Egli non pronunciava mai Y'HoWaH, ma ‘Adhonay. Molto probabilmente la pronuncia del tetragramma è YaHWeH. In italiano, nella versione riveduta, è tradotto con Eterno. Non, Geova. Questa traduzione rende perfettamente evidente il modo con cui Dio si fece conoscere a Mosé:
"Mosè disse a Dio: «Ecco, quando sarò andato dai figli d'Israele e avrò detto loro: "Il Dio dei vostri padri mi ha mandato da voi", se essi dicono: "Qual è il suo nome?"
che cosa risponderò loro?»
Dio disse a Mosè: «Io sono colui che sono». Poi disse: «Dirai così ai
figli d'Israele: "l'IO SONO mi ha mandato da voi"».
"Dirai così ai figlioli d'Israele: l'Eterno (YHWH), l'Iddio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe mi ha mandato a voi. Tale è il mio nome in perpetuo, tale la designazione per tutte le generazioni".
(Esodo 3:13-15).
Ed ancora Dio ricorda a Mosé che fino a quel momento si era rivelato ad Abramo, Isacco e a Giacobbe come il Dio Onnipotente (El-Shaddai); ora a lui si fa conoscere come l'Eterno, YHWH:
"Dio parlò a Mosè e gli disse: Io sono l'ETERNO. Io apparvi ad Abraamo, a Isacco e a Giacobbe, come il Dio onnipotente; ma non fui conosciuto da loro con il mio nome di ETERNO" (Esodo 6:3).
Si potrebbero fare ulteriori esempi ma concludiamo così: lo studio filologico che ha, ancora oggi, tradotto la Bibbia, non parla assolutamente di nessun GEOVA, termine coniato tra l'altro ufficialmente il 26 luglio 1931 all'assemblea svoltasi a Columbus, durante la quale Joseph Franklin Rutherford, nuovo leader degli "Studenti della Bibbia" -alias il primo nome dei TdG- e secondo presidente della Watchtower Society (quella della Justice League of America della DC Comics?), pronunciò il discorso "Il regno, la speranza per il mondo, con l'accettazione della risoluzione" un nuovo nome, nella quale si dichiarava: "Desideriamo essere conosciuti e chiamati con il nome, cioè, testimoni di Geova".
Chiaro è, che non essere filologi e pretendere di interpretare la Bibbia senza uno straccio di studio, è ovvio che va a finire con il divinizzare strafalcioni grammaticali.