Musulmano conquistato da Gesù conversioni cristiane
Testimonianze conversioni cristiane
UN MUSULMANO CONQUISTATO DA GESÙ
Intervista con Timo Aytaç GüzelmansurD. – In che modo è avvenuta la sua conversione al cattolicesimo?
R. – Ho iniziato ad avvicinarmi alla fede cristiana all’età di 18 anni dopo aver conosciuto un cristiano di cui sono diventato amico nella mia città, Antakya. Provengo da una famiglia musulmana non particolarmente religiosa, comunque ho avuto un’istruzione basata su principi islamici: i miei genitori appartengono alla comunità alavita.
Dopo il mio incontro con alcuni cristiani, ho iniziato a leggere la Bibbia, in particolare il Nuovo Testamento. E da subito sono stato affascinato dalla persona di Gesù. Questo fascino, che ancora oggi mi avvince, e la sorpresa (a causa della meraviglia) che Gesù mi ama così tanto da salire sulla croce e dare la vita per me, sono i motivi per cui sono diventato cristiano.
D. – In che modo le persone intorno a lei hanno reagito alla notizia della sua conversione cristiana?
R. – Ci sono state diverse reazioni. Nella mia famiglia è sorta una certa inconsapevolezza per quello che significava il fatto che un proprio figlio ventenne decidesse di farsi battezzare. Probabilmente a causa di un senso di vergogna, vista la mia decisione di non esternare molto i motivi della mia scelta religiosa, si è verificato un certo allontanamento tra me e mio padre tanto che dovetti, per un certo tempo, lasciare la casa dei miei genitori ed emigrare nella Turchia orientale. Per alcuni miei amici non ero più quello di una volta. Anzi, mi trattavano come un rinnegato e hanno interrotto ogni contatto con me.
D. – Perché ha deciso, al momento di farsi battezzare, di prendere il nome di Timoteo?
R. – Dopo circa due anni dall'inizio del mio interesse per il cristianesimo presi la decisione di farmi battezzare. Un sacerdote dei Piccoli Fratelli di Gesù mi ha preparato per il battesimo. Il 6 gennaio 1997 sono stato battezzato con il nome di Timoteo nell’allora cattedrale del vicariato apostolico di Anatolia, nella città di Mersin. Il mio battesimo venne celebrato di pomeriggio alla presenza di poche persone.
Questo nome l’ho scelto io personalmente perché Timoteo era un seguace di san Paolo. Timoteo era originario di Iconio, l’attuale città turca di Konya. Quando egli, assieme a Paolo, iniziò a evangelizzare l’Anatolia era giovane come me quando chiesi il battesimo. In una lettera Paolo scrisse a Timoteo: “Nessuno disprezzi la tua giovane età, ma sii esempio ai fedeli nelle parole, nel comportamento, nella carità, nella fede, nella purezza” ( 1 Tm 4, 12).
D. – Quale è stato l'aspetto del cristianesimo che l'ha maggiormente colpita?
R. – Mi sono convertito al cristianesimo a causa di Cristo! Come ho già detto, ad affascinarmi tuttora è l’amore di Gesù per gli uomini. Egli ci ha amato al punto da donarsi per noi sulla croce. Se Gesù dona la sua vita per me, io come posso rispondere? Per me questa rappresenta la domanda fondamentale. E mi è sembrato logico ricambiare questo amore seguendo Cristo e ricevendo il battesimo.
D. – Vi sono degli aspetti dell'islam che lei considera positivi?
R. – L’islam non è una religione omogenea. Al suo interno riscontriamo numerose correnti religiose così come diverse impronte culturali e tutte vengono presentate come islamiche.
Trovo per esempio, grandioso il fatto che l’islam non faccia differenza tra razze o discriminazioni a motivo del colore della pelle: tutti gli uomini vengono trattati come fratelli. Nella particolare comunità islamica dei miei genitori, gli alaviti, viene evidenziato l’amore del credente verso Dio e verso gli uomini.
Ci sono però diversi aspetti nell’islam che non posso accettare, come ad esempio il rapporto tra uomo e donna, il rapporto non chiaro con la forza, il concetto spesso citato di “guerra santa”.
D. – È possibile una coabitazione pacifica tra cristiani e musulmani?
R. – Sì, penso che sia possibile anche se ho l’impressione che sia in Europa che in Turchia ognuno conosca poco dell’altro. Viviamo spesso vicino gli uni gli altri ma non con l’altro. Dobbiamo mostrare più interesse alla vita degli altri scambiandoci le nostre esperienze religiose. Come persone alla ricerca del volere di Dio abbiamo molte sfide globali che possiamo superare solo assieme.
Mi sembra che il peso della storia stia gravando ancora su di noi e sulla nostra possibilità di conoscerci reciprocamente. È tuttavia il momento, come ha detto il Concilio Vaticano II nel documento "Nostra aetate" sulle religioni, di lasciare da parte il passato per cercare di capirci sinceramente e reciprocamente e insieme sostenere la promozione e la tutela dei diritti sociali, che sono dei beni morali; non ultimi, tra questi diritti, la pace e la libertà per gli uomini. Dobbiamo avere il coraggio di avvicinarci reciprocamente.
D. – Dal suo osservatorio tedesco, le conversioni dall'islam al cristianesimo sono in aumentando?
R. – Nella Chiesa cattolica in Germania annualmente vengono battezzate circa duecento persone di provenienza musulmana. Non è noto quanti siano i nuovi cristiani di ambiente protestante che provengono dall'islam perché non esistono statistiche.
Le persone che lasciano l'islam hanno differenti motivi nel momento in cui decidono di fare questo passo, che è pericoloso. Alcuni dicono: Maometto fu un uomo di Stato e religioso troppo violento, e questa violenza si è trasmessa anche nel Corano. Altri invece percepiscono le comunità arabe dove l'islam è maggioranza come molto arretrate. Altri ancora hanno lasciato l’islam perché sono venuti ad abitare in Occidente e qui si vogliono integrare completamente: secondo loro, un passo fondamentale è accettare il credo della maggioranza, ovvero il cristianesimo.
Ma sopratutto ci sono persone musulmane di una profonda religiosità alla ricerca di Dio, che per questo trovano nel cristianesimo un Dio che li ama e offre loro pace e accoglienza. Grazie all’incontro con Cristo scoprono un’immagine di Dio che ovviamente non possono trovare con l’islam.
D. – In Italia la condizione del cristianesimo di oggi in Turchia è nota sopratutto a causa di due gravi fatti, il doppio omicidio del sacerdote Andrea Santoro e del vescovo Luigi Padovese. Come vivono i cristiani nel suo paese d'origine, la Turchia?
R. – Sì, purtroppo nel recente passato in Turchia si sono avute delle ondate di violenza non contrastate, nei confronti dei cristiani. Personalmente non ho conosciuto don Santoro, però ho vissuto tra il 1998 e il '99 nella chiesa di Santa Maria in Trabzon dove egli nel 2006 fu barbaramente ucciso. Inoltre fui personalmente referente del vescovo Luigi Padovese nella città di Iskenderun. Anche la sua uccisione, per mano del suo autista, mi trova ancor oggi sbalordito. A queste serie di omicidi si devono aggiungere quelli di tre cristiani protestanti e del giornalista armeno Hrant Zaehlen.
Dopo questi eventi i cristiani in Turchia si trovano sempre più a disagio. L’umore sociale del Paese offre una gran varietà di situazioni: si va da comportamenti di vicinato amichevole fino a ostili violazioni. A seconda di dove ci si trova ad abitare in Turchia si possono vivere tutte queste situazioni. Nella città di Malatya, dove nel 2007 sono stati uccisi tre cristiani protestanti, ancor oggi nessun turco si fa riconoscere come cristiano. Mentre invece ad Antakya perfino gli esponenti dello Stato esaltano i buoni rapporti tra musulmani, cristiani ed ebrei.
D. – Nell'islam di oggi esiste una maggior attenzione che in passato alla democrazia, ai diritti umani e alla libertà religiosa?
R. – Quando sono scoppiate le sommosse note come rivoluzioni arabe, nessuno poteva prevedere quali dinamiche avrebbero scatenato. Tante persone in Egitto, Tunisia, Bahrein e altrove sono scese in strada perché consapevoli di non potersi lasciare più sfruttare dal potere statale. Uomini, donne e giovani sono insorti per i loro diritti e per avere più libertà.
Anche in questo contesto le diverse tradizioni culturali hanno condizionato la vita politica e sociale dei singoli paesi. Non vedo la democrazia agli antipodi rispetto all’islam. Anche se in questo periodo non stanno arrivando buone notizie dalla Turchia, dobbiamo ricordarci che lì c'è una democrazia che funziona, in una popolazione a maggioranza islamica. Non credo che la maggioranza della popolazione turca accetterà come sistema statale la sharia. Quello che è necessario è una maggior formazione ed educazione. Servono coraggiose voci islamiche in opposizione al fondamentalismo per creare una libertà dell’individuo che sia ispirata ai canoni islamici.
R. – Ho iniziato ad avvicinarmi alla fede cristiana all’età di 18 anni dopo aver conosciuto un cristiano di cui sono diventato amico nella mia città, Antakya. Provengo da una famiglia musulmana non particolarmente religiosa, comunque ho avuto un’istruzione basata su principi islamici: i miei genitori appartengono alla comunità alavita.
Dopo il mio incontro con alcuni cristiani, ho iniziato a leggere la Bibbia, in particolare il Nuovo Testamento. E da subito sono stato affascinato dalla persona di Gesù. Questo fascino, che ancora oggi mi avvince, e la sorpresa (a causa della meraviglia) che Gesù mi ama così tanto da salire sulla croce e dare la vita per me, sono i motivi per cui sono diventato cristiano.
D. – In che modo le persone intorno a lei hanno reagito alla notizia della sua conversione cristiana?
R. – Ci sono state diverse reazioni. Nella mia famiglia è sorta una certa inconsapevolezza per quello che significava il fatto che un proprio figlio ventenne decidesse di farsi battezzare. Probabilmente a causa di un senso di vergogna, vista la mia decisione di non esternare molto i motivi della mia scelta religiosa, si è verificato un certo allontanamento tra me e mio padre tanto che dovetti, per un certo tempo, lasciare la casa dei miei genitori ed emigrare nella Turchia orientale. Per alcuni miei amici non ero più quello di una volta. Anzi, mi trattavano come un rinnegato e hanno interrotto ogni contatto con me.
D. – Perché ha deciso, al momento di farsi battezzare, di prendere il nome di Timoteo?
R. – Dopo circa due anni dall'inizio del mio interesse per il cristianesimo presi la decisione di farmi battezzare. Un sacerdote dei Piccoli Fratelli di Gesù mi ha preparato per il battesimo. Il 6 gennaio 1997 sono stato battezzato con il nome di Timoteo nell’allora cattedrale del vicariato apostolico di Anatolia, nella città di Mersin. Il mio battesimo venne celebrato di pomeriggio alla presenza di poche persone.
Questo nome l’ho scelto io personalmente perché Timoteo era un seguace di san Paolo. Timoteo era originario di Iconio, l’attuale città turca di Konya. Quando egli, assieme a Paolo, iniziò a evangelizzare l’Anatolia era giovane come me quando chiesi il battesimo. In una lettera Paolo scrisse a Timoteo: “Nessuno disprezzi la tua giovane età, ma sii esempio ai fedeli nelle parole, nel comportamento, nella carità, nella fede, nella purezza” ( 1 Tm 4, 12).
D. – Quale è stato l'aspetto del cristianesimo che l'ha maggiormente colpita?
R. – Mi sono convertito al cristianesimo a causa di Cristo! Come ho già detto, ad affascinarmi tuttora è l’amore di Gesù per gli uomini. Egli ci ha amato al punto da donarsi per noi sulla croce. Se Gesù dona la sua vita per me, io come posso rispondere? Per me questa rappresenta la domanda fondamentale. E mi è sembrato logico ricambiare questo amore seguendo Cristo e ricevendo il battesimo.
D. – Vi sono degli aspetti dell'islam che lei considera positivi?
R. – L’islam non è una religione omogenea. Al suo interno riscontriamo numerose correnti religiose così come diverse impronte culturali e tutte vengono presentate come islamiche.
Trovo per esempio, grandioso il fatto che l’islam non faccia differenza tra razze o discriminazioni a motivo del colore della pelle: tutti gli uomini vengono trattati come fratelli. Nella particolare comunità islamica dei miei genitori, gli alaviti, viene evidenziato l’amore del credente verso Dio e verso gli uomini.
Ci sono però diversi aspetti nell’islam che non posso accettare, come ad esempio il rapporto tra uomo e donna, il rapporto non chiaro con la forza, il concetto spesso citato di “guerra santa”.
D. – È possibile una coabitazione pacifica tra cristiani e musulmani?
R. – Sì, penso che sia possibile anche se ho l’impressione che sia in Europa che in Turchia ognuno conosca poco dell’altro. Viviamo spesso vicino gli uni gli altri ma non con l’altro. Dobbiamo mostrare più interesse alla vita degli altri scambiandoci le nostre esperienze religiose. Come persone alla ricerca del volere di Dio abbiamo molte sfide globali che possiamo superare solo assieme.
Mi sembra che il peso della storia stia gravando ancora su di noi e sulla nostra possibilità di conoscerci reciprocamente. È tuttavia il momento, come ha detto il Concilio Vaticano II nel documento "Nostra aetate" sulle religioni, di lasciare da parte il passato per cercare di capirci sinceramente e reciprocamente e insieme sostenere la promozione e la tutela dei diritti sociali, che sono dei beni morali; non ultimi, tra questi diritti, la pace e la libertà per gli uomini. Dobbiamo avere il coraggio di avvicinarci reciprocamente.
D. – Dal suo osservatorio tedesco, le conversioni dall'islam al cristianesimo sono in aumentando?
R. – Nella Chiesa cattolica in Germania annualmente vengono battezzate circa duecento persone di provenienza musulmana. Non è noto quanti siano i nuovi cristiani di ambiente protestante che provengono dall'islam perché non esistono statistiche.
Le persone che lasciano l'islam hanno differenti motivi nel momento in cui decidono di fare questo passo, che è pericoloso. Alcuni dicono: Maometto fu un uomo di Stato e religioso troppo violento, e questa violenza si è trasmessa anche nel Corano. Altri invece percepiscono le comunità arabe dove l'islam è maggioranza come molto arretrate. Altri ancora hanno lasciato l’islam perché sono venuti ad abitare in Occidente e qui si vogliono integrare completamente: secondo loro, un passo fondamentale è accettare il credo della maggioranza, ovvero il cristianesimo.
Ma sopratutto ci sono persone musulmane di una profonda religiosità alla ricerca di Dio, che per questo trovano nel cristianesimo un Dio che li ama e offre loro pace e accoglienza. Grazie all’incontro con Cristo scoprono un’immagine di Dio che ovviamente non possono trovare con l’islam.
D. – In Italia la condizione del cristianesimo di oggi in Turchia è nota sopratutto a causa di due gravi fatti, il doppio omicidio del sacerdote Andrea Santoro e del vescovo Luigi Padovese. Come vivono i cristiani nel suo paese d'origine, la Turchia?
R. – Sì, purtroppo nel recente passato in Turchia si sono avute delle ondate di violenza non contrastate, nei confronti dei cristiani. Personalmente non ho conosciuto don Santoro, però ho vissuto tra il 1998 e il '99 nella chiesa di Santa Maria in Trabzon dove egli nel 2006 fu barbaramente ucciso. Inoltre fui personalmente referente del vescovo Luigi Padovese nella città di Iskenderun. Anche la sua uccisione, per mano del suo autista, mi trova ancor oggi sbalordito. A queste serie di omicidi si devono aggiungere quelli di tre cristiani protestanti e del giornalista armeno Hrant Zaehlen.
Dopo questi eventi i cristiani in Turchia si trovano sempre più a disagio. L’umore sociale del Paese offre una gran varietà di situazioni: si va da comportamenti di vicinato amichevole fino a ostili violazioni. A seconda di dove ci si trova ad abitare in Turchia si possono vivere tutte queste situazioni. Nella città di Malatya, dove nel 2007 sono stati uccisi tre cristiani protestanti, ancor oggi nessun turco si fa riconoscere come cristiano. Mentre invece ad Antakya perfino gli esponenti dello Stato esaltano i buoni rapporti tra musulmani, cristiani ed ebrei.
D. – Nell'islam di oggi esiste una maggior attenzione che in passato alla democrazia, ai diritti umani e alla libertà religiosa?
R. – Quando sono scoppiate le sommosse note come rivoluzioni arabe, nessuno poteva prevedere quali dinamiche avrebbero scatenato. Tante persone in Egitto, Tunisia, Bahrein e altrove sono scese in strada perché consapevoli di non potersi lasciare più sfruttare dal potere statale. Uomini, donne e giovani sono insorti per i loro diritti e per avere più libertà.
Anche in questo contesto le diverse tradizioni culturali hanno condizionato la vita politica e sociale dei singoli paesi. Non vedo la democrazia agli antipodi rispetto all’islam. Anche se in questo periodo non stanno arrivando buone notizie dalla Turchia, dobbiamo ricordarci che lì c'è una democrazia che funziona, in una popolazione a maggioranza islamica. Non credo che la maggioranza della popolazione turca accetterà come sistema statale la sharia. Quello che è necessario è una maggior formazione ed educazione. Servono coraggiose voci islamiche in opposizione al fondamentalismo per creare una libertà dell’individuo che sia ispirata ai canoni islamici.
(Intervista raccolta da Lorenzo Fazzini. Ha collaborato Antonio Ripamonti)