Testimonianza conversione Robert James Stove scrittore ateo
Testimonianze conversioni cristiane
Lo scrittore ed editorialista australiano Robert James Stove ha recentemente reso pubblica la sua conversione al cattolicesimo avvenuta nel 2002. L’intellettuale è figlio del prominente ateo e filosofo della scienza David Stove, morto suicida nel 1994.
Nello scritto RJ Stove racconta di aver ricevuto un’educazione tranquilla anche se completamente atea: «mio padre, filosofo e polemista politico, cadde durante i suoi anni universitari sotto l’incantesimo del guru dell’ateismo militante John Anderson». Cresciuto in questo ambiente, lo scrittore spiega: «il cattolicesimo per la mia famiglia aveva due caratteristiche negative: in primo luogo era ritenuto volgare, in secondo luogo, totalitario. Per quanto riguarda il primo aspetto: i cattolici che conoscevamo avevano generalmente cognomi irlandesi e solitamente votavano per il partito laburista australiano. Questo era il peggiore peccato agli occhi dei miei genitori. Per quanto riguarda il secondo aspetto: mi avevano indotto pesantemente nella convinzione che il cattolicesimo era il tradimento filosofico, il più letale nemico del libero pensiero. Una volta cresciuto ho ovviamente abbattuto questo spauracchio senza eccessive difficoltà, ma sarei bugiardo se minimizzassi l’impatto che ebbe su di me questa convinzione giovanile». Un ordine monastico femminile, le Suore di Maria di Schoenstatt, costruì tuttavia una casa religiosa accanto alla famiglie Stove: «mio papà, con notevoli rischi fisici per se stesso, ogni anno saliva sui pini per tagliare dei rami che donava al convento per usarli come alberi di Natale. L’opposizione teorica dei miei genitori verso il cattolicesimo venne sempre più modificata da considerazioni del tipo: “Oh, certo, quando diciamo che i cattolici sono nemici del libero pensiero, non intendiamo voi”». La gratuita bontà di queste religiose «ha modificato non solo i pregiudizi dei miei genitori, ma anche la mia. Tuttavia mio padre certamente, e mia madre, probabilmente, pensavano che la bontà delle suore non aveva nulla a che vedere con la loro fede. In qualche modo le monache erano buone, nonostante la loro fede».
Ma a questa insolita amicizia lui ha reagito in modo più maturo: «Quando la possibilità di convertirmi al cattolicesimo divenne un pensiero reale, rimasi scoraggiato dall’immensità degli insegnamenti ricevuti. Trascorsi il tempo sull’Assunzione di Maria, la giustificazione per le opere così come la fede e altri concetti che tradizionalmente infastidiscono i non cattolici. Tuttavia debolmente e in maniera inadeguata, avevo imparato abbastanza la storia cattolica per capire che il cattolicesimo o era il più grande imbroglio della storia umana oppure era ciò che esso stesso diceva di essere. Per anni sono stato convinto che il cattolicesimo avrebbe avuto lo stesso impatto sulla mia mente di quello di un fiammifero acceso su una fabbrica di polvere da sparo. Se avessi saputo che era vero il contrario, non avrei mai esitato così a lungo. Conoscere genuini laici cattolici è stato per me un aprire gli occhi».
Stove passa a raccontare della morte dei genitori: La madre, alcolista e fumatrice accanita, rimase vittima di un infarto. La sofferenza della moglie ha portato anche suo padre ad essere ricoverato in ospedale e in quel periodo, il prestigioso filosofo della scienza, ha rielaborato tutto il suo ateismo, «tutte le sue convinzioni, i suoi testi sacri, i suoi martiri, la sua chiesa militante, tutti i suoi macchinari intellettuali. Tutte queste cose, trasformate in polvere». Rifugiatosi nell’alcool, racconta il figlio, minacciava se stesso e gli altri e attaccava gli infermieri dell’ospedale per la loro scarsa conoscenza di Socrate e Cartesio. «E lo vidi piangere come un bambino. Di tanto in tanto si aggirava intorno al reparto in una disperazione confusa. L’ultima volta che l’ho visitato l’ho trovato, con mia grande sorpresa, immerso nella lettura di un piccolo brano della Bibbia». Uno psichiatra trovò il modo di lasciarlo uscire dall’ospedale: «entro 24 ore papà si era impiccato nel suo giardino». Era il giugno 1994.
Da quel momento le grandi domande della vita avvolsero RJ Stove, dando «un colpo mortale a tutta la casa di carte che costituiva la mia atea visione personale. Questa è la storia dei prossimi otto anni, fino al mio battesimo dell’11 agosto 2002», scrive. In questo periodo «ho letto soprattutto riviste, così come testi di catechesi, a volte intere biografie di santi e di eroi cattolici. Anche se ho letto Chesterton, Belloc, Waugh, Christopher Dawson, Fulton Sheen, Frank J. Sheed e Arnold Lunn, il volume più importante per me (e ringrazio Dio per il sacerdote che, essendo stato informato della mia esistenza da alcuni miei amici, me l’ha portato), è stato “Chats with Converts” di Fr. M. Forrest». Parallelamente cominciava a muovere i primi passi nella scrittura e «quando ho studiato la battaglia di Lepanto e la storia dei martiri nell’era elisabettiana, non potevo più rimandare l’ingresso nella Chiesa cattolica. In onore del Papa che tanto aveva fatto per rendere possibile Lepanto, così come il suo omonimo del ventesimo secolo così vilmente calunniato come il “Papa di Hitler”, ho scelto Pio come nome di battesimo».
Il racconto si sofferma su alcuni effetti collaterali della conversione, come l’abbandono del credo politico e la separazione dal think-tank politico in cui lavorava «che considerava il cattolicesimo solo con disgusto», la difficoltà nella preghiera e anche la commozione verso la musica liturgica della Chiesa cattolica. Torna a riflettere: «Gli anti-cattolici spesso accusano il cattolicesimo di limitare la vita intellettuale. Io non l’ho trovato così. E’ vero che la vita intellettuale cattolica non ha lo scopo di contribuire alla scrittura di romanzi pornografici o ideare una sceneggiatura per un video di Britney Spears, ma per la mia vita non riesco a vedere nessuna privazione». E ancora: «Non sarà sfuggito che il mio ingresso nella Chiesa cattolica è coinciso con l’emergere dell’attacco mediatico alla Chiesa per i “preti pedofili”. In primo luogo, non mi sono mai illuso supponendo che i sacerdoti fossero liberi dal peccato originale. In secondo luogo, sapevo che chi urlava più forte contro essi per essere pervertiti erano gli stessi individui che consideravano “ok” ogni perversione praticata dagli anti-cattolici».
Nello scritto RJ Stove racconta di aver ricevuto un’educazione tranquilla anche se completamente atea: «mio padre, filosofo e polemista politico, cadde durante i suoi anni universitari sotto l’incantesimo del guru dell’ateismo militante John Anderson». Cresciuto in questo ambiente, lo scrittore spiega: «il cattolicesimo per la mia famiglia aveva due caratteristiche negative: in primo luogo era ritenuto volgare, in secondo luogo, totalitario. Per quanto riguarda il primo aspetto: i cattolici che conoscevamo avevano generalmente cognomi irlandesi e solitamente votavano per il partito laburista australiano. Questo era il peggiore peccato agli occhi dei miei genitori. Per quanto riguarda il secondo aspetto: mi avevano indotto pesantemente nella convinzione che il cattolicesimo era il tradimento filosofico, il più letale nemico del libero pensiero. Una volta cresciuto ho ovviamente abbattuto questo spauracchio senza eccessive difficoltà, ma sarei bugiardo se minimizzassi l’impatto che ebbe su di me questa convinzione giovanile». Un ordine monastico femminile, le Suore di Maria di Schoenstatt, costruì tuttavia una casa religiosa accanto alla famiglie Stove: «mio papà, con notevoli rischi fisici per se stesso, ogni anno saliva sui pini per tagliare dei rami che donava al convento per usarli come alberi di Natale. L’opposizione teorica dei miei genitori verso il cattolicesimo venne sempre più modificata da considerazioni del tipo: “Oh, certo, quando diciamo che i cattolici sono nemici del libero pensiero, non intendiamo voi”». La gratuita bontà di queste religiose «ha modificato non solo i pregiudizi dei miei genitori, ma anche la mia. Tuttavia mio padre certamente, e mia madre, probabilmente, pensavano che la bontà delle suore non aveva nulla a che vedere con la loro fede. In qualche modo le monache erano buone, nonostante la loro fede».
Ma a questa insolita amicizia lui ha reagito in modo più maturo: «Quando la possibilità di convertirmi al cattolicesimo divenne un pensiero reale, rimasi scoraggiato dall’immensità degli insegnamenti ricevuti. Trascorsi il tempo sull’Assunzione di Maria, la giustificazione per le opere così come la fede e altri concetti che tradizionalmente infastidiscono i non cattolici. Tuttavia debolmente e in maniera inadeguata, avevo imparato abbastanza la storia cattolica per capire che il cattolicesimo o era il più grande imbroglio della storia umana oppure era ciò che esso stesso diceva di essere. Per anni sono stato convinto che il cattolicesimo avrebbe avuto lo stesso impatto sulla mia mente di quello di un fiammifero acceso su una fabbrica di polvere da sparo. Se avessi saputo che era vero il contrario, non avrei mai esitato così a lungo. Conoscere genuini laici cattolici è stato per me un aprire gli occhi».
Stove passa a raccontare della morte dei genitori: La madre, alcolista e fumatrice accanita, rimase vittima di un infarto. La sofferenza della moglie ha portato anche suo padre ad essere ricoverato in ospedale e in quel periodo, il prestigioso filosofo della scienza, ha rielaborato tutto il suo ateismo, «tutte le sue convinzioni, i suoi testi sacri, i suoi martiri, la sua chiesa militante, tutti i suoi macchinari intellettuali. Tutte queste cose, trasformate in polvere». Rifugiatosi nell’alcool, racconta il figlio, minacciava se stesso e gli altri e attaccava gli infermieri dell’ospedale per la loro scarsa conoscenza di Socrate e Cartesio. «E lo vidi piangere come un bambino. Di tanto in tanto si aggirava intorno al reparto in una disperazione confusa. L’ultima volta che l’ho visitato l’ho trovato, con mia grande sorpresa, immerso nella lettura di un piccolo brano della Bibbia». Uno psichiatra trovò il modo di lasciarlo uscire dall’ospedale: «entro 24 ore papà si era impiccato nel suo giardino». Era il giugno 1994.
Da quel momento le grandi domande della vita avvolsero RJ Stove, dando «un colpo mortale a tutta la casa di carte che costituiva la mia atea visione personale. Questa è la storia dei prossimi otto anni, fino al mio battesimo dell’11 agosto 2002», scrive. In questo periodo «ho letto soprattutto riviste, così come testi di catechesi, a volte intere biografie di santi e di eroi cattolici. Anche se ho letto Chesterton, Belloc, Waugh, Christopher Dawson, Fulton Sheen, Frank J. Sheed e Arnold Lunn, il volume più importante per me (e ringrazio Dio per il sacerdote che, essendo stato informato della mia esistenza da alcuni miei amici, me l’ha portato), è stato “Chats with Converts” di Fr. M. Forrest». Parallelamente cominciava a muovere i primi passi nella scrittura e «quando ho studiato la battaglia di Lepanto e la storia dei martiri nell’era elisabettiana, non potevo più rimandare l’ingresso nella Chiesa cattolica. In onore del Papa che tanto aveva fatto per rendere possibile Lepanto, così come il suo omonimo del ventesimo secolo così vilmente calunniato come il “Papa di Hitler”, ho scelto Pio come nome di battesimo».
Il racconto si sofferma su alcuni effetti collaterali della conversione, come l’abbandono del credo politico e la separazione dal think-tank politico in cui lavorava «che considerava il cattolicesimo solo con disgusto», la difficoltà nella preghiera e anche la commozione verso la musica liturgica della Chiesa cattolica. Torna a riflettere: «Gli anti-cattolici spesso accusano il cattolicesimo di limitare la vita intellettuale. Io non l’ho trovato così. E’ vero che la vita intellettuale cattolica non ha lo scopo di contribuire alla scrittura di romanzi pornografici o ideare una sceneggiatura per un video di Britney Spears, ma per la mia vita non riesco a vedere nessuna privazione». E ancora: «Non sarà sfuggito che il mio ingresso nella Chiesa cattolica è coinciso con l’emergere dell’attacco mediatico alla Chiesa per i “preti pedofili”. In primo luogo, non mi sono mai illuso supponendo che i sacerdoti fossero liberi dal peccato originale. In secondo luogo, sapevo che chi urlava più forte contro essi per essere pervertiti erano gli stessi individui che consideravano “ok” ogni perversione praticata dagli anti-cattolici».
Stove chiude infine rivolgendo un pensiero ad ogni ateo ancora esitante sull’orlo della conversione: «Informatevi su ciò che i cattolici sostengono effettivamente, non basandosi su quello che i loro nemici giurati immaginano che i cattolici debbano sostenere. Quante deviazioni avrei potuto risparmiare a me stesso se qualcuno mi avesse scritto questo a me».