Gesu' vero Dio e vero uomo Catechesi Bibbia - Cristiani Cattolici: Pentecostali Apologetica Cattolica Studi biblici

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Gesu' vero Dio e vero uomo Catechesi Bibbia

Catechesi seconda parte
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Gesù Vero Dio e vero Uomo

Scritto da Don Claudio CRESCIMANNO   


Chi è Gesù Cristo? Dal momento dell’Incarnazione, la risposta a questa domanda divide l’umanità in due fazioni. Da una parte, chi lo riconosce Figlio di Dio. Dall’altra, una variegata collezione di opinioni mondane

A partire da una domanda
Chi è Gesù di Nazareth? Questa domanda e, naturalmente, la relativa risposta, formano il “discorso” interiore più importante per ogni uomo che, in un qualche momento della propria vita, abbia l’avventura meravigliosa di imbattersi nel Personaggio centrale della storia del mondo.
Questa è la domanda che Gesù stesso ha rivolto ai suoi discepoli in un momento cruciale della sua missione terrena, ricevendo due risposte, fra loro contrastanti e inconciliabili: «Gesù, giunto nella regione di Cesarèa di Filippo, domandò ai suoi discepoli: “La gente, chi dice che sia il Figlio dell’uomo?”. Risposero: “Alcuni dicono Giovanni il Battista, altri Elia, altri Geremia o qualcuno dei profeti”. Disse loro: “Ma voi, chi dite che io sia?”. Rispose Simon Pietro: “Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente” » (Mt 16,13-17). Alle opinioni generiche e superficiali della “gente”, che parla per sentito dire, si contrappone la prima solenne professione della fede cristiana, che l’apostolo Pietro pronuncia a nome dei suoi compagni, la Chiesa nascente.Da questo momento, la storia si divide in due fazioni, avendo come discriminante questa domanda e le relative risposte: da una parte la voce di Pietro, e di tutte le generazioni di credenti che, uniti a Pietro e ai suoi successori, proclamano la medesima fede; dall’altra la variegata collezione delle opinioni del mondo.

La risposta della fede
«Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente! » Che significa: tu sei l’Inviato di Dio (il Cristo), ma più ancora, tu sei il Figlio di Dio. Questa proclamazione sarà il nucleo della fede e dell’annuncio cristiani, per sempre.

Gesù in persona, poco prima della morte, confermerà la verità di questa affermazione nel dialogo con il sommo sacerdote: «“Sei tu il Cristo, il Figlio del Bene detto?”. Gesù rispose: “Io lo sono!”» (Mc 14,61).
Nei loro scritti, gli Apostoli e gli Evangelisti enunciano e illustrano questo mistero perché ogni uomo a cui giunge il Vangelo possa accogliere Gesù come il Signore e il Salvatore della propria vita: essi insegnano che Gesù è il Verbo [che] era presso Dio fin da principio, e che è Dio; per mezzo di lui è stato creato tutto ciò che esiste, perché in lui è la vita (cfr. Gv 1,1-4); infatti, come il Padre ha la vita in se stesso così ha dato al Figlio di avere la vita in se stesso (cfr. Gv 5,26). Ebbene, questo Verbo si è fatto uomo ed è venuto ad abitare in mezzo a noi (cfr. Gv 1,14), abbracciando così la nostra condizione di natura decaduta: infatti Egli «non considerò un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio; ma spogliò se stesso, assumendo la condizione di servo e divenendo simile agli uomini» (Fil 2,6-7).

È a causa di questa proclamazione che le prime generazioni cristiane durante i primi tre secoli soffrono persecuzioni, prima dai giudei e poi dai pagani, scrivendo così una pagina – come tutti sappiamo – di eroismo senza precedenti: è il martirio di una schiera immensa di credenti che muoiono cantando la loro fede in Cristo, Dio fatto uomo.
Uscita vittoriosa dalle persecuzioni, la Chiesa fissa in modo preciso e definitivo il contenuto della fede ricevuta dagli apostoli, e nei primi concili ecumenici (di Nicea, di Costantinopoli, di Efeso e di Calcedonia) proclama che Gesù è vero Dio, in tutto uguale al Padre e allo Spirito Santo, secondo la natura divina, e vero uomo, in tutto uguale a noi, eccetto il peccato, secondo la natura umana.

I cristiani d’Oriente e d’Occidente hanno continuato nei secoli a proclamare questa verità recitando la comune professione di fede formulata in quei primi concili: «Credo in Gesù Cristo unigenito Figlio di Dio, nato dal Padre prima di tutti i secoli, Dio da Dio… e per opera dello Spirito Santo si è incarnato nel seno della Vergine Maria e si è fatto uomo». Questa è la fede che i nostri padri consideravano il segno distintivo dei veri cristiani (cfr. Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 463) e che essi hanno trasmesso generazione dopo generazione. Nella Chiesa latina in particolare si è espressa in modo mirabile nei catechismi della dottrina cristiana, con ininterrotta fedeltà all’insegnamento degli Apostoli, sino ai nostri giorni:
a. La fede ci propone a «credere e professare che Gesù Cristo è, nello stesso tempo, vero Dio e vero uomo; come Dio, generato dal Padre prima di tutti i tempi; come uomo, nato nel tempo da Maria Vergine e Madre» (Catechismo Romano o Tridentino edito da papa san Pio V nel 1566, n. 38).
b. Chi è Gesù Cristo? Gesù Cristo è la seconda Persona della santissima Trinità, cioè il Figlio di Dio fatto uomo (cfr. Catechismo Maggiore promulgato da san Pio X nel 1905, nn. 69-82).

c. Che cosa significa la parola Incarnazione? «La Chiesa chiama Incarnazione il mistero dell’ammirabile unione della natura divina e della natura umana nell’unica Persona divina del Verbo » (Compendio del Catechismo della Chiesa Cattolica edito da Benedetto XVI nel 2005, n. 86).

I fondamenti della risposta della fede

La testimonianza degli Apostoli è il fondamento della fede della Chiesa. Nei loro Scritti, essi ci hanno trasmesso le sue parole e i suoi gesti, e la loro conoscenza di lui: «Ciò che era fin da principio, ciò che noi abbiamo udito, ciò che noi abbiamo veduto con i nostri occhi, ciò che noi abbiamo contemplato e ciò che le nostre mani hanno toccato, ossia il Verbo della vita (poiché la vita si è fatta visibile, noi l’abbiamo veduta e di ciò rendiamo testimonianza e vi annunziamo la vita eterna, che era presso il Padre e si è resa visibile a noi), quello che abbiamo veduto e udito, noi lo annunziamo anche a voi, perché anche voi siate in comunione con noi. La nostra comunione è col Padre e col Figlio suo Gesù Cristo» (1 Gv 1,1-3).
Gli Apostoli, infatti, sanno che il loro Maestro è davvero il Figlio di Dio:

a. lo hanno sentito affermare: «Quando avrete innalzato (sulla croce) il Figlio dell’uomo, allora saprete che Io Sono» (Gv 8,28), usando così una formula che riproduce l’indicibile nome di Dio, Jahvè (= Io Sono Colui che Sono) (Gn 3,14);
b. lo hanno sentito uguagliarsi a Dio Padre, dicendo: «Io e il Padre siamo una cosa sola» (Gv 10,30);
c. sanno che prima di essere in questo mondo, Egli preesisteva nell’eternità, come ha detto nel congedarsi da loro: «Sono uscito dal Padre e sono venuto nel mondo; ora lascio il mondo e torno al Padre» (Gv 16,28); infatti va a ricevere «quella gloria che avevo presso di te prima che il mondo fosse» (Gv 17,5);
d. hanno fatto tesoro del rimprovero rivolto a Filippo che domanda di “vedere” il Padre: «Chi ha visto me ha visto il Padre. Perché dici: Mostraci il Padre? Non credi che io sono nel Padre e il Padre è in me?» (Gv 14,9);
e. hanno assistito meravigliati al suo insegnamento nel quale egli “corregge” i precetti dell’Antica Alleanza («Avete inteso che fu detto agli antichi… ma io vi dico…», Mt 5,21.27.33.38.43) e ne dà uno nuovo (Gv 13,34); Gesù, infatti, insegna come uno che ha autorità propria e non come gli scribi (cfr. Mc 1,22);
f. sanno che Egli è padrone del sabato, cioè non vincolato al riposo festivo, poiché, come lui ha spiegato, dato che il Padre suo opera sempre, anche lui può operare sempre (cfr. Gv 5,17);
g. essi, infine, sono i testimoni dei grandi miracoli e segni con cui Dio lo ha accreditato presso gli uomini come Figlio suo (cfr. At 2,22), il più eloquente dei quali è la sua stessa risurrezione da morte.
Con altrettanta certezza gli Apostoli sanno che il Figlio di Dio si è fatto veramente uomo:
a. Egli nasce da una Donna (cfr. Gal 4,4) e da essa riceve una natura umana come la nostra (cfr. Gv 1,14);
b. compie l’itinerario dell’infanzia secondo le prescrizioni della legge e dei costumi del suo tempo come ogni israelita (Lc 2,21-52);
c. il suo corpo prova la fame (cfr. Mt 4,2), la sete e la stanchezza (cfr. Gv 4,6-7) come ogni uomo;
d. la sua anima vive tutta la gamma delle emozioni: gioisce (cfr. Lc 10,21) e si rattrista (cfr. Gv 11,35), la meraviglia (cfr. Mc 6,6) e lo sdegno (cfr. Mt 21,12), la tenerezza (cfr. Mc 10,13) e la rabbia (cfr. Lc 12,37 e ss.);
e. infine, sperimenta il dolore fisico e spirituale della morte.

Il mistero negato
Dunque chi è Gesù? È il Figlio di Dio che, incarnatosi, ha unito la sua natura divina a una natura umana come la nostra, congiunte nell’unità di una sola Persona, quella divina del Verbo. La Chiesa ha sempre dovuto difendere questa verità centrale della fede contro le eresie che la falsificano (cfr. CCC n. 464).
Fin dai primi secoli ci furono correnti ereticali che negavano in Gesù Cristo o la vera umanità (per es. i docetisti) o la vera divinità (per es. gli ariani), oppure affermavano la sussistenza in Lui di due persone, quella del Verbo e quella dell’uomo Gesù (per es. i nestoriani). Ad esse risposero con fermezza, e non senza aspri conflitti con esse, i grandi concili dell’antichità che già abbiamo citato. Dopo i secoli cristiani, l’epoca moderna (dal XV al XX secolo) vede il risorgere delle antiche eresie in nuova veste, e la necessità per i cristiani di riaffermare e difendere la verità su Cristo, Dio e uomo, unico Salvatore del mondo.

È l’epoca che dapprima ha tentato di eliminare la questione “Gesù di Nazareth” negandone l’esistenza storica; poi, accortasi che per far questo bisognava buttare dalla finestra un paio di secoli di documenti, ha ripiegato sulla tesi che si tratti di un personaggio da ammirare, ma puramente terreno, dunque perfettamente conciliabile con l’assunto fondamentale della modernità: la negazione, teorica o pratica che sia, dell’esistenza di Dio.
Dato che Dio non c’è, Gesù non può che essere soltanto un uomo; ma dato che la fama di questo uomo ha attraversato i secoli con una persistenza e una diffusione senza precedenti, bisognerà riconoscere che si tratta di un uomo straordinario.
Così le varie correnti di pensiero che si sono succedute in questi ultimi quattrocento anni hanno cercato, più o meno maldestramente, di trascinare il Cristo dalla loro parte, di omologarlo, in certo modo, allo stile del momento: gli illuministi lo hanno esaltato quale libero pensatore; i marxisti ne hanno fatto un agitatore sociale per la causa dei derelitti; i borghesi hanno visto in lui un acuto moralizzatore; i sessantottini lo hanno trasformato nella macchietta hippie di “Jesus Christ Superstar”.

E oggi? Il revival del sacro che segna l’epoca contemporanea potrebbe suggerirci che sia facile ora proporre il ritorno al vero Gesù Cristo, ma non è così.

È vero che il materialismo positivista è ormai di minoranza, e che c’è un “recupero” riguardo all’esistenza di Dio, ma non del Dio cristiano. Il nuovo ateismo contemporaneo è non più la negazione di Dio, ma del Dio incarnato. Questo è il volto postmoderno della secolarizzazione: un dio astratto e lontano non dà alcun fastidio, quel dio che – per dirla con un attento studioso contemporaneo – se c’è, non c’entra; cioè a dire: se anche esiste, comunque non c’entra con me, con la mia vita, con il mio mondo… Diverso è, evidentemente, un Dio incarnato, un Dio che è venuto a vivere nel mio mondo e al quale, quindi, non posso dire che non mi può insegnare come si sta al mondo. Anche di fronte al nuovo volto dell’antica negazione, come sempre, non viene a mancare la voce di Pietro che per bocca dei suoi successori, a nome di tutta la Chiesa, ripete contro tutti i riduzionismi e le strumentalizzazioni: Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente!
Purtroppo, però, anche riguardo a una materia tanto sacra e importante come questa, il fumo di Satana è riuscito a insinuarsi nel Tempio di Dio. Certa teologia e, insieme, certa predicazione e catechesi corrono il rischio di sezionare il Vangelo e ricavarne un Gesù tutto all’insegna del politicamente corretto, la cui divinità ufficialmente viene data per scontata, ma in realtà è messa in sordina, con lo scopo di esaltarne l’umanità per farcelo sentire “più vicino”, solo uomo tra gli uomini: ma è davvero auspicabile che il cristianesimo si riduca all’annuncio che sulla terra è venuto un uomo in più? Davvero abbiamo bisogno di un altro poveraccio come noi che si dibatte nei nostri stessi problemi e dolori, anziché esserne la soluzione?

Ciò di cui abbiamo bisogno è che si realizzi anche per noi e per ogni uomo la promessa del profeta Isaia: «La Vergine concepirà e partorirà un Figlio che sarà chiamato “Emmanuele”, che significa: Dio-con-noi» (Is 7,14 in Mt 1,23).


A partire da una domanda
Chi è Gesù di Nazareth?

Questa domanda e, naturalmente, la relativa risposta, formano il “discorso” interiore più importante per ogni uomo che, in un qualche momento della propria vita, abbia l’avventura meravigliosa di imbattersi nel Personaggio centrale della storia del mondo.
Questa è la domanda che Gesù stesso ha rivolto ai suoi discepoli in un momento cruciale della sua missione terrena, ricevendo due risposte, fra loro contrastanti e inconciliabili: «Gesù, giunto nella regione di Cesarèa di Filippo, domandò ai suoi discepoli: “La gente, chi dice che sia il Figlio dell’uomo?”. Risposero: “Alcuni dicono Giovanni il Battista, altri Elia, altri Geremia o qualcuno dei profeti”. Disse loro: “Ma voi, chi dite che io sia?”. Rispose Simon Pietro: “Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente” » (Mt 16,13-17). Alle opinioni generiche e superficiali della “gente”, che parla per sentito dire, si contrappone la prima solenne professione della fede cristiana, che l’apostolo Pietro pronuncia a nome dei suoi compagni, la Chiesa nascente.Da questo momento, la storia si divide in due fazioni, avendo come discriminante questa domanda e le relative risposte: da una parte la voce di Pietro, e di tutte le generazioni di credenti che, uniti a Pietro e ai suoi successori, proclamano la medesima fede; dall’altra la variegata collezione delle opinioni del mondo.

La risposta della fede
«Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente! » Che significa: tu sei l’Inviato di Dio (il Cristo), ma più ancora, tu sei il Figlio di Dio. Questa proclamazione sarà il nucleo della fede e dell’annuncio cristiani, per sempre.
Gesù in persona, poco prima della morte, confermerà la verità di questa affermazione nel dialogo con il sommo sacerdote: «“Sei tu il Cristo, il Figlio del Bene detto?”. Gesù rispose: “Io lo sono!”» (Mc 14,61).
Nei loro scritti, gli Apostoli e gli Evangelisti enunciano e illustrano questo mistero perché ogni uomo a cui giunge il Vangelo possa accogliere Gesù come il Signore e il Salvatore della propria vita: essi insegnano che Gesù è il Verbo [che] era presso Dio fin da principio, e che è Dio; per mezzo di lui è stato creato tutto ciò che esiste, perché in lui è la vita (cfr. Gv 1,1-4); infatti, come il Padre ha la vita in se stesso così ha dato al Figlio di avere la vita in se stesso (cfr. Gv 5,26). Ebbene, questo Verbo si è fatto uomo ed è venuto ad abitare in mezzo a noi (cfr. Gv 1,14), abbracciando così la nostra condizione di natura decaduta: infatti Egli «non considerò un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio; ma spogliò se stesso, assumendo la condizione di servo e divenendo simile agli uomini» (Fil 2,6-7).
È a causa di questa proclamazione che le prime generazioni cristiane durante i primi tre secoli soffrono persecuzioni, prima dai giudei e poi dai pagani, scrivendo così una pagina – come tutti sappiamo – di eroismo senza precedenti: è il martirio di una schiera immensa di credenti che muoiono cantando la loro fede in Cristo, Dio fatto uomo.
Uscita vittoriosa dalle persecuzioni, la Chiesa fissa in modo preciso e definitivo il contenuto della fede ricevuta dagli apostoli, e nei primi concili ecumenici (di Nicea, di Costantinopoli, di Efeso e di Calcedonia) proclama che Gesù è vero Dio, in tutto uguale al Padre e allo Spirito Santo, secondo la natura divina, e vero uomo, in tutto uguale a noi, eccetto il peccato, secondo la natura umana.

I cristiani d’Oriente e d’Occidente hanno continuato nei secoli a proclamare questa verità recitando la comune professione di fede formulata in quei primi concili: «Credo in Gesù Cristo unigenito Figlio di Dio, nato dal Padre prima di tutti i secoli, Dio da Dio… e per opera dello Spirito Santo si è incarnato nel seno della Vergine Maria e si è fatto uomo». Questa è la fede che i nostri padri consideravano il segno distintivo dei veri cristiani (cfr. Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 463) e che essi hanno trasmesso generazione dopo generazione. Nella Chiesa latina in particolare si è espressa in modo mirabile nei catechismi della dottrina cristiana, con ininterrotta fedeltà all’insegnamento degli Apostoli, sino ai nostri giorni:
a. La fede ci propone a «credere e professare che Gesù Cristo è, nello stesso tempo, vero Dio e vero uomo; come Dio, generato dal Padre prima di tutti i tempi; come uomo, nato nel tempo da Maria Vergine e Madre» (Catechismo Romano o Tridentino edito da papa san Pio V nel 1566, n. 38).
b. Chi è Gesù Cristo? Gesù Cristo è la seconda Persona della santissima Trinità, cioè il Figlio di Dio fatto uomo (cfr. Catechismo Maggiore promulgato da san Pio X nel 1905, nn. 69-82).
c. Che cosa significa la parola Incarnazione? «La Chiesa chiama Incarnazione il mistero dell’ammirabile unione della natura divina e della natura umana nell’unica Persona divina del Verbo » (Compendio del Catechismo della Chiesa Cattolica edito da Benedetto XVI nel 2005, n. 86).

I fondamenti della risposta della fede
La testimonianza degli Apostoli è il fondamento della fede della Chiesa. Nei loro Scritti, essi ci hanno trasmesso le sue parole e i suoi gesti, e la loro conoscenza di lui: «Ciò che era fin da principio, ciò che noi abbiamo udito, ciò che noi abbiamo veduto con i nostri occhi, ciò che noi abbiamo contemplato e ciò che le nostre mani hanno toccato, ossia il Verbo della vita (poiché la vita si è fatta visibile, noi l’abbiamo veduta e di ciò rendiamo testimonianza e vi annunziamo la vita eterna, che era presso il Padre e si è resa visibile a noi), quello che abbiamo veduto e udito, noi lo annunziamo anche a voi, perché anche voi siate in comunione con noi. La nostra comunione è col Padre e col Figlio suo Gesù Cristo» (1 Gv 1,1-3).
Gli Apostoli, infatti, sanno che il loro Maestro è davvero il Figlio di Dio:
a. lo hanno sentito affermare: «Quando avrete innalzato (sulla croce) il Figlio dell’uomo, allora saprete che Io Sono» (Gv 8,28), usando così una formula che riproduce l’indicibile nome di Dio, Jahvè (= Io Sono Colui che Sono) (Gn 3,14);
b. lo hanno sentito uguagliarsi a Dio Padre, dicendo: «Io e il Padre siamo una cosa sola» (Gv 10,30);
c. sanno che prima di essere in questo mondo, Egli preesisteva nell’eternità, come ha detto nel congedarsi da loro: «Sono uscito dal Padre e sono venuto nel mondo; ora lascio il mondo e torno al Padre» (Gv 16,28); infatti va a ricevere «quella gloria che avevo presso di te prima che il mondo fosse» (Gv 17,5);

d. hanno fatto tesoro del rimprovero rivolto a Filippo che domanda di “vedere” il Padre: «Chi ha visto me ha visto il Padre. Perché dici: Mostraci il Padre? Non credi che io sono nel Padre e il Padre è in me?» (Gv 14,9);
e. hanno assistito meravigliati al suo insegnamento nel quale egli “corregge” i precetti dell’Antica Alleanza («Avete inteso che fu detto agli antichi… ma io vi dico…», Mt 5,21.27.33.38.43) e ne dà uno nuovo (Gv 13,34); Gesù, infatti, insegna come uno che ha autorità propria e non come gli scribi (cfr. Mc 1,22);
f. sanno che Egli è padrone del sabato, cioè non vincolato al riposo festivo, poiché, come lui ha spiegato, dato che il Padre suo opera sempre, anche lui può operare sempre (cfr. Gv 5,17);
g. essi, infine, sono i testimoni dei grandi miracoli e segni con cui Dio lo ha accreditato presso gli uomini come Figlio suo (cfr. At 2,22), il più eloquente dei quali è la sua stessa risurrezione da morte.

Con altrettanta certezza gli Apostoli sanno che il Figlio di Dio si è fatto veramente uomo:
a. Egli nasce da una Donna (cfr. Gal 4,4) e da essa riceve una natura umana come la nostra (cfr. Gv 1,14);
b. compie l’itinerario dell’infanzia secondo le prescrizioni della legge e dei costumi del suo tempo come ogni israelita (Lc 2,21-52);
c. il suo corpo prova la fame (cfr. Mt 4,2), la sete e la stanchezza (cfr. Gv 4,6-7) come ogni uomo;
d. la sua anima vive tutta la gamma delle emozioni: gioisce (cfr. Lc 10,21) e si rattrista (cfr. Gv 11,35), la meraviglia (cfr. Mc 6,6) e lo sdegno (cfr. Mt 21,12), la tenerezza (cfr. Mc 10,13) e la rabbia (cfr. Lc 12,37 e ss.);
e. infine, sperimenta il dolore fisico e spirituale della morte.

Il mistero negato
Dunque chi è Gesù? È il Figlio di Dio che, incarnatosi, ha unito la sua natura divina a una natura umana come la nostra, congiunte nell’unità di una sola Persona, quella divina del Verbo. La Chiesa ha sempre dovuto difendere questa verità centrale della fede contro le eresie che la falsificano (cfr. CCC n. 464).
Fin dai primi secoli ci furono correnti ereticali che negavano in Gesù Cristo o la vera umanità (per es. i docetisti) o la vera divinità (per es. gli ariani), oppure affermavano la sussistenza in Lui di due persone, quella del Verbo e quella dell’uomo Gesù (per es. i nestoriani). Ad esse risposero con fermezza, e non senza aspri conflitti con esse, i grandi concili dell’antichità che già abbiamo citato. Dopo i secoli cristiani, l’epoca moderna (dal XV al XX secolo) vede il risorgere delle antiche eresie in nuova veste, e la necessità per i cristiani di riaffermare e difendere la verità su Cristo, Dio e uomo, unico Salvatore del mondo.

È l’epoca che dapprima ha tentato di eliminare la questione “Gesù di Nazareth” negandone l’esistenza storica; poi, accortasi che per far questo bisognava buttare dalla finestra un paio di secoli di documenti, ha ripiegato sulla tesi che si tratti di un personaggio da ammirare, ma puramente terreno, dunque perfettamente conciliabile con l’assunto fondamentale della modernità: la negazione, teorica o pratica che sia, dell’esistenza di Dio.

Dato che Dio non c’è, Gesù non può che essere soltanto un uomo; ma dato che la fama di questo uomo ha attraversato i secoli con una persistenza e una diffusione senza precedenti, bisognerà riconoscere che si tratta di un uomo straordinario.
Così le varie correnti di pensiero che si sono succedute in questi ultimi quattrocento anni hanno cercato, più o meno maldestramente, di trascinare il Cristo dalla loro parte, di omologarlo, in certo modo, allo stile del momento: gli illuministi lo hanno esaltato quale libero pensatore; i marxisti ne hanno fatto un agitatore sociale per la causa dei derelitti; i borghesi hanno visto in lui un acuto moralizzatore; i sessantottini lo hanno trasformato nella macchietta hippie di “Jesus Christ Superstar”.

E oggi? Il revival del sacro che segna l’epoca contemporanea potrebbe suggerirci che sia facile ora proporre il ritorno al vero Gesù Cristo, ma non è così.

È vero che il materialismo positivista è ormai di minoranza, e che c’è un “recupero” riguardo all’esistenza di Dio, ma non del Dio cristiano. Il nuovo ateismo contemporaneo è non più la negazione di Dio, ma del Dio incarnato. Questo è il volto postmoderno della secolarizzazione: un dio astratto e lontano non dà alcun fastidio, quel dio che – per dirla con un attento studioso contemporaneo – se c’è, non c’entra; cioè a dire: se anche esiste, comunque non c’entra con me, con la mia vita, con il mio mondo… Diverso è, evidentemente, un Dio incarnato, un Dio che è venuto a vivere nel mio mondo e al quale, quindi, non posso dire che non mi può insegnare come si sta al mondo. Anche di fronte al nuovo volto dell’antica negazione, come sempre, non viene a mancare la voce di Pietro che per bocca dei suoi successori, a nome di tutta la Chiesa, ripete contro tutti i riduzionismi e le strumentalizzazioni: Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente!

Purtroppo, però, anche riguardo a una materia tanto sacra e importante come questa, il fumo di Satana è riuscito a insinuarsi nel Tempio di Dio. Certa teologia e, insieme, certa predicazione e catechesi corrono il rischio di sezionare il Vangelo e ricavarne un Gesù tutto all’insegna del politicamente corretto, la cui divinità ufficialmente viene data per scontata, ma in realtà è messa in sordina, con lo scopo di esaltarne l’umanità per farcelo sentire “più vicino”, solo uomo tra gli uomini: ma è davvero auspicabile che il cristianesimo si riduca all’annuncio che sulla terra è venuto un uomo in più? Davvero abbiamo bisogno di un altro poveraccio come noi che si dibatte nei nostri stessi problemi e dolori, anziché esserne la soluzione?
Ciò di cui abbiamo bisogno è che si realizzi anche per noi e per ogni uomo la promessa del profeta Isaia: «La Vergine concepirà e partorirà un Figlio che sarà chiamato “Emmanuele”, che significa: Dio-con-noi» (Is 7,14 in Mt 1,23).


Dossier: IL MISTERO DELL'INCARNAZIONE

IL TIMONE  N. 111 - ANNO XIV - Mrzo 2012 - pag. 39 - 41

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