Bibbia istruzioni per l'uso catechesi su come leggerla
Catechesi prima parte
La Bibbia: istruzioni per l'uso
Ettore Barra
Prima di tutto è importante capire di cosa stiamo parlando. La Bibbia è composta da una pluralità di libri che divergono per genere e che sono stati composti in un notevole arco di tempo. Ci sono, per fare un esempio, libri che hanno una caratterizzazione storica più spiccata e libri che invece sono a carattere puramente didattico. Pertanto non esiste un metro unico di lettura. Non si possono leggere il Genesi e l’Apocalisse allo stesso modo dei Vangeli. Ogni testo poi ha bisogno di essere inteso nel suo senso letterale e, allo stesso tempo, in quello simbolico. Le due cose vanno di pari passo e non sono contrapposte. Ma al rapporto fra lo spirito e la lettera dedicheremo, magari, un post specifico.
Ogni cristiano che intraprende la lettura della Bibbia si trova inevitabilmente di fronte a cose indiscutibilmente contrarie alla morale cristiana (e moderna). La Bibbia di sicuro non è un libro per moralisti. Stupri, incesti, massacri: c’è abbastanza da far storcere il naso alle nostrane anime pure (anche se spesso e volentieri furiosamente abortiste). Il primo elemento da tenere presente, però, è che la Bibbia non è il Corano. Quest’ultimo altro non è che il dettato di Allah. Il testo sacro dell’Islam ha quindi un solo protagonista attivo, quel Dio che dovrebbe essere anche al di fuori del tempo e dello spazio (e quindi delle consuetudini umane). Ma anche questo ci porterebbe lontano.
Quello che conta è il fatto che, invece, la Bibbia è prima di tutto un libro scritto a più mani (non essendo il redattore una sola persona) attraverso varie epoche. Ma, soprattutto, è un libro composto da due protagonisti attivi: Dio e l’uomo. I racconti biblici sono il frutto dell’incontro\scontro fra questi due protagonisti. La Bibbia non è quindi il dettato di Dio, è la commistione di cose umane e divine. Quella dei testi (di chi scrive e di chi viene narrato) non è un’umanità idealizzata, un’edificante paesaggio fatto di buoni sentimenti e di pie avventure. A chi servirebbe un libro del genere? Ci troveremmo davanti un esempio di umanità immaginaria ed utopica, troppo lontana da noi e quindi inutile. Per questo, invece, l’umanità della Bibbia è quella reale, senza edulcorazioni, con la sua grandezza (nelle gesta eroiche, nelle grandi costruzioni ecc) e insieme la sua bassezza (i tradimenti, gli omicidi ecc). In altre parole, quello che nel Corano non si dovrebbe mai trovare, lo si trova nella Bibbia. Ma è questo che la rende interessante.
L’uomo biblico, in entrambi i suddetti aspetti, ha anche tutto il suo portato di mentalità e convenzioni tipiche delle società antiche. Ogni individuo può sperimentare sulla sua pelle la forza delle abitudini (e dei vizi). Immaginarsi quanto la cosa diventi più complicata quando si tratta di un intero popolo (e di un’epoca). La mentalità biblica non è quella moderna del “tutto e subito”. E’ come se un padre pretendesse dal figlio neonato di imparare a memoria la Divina Se Dio avesse voluto agire così avrebbe dovuto optare per un dettato. Commedia, invece di seguirlo nello sviluppo che gli permetterà poi di assolvere ai suoi doveri. Uscendo fuor di metafora, Dio avrebbe dovuto fare violenza all’uomo.
Il Dio cristiano è però un Dio particolarmente amante della libertà. Ecco che allora anche Dio deve adeguarsi alla realtà con cui vuole entrare in contatto. Allora, tornando alla metafora, un buon padre non può nutrire il figlioletto con la bistecca. Ogni cosa al suo tempo.
Molti dimenticano che l’Antico Testamento è un testo di preparazione, per questo la Storia della Salvezza è attraversata (dal Genesi fino ai profeti) dalla speranza messianica. Solo col Messia il popolo eletto prima, e tutto il mondo dopo, avrebbero ricevuto la piena rivelazione. Infatti la luce dell’Antico Testamento è ancora offuscata. Dio irrompe nella storia umana, scegliendosi addirittura un popolo, ma gli lascia il tempo di crescere senza innescare rivoluzioni giacobine (come poi non sarà nemmeno il Cristianesimo). Per questo la Bibbia è un libro molto umano e tutte le vicende dell’Antica Alleanza vanno lette alla luce di quella nuova.
Quindi, proprio per la natura del testo, il male che si trova nella Bibbia non è attribuibile a Dio ma all’uomo (narratore e protagonista) che abbiamo visto essere un personaggio fondamentale. Quello biblico è un Dio di misericordia e di pazienza, ma anche dagli accessi di ira. Bisogna considerare due aspetti: il concetto e la forma.
Concettualmente, l’idea di un Dio dagli attributi di Amore e al contempo di Giustizia (che quindi può punire) è concorde alla visione evangelica. Per quanto riguarda la forma, ovvero il modo in cui Dio applica la giustizia, bisogna tenere a mente quanto detto prima. Se la rivelazione veterotestamentaria non è completa, non può essere piena nemmeno la conoscenza di Dio. Per questo è possibile che metodi della giustizia umana siano presentati dalle narrazioni come assunti anche dallo stesso Dio. Lo stesso Isaia parla di Dio come del Deus absconditus, un Dio “nascosto”. Bisogna inoltre tenere presenti gli artifici letterari che possono seguire la narrazione, è ricordando tutte queste caratteristiche che si possono comprendere anche episodi dove Dio viene presentato in veste antropomorfa, cambiando idea anche nel corso di un dibattito con gli uomini (come con Abramo o con Mosè).
Quindi per l’interpretazione dell’Antico Testamento è, a volte, necessario prestare maggiore attenzione ai concetti (ai significati) che alle forme. Ma entrambi, concetti e forme, sono da purificare e perfezionare. Dimenticare il carattere di provvisorietà dell’Antico Testamento vuol dire porre un serio ostacolo alla sua comprensione più profonda. Né, in un’ottica cristiana, si può rimproverare Dio di non aver corretto il suo popolo. Nei Vangeli si trovano, infatti, varie espressioni che rimandano al compimento della Legge antica. Procedimento che avviene secondo due modalità.
La prima è quella di una semplice rilettura dei precetti e degli insegnamenti biblici da un punto di vista diverso e più spirituale; basti pensare al modo di rispettare il Sabato. Il secondo invece è quello più radicale formato dall’insegnamento di comandamenti nuovi ma sempre nel solco di quelli antichi. Una nuova Legge del tutto diversa formata da una sintesi di tutto l’Antico Testamento, con l’abbandono di ciò che aveva fatto il suo tempo. Ecco allora l’origine di certi discorsi inaugurati da espressioni del tipo “avete udito che vi fu detto…ma Io vi dico” e “per la durezza dei vostri cuori Mosè…ma in origine…”.
Ci si potrebbe, però, chiedere perché Dio non abbia scelto un popolo più grande ed evoluto. Perché scegliere un “non-popolo” noto infatti solo per la sua singolare pretesa di avere un ruolo nella storia mondiale? In realtà, in tutta la Bibbia, Dio tende a scegliere quello che è più piccolo e disprezzato per rovesciare le scale di valori umane, e per mostrare la sua potenza tramite quella che Paolo chiamava “la stoltezza della predicazione”.
La Bibbia quindi non è un libro per moralisti, né per semplicisti. Le irriverenze, di cui viene spesso fatta oggetto, si inseriscono a volte nella migliore tradizione antisemita che parte dagli antichi autori romani fino ai contemporanei Odifreddi (che ritiene sia compito della scienza fare pernacchie a Mosè e Gesù, come notato qui da Giorgio Israel) e passando per Voltaire. Di solito è a fini ben poco nobili che si ispira questa “lettura” irridente del testo sacro ebraico, basata sul rifiuto di adottare anche per essa il criterio moderno che si usa per tutti i testi antichi. Ossia quello di calarsi nel contesto storico astenendosi, per quanto possibile, di applicare le proprie categorie di giustizia e di bene\male (spesso anche, curiosamente, presentate come assolute e definitive).
Ma dietro queste tendenze irrisorie (che poi non si capisce se, fra ignoranza e malafede, servano a irridere gli autori di esse o la Bibbia) si cela anche uno scatto di rabbia contro un testo che ad ogni modo continua ad avere successo. Essendo uno dei libri più diffusi al mondo (non a caso, prima opera stampata) e che non accenna a volersi fare da parte, la Bibbia è lo “scomodo” ricordo di un passato (appena due millenni) da cancellare o demonizzare. Niente di nuovo o di straordinario, quindi. È una cosa così vecchia e desueta da non riuscire nemmeno a mettere nella tentazione di stracciarsi le vesti, però è divertente vedere le pretese di originalità (e perché no? di scientificità) da parte di chi non sa di perpetuare un vecchio sport a più riprese riesumato.