Libri Deuterocanonici o Apocrifi? Libri Sacri Bibbia - Cristiani Cattolici: Pentecostali Apologetica Cattolica Studi biblici

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Libri Deuterocanonici o Apocrifi? Libri Sacri Bibbia

Confutazioni al Protestantesimo

Libri Deuterocanonici, non apocrifi come li chiamano i protestanti

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Deuterocanonico significa approvato in un secondo momento (secondo canone, successivo), dopo opportuni approfondimenti e analisi sui testi Sacri interrogando autorevoli padri della Chiesa, i vescovi sotto la guida dello Spirito Santo approvarono la lista (canone) dei Libri Sacri, da includere nella Bibbia cristiana. I 7 libri deuterocanoni del Vecchio Testamento sono 1 e 2 Maccabei, Giuditta, Sapienza, Tobia, Baruc Siracide.

Anche 7 lettere del Nuovo Testamento sono deuterocanoniche, ma solo in pochi lo sanno, moltissimi protestanti poi lo ignorano totalmente, ma a loro la verità non interessa, in fondo, sono interessati solo ad accusare la Chiesa cattolica a prescindere.
L’opinione negativa di molti Padri della Chiesa sul canone del Vecchio Testamento non deve poi turbare più di tanto: dubbi furono infatti avanzati da non pochi autorevoli cristiani dei primi secoli anche sul canone del Nuovo Testamento. L’attuale canone del Nuovo Testamento fu infatti accettato in Occidente  solo nel IV secolo, come testimoniano gli scritti di Atanasio, Ambrogio, Agostino e Girolamo e come confermano i sinodi di Ippona (393) e di Cartagine (397-419). Basti a tal proposito pensare che Origene (185-253) sollevò non poche perplessità sulla canonicità della seconda lettera di Pietro e sulla seconda e terza epistola di Giovanni, mentre Eusebio di Cesarea (265-339) riferì dei non pochi dubbi sulla canonicità della seconda lettera di Pietro, della seconda e terza epistola di Giovanni, della lettera di Giuda e dell’Apocalisse.

Il frammento muratoriano (II secolo) omette poi la lettera agli Ebrei, l’epistola di Giacomo e la seconda lettera di Pietro, mentre nella Vulgata Siriaca (V secolo) mancano l’Apocalisse, la lettera di Giuda, la seconda lettera di Pietro e la seconda e terza lettera di Giovanni.
Anche la diceria che i libri deuterocanonici non vengano mai (ma in effetti Paolo ne cita alcuni nelle sue lettere) citati nel Nuovo Testamento non sembra decisiva: il Nuovo Testamento non cita mai neppure Esdra, Neemia, Ester, Cantico dei Cantici ed Ecclesiaste. (eppure non per questo li consideriamo apocrifi).

La Riforma protestante rigettò i libri deuterocanonici perché conservati solo nella Versione greca dei Settanta, perché non accettati dagli ebrei e perché favorevoli ad alcuni insegnamenti cattolici (opere buone, elemosine, digiuno, preghiera per i defunti, …), non compatibili con il  dogma protestante della "salvezza per sola fede". La Bibbia tedesca di Lutero (1522), pur riconoscendone l’utilità ed il carattere edificante, li pose in appendice. Anche la prima versione della Bibbia di Re Giacomo (1611) inserì i libri deuterocanonici in appendice, salvo poi stralciarli definitivamente dopo la confessione di fede di Westminster (1647). Nella dichiarazione di fede della Rochelle (1559) gli ugonotti francesi dichiararono che tali libri "benché utili, non possono essere usati per fondare alcun articolo di fede", incoraggiando così la progressiva espulsione dei libri deuterocanonici dalle bibbie protestanti francesi.  Nel 1826, su pressione dei presbiteriani e dei calvinisti, anche la Società Biblica Britannica e Forestiera cessò di stampare bibbie contenenti i libri deuterocanonici, favorendo inevitabili critiche, sospetti, rifiuti e condanne da parte della chiesa cattolica. Qualunque cosa si possa pensare delle scelte operate in passato dai fratelli evangelici, occorre ricordare che tra i manoscritti di Qumràn (1947) sono stati ritrovati numerosi e consistenti frammenti deuterocanonici in lingua ebraica ed aramaica, cosicché oggi molti cattolici (e non pochi acattolici) pensano che tali libri siano nati ebraici e siano stati tradotti in greco solo in un secondo momento.
     
Va inoltre detto che gli ebrei, farisei e giudei seduti sulla cattedra di Mosè, (ma in un tempo ormai lontano dal momento in cui le chiavi della comprensione erano state consegnate a Pietro), nella famosa riunione di Jamnia (90 dopo Cristo), oltre ai libri deuterocanonici, rigettarono in blocco tutta la Bibbia dei Settanta (che fino ai tempi di Gesù avevano peraltro mostrato di gradire) e tutti i libri del Nuovo Testamento (considerati minim cioè eretici). Alcune profezie relative a Gesù Cristo risultavano infatti molto più chiare leggendo il testo greco e la Chiesa cattolica faceva costante riferimento alla Versione dei Settanta, viste anche le reali difficoltà di leggere e tradurre la Bibbia ebraica ed il Targum aramaico.

    L’opinione negativa di molti Padri della Chiesa sul canone del Vecchio Testamento non deve poi turbare più di tanto: dubbi furono infatti avanzati da non pochi autorevoli cristiani dei primi secoli anche sul canone del Nuovo Testamento. L’attuale canone del Nuovo Testamento fu infatti accettato in Occidente  solo nel IV secolo, come testimoniano gli scritti di Atanasio, Ambrogio, Agostino e Girolamo e come confermano i sinodi di Ippona (393) e di Cartagine (397-419). Basti a tal proposito pensare che Origene (185-253) sollevò non poche perplessità sulla canonicità della seconda lettera di Pietro e sulla seconda e terza epistola di Giovanni, mentre Eusebio di Cesarea (265-339) riferì dei non pochi dubbi sulla canonicità della seconda lettera di Pietro, della seconda e terza epistola di Giovanni, della lettera di Giuda e dell’Apocalisse.
Il frammento muratoriano (II secolo) omette poi la lettera agli Ebrei, l’epistola di Giacomo e la seconda lettera di Pietro, mentre nella Vulgata Siriaca (V secolo) mancano l’Apocalisse, la lettera di Giuda, la seconda lettera di Pietro e la seconda e terza lettera di Giovanni.
Anche la diceria che i libri deuterocanonici non vengano mai (ma in effetti Paolo ne cita alcuni nelle sue lettere) citati nel Nuovo Testamento non sembra decisiva: il Nuovo Testamento non cita mai neppure Esdra, Neemia, Ester, Cantico dei Cantici ed Ecclesiaste. (eppure non per questo li consideriamo apocrifi).
Inoltre esistono punti del Nuovo Testamento che, pur non citando i libri deuterocanonici, sembrano fare a questi diretta allusione. Si confrontino a tal proposito:

Romani 1, 18-32 con Sapienza 12-14  (a proposito dell'immoralità dei pagani);

Ebrei 1,3 con Sapienza 7,25 (a proposito del Figlio, immagine del Padre);

Ebrei 11,35-38 con 2 Maccabei 6,18-7,41 (a proposito delle torture subite per fede);

Apocalisse 21,18-21 con Tobia 13,16-17 (a proposito della Nuova Gerusalemme).

Ebrei 11,35 ("Alcune donne riacquistarono per risurrezione i loro morti. Altri poi furono torturati, non accettando la liberazione loro offerta, per ottenere una migliore risurrezione.")

cita 2° Maccabei 7,28-29 ("Ti scongiuro, figlio, contempla il cielo e la terra, osserva quanto vi è in essi e sappi che Dio li ha fatti non da cose preesistenti; tale è anche l’origine del genere umano. Non temere questo carnefice ma, mostrandoti degno dei tuoi fratelli, accetta la morte, perché io ti possa riavere insieme con i tuoi fratelli nel giorno della misericordia")

Romani 1, 19-20  (poiché ciò che di Dio si può conoscere è loro manifesto; Dio stesso lo ha loro manifestato. Infatti, dalla creazione del mondo in poi, le sue perfezioni invisibili possono essere contemplate con l’intelletto nelle opere da lui compiute, come la sua eterna potenza e divinità;")
cita Sapienza 13,1.9 (Davvero stolti per natura tutti gli uomini che vivevano nell’ignoranza di Dio.
e dai beni visibili non riconobbero colui che è, non riconobbero l’artefice, pur considerandone le opere." "perché se tanto poterono sapere da scrutare l’universo, come mai non ne hanno trovato più presto il padrone")
Giacomo 3,8 ("ma la lingua nessun uomo la può domare: è un male ribelle, è piena di veleno mortale.") cita Siracide 37,18 ("bene e male, vita e morte, ma su tutto domina sempre la lingua.")

Giacomo 1,19 ("Lo sapete, fratelli miei carissimi: sia ognuno pronto ad ascoltare, lento a parlare, lento all’ira.") cita Siracide 5,11 ("Sii pronto nell’ascoltare, lento nel proferire una risposta")
Girolamo, dal momento che non vi era ancora un pronunciamento vincolante per il canone definitivo, poteva anche permettersi di avere una sua opinione personale, non condivisa dalla Chiesa, la quale si basava sulla Vetus latina fino alla traduzione della Vulgata. Nella Vetus latina c'erano i deuterocanonici che confluirono nella Vulgata, poi sembra strano come san Girolamo abbia "perso tempo" a tradurre 7 libri che riteneva non ispirati, per includerli nella Vulgata.
In ultima analisi, Gesù e gli apostoli si servivano della Bibbia dei Settanta e in quella Bibbia c'erano i deuterocanonici. Questo è un fatto innegabile.

Ma esistono numerose altre citazioni dei deuterocanonici, sconosciute ai più, sia cattolici che protestanti, eccole elencate qui di seguito:
2Tim. 4,8 - la descrizione di Paolo di una corona di giustizia è simile a quella di Sapienza 5,16.

Eb. 4,12 - la descrizione di Paolo della parola di Dio come una spada affilata e' simile a quella di Sapienza 18,15

Eb. 11,5 - del rapimento di Enoch a Dio e' presente anche in Sapienza 4,10 e Siracide 44,16 (Vedi anche 2Re 2,1-13 e Siracide 48,9 riguardanti Elia). S. Paolo quando parla del rapimento di Enoch

Sembra proprio citare il Siracide 44,16, versetto molto più chiaro ed esplicito rispeto a Genesi 5,24.

Eb 12,12 - l'espressione "mani cadenti e ginocchia infiacchite" deriva da Siracide 25,23

Gc 1,19 - "tieniti pronto ad ascoltare, lento a parlare", e' una citazione di Siracide 5,11

Gc 2,23 - "gli fu accreditato a giustizia" cita 1 Maccabei 2,52 "gli fu accreditato a giustizia".
Gc 5,6 - la condanna e' uccisione del giusto, Figlio di Dio, su profetizzata in Sapienza 2,10-20

Mt 2,16 - il decreto di Erode di uccidere i bambini innocenti fu profetizzato in Sapienza 11,7
"in punizione di un decreto infanticida".

Mt 6,19-20 ; Giac 5,3 - la dichiarazione di Gesù e Giacomo in merito dei tesori divini piu' preziosi di quelli terreni cita Siracide 29,10-11
Mt 7,12 - la regola d'oro di Gesù "fa agli altri cio' che vuoi sia fatto a te" e' la citazione inversa di Tobia 4,15 "Non fare a nessuno ciò che non vuoi sia fatto a te".

Mt 7,16,20 - l'affermazione di Gesù "dai loro frutti li riconoscerete", cita Siracide 27,6 "Il frutto dimostra come è coltivato l'albero".
Mt 9,36 - le persone erano "come pecore senza pastore", e' la stessa di Giuditta 11,19 "come pecore senza pastore".

Mt 12,42 - Gesù si riferisce alla "Sapienza di Salomone" cioè il libro della Sapienza, che e' stata scritta e fa parte dei libri Deuterocanonici.

Mt 16,18 - Gesù parla delle "Porte degli Inferi", espressione presente in Sapienza 16,13

Mt 22,25; Mc 12,20; Lc 20,29 - gli scrittori del Vangelo si riferiscono alla canonicita' di Tobia 3,8 e 7,11 riguardo i sette fratelli.
Mt 24:15 - l'abominio di desolazione presente nel "luogo santo" e' presente anche 2 Maccabei 8,17

Mt 24:16 - l'espressione "fuggano ai monti" e' ripresa in 1 Maccabei 2:28
Mt 27:43 "Se e' Figlio di Dio, lo liberi dai suoi avversari" e' una profezia di Sapienza 2,18

Mc 9:48 - la descrizione dell'inferno dove il loro verme non muore e il fuoco non si estingue e' una citazione di Giuditta 16:17

Lc 1:42 - la dichiarazione di Elisabetta della benedizione di Maria tra le donne e' una citazione della dichiarazione di Uzziah (Ozia) in Giuditta 13,18
Lc 1:52 - il Magnificat di Maria di far al Signore "abbattere il trono dei potenti e innalzare gli umili" e' una citazione di Siracide 10,14.
Lc 2:29 - la dichiarazione di Simeone che sarebbe stato pronto per morire dopo aver visto il bambino Gesù e' una citazione di Tobia 11,9
Lc 24,4; At1,10 - la descrizione di Luca di due uomini in vestiti meravigliosi ricorda 2 Maccabei 3,26

Gv 1,3 - "tutto e' stato creato per mezzo della sua Parola", e' una citazione di Sapienza 9,1

Gv 6,39-59 - il discorso Eucaristico di Gesù e' prefigurato in Siracide 24,19-21.
At 10,34; Rm. 2,11; Gal. 2,6 - la dichiarazione di Pietro e Paolo che "presso Dio non c'e parzialità'" è una citazione di Siracide 35,12

At 17,29 - la descrizione dei falsi dei fatti di oro o argento e opera delle mani d'uomo e' una citazione di Sapienza 13,10

Rm 1,18-25 - l'insegnamento di Paolo sulla conoscenza del Creatore e l'ignoranza e peccato di idolatria e' una citazione di Sapienza 13,1-10

Rm 1,20 - in particolare, l'esistenza di Dio è evidente nella natura, una citazione di Sapienza 13,1

Rm 9,21 - la metafora del vasaio che con l'argilla forma due tipi di vasi e' ripresa da Sapienza 15,7

1 Cor 2,16 - la domanda di Paolo "chi ha conosciuto la mente del Signore?" si riferisce a Sapienza 9,13

1Cor. 8,5-6 - Paolo riconoscendo molti dei, ma un solo Signore cita Sapienza. 13,3

1 Cor. 10,1 - la descrizione di Paolo dei nostri padri sotto la nuvola che passa attraverso il mare si riferisce Sapienza 19,7
1 Cor. 10,20 - il sacrificio dei pagani che offrono ai demoni e non a Dio e' un riferimento a Baruch 4,7

1 Cor. 15,29 - se non ci fosse la resurrezione, sarebbe sciocco farsi battezzare per conto degli altri, in riferimento a 2 Maccabei 12,43-45

Ef. 6,13-17; 1Ts 5,8 - l'intera discussione di armatura, elmo, corazza, spada, scudo e' una citazione di Sapienza 5,17-20.

1 Tm 2,14 - la donna come causa del peccato e' ripreso da Siracide 25,24

1 Pietro 1,6-7 - l'insegnamento di Pietro del giusto provato come oro nel fuoco e' scritto in Siracide 2,5

Ap 1,4 - i sette spiriti che stanno davanti al trono di Dio é ripreso da Tobia 12,15. Raffaele é uno dei sette angeli che stanno alla presenza del Signore.

Ap 1,18 - il potere sulla vita e sulla morte sugli Inferi é citato da Sapienza 16,13

Ma rispondiamo ancora più dettagliatamente alle obiezioni dei fratelli separati:
La prima obiezione: "Non si trovano i testi Ebraici" è una falsa obiezione riconosciuta tale anche dai protestanti più informati.
L’International Bible Comentary asserisce che, a parte 2 Maccabei ed Ester, tutti gli altri libri apocrifi (come li definisce questo libro) erano originariamente scritti in ebraico.
Inoltre nelle grotte di Qumràn sono stati trovati frammenti in ebraico di alcuni libri deuterocanonici fra i quali  Tobia e il Siracide. Non solo. C’è anche un’altra scoperta, ancor più eclatante. Nella Bibbia dei LXX alcuni libri, fra i quali Geremia e Samuele, riportano testi che non si riscontravano nell’ebraico. A Qumràn sono stati trovati questi testi in lingua originale.
Vero è che dagli scavi archeologici sono emersi libri veramente apocrifi assieme ai deuterocanonici e ai canonici, ma l’elemento che fa cadere la tesi ebraica che invalidava qualsiasi libro scritto in greco ritenendolo non canonico, viene a cadere proprio con i ritrovamenti di Qumràn.
E ancora: prima delle scoperte di Qumràn, la documentazione principale sulla varietà di testi nel giudaismo antico erano le citazioni bibliche fatte nel N.T. Ma, essendo tutte in greco, le divergenze si spiegavano normalmente come frutto delle recensioni greche. Adesso i rotoli provvedono esempi di testi ebraici che coincidono con l'ebraico che serve di base ad alcune citazioni bibliche: Am 9,11 così come citata in 4QFlor 1,12 è simile alla citazione che ne fa At 15,16.

Seconda obiezione: gli autori sono sconosciuti. In realtà noi non sappiamo chi sono gli autori di buona parte dei libri dell’A.T. così come  non conosciamo quelli che hanno composto il N.T.

Il Libro del profeta Isaia, ad esempio, è composto da almeno tre autori diversi. L’autore del Cantico dei Cantici è sconosciuto, mentre il Pentateuco, che tradizionalmente è attribuito a Mosè, contiene un’innegabile interpolazione di un altro scrittore.
Nei capitoli successivi continueremo per spirito di completezza e di dettaglio ad approfondire la storia del canone biblico, perché riteniamo di fondamentale importanza per ogni cristiano, conoscere la storia della Bibbia, e quindi le scelte delle Chiesa che fanno da garanzia riguardo all’ispirazione dei Libri Sacri.

Apocrifo invece significa libro scritto da un falso autore, ce ne furono parecchi, come il vangelo di Pietro, il vangelo di Maria, di Tommaso, e tanti altri che la Chiesa scartò dopo averli analizzati confrontati con i veri Libri ispirati, scritti da autori certi, come Matteo, Marco e gli altri di sicura e provata fonte cristiana.

Il canone del Nuovo Testamento
(= elenco dei libri ufficiali cristiani)

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Sicurezza che nei testi sia contenuto il pensiero di Gesù
1. La formazione del canone
La situazione, nella prima metà del II sec., era la seguente:
a)    circolavano nelle comunità
-      scritti originali risalenti direttamente o indirettamente agli apostoli,
-      copie di tali scritti,
-      scritti falsamente attribuiti agli apostoli,
-      scritti che non risalivano agli apostoli, ma che godevano quasi della stessa autorità;
b)   erano scomparsi o quasi scomparsi i testimoni attendibili, capaci di risolvere le controversie di attribuzione dei testi;
c)   stava prendendo vigore il movimento filosofico-teologico dello gnosticismo.
Il termine "gnosi" proviene dal greco e significa conoscenza. Secondo gli gnostici solo la conoscenza può condurre alla salvezza.

* In generale gli gnostici partono dal problema del male nel mondo: Dio non può fare né volere il male - dunque il male non viene da Dio. Esistono due princìpi increati: uno, Dio-spirito, da cui deriva il bene e l'altro, la materia, da cui deriva il male. Questi due princìpi sono in perenne lotta fra di loro.
* Luogo della lotta fra il principio del bene (spirito) e il principio del male (materia) è il cuore dell'uomo, in quanto l'uomo è appunto composto di spirito e di materia.
* Questa penosa situazione in cui l'uomo veniva a trovarsi ha impietosito Dio, il quale ha inviato nel mondo Gesù per operare la salvezza: guidare gli uomini alla vera conoscenza, onde distaccarli dalla materia.

* Gesù, essendo puro spirito (bene), non poteva rivestirsi di un corpo materiale (che è male). Quindi, per venire nel mondo, ha preso solo una parvenza corporea (greco: dokéo = sembro, da cui anche il nome di doceti dato a questi pensatori),
Pensatori gnostici importanti furono Basilide, Carpocrate, Valentino, ma soprattutto Marcione.

Secondo Marcione (verso il 140 d.C.) il messaggio di Gesù, predicato anche da Paolo, era stato il superamento definitivo dell'A.T., di cui nulla andava conservato. Sarebbe stato successivamente alterato in senso giudaizzante, mediante l'introduzione di scritti non autentici e la manipolazione dei testi originari.

Marcione rifiutava perciò in blocco l'A.T. e, quanto ai vangeli, voleva riportarli "alla forma originale", eliminando quello che costituirebbe un'alterazione fatta dopo. In concreto, rifiutava i vangeli secondo Matteo, Marco e Giovanni e sopprimeva in Luca i racconti dell'infanzia e ogni accenno alla reale corporeità di Gesù (in Gesù-spirito, non potevano esserci manifestazioni di corporeità, come crescere, essere stanco, aver paura, soffrire, sudare sangue...).
Marcione fu il primo a fissare una lista di libri a cui attingere quella che, secondo lui, era la genuina dottrina cristiana. La lista comprendeva: il vangelo secondo Luca (nella versione rimaneggiata da lui) e dieci delle lettere di Paolo (escluse le lettere pastorali).
Contro Marcione le comunità cristiane dovettero prendere posizione:

a)    stabilendo un elenco «ortodosso» (canone), relativamente fisso, di libri da prendere come norma della genuina fede cristiana: il N.T. (i criteri per questa selezione si trovano più avanti);
b)   sulle nuove copie del N.T. che venivano confezionate, affidando ai vescovi il controllo, per essere sicuri che fossero conformi al testo antico 1.
Il fatto veramente importante è costituito dall’idea della necessità di un canone: le Chiese dovettero riconoscere di non poter più controllare da sole le tradizioni su Gesù che stavano pullulando e andarono perciò alla ricerca di norme o criteri per stabilire quali libri accettare e quali escludere, al fine di conoscere il genuino pensiero cristiano.

 I criteri di canonicità
           Dai documenti a nostra disposizione (v. oltre)  possiamo ricavare che i criteri utilizzati dalle Chiese per stabilire il canone furono principalmente due: ecclesialità ed apostolicità dei libri.

Nel caso poi in cui l'apostolicità non fosse certa, si ricorse al criterio sussidiario della tradizionalità
Vediamoli meglio:

a) Ecclesialità
     
Furono scelti come "ufficiali" i libri che erano accolti e letti nella liturgia da tutte (o quasi) le comunità che li conoscevano.
Furono le comunità che selezionarono i libri del Nuovo Testamento, non attraverso pronunciamenti ufficiali, ma attraverso il «sentire» dei cristiani: in quei libri essi riconoscevano fissata la fede che avevano ricevuto nella predicazione orale ed accettato.
Ma perché i cristiani leggevano questi libri?
Ecco il secondo criterio:

b) Apostolicità

Furono scelti quei libri che si ritenevano prodotti direttamente o indirettamente dagli apostoli (se a torto o a ragione oggi è difficile/impossibile da stabilire: è un atto di fede nelle comunità cristiane dei primi secoli).
«Si può dire che il concetto di "canone", sia derivato in modo diretto da quello di apostolo. L’apostolo ha nella Chiesa una funzione unica, che non si ripete: è un testimone oculare.

Per conseguenza solo gli scritti che hanno per autore un apostolo o un discepolo di un apostolo sono reputati garantire la purezza della testimonianza cristiana» (O. Cullmann, Le Nouveau Testament, Paris 1966; ed. ital. Bologna, 1968, pag. 141-142).

1.      Quanto ai vangeli, le comunità hanno accettato quelli che avevano come autori sicuri o apostoli o diretti ascoltatori di apostoli (dopo aver valutato, per questi ultimi, che avessero raccolto bene il loro insegnamento). Per questa ragione furono rifiutati i vangeli apocrifi.
2.      Quanto alle lettere, era compito dei destinatari garantire sul mittente. Si noti però che spesso un autore si serviva di uno scrivano-segretario che «metteva in bella» il testo.

È per questa ragione che scritti come la Didaché o la lettera di Clemente di Roma, nonostante fossero dello stesso periodo e sullo stesso argomento dei libri del Nuovo Testamento, non furono accolti tra i libri ufficiali. Ne consegue che, per le comunità cristiane antiche, norma di fede non erano gli scritti, ma le testimonianze orali apostoliche che si fissarono poi in tali scritti. Valeva il principio:
era canonico (= normativo) solo ciò che era apostolico.
E nel caso in cui l’apostolicità non fosse certa?
Si ricorse al criterio sussidiario della

c) Tradizionalità
     Furono scelti quei libri che erano in armonia con la tradizione orale e rifiutati quelli che presentavano la figura di Gesù in modo diverso da quello tradizionale, quello cioè che i cristiani conoscevano bene per averlo ascoltato dalla viva voce degli apostoli e dei loro immediati discepoli. Questo successe per es. per il vangelo di Pietro come dice questo documento di Eusebio di Cesarea che cita la testimonianza di Serapione:
«Costui (= Serapione) ha composto anche un altro trattato sul vangelo detto secondo Pietro con l’intento di esporre la falsità degli argomenti in esso contenuti, per il bene di alcuni membri della chiesa di Rhossus (in Siria), che a causa dell’opera suddetta furono preda di dottrine non ortodosse. Sarà bene riportare qui alcune frasi del suo scritto per rilevare il suo giudizio su quel libro. Egli scrive:
"Fratelli, noi accettiamo Pietro e gli altri apostoli come Cristo, ma, da uomini prudenti, respingiamo quanto è falsamente scritto sotto il loro nome, ben conoscendo che da loro non abbiamo ricevuto tali cose. Quando, infatti, io fui presso di voi, pensavo aderiste tutti alla retta fede e, non avendo letto il vangelo sotto il nome di Pietro, di cui parlavamo, dissi: Se era questo l’unico motivo del loro turbamento, leggetelo pure! Ma ora, da quanto mi è stato detto, ho compreso che nella loro mente era annidata una eresia: avrò dunque cura di venire nuovamente da voi. A presto, dunque, fratelli.

Voi sapete che genere di eresia era quella di Marcione e come egli si contraddiceva, non comprendendo quanto andava diffondendo, imparerete (la verità) da quanto ho scritto per voi.
Ho infatti avuto la possibilità di avere tra le mani proprio questo vangelo da coloro che se ne servono, cioè dai successori di quelli che sono stati i suoi autori, ai quali diamo il nome di doceti, in quanto molte delle loro idee appartengono a questa scuola, di scorrerlo e di constatare che in gran parte ha sul Salvatore un insegnamento giusto, ma alcune cose sono nuove e ne ho tracciato una lista per voi".   Questo è quanto si riferisce a Serapione» (Storia Eccles., VI, 12,2-6: PG, 20,545).     
Sembra dunque questa la vera e definitiva norma di fede del Cristianesimo:

l’insegnamento di Gesù fatto con le parole e con la vita e tramandato dalla tradizione orale delle Chiese.

In sintesi:

L’insegnamento di Gesù diventava dunque la cosa più preziosa, da conservare con somma cura. Necessitava perciò un accurato controllo.

Per questo si andavano a cercare prima i testimoni e poi, morti quelli, i libri che trasmettevano il suo vero insegnamento.
CRITERI DI SCELTA DEI LIBRI "CANONICI"

*  ECCLESIALITÀ:  LIBRI LETTI IN TUTTE LE CHIESE CHE LI CONOSCEVANO

*  APOSTOLICITÀ:   perché AVEVANO COME AUTORE DIRETTO O INDIRETTO UN APOSTOLO

*  TRADIZIONALITÀ:     perché FACEVANO SU GESÙ UN DISCORSO CONFORME ALLA  TRADIZIONE ORALE

La più antica lista di libri "canonici" a noi giunta è il canone muratoriano, un documento di ignoto autore, compilato in un latino grossolano verso il 180 e scoperto nel 1740 da Ludovico Antonio Muratori nella biblioteca ambrosiana di Milano.
Al testo mancano alcune righe d'inizio. Si può tuttavia immaginare che parlasse dei vangeli secondo Matteo e secondo Marco, visto che presenta come terzo il vangelo secondo Luca.

_ «... ai quali pure egli (Marco?) fu presente e così ha (es)posto. Il terzo libro dell’evangelo (è quello) secondo Luca. Questo medico, Luca, preso con sé da Paolo come esperto di diritto
(o esperto del viaggio, o della dottrina), lo compose dopo l’ascensione di Cristo secondo ciò che egli (Paolo) credeva. Neppure lui però vide il Signore in carne, e perciò cominciò a raccontare così come poteva ottenere (il materiale), dalla nascita di Giovanni.
Il quarto degli evangeli (è quello) di Giovanni, (uno) dei discepoli. Poiché i suoi condiscepoli e vescovi lo esortavano, disse: "Digiunate con me per tre giorni da oggi e ci racconteremo a vicenda ciò che ad ognuno verrà rivelato".

In quella stessa notte fu rivelato ad Andrea, (uno) degli apostoli, che Giovanni doveva mettere tutto per iscritto in nome proprio, mentre tutti (lo) avrebbero esaminato. E perciò, sebbene diversi princìpi siano insegnati nei singoli libri dei vangeli, ciò non costituisce però una differenza per la fede dei credenti, essendo tutte le cose spiegate dall’unico e normativo Spirito: ciò che riguarda nascita, passione, risurrezione, vita sociale con i suoi discepoli, la duplice venuta, dapprima, disprezzato nell’umiltà, che è già avvenuto, la seconda volta, illustre, con potere regale, che deve (ancora) avvenire. Che c’è di strano, dunque, se Giovanni tanto costantemente presenta anche nelle sue lettere delle particolarità, dato che dice di se stesso: "Ciò che abbiamo visto con i nostri occhi e udito con le nostre orecchie e che le nostre mani hanno toccato, queste cose abbiamo scritto a voi" (1 Gv 1,1 ss.). Così non solo egli si professa testimone oculare ed auricolare, ma anche scrittore di tutte le cose mirabili del Signore, per ordine.

I fatti poi di tutti gli Apostoli sono scritti in un unico libro. Luca raccoglie per l’ottimo Teofilo le singole cose che sono state fatte in presenza sua e lo fa vedere chiaramente omettendo la passione di Pietro e anche la partenza di Paolo dall’Urbe (= Roma), per la Spagna.

Le lettere di Paolo poi rivelano esse stesse, a chi vuol capire, da che località e in che circostanza sono state inviate. Prima di tutte ai Corinzi, vietando l’eresia dello scisma; poi ai Gálati (vietando) la circoncisione; poi ai Romani (spiega) esattamente l’ordine delle Scritture e che Cristo è il loro principio. Delle quali (lettere) è necessario che parliamo singolarmente. Lo stesso beato apostolo Paolo, in ciò seguendo la regola del suo predecessore Giovanni [cfr. sette lettere di Apoc cap. 2-3: si veda più avanti], scrive nominativamente a sole sette chiese in quest’ordine: ai Corinzi la prima (lettera), agli Efesini la seconda, ai Filippesi la terza, ai Colossesi la quarta, ai Gálati la quinta, ai Tessalonicesi la sesta, ai Romani la settima. Sebbene sia tornato a scrivere ai Corinzi e ai Tessalonicesi per correggerli, si vede che una sola chiesa è diffusa per tutta la terra. Perché anche Giovanni scrive nell’Apocalisse a sette chiese, ma parla a tutte. Ma una a Filémone e una a Tito e due a Timóteo (le scrisse) per affetto e amore. Sono ritenute sacre per l’onore della chiesa cattolica (= universale), per il regolamento della disciplina ecclesiale.

Circola anche una (lettera) ai Laodicesi, un’altra agli Alessandrini, falsificate col nome di Paolo dalla setta di Marcione, e molte altre cose che non possono essere accettate nella chiesa cattolica.

Non conviene che il fiele sia mescolato con il miele. Però una lettera di Giuda e due con la soprascritta "Di Giovanni" sono ricevute nella Chiesa cattolica, come pure la Sapienza scritta in onor suo dagli amici di Salomone.

Riceviamo anche le rivelazioni (Apocalisse) di Giovanni e di Pietro soltanto. Alcuni di noi però non vogliono che questa sia letta nella chiesa (= assemblea).
Il Pastore l’ha scritto poc’anzi, nella nostra città di Roma, Erma, mentre sedeva sulla cattedra della chiesa della città di Roma il vescovo Pio, suo fratello. Perciò conviene che sia letto, però non si può leggere pubblicamente nella chiesa al popolo, né tra i profeti il cui numero è completo, né tra gli apostoli della fine dei tempi».
- Dall’accenno al «poc’anzi» ed al vescovo di Roma Pio (Io) si stabilisce la data del 180 circa per questo documento.
- Dei 27 libri che formeranno poi il Nuovo Testamento, ne vengono citati 23. Non sono citate: una lettera di Giovanni, una di Giacomo, una di Pietro e la lettera agli Ebrei.

Le controversie sul canone
Tra il III ed il V sec. abbiamo un periodo di dubbi e di discussioni sui libri che dovrebbero appartenere al canone.

Documentazione
Una testimonianza di Eusebio di Cesarea, dell’anno 318 circa:
«Arrivati a questo punto, ci sembra ragionevole ricapitolare (la lista) degli scritti del Nuovo Testamento di cui abbiamo parlato. E, senza alcun dubbio, si deve collocare prima di tutto la santa tetrade (= quaterna), degli evangeli, cui segue il libro degli Atti degli Apostoli. Dopo questo, si debbono citare le lettere di Paolo, a seguito delle quali si deve collocare la prima attribuita a Giovanni e similmente la prima lettera di Pietro. A seguito di queste opere si sistemerà, se si vorrà, l’Apocalisse di Giovanni, su cui esporremo a suo tempo ciò che si pensa. E questo per i libri universalmente accettati.

Tra gli scritti contestati, ma tuttavia riconosciuti dalla maggior parte, c’è la lettera attribuita a Giacomo, quella di Giuda, la seconda lettera di Pietro e le lettere dette seconda e terza di Giovanni, che sono dell’evangelista o di un altro che porta lo stesso nome.

Tra gli apocrifi (lett.: bastardi, spuri), vengono anche collocati il libro degli Atti di Paolo, l’opera intitolata Il Pastore, l’Apocalisse di Pietro e dopo questi la lettera attribuita a Barnaba, i cosiddetti Insegnamenti degli Apostoli (Didaché), poi, come s’è già detto, l’Apocalisse di Giovanni, se si vuole. Qualcuno, come ho già detto, la rifiuta, ma altri la uniscono ai libri universalmente accettati.
Tra questi stessi libri alcuni hanno ancora collocato il Vangelo secondo gli Ebrei, che piace soprattutto a quegli Ebrei che hanno creduto a Cristo.

Pur stando così le cose per i libri contestati, tuttavia abbiamo giudicato necessario farne ugualmente la lista, separando i libri veri, autentici e accettati secondo la tradizione ecclesiastica, dagli altri che, a differenza di quelli, non sono testamentari (= vincolanti), e inoltre contestati, sebbene conosciuti, dalla maggior parte degli scrittori ecclesiastici; affinché possiamo distinguere questi stessi e quelli che, presso gli eretici, sono presentati sotto il nome degli apostoli, sia che si tratti dei vangeli di Pietro, di Tommaso e di Mattia o di altri ancora, o degli Atti di Andrea, di Giovanni o di altri apostoli. Assolutamente nessuno mai tra gli scrittori ecclesiastici ha ritenuto giusto di ritrovare i loro ricordi in una di queste opere.

D’altra parte, il carattere del discorso si allontana dallo stile apostolico; il pensiero e la dottrina che essi contengono sono talmente lontani dalla vera ortodossia da poter chiaramente provare che questi libri sono delle costruzioni di eretici. Perciò non si debbono neppure collocare tra gli apocrifi, ma si debbono rigettare come del tutto assurdi ed empi» (Storia Ecclesiastica, III, 25, 1-7).

-  Secondo questo testo, i libri del Nuovo Testamento non ricordati, discussi o rifiutati, sono la lettera agli Ebrei, le lettere di Giacomo e di Giuda, la 2a lettera di Pietro, la 2a e la 3a lettera di Giovanni e l'Apocalisse.
Le controversie sul canone si chiarirono notevolmente già verso la fine del IV secolo:
-   in oriente con la 39a lettera pasquale di Atanasio, vescovo di Alessandria (anno 367),
-   in occidente col sinodo di Roma del 382.

Vengono accettati come canonici 27 libri ritenuti di origine apostolica.

Alla fine del secolo V, con l'attenuarsi delle dispute cristologiche e trinitarie, i dubbi scomparvero, sia nelle Chiese latine, sia nelle Chiese greche. Perdurarono, invece, nelle Chiese della Siria, dove l'accordo si stabilì all'inizio del secolo VI, con la versione del Nuovo Testamento fatta da Filosseno. Da allora e fino al XV secolo non ci furono più controversie sul canone, e come avrete notato, e voi stessi potete approfondire, mai nessun protestante prese parte alla stesura del canone e, mai nessun protestante partecipò ai Concili nei quali furono stabilite le norme della fede cristiana, a cominciare dal Concilio di Gerusalemme. Tutti i dogmi cristiani furono stabiliti senza la partecipazione dei protestanti che non esistevano, ai concili non parteciparono nemmeno (come è ovvio) gli eretici di ogni tempo. Furono dunque stabiliti vari dogmi a cominciare dalla divinità di Gesù, la Santissima Trinità, l’enunciazione del Credo e via via tutti gli altri. E mai i protestanti ebbero a dire la loro nella stesura del canone biblico.

Lutero (sec. XVI) ha ripreso le discussioni, per i suoi motivi teologici, e il Concilio di Trento ha ribadito l'elenco tradizionale dei libri ufficiali.
Ritenere che (come faceva Lutero) la "norma di fede" sia la sola Scrittura (in particolare il Nuovo Testamento) senza la tradizione della Chiesa è un circolo vizioso e quindi un errore logico, perché la Bibbia non può fondare se stessa: non è infatti scritto nella Bibbia quali siano i libri della Bibbia.
Per il Nuovo Testamento, è solo la comunità cristiana che può stabilire quali libri sono conformi alla tradizione orale preesistente ai libri stessi.

Infatti il Cristianesimo è sorto verso gli anni 30, mentre i primi libri cristiani sorgono dopo il 50.
Quindi per almeno 20 anni il Cristianesimo esisteva già, mentre i libri neotestamentari non esistevano ancora. Dunque, il Cristianesimo non può fondarsi sui libri, ma sulla tradizione che poi è stata fissata negli scritti del Nuovo Testamento.
Ma come i protestanti motivano il loro rigetto dei libri deuterocanonici?

Quali sarebbero gli elementi che secondo loro provano la non attendibilità di tali libri?

Qui di seguito vi elenchiamo le presunte contraddizioni contenute in alcuni libri, che ne "inficiano" l’attendibilità o che ne proverebbero la mancarza di ispirazione divina. Peccato però che anche diversi versetti del Nuovo Testamento (accettato dai protestanti) sembrerebbero contraddirsi, o comunque non essere conformi sullo stesso argomento. Alla fine il lettore capirà il perché di queste apparenti contraddizioni, e se tali incongruenze menomano l’insegnamento biblico.

Le presunte contraddizioni contenute nei libri deuterocanonici

Risottolineando quindi che la Bibbia è Sacra e ispirata da Dio, ma che va letta considerando il suo insegnamento finale piuttosto che ogni singola parola, che talvolta può apparire contraddittoria proprio perché scritta da uomini che usavano la propria cultura, a volte limitata e, non dettata virgola per virgola da Dio, facciamo notare alcune apparenti contraddizioni che se intepretrate alla lettera possono fuorviare i meno preparati.
Questo paragrato è scritto dal fratello Massimo del sito MSN Difendere la Vera fede.
"In qualche sito evangelico si leggono affermazioni di questo tipo:

"Noi Cristiani evangelici non riconosciamo i libri apocrifi come Parola di Dio (e difatti nella nostra Bibbia non ci sono) per le seguenti ragioni:"

"(Nota: ora vengono elencati i quattro motivi per i quali alcuni libri sono stati tolti dal canone. Il fatto che non ne vengano evidenziati altri sta a significare che i motivi sono solo questi. Partendo da questo presupposto noi ci aspetteremmo di trovare una uniformità di giudizi su tutti libri.
Mi spiego con un esempio: se un libro viene escluso perché contiene delle evidenti contraddizioni, allora tutti i libri che contengono contraddizioni  (nota del fratello Massimo del sito Difendere…)
dovrebbero essere esclusi. Se questo non viene fatto allora significa che il motivo era in realtà un FALSO motivo, un pretesto diciamo.
Chiarito questo punto  proseguiamo con il testo e con le motivazioni in esso contenute."

Essi sono pieni di contraddizioni (reali e non apparenti), di falsi insegnamenti e di errori.

Né Gesù Cristo e neppure gli apostoli fecero mai riferimento a questi libri apocrifi.

Gli Ebrei prima e poi anche i Cristiani dei primi secoli dopo Cristo non li riconobbero mai come canonici

Infine, ciò che più importa è che lo Spirito Santo, che Gesù definì lo Spirito della verità, non attesta per nulla in noi figliuoli di Dio che gli apocrifi sono Parola di Dio perché ci fa sentire in maniera inequivocabile che essi non devono essere accettati.

Partiamo dal primo:
"Essi sono pieni di contraddizioni (reali e non apparenti), di falsi insegnamenti e di errori"

Partiamo da questo primo punto e utilizziamo l’esempio fatto dall’autore del testo che ci spiega cosa intende per contraddizione:

"Sempre in questo libro  (si sta parlando del secondo libro dei Maccabei,ndr) troviamo una menzogna che consiste in questo: lo scrittore dice che il profeta Geremia se ne andò al monte dove Mosè era salito per vedere la terra promessa e presso questo monte in una caverna nascose il tabernacolo e l'arca e l'altare dei profumi, e poiché aveva detto ad alcuni che il luogo sarebbe rimasto ignoto fino a quando Dio avrebbe riunito nuovamente il suo popolo. Infatti in quel tempo Dio avrebbe rivelato dove erano quegli oggetti sacri (cfr. 2 Maccabei 2:1-8).

Ma le cose ‘non possono essere vere’ perché nel libro del profeta Geremia è scritto che all'arca del patto dell'Eterno non vi si sarebbe più pensato quando Dio li avrebbe ricondotti in Sion infatti è scritto: "E vi ricondurrò a Sion; e vi darò dei pastori secondo il mio cuore, che vi pasceranno con conoscenza e con intelligenza. E quando sarete moltiplicati e avrete fruttato nel paese, allora, dice l'Eterno, non si dirà più: ‘L'arca del patto dell'Eterno!' non vi si penserà più, non la si menzionerà più, non la si rimpiangerà più, non se ne farà un'altra" (Ger. 3:14-16).
Come potete vedere anche questa aperta contraddizione fa capire come questo libro non può essere ispirato da Dio." (fin qui l’autore del libro protestante)

Quindi (ora risponde il fratello Massimo, cattolico) da questo esempio deduciamo (o meglio deducono i protestanti) che, se due libri si contraddicono a vicenda, uno dei due è sicuramente non ispirato.

Adesso confrontiamo questi testi:

2 Cronache  - 1 Re

In 2 Cr 17,6 si legge che il re Giosafat eliminò le alture e i pali sacri di Giuda.

In 1 Re 22,43-44 si dice che Giosafat non eliminò le alture.

Qui non c’è possibilità di mediazione: o Giosafat eliminò le alture o non le eliminò.

Quindi uno dei due libri dice chiaramente il falso e dovrebbe (secondo la teoria appena esposta dal fratello protestante) essere eliminato dal canone. Eppure i protestanti li considerano entrambi ispirati.

Gen 7,11 "nell’anno seicentesimo della vita di Noè, nel secondo mese, il diciassette del mese, proprio in quello stesso giorno, eruppero tutte le sorgenti del grande abisso e le cateratte del cielo si aprirono."
Confrontato con Gen 8,13 "L’anno seicentouno della vita di Noè, il primo mese, il primo giorno del mese, le acque si erano prosciugate sulla terra; Noè tolse la copertura dell’arca ed ecco la superficie del suolo era asciutta. Nel secondo mese, il ventisette del mese, tutta la terra fu asciutta."

Tutti sappiamo che il diluvio durò 40 giorni e 40 notti, come si può leggere anche nei versetti che vanno dal capitoli 7 e 8 di Genesi, perché allora dai versetti riportati qui sopra si parla di un intero anno? Quando cominciò il diluvio Noè aveva seicento anni, e quando finì ne ebbe seicentouno!


Perché?


Altro metro di giudizio: se uno stesso libro contiene al suo interno delle palesi contraddizioni non può essere ispirato.

Leggiamo qualche altro esempio scritto dai fratelli protestanti:

"Altra contraddizione che fa di 1° e 2° Maccabei dei libri inaffidabili è la descrizione della morte di Antioco Epifane che è riportata in tre maniere completamente diverse l'una dall'altra.
Difatti in un passo è scritto: "Al sentire tali notizie, il Re restò abbattuto e, preso da profonda agitazione, si gettò sul letto, e s'ammalò per la gran tristezza, perché le cose non erano andate secondo i suoi desideri. Egli rimase così per molti giorni, e siccome la sua tristezza andava crescendo, si sentì vicino a morire" (Bibbia di Gerusalemme Ed. 1971, 1 Maccabei 6:8,9 e più avanti si dice che morì);
in un altro passo si dice che lo stesso Re morì lapidato in Persia nel tempio della dea Nanea infatti troviamo scritto che i sacerdoti di Nanea "massacrarono il condottiero e i suoi compagni a sassate, tagliarono loro le membra e la testa" (ibid., 2 Maccabei 1:16);
ed infine in un altro passo troviamo scritto che morì roso dai vermi ad Ecbatana perché Dio lo colpì con una piaga (ibid., cfr. 2 Maccabei 9:1-28).

In questo libro ci sono evidenti contraddizioni e quindi non può essere considerato  ispirato, almeno secondo l’ottica evangelica e protestante."

Vediamo il Libro della Genesi:

Ci sono due racconti della creazione che si contraddicono l’uno con l’altro.
Il primo comincia con Gn 1,1 e finisce con Gn 2,4. Il secondo inizia con Gn 2,4 e finisce con Gn 2,24.

Nel racconto del diluvio universale, Dio "si contraddice" dapprima ordinando a Noè di far salire sull’arca due animali della stessa specie, maschio e femmina. (Gn 6,19). Ma subito dopo ordina di farne salire sette coppie di animali mondi e solo una coppia di animali immondi. (Gn 7,2-3)

Le contraddizioni sono evidentissime e quindi il libro non dovrebbe essere considerato come ispirato.  Ma il libro della Genesi fa parte del canone accettato dagli evangelici e dai protestanti.

Perché?

La conclusione  credo che sia molto semplice. Lo stesso silenzio di molti evangelici conferma che queste motivazioni portate dagli studiosi protestanti per sostenere l'eliminazione dal Canone dei libri che loro ritengono apocrifi non ha basi scritturali."

1.      Nel libro di Ester è scritto: "Il re era assiso sul trono reale nella casa reale, di faccia alla porta della casa. E come il re ebbe veduta la regina Ester in piedi nel cortile, ella si guadagnò la sua grazia; e il re stese verso Ester lo scettro d’oro che teneva in mano; ed Ester s’appressò, e toccò la punta dello scettro. Allora il re le disse: Che hai regina Ester? che domandi? Quand’anche tu chiedessi la metà del regno, ti sarà data" (Ester 5:1-3). Nelle aggiunte deuterocanoniche fatte a questo libro troviamo scritto, a proposito dello stesso episodio, queste parole: "Varcate tutte le porte, si presentò davanti al re, che stava assiso sul suo trono, rivestito di tutti gli ornamenti della sua maestà, fulgente d’oro e di pietre preziose: il suo aspetto era imponente. Or, appena egli ebbe alzato il capo scintillante di splendore, e lanciato uno sguardo ardente di collera, la regina cambiò colore, svenne e si appoggiò sulla spalla della damigella che l’accompagnava"  (Ester 5: 9-10).

Se si leggono attentamente i due testi si può notare come la descrizione fatta nella parte deuterocanonica non contrasti con quella fornita dal testo greco ma integri, completi ed arricchisca la descrizione più sintetica fornita dal testo ebraico.

2.      Il libro di Tobia non è pieno di favole e di menzogne come affermano molti di quelli che lo hanno escluso dal canone. Il fatto che l'angelo Raffaele risponda a Tobia : ‘Io sono Azaria, figlio di Anania il grande, uno dei tuoi fratelli’ (Tobia 5:4-13) non è un crimine orrendo o una perfida menzogna.

Non si deve esagerare con il moralismo e non si può considerare il comportamento dell'angelo più deplorevole di quello di Raab la meretrice quando salvò le spie ebree (Giosué 2-7) o di quello di Giacobbe quando carpì la benedizione del padre (Genesi 27)

3.      Non ci sembra carico di superstizione l'episodio in cui Tobia fu consigliato dall'angelo sulle virtù terapeutiche del cuore, del fegato e del fiele di un pesce (Tobia 6:8).

Che dire dell'episodio dell'angelo della piscina di Betzaeda (Giovanni 5,4)? Che dire del fango applicato dallo stesso Gesù Cristo sugli occhi del cieco nato (Giovanni 9:6)?  Si trattava anche in questo caso di vane superstizioni? Non erano invece miracoli potenti operati mediante materia visibile, segni, gesti e parole?

4.      Nel libro di Giuditta si fa risalire la storia di questa donna a poco dopo il rientro dei Giudei dalla cattività babilonese e in un passo viene detto: "I figli d’Israele, che abitavano in Giudea, venuti a sapere quello che Oloferne, generale in capo di Nabucodonosor, re d’Assiria, aveva fatto a quei popoli, e come avesse spogliato i loro santuari e li avesse distrutti, temettero grandemente al vederselo davanti e si sentirono angosciati per Gerusalemme e per il tempio del Signore loro Dio, perché da poco avevano fatto ritorno dalla schiavitù ed era cosa recente la riunificazione di tutto il popolo della Giudea, la purificazione dei vasi sacri e del Tempio, che era stato profanato" (Giuditta 4:1-3).

In queste poche parole non ci sono menzogne ma solo l'uso improprio del nome di Nabucodonosor, probabilmente impiegato erroneamente al posto di Seleuco I Nicatore o di Antioco I Sotere (re dei Seleucidi ed eredi dell'impero assiro-babilonese). Anche nel Nuovo Testamento non viene forse attribuita a Geremia una profezia di Zaccaria (Matteo 27,9)?

5.      Lo scrittore del secondo libro dei Maccabei termina con queste parole: "Se la disposizione della materia è stata buona e come si conviene alla storia, é quello che ho desiderato. Se poi é mediocre e di scarso valore, é quanto ho potuto fare" (2 Maccabei 15:38).

È vero che uno scrittore ispirato da Dio non avrebbe mai scritto parole simili sul contenuto e sulla attendibilità di un libro ispirato: avrebbe però potuto scriverle riguardo all'esposizione e alla forma. Non dice forse la Bibbia che lo stesso Mosé era lento nel parlare ed impacciato di bocca e di lingua (Esodo 4:10)? Dobbiamo forse concludere che lo Spirito Santo lo abbandonava quando parlava?

6.      Sempre nel secondo libro dei Maccabei lo scrittore dice che il profeta Geremia se ne andò al monte dove Mosè era salito per vedere la terra promessa e presso questo monte, in una caverna, nascose il tabernacolo e l’arca e l’altare dei profumi: il luogo sarebbe rimasto ignoto fino a quando Dio avrebbe riunito nuovamente il suo popolo (2 Maccabei 2: 1-8).

Ciò non contrasta affatto con il libro del profeta Geremia dove è scritto che all’arca del patto dell’Eterno non si sarebbe più pensato (Geremia 3:14-16). L'arca dell'alleanza ricomparve, infatti, in cielo (Apocalisse 11:19) dopo che due popoli (Giudei e Gentili) vennero raccolti nella stessa chiesa (Efesini 2:14)

7.      Altra contraddizione a cui fanno spesso riferimento coloro che negano l'ispirazione dei libri deuterocanonici è la descrizione della morte di Antioco Epifane che è riportata in tre modi completamente diversi. In un passo è infatti scritto: "Al sentire tali notizie, il re restò abbattuto e, preso da profonda agitazione, si gettò sul letto, e s’ammalò per la gran tristezza, perché le cose non erano andate secondo i suoi desideri. Egli rimase così per molti giorni, e siccome la sua tristezza andava crescendo, si sentì vicino a morire" (1 Maccabei 6:8,9). In un altro passo si dice che lo stesso re morì lapidato in Persia nel tempio della dea Nanea: troviamo infatti scritto che i sacerdoti di Nanea "massacrarono il condottiero e i suoi compagni a sassate, tagliarono loro le membra e la testa" (2 Maccabei 1:16). In un altro passo infine troviamo scritto che Antioco Epifane "morì roso dai vermi ad Ecbatana perché Dio lo colpì con una piaga" (2 Maccabei 9:1-28).

Evidentemente le informazioni in possesso ed in circolazione erano molte ed è probabile che alla stesura dei libri dei Maccabei abbiano contribuito più autori. Non ci sembra però così grave che essi non abbiano controllato meticolosamente gli avvenimenti legati alla morte di Antioco IV. Del resto anche nel Nuovo Testamento non furono talora citate fonti non ispirate (Libro di Enoch ed Assunzione di Mosé) in perfetta buona fede (Lettera di Giuda)?

A ben guardare (e a rigor di logica) la malattia e l'omicidio di Antioco IV Epifane non sono poi totalmente incompatibili, né un castigo esclude per forza l'altro. Nel Nuovo Testamento non viene forse detto che Giuda morì per impiccagione (Matteo 27,5) ma anche che egli si precipitò in avanti, si squarciò in mezzo e le sue viscere si sparsero tutto intorno (Atti 1,18)? Agli scettici, ai critici ed agli agnostici le due descrizioni possono sembrare antistoriche e contraddittorie.  Si può però legittimamente pensare che la corda non abbia retto il peso dell'impiccato e che il corpo di Giuda sia veramente precipitato, squarciandosi in modo orribile.

Nella Bibbia è importante il nocciolo dell’insegnamento, non lo stile letterario o la presenza di alcune contraddizioni. L’insegnamento salvifico di base non si contraddice mai. Ma anche nei libri canonici troviamo delle apparenti contraddizioni e/o piccoli errori, che sicuramente sono per mano dell’agiografo, che a differenza di quanto credono molti protestanti non apprendeva parola per parola da Dio, la Parola gli veniva ispirata, non dettata. E’ normale che anche l’agiografo dava una sua impronta al libro che scriveva, è comprensibile quindi qualche piccolo errore riscontrabile in diversi Libri Sacri, Vangeli compresi. Eccone altri esempi:

Nella genealogia di Gesù Matteo enumera soltanto 42 antenati, Luca ne ha ben 56. Per giunta i nomi delle due liste ora coincidono e ora no. E quando coincidono il problema è ancora più "grave", perché Luca risale addirittura ad Adamo, mentre Matteo parte da Abramo. Chiariamo subito che nessuno studioso cristiano, anche tra i più tradizionali, tenterebbe di dimostrare che quelle "genealogie"sono da valutare secondo il nostro concetto di storia. Esse hanno una funzione letteraria, simbolica e, soprattutto, teologica. Ci guarderemo bene dal tentativo di dimostrare che sono "vere" nel senso storico attuale. Qui si vuole solo indicare quale tipo di logica usino coloro che vorrebbero estromettere i 7 libri deuterocanoci dalla Bibbia ufficiale.

Ma Matteo compie qualcosa di assolutamente inconcepibile per la cultura ebraica. Matteo cioè, spezza intenzionalmente l’armonia della sua lista di antenati, introducendo in questa lunga serie di nomi maschili, quattro nomi di donne, più quello di Maria.
Un’assurdità: per gli ebrei la donna non contava nelle genealogie; quindi, quella costruita in questo modo per Gesù era invalidata. Creatura da guardare con diffidenza, tanto spesso considerata "impura", la femmina con il suo solo nome creava un’aria poco chiara, comunque del tutto fuori luogo in una genealogia che vorrebbe essere solonessima. Ma lo scandalo diventa intollerabile per il pio israelita se si va a vedere a chi corrispondano quei quattro nomi di donne tratti dalle antiche scritture di Israele. Sono Tamar, la nuora di Giuda figlio di Giacobbe, che si prostituì a lui; Raab, una meretrice di Gerico che tradì la sua città; Rut, una pagana (già grosso titolo di colpa in Israele) che si offrì a Booz e lo costrinse a sposarla; la moglie di Uria, cioè Betsabea, l’adultera che divenne amante di Davide, che per lei uccise a tradimento il marito che lo aveva fedelmente servito. Infine, si parla di Maria, la madre di Gesù.

E ancora:
I ciechi guariti a Gerico non erano uno solo (Mc 10,46), ma due (Mt 20,30), come anche gli angeli apparsi al sepolcro di Gesù (Mt 28,2.5; Lc 24,4); la promessa che Gesù risorto si sarebbe manifestato ai discepoli in Galilea non esclude, ma solo astrae dalle altre apparizioni in Gerusalemme (cf Mt 26,32; 28,7-9 e paralleli).
Mt 4,18-20 "Mentre camminava lungo il mare di Galilea vide due fratelli, Simone, chiamato Pietro, e Andrea suo fratello, che gettavano la rete in mare, poiché erano pescatori. E disse loro: «Seguitemi, vi farò pescatori di uomini». Ed essi subito, lasciate le reti, lo seguirono"

Giov 1,40-42 "Uno dei due che avevano udito le parole di Giovanni e lo avevano seguito, era Andrea, fratello di Simon Pietro. Egli incontrò per primo suo fratello Simone, e gli disse: «Abbiamo trovato il Messia (che significa il Cristo)» e lo condusse da Gesù. Gesù, fissando lo sguardo su di lui, disse: «Tu sei Simone, il figlio di Giovanni; ti chiamerai Cefa (che vuol dire Pietro)»."

Il messaggio salvifico dei due Vangeli è ugualmente efficace, non viene compromesso da un’imprecisione letteraria di poco conto, ma i fratelli protestanti che amano capire alla lettera, dovrebbero intendere che in casi simili il fedele senza adeguate spiegazioni incontra parecchie difficoltà di comprensione. Come spiegano queste contraddizioni, se come dicono loro ogni parola dei Libri Sacri è stata scritta da Dio? Quindi o si afferma che anche Dio può sbagliare, oppure si ammette che scrivere sotto ispirazione divina non significa "sotto dettatura". Cioè la mano umana dell’agiografo che interviene può commettere errori, e inserire palesi contraddizioni, senza tuttavia compromettere il valore salvifico del Messaggio Evangelico.

Mc 1,16-17 "Passando lungo il mare della Galilea, vide Simone e Andrea, fratello di Simone, mentre gettavano le reti in mare; erano infatti pescatori. Gesù disse loro: «Seguitemi, vi farò diventare pescatori di uomini"

Lc 5,10 Gesù disse a Simone: "«Non temere; d’ora in poi sarai pescatore di uomini». Tirate le barche a terra, lasciarono tutto e lo seguirono."

Ma i fratelli separati hanno mai fatto caso che ognuno dei quattro evangelisti racconta l’accaduto in maniera differente? Prima di commentare superficialmente le contraddizioni dei libri
Deuterocanonici, non sarebbe meglio riflettere bene anche sugli altri Libri, e valutarne il nocciolo del significato, piuttosto che estrapolare solo alcuni piccoli errori per dimostrare tesi fantasiose?
Oppure più sorprendente ancora: il cosiddetto "discorso della montagna" è tale soltanto per Matteo cap. 5 <<Vedute poi le folle, Gesù salì sulla montagna>>. Per Luca, quello stesso sermone è stato tenuto in pianura. Cap.6: <<Disceso con loro, si fermò in un luogo pianeggiante>>.


Qualcuno accusa che nel libro di Tobia, il malato guarisce per l’applicazione di fiele, fegato di pesce ecc., ma costoro hanno mai letto altri passi nella loro stessa Bibbia come ad esempio quello di Isaia 38,21? Proprio oggi (anno 2005), leggendo Famiglia Cristiana, nella quale seguo con interesse le rubriche di padre Raniero Cantalamessa e di Gianfranco Ravasi, il Signore mi ha fatto riflettere sul brano citato proprio da Ravasi, cioè Isaia cap. 38, dove Ezechia guarisce dietro applicazioni di fichi infatti leggiamo al versetto 21: "Isaia disse: "Si prenda un impiastro di fichi e si applichi sulla ferita, così guarirà».
Come vedete cari fratelli anche nei libri canonici troviamo segni e/o, usati per guarire.

A tal proposito è utile leggere un intervento del fratello Massimo nel sito MSN  Difendere la Vera Fede:

"Il  Libro di Tobia è sicuramente il più maltrattato. Le accuse sono essenzialmente due:
- l’angelo ha mentito sul suo nome e un inviato da Dio non può mentire perché significherebbe che Dio stesse mente.
- L’angelo ha insegnato a Tobi una magia

Un inviato di Dio non può mentire.
Nell' AT ci sono molti esempi di persone che mentono o tradiscono per far sì che il proposito di Dio venga attuato. Citiamo Raab,Giuditta e le levatrici egiziane che mentono al faraone per salvare i figli degli ebrei prigionieri. Anche se la Bibbia stessa ci dice che queste persone sono benedette da Dio per gli evangelici questo non conta. Non conta ciò che Dio ha fatto, conta ciò che loro pensano. E' l'applicazione del metodo cui ho accennato in precedenza. Si parte dal presupposto che una cosa è sbagliata e se ne cercano le prove.
Leggiamo allora quanto succede in questo episodio:  Michea disse: "Per questo, ascolta la parola del Signore. Io ho visto il Signore seduto sul trono; tutto l’esercito del cielo gli stava intorno, a destra e a sinistra.  Il Signore ha domandato: Chi ingannerà Acab perché muova contro Ramot di Gàlaad e vi perisca? Chi ha risposto in un modo e chi in un altro.  Si è fatto avanti uno spirito che - postosi davanti al Signore - ha detto: Lo ingannerò io. Il Signore gli ha domandato: Come?  Ha risposto: Andrò e diventerò spirito di menzogna sulla bocca di tutti i suoi profeti. Quegli ha detto: Lo ingannerai senz’altro; ci riuscirai; và e fà così.  Ecco, dunque, il Signore ha messo uno spirito di menzogna sulla bocca di tutti questi tuoi profeti; ma il Signore a tuo riguardo preannunzia una sciagura". 1 Re 22,19-22

L’episodio mostra Dio seduto sul Suo trono e gli angeli (l’esercito del cielo) che stanno ai suoi lati. Uno di essi ( è sicuramente un angelo perché in precedenza non si è detto che vi fossero altri oltre a loro) si offre volontario per ingannare Acab e Dio lo invia ad ingannare i Suoi profeti (i profeti sono coloro che parlano a nome di Dio) che a seguito di questo intervento dicono menzogne.

Un angelo è inviato ad ingannare coloro che devono parlare a nome di Dio. Come risultato i profeti (profeta è colui che parla  a nome di Dio) profetizzano falsità. Cosa facciamo? Perché non consideriamo apocrifo anche il Primo Libro dei Re?

Vediamo anche quello che fa il profeta Natan con Davide:
ll Signore mandò il profeta Natan a Davide e Natan andò da lui e gli disse: "Vi erano due uomini nella stessa città, uno ricco e l’altro povero.  Il ricco aveva bestiame minuto e grosso in gran numero;  ma il povero non aveva nulla, se non una sola pecorella piccina che egli aveva comprata e allevata; essa gli era cresciuta in casa insieme con i figli, mangiando il pane di lui, bevendo alla sua coppa e dormendo sul suo seno; era per lui come una figlia.  Un ospite di passaggio arrivò dall’uomo ricco e questi, risparmiando di prendere dal suo bestiame minuto e grosso, per preparare una vivanda al viaggiatore che era capitato da lui portò via la pecora di quell’uomo povero e ne preparò una vivanda per l’ospite venuto da lui".  Allora l’ira di Davide si scatenò contro quell’uomo e disse a Natan: "Per la vita del Signore, chi ha fatto questo merita la morte.  Pagherà quattro volte il valore della pecora, per aver fatto una tal cosa e non aver avuto pietà".  Allora Natan disse a Davide: "Tu sei quell’uomo! (2 Sam 12,1-7)

L’episodio è molto conosciuto: Davide si era invaghito di Betsabea che però era sposata con Hurìa che era il comandante dei mercenari Ittiti. Davide avrebbe potuto avere Betsabea semplicemente perché lui era il re ma temeva l’ovvia reazione di Hurìa che avrebbe potuto schierarsi con i nemici di Israele. Allora progettò un piano per far sì che Hurìa rimanesse ucciso in battaglia. Un omicidio, insomma. Il piano di Davide funzionò e così lui potè avere Betsabea senza complicazioni spiacevoli. Ma Dio gli mandò il profeta Natan che gli racconta una storia inventata (una menzogna infatti è sempre inventata) per costringere Davide a prendere coscienza del suo peccato. Anche qui Dio manda un suo messaggero, in questo caso un profeta, per fargli raccontare una menzogna. Cosa facciamo? Perché non consideriamo apocrifo anche il Secondo Libro di Samuele.

Veniamo ai Vangeli e troviamo questo esempio:
[Gesù] Disse ancora: "Un uomo aveva due figli.  ( Lc 15,11 e seg.)
Ci fermiamo qui perché la parabola del figliol prodigo (o del padre misericordioso, se volete) è troppo conosciuta per essere riportata per intero.

Un momento.. ho detto "parabola"? Da nessuna parte c’è scritto che Gesù abbia detto ai suoi ascoltatori che si trattava di una parabola. Se prendiamo il testo alla lettera dobbiamo per forza di cose pensare che Gesù abbia ingannato la gente riportando come reale un avvenimento inventato. Cosa facciamo? Consideriamo apocrifo anche il Vangelo di S. Luca?
Certo, si potrebbe obiettare che comunque gli ascoltatori di Gesù erano in grado di riconoscere una parabola da un racconto reale.

Del resto anche noi siamo in grado di discernere se un racconto è simbolico o effettivamente avvenuto.
Se io dicessi "Il Grillo Parlante mi ha detto…" la sola presenza di questo personaggio della letteratura per ragazzi è un segnale che quello che sto per dire non è un racconto reale.
E allora è bene che si sappia che anche il Libro di Tobia è una parabola, solo che è più lunga.
Per capire meglio, leggiamo attentamente alcuni versetti del Libro di Tobia

Gli successe allora il figlio Assarhaddon. Egli nominò Achikar, figlio di mio fratelloAnael, incaricato della contabilità del regno ed ebbe la direzione generale degli affari. Allora Achikar prese a cuore la mia causa e potei così ritornare a Ninive. Al tempo di Sennàcherib re degli Assiri, Achikar era stato gran coppiere, ministro della giustizia, amministratore e sovrintendente della contabilità e Assarhaddon l’aveva mantenuto in carica. Egli era mio nipote e uno della mia parentela. (Tb 1,21-22)
Notato nulla? Ovviamente no, ma questo è dovuto al fatto che noi abbiamo una scarsa cultura semitica. In effetti si dice che Tobia era zio di Achikar. Bene, il personaggio di Achikar era ben conosciuto in ambinte semitico. Ho detto "personaggio" perché la sua figura era paragonabile a quella di Aladino, di don Chisciotte o… del Grillo Parlante, quindi un personaggio simbolico, di fantasia.
Quindi un ebreo che leggeva questo Libro sapeva che si trovava di fronte ad un parabola (che era un metodo di insegnamento ben conosciuto dai rabbini) solo che era più lunga. Quindi così come era una parabola quella del Figliol Prodigo, così era una parabola la storia di Tobia.

In quest'ottica (una parabola è un racconto che contiene degli insegnamenti) leggiamo i versetti che spingono alcuni ad affermare che l'angelo ha mentito sulla sua identità.:

In quel medesimo momento la preghiera di tutti e due fu accolta davanti alla gloria di Dio e fu mandato Raffaele a guarire i due: a togliere le macchie bianche dagli occhi di Tobi, perché con gli occhi vedesse la luce di Dio; a dare Sara, figlia di Raguele, in sposa a Tobia, figlio di Tobi, e a liberarla dal cattivo demonio Asmodeo. Di diritto, infatti, spettava a Tobia di sposarla, prima che a tutti gli altri pretendenti. Proprio allora Tobi rientrava dal cortile in casa e Sara, figlia di Raguele, stava scendendo dalla camera. (Tb 3,16,17)

Rispose: "Sono Azaria, figlio di Anania il grande, uno dei tuoi fratelli".(Tb 5,13)

Partendo dalla certezza che si tratti di una parabola, vediamo che i nomi citati dall'angelo significano "Yavè aiuta", "Yahvè è misericordioso", "Yavè ascolta" e quindi comprendiamo l’insegnamento che tutto il racconto ci vuole dare.

L’angelo insegna una magia

Ora vediamo invece alla seconda accusa, quella secondo la quale l’angelo Raffaele avrebbe insegnato una magia usando il cuore e il fegato di un pesce.

Anche Gesù ha adottato un comportamento simile.

Passando vide un uomo cieco dalla nascita  e i suoi discepoli lo interrogarono: "Rabbì, chi ha peccato, lui o i suoi genitori, perché egli nascesse cieco? ".  Rispose Gesù: "Né lui ha peccato né i suoi genitori, ma è così perché si manifestassero in lui le opere di Dio.  Dobbiamo compiere le opere di colui che mi ha mandato finché è giorno; poi viene la notte, quando nessuno può più operare.  Finché sono nel mondo, sono la luce del mondo".  Detto questo sputò per terra, fece del fango con la saliva, spalmò il fango sugli occhi del cieco  e gli disse: "Và a lavarti nella piscina di Sìloe (che significa Inviato)". Quegli andò, si lavò e tornò che ci vedeva. (Gv 9,1-7)

Giunsero a Betsàida, dove gli condussero un cieco pregandolo di toccarlo.  Allora preso il cieco per mano, lo condusse fuori del villaggio e, dopo avergli messo della saliva sugli occhi, gli impose le mani e gli chiese: "Vedi qualcosa? ". Quegli, alzando gli occhi, disse: "Vedo gli uomini, poiché vedo come degli alberi che camminano".  Allora gli impose di nuovo le mani sugli occhi ed egli ci vide chiaramente e fu sanato e vedeva a distanza ogni cosa. (Mc  7,31-35)

In questi due episodi Gesù ha utilizzato terra, acqua, fango e saliva per curare due ciechi quando avrebbe potuto guarirli semplicemente volendolo. Si è comportato nè più nè meno come l’angelo Raffaele. E non ha motivo di essere neppure l’eventuale obiezione che nel primo caso si trattava di un angelo e nel secondo di Gesù Cristo perché questa sarebbe addirittura un’aggravante.
Cosa facciamo, allora? Consideriamo apocrifi anche il Vangelo di San Marco e il Vangelo di San Giovanni?
 
Un altro Libro considerato apocrifo è quello di Giuditta. Il motivo? Al cap 4 si legge il nome di Nabucodonosor quando probabilmente avrebbero dovuto esserci i nomi di Seleuco Nicatore oppure di Antioco.
Leggiamo però  questi versetti:

Un giorno di sabato Gesù passava per i campi di grano, e i discepoli, camminando, cominciarono a strappare le spighe  I farisei gli dissero: "Vedi, perché essi fanno di sabato quel che non è permesso? ".  Ma egli rispose loro: "Non avete mai letto che cosa fece Davide quando si trovò nel bisogno ed ebbe fame, lui e i suoi compagni? Come entrò nella casa di Dio, sotto il sommo sacerdote Abiatàr, e mangiò i pani dell’offerta, che soltanto ai sacerdoti è lecito mangiare, e ne diede anche ai suoi compagni? ". (Mc 2,23-26)

Mi dispiace ma qui c'è un "errore", non era Abiatar ma Achimelec (1Sam 21,1-2)
Un "grave errore", sicuramente più grave della confusione fra Nabuccodonosor e altri re, che sicuramente costituirebbe un ulteriore motivo per considerare apocrifo il Vangelo di San Marco!

Vediamo invece un’accusa rivolta al Secondo Libro dei Maccabei. L’accusa parte dai versetti finali:

Se la disposizione dei fatti è riuscita scritta bene e ben composta, era quello che volevo; se invece è riuscita di poco valore e mediocre, questo solo ho potuto fare. Come il bere solo vino e anche il bere solo acqua è dannoso e viceversa come il vino mescolato con acqua è amabile e procura un delizioso piacere, così l’arte di ben disporre l’argomento delizia gli orecchi di coloro a cui capita di leggere la composizione. E qui sia la fine.

Queste frasi non significano, ovviamente, che i fatti sono stati scritti in maniera mediocre. Significa semplicemente che l’autore ha fatto del suo meglio per descrivere ciò che è successo. Inoltre l’ eventuale mediocrità non va a toccare il contenuto ma soltanto "la disposizione dei fatti". Almeno questo è quanto afferma l’autore.

C’è molta differenza con l’inizio del Vangelo di San Luca?

Poiché molti han posto mano a stendere un racconto degli avvenimenti successi tra di noi, come ce li hanno trasmessi coloro che ne furono testimoni fin da principio e divennero ministri della parola, così ho deciso anch’io di fare ricerche accurate su ogni circostanza fin dagli inizi e di scriverne per te un resoconto ordinato, illustre Teòfilo, perché ti possa rendere conto della solidità degli insegnamenti che hai ricevuto.

In pratica no, in quanto anche l’evangelista dice di essersi impegnato in ricerche il più possibile accurate. Non si parla di Spirito Santo né di interventi divini. Si parla solo di uno sforzo umano. E’ riuscito sempre alla perfezione? Leggiamo questo passo:

Poiché il popolo era in attesa e tutti si domandavano in cuor loro, riguardo a Giovanni, se non fosse lui il Cristo, Giovanni rispose a tutti dicendo: "Io vi battezzo con acqua; ma viene uno che è più forte di me, al quale io non son degno di sciogliere neppure il legaccio dei sandali: costui vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco. Egli ha in mano il ventilabro per ripulire la sua aia e per raccogliere il frumento nel granaio; ma la pula, la brucerà con fuoco inestinguibile".
Con molte altre esortazioni annunziava al popolo la buona novella.
Ma il tetrarca Erode, biasimato da lui a causa di Erodìade, moglie di suo fratello, e per tutte le scelleratezze che aveva commesso, aggiunse alle altre anche questa: fece rinchiudere Giovanni in prigione.
Quando tutto il popolo fu battezzato e mentre Gesù, ricevuto anche lui il battesimo, stava in preghiera, il cielo si aprì e scese su di lui lo Spirito Santo in apparenza corporea, come di colomba, e vi fu una voce dal cielo: "Tu sei il mio figlio prediletto, in te mi sono compiaciuto". (
Lc 3,15-21)

Solitamente quando si legge questa pericope sfugge un’ incongruenza: Gesù viene battezzato nel Giordano da Giovanni dopo che quest’ultimo è stato arrestato." (cfr, Massimo dal sito Difendere la vera Fede)

Si può realmente parlare di contraddizioni, o piuttosto bisogna approfondire per meglio capire le verità nascoste nel testo biblico. Il significato più profondo di certi versetti emerge con una adeguata conoscenza biblica, e quasi mai ad una prima lettura. Per cui il citare alcune incongruenze nei 7 libri deuterocanonici, porta il lettore fuori strada, in quanto abbiamo visto che anche nei libri canonici e nei Vangeli esistono delle incongruenze, dovute sicuramente alla mano umano, e non a quella divina, ciò non toglie nulla al nocciolo e al valore del messaggio salvifico.

Le prime obiezioni sulle discordanze evangeliche spuntano già verso la metà del secondo secolo, quando la tradizione su Gesù stava consolidandosi definitivamente e non era ancora stabilito il "canone", cioè l’elenco dei testi ufficiali del Nuovo Testamento. Perché, di fronte a quelle obiezioni, discordanze e mancate coincidenze dei quattro vangeli che la Chiesa scelse proprio in quegli anni come "ispirati" tra molti concorrenti non sono prontamente appianate? La Chiesa poteva benissimo togliere qualche contraddizione di troppo, per rendere i testi meno contestabili dagli eretici e dagli stessi ebrei, eppure non hanno voluto "aggiustare" nulla. Questo prova che contro ogni logica umana e letteraria quei testi non andavano toccati, così come scritti, da chi aveva visto o sentito (anche per via indiretta Marco e Luca) il Signore.
Ecco perché ad esempio la Chiesa rifiuta il vangelo di Pietro, un’apocrifo –di quelli veri- che toglieva appunto le tante contraddizioni dei vangeli addomesticandone le righe e aggiungendone altre più spettacolari.

"L’assurdità (da parte della Chiesa) di presentarsi al giudizio del mondo con testi che si prestano all’immediata obiezione degli avversari può spiegarsi soltanto se si ammette che all’inzio c’è un messaggio che non è manipolabile a piacere dalla comunità primitiva, come pensano invece critici e mitologi. La comunità appare anzi impegnata ad accertare al meglio quanto sia veramente successo. A raccogliere, predicare, conservare per quanto possibile intatto il messaggio " (cfr Ipotesi su Gesù, Messori)

Abbiamo dimostrato che le accuse protestanti verso le presunte inesattezze e contraddizioni presenti sui libri deuterocanonici cadono alla luce di tante altre che si trovano nei libri canonici
, rafforzando l’incoraggiamento a capire il nocciolo della questione, cioè la linea ininterrotta del disegno salvifico di Dio, piuttosto che aggrapparsi ad ogni singola frase, cioè capire l’insegnamento della Bibbia, il messaggio in essa contenuto, tenendo conto che la Bibbia non è stata scritta dal dito di Dio, ma da uomini ispirati, ai quali non venivano dettati gli insegnamenti divini, ma suggeriti nei loro cuori. Ognuno degli agiografi scriveva secondo la sua cultura personale, secondo il proprio stile, e secondo il proprio scopo, quindi gli errori che troviamo anche nei libri canonici sono da imputare agli uomini e non a Dio. Ma al dil là di ogni ragionevole dubbio resta inamovibile il messaggio che attravesa tutta la Bibbia, cioè l’infinito amore di Dio per l’uomo, e la sua infinita misericordia. Dio vuole salvare l’uomo perché gli è Padre.


"I Deuterocanonici furono  citati come ispirati da Clemente Romano, Ignazio, Policarpo, Ireneo, Giustino martire, Clemente alessandrino, Tertulliano, Cipriano, Agostino, Giovanni Crisostomo.
Nel 382 papa Damasio, dopo aver affidato la revisione della Vetus Latina a Girolamo, iniziò un lungo lavoro di ricerca finalizzato a verificare la canonicità dei vari libri contenuti nei numerosi manoscritti della Settanta. I lavori si conclusero dopo più di un secolo con un sinodo presieduto a Roma da papa Gelasio I (successore di Damasio). Con le cosiddette "Decretali di Gelasio" venne pubblicato nel 494  il catalogo ufficiale dei libri canonici, nonché la lista dei libri apocrifi ed eretici contenuti nei vari codici greci e latini. Dunque, ribadiamo, un secolo di accertamenti.
Pertanto furono attentamente vagliate, soppesate, confrontate tutte le varie opinioni, discussioni, citazioni, affermazioni, fatte da tutti i singoli Padri, sia di età apostolica, sub-apostolica che post apostolica, tanto orientali che occidentali, nonché l’esame attentissimo dell’uso dei libri sacri in tutte le varie chiese locali.
Per fare tutto questo dunque è stato necessario far ricorso a tutto il bagaglio che formava la Tradizione. I protestanti stessi per avvalorare la tesi contraria ai deuterocanonici fanno ricorso alla Tradizione nominando padri della chiesa e facendo alcune citazioni di S. Girolamo. Evitando però di citare tutto quello che gli stessi (i padri) o altri hanno detto e scritto a favore dei deuterocanonici. Se dunque per ricostruire tutto ci volle un secolo, noi qui non possiamo pretendere di poter avere tutti i singoli dettagli che furono esaminati. Tuttavia per dare una idea di questo paziente lavorio di ricostruzione evidenzio alcune citazioni.
I seguenti scrittori hanno negato solo in teoria, ma non in pratica, l'ispirazione dei deuterocanonici:
san Melitone di Sardi (circa 170 d.C.), Origene (circa 240 d.C.), nel secolo IV san. Cirillo di Gerusalemme, sant’Ilario, sant'Atanasio, san Gregorio Nazianzeno, sant'Epifanio, sant'Anfìlochio e l'autore dei Canones Apostolorum, nel secolo V abbiamo ancora Rufino, san Girolamo e lo Pseudo Atanasio.
Va rilevato però che questi autori non sono tutti indipendenti fra loro nel negare in teoria l'ispirazione dei deuterocanonici, alcuni di essi, per venerazione verso i propri maestri, non fanno che riferire l'opinione di questi; cosi sant'Ilario dipende da Origene, Rufino nel suo Commentarius in symbolum Aportolorum, dove riferisce l'elenco dei soli protocanonici, dipende dalle catechesi di san Cirillo di Gerusalemme, nelle quali questi aveva parimenti enunciato l'elenco dei soli protocanonici, e dipende anche da sant'Atanasio, anche lo Pseudo Atanasio dipende da sant'Atanasio.
Nei particolari, i singoli scrittori di questo gruppo non sono perfettamente d'accordo fra loro: così, alcuni di essi (es. sant'Atanasio e san Cirillo di Gerusalemme) considerano deuterocanonico l'intero libro di Ester, secondo una sentenza assai sostenuta dai giudei a quel tempo, ed invece tengono come protocanonico il libro di Baruc, tuttavia qui a noi interessa il fenomeno dottrinale non nei particolari ma in sé, cioè il fatto che essi in genere negano teoricamente la canonicità dei deuterocanonici, chiamandoli addirittura apocrifi.
Dobbiamo rilevare subito che in pratica, tutti, quegli scrittori considerano ispirati e canonici i Deuterocanonici dell’A.T. (eccetto forse san Melitone, come vedremo meglio appresso).
Ciò si può documentare con le citazioni che essi ne fanno, adducendo passi dei deuterocanonici con gli appellativi " Scrittura sacra ", " parola divina " "sta scritto" o simili, oppure citano frasi di deuterocanonici attribuendo loro la stessa importanza e la stessa autorità che alle frasi dei protocanonici.
ORIGENE: prendendo ad esempio l’indice delle citazioni bibliche, già nella sola opera
DE PRINCIPII edizione UTET che ho sottomano), cita 4 volte il libro di Tobia, 2 volte Ester, 2 volte la 2 Maccabei, 1 volta Baruc, 15 volte il libro della Sapienza, 4 volte il Siracide (Ecclesiastico).
Di queste citazioni abbiamo per esempio questa introduzione (libro I, 5 pag.147): "ma vediamo come le nostre affermazioni siano suffragate anche dall’autorità della Scrittura: segue la citazione del libro della Sapienza 7,25)
Quindi in sostanza questi autori, pur risentendo in teoria per quanto riguarda il canone, del cattivo lievito dei farisei ormai declassati da Cristo, di fatto però si comportavano come si comportava la maggioranza delle chiese e cioè, leggevano, usavano e citavano tutti i deuterocanonici.
Di S. Girolamo abbiamo già visto che di fatto citava i deuterocanonici come Scrittura sacra in diverse occasioni.
Allo stesso modo si comportavano gli altri autori dubbiosi in teoria ma che in pratica usavano e citavano i deuterocanonici.
Di Melitone ci è conservato solo un canone dell’A.T. in cui non sono elencati i deuterocanonici, e siccome sono andate del tutto perdute le altre sue opere, non siamo in grado di dire se anch'egli in pratica abbia attribuito ai deuterocanonici un'autorità divina che ha loro negato in teoria.
Quindi non si può dire che lui fosse in disaccordo.
Inoltre vi è da notare che la negazione dei deuterocanonici dell’A.T. da parte dei cataloghi di quell'epoca, non è universale, ne esistono alcuni proprio di quei tempi, i quali elencano, oltre ai protocanonici, tutti i deuterocanonici dell’A.T.
Essi sono il Canone Claromontano, del IV secolo, e il Canone Mommseniano, del 360 circa, proveniente dall'Africa latina. Il Canone Siriaco, del 400 circa, enumera tra gli scritti canonici: Giuditta , Eccle., Sap., 1 e 2 Mac., molto probabilmente (considerando il numero degli stichi attribuiti a Geremia) anche Baruch, e le parti deuterocanoniche del libro di Daniele (sempre tenuto conto del numero dei versetti attribuito a questo libro) solo non si fa cenno del libro di Tobia, e, a quanto pare dal numero degli stichi, della parte deuterocanonica del libro di Ester.
Esistono diversi metodi interpretativi, uno dei più usati è lo storico-critico. Per valutare in modo corretto questo il metodo storico-critico nel suo stato attuale, conviene gettare uno sguardo sulla sua storia. Alcuni elementi di questo metodo di interpretazione sono molto antichi. Furono usati nell’antichità da commentatori greci della letteratura classica e, più tardi, nel corso del periodo patristico, da autori come Origene, Girolamo e Agostino. Il metodo era allora meno elaborato. Le sue forme moderne sono il risultato di perfezionamenti, apportati soprattutto a partire dagli umanisti del Rinascimento e dal loro recursus ad fontes. Mentre la critica testuale del Nuovo Testamento si è sviluppata come disciplina scientifica solo a partire dal 1800, quando cioè ci si staccò dal Textus receptus, gli inizi della critica letteraria invece risalgono al XVII secolo, ad opera di Richard Simon, che attirò l’attenzione sui doppioni, sulle divergenze nel contenuto e le differenze di stile osservabili nel Pentateuco, constatazioni difficilmente conciliabili con l’attribuzione di tutto il testo ad un unico autore, Mosè. Nel secolo XVIII, Jean Astruc si limitava ancora a dare per spiegazione che Mosè si era servito di parecchie fonti (soprattutto di due fonti principali) per comporre il libro della Genesi, ma, in seguito, la critica contestò con sempre maggior risolutezza l’attribuzione a Mosè stesso della composizione de Pentateuco. La critica letteraria si identificò a lungo con lo sforzo per discernere le varie fonti dei testi. Si sviluppò così, nel XIX se colo, l’ipotesi "documentaria", che cercava di spiegare la redazione del Pentateuco. In esso sarebbero stati fusi quattro documenti in parte paralleli tra loro: lo yahvista (J), l’elohista (E), il deuteronomista (D) e il sacerdotale (P: dal tedesco "Priester"); di quest’ultimo si sarebbe servito il redattore finale per strutturare l’insieme. In modo analogo, per spiegare al tempo stesso le convergenze e le divergenze costatate tra i tre vangeli sinottici, si è fatto ricorso all’ipotesi delle "due fonti", secondo la quale i vangeli di Matteo e di Luca sarebbero stati composti a partire da due fonti principali: il vangelo di Marco, da una parte, e, dall’altra, una raccolta di parole di Gesù (chiamata Q, dal tedesco Quelle, "fonte") Quanto alla sostanza, queste due ipotesi sono ancora correnti nel l’esegesi scientifica, anche se oggetto di contestazioni.

Veniamo ora alle considerazioni circa gli autori che invece non avevano espresso dubbi.

Gli apostoli e Gesù usavano, leggevano e citavano dalla versione dei Settanta, che conteneva i deuterocanonici e non espressero nessuna condanna verso nessun libro, anzi si riferivano anche a tutti quei libri con le espressioni del tipo "tutta la Scrittura è ispirata e utile…"

I padri apostolici citano più volte i deuterocanonici, senza fare differenze rispetto ai protocanonici.
La Didaché (sec. I d.C.) cita 4 volte il Siracide (detto anche Ecclesiastico) e 2 volte il libro della Sapienza

Clemente Romano (circa a. 96), I Epistola ai Corinti cita Giuditta 8 ss e 9,11, Daniele 3,24  Ester 14; Siracide 2,11 Sapienza 2,24;  11,22; 12,12; 12,10;  San. Policarpo (circa a 135 d.C.), Epistola ai Filippesi 10,2 cita due volte Tobia. 4,10; 12,9; Pastore di Erma (circa 150 d.C.) (7) cita Siracide 2,3 Sap. 1,14 2 Mac. 7,28
Da notare che nessun Padre apostolico ha mai mosso il minimo dubbio contro l'ispirazione dei deuterocanonici dell'A.T.

Furono considerati ispirati tutti i libri del Nuovo Testamento ed i libri deuterocanonici oggi presenti nelle Bibbie cattoliche. Vennero invece rigettati come apocrifi alcuni libri contenuti nella Bibbia greca dei Settanta (libro di Enoch, testamento dei dodici patriarchi, salmi di Salomone, libri della Sibilla, III° e IV° libro di Esdra, III° e IV° libro dei Maccabei, libro dei Giubilei, lettera di Aristeia, …) ed un gran numero di vangeli, atti, epistole ed apocalissi di incerto autore e di fantasioso contenuto. Le decisioni di papa Gelasio (prima ancora di essere pubblicate) furono confermate nel 405 da papa Innocenzo I che ribadì l’ispirazione dei libri deuterocanonici in una famosa lettera indirizzata al dubbioso Esuperio, vescovo di Tolosa.
    La Chiesa cattolica dichiarò ispirati i libri deuterocanonici nei sinodi di Ippona (393) e di Cartagine (397-419) e nei concilii di Basilea-Ferrara-Firenze-Roma (1442) e definitivamente nel Concilio di Trento (1546), mentre gli ortodossi ne riconobbero l'ispirazione nei sinodi locali di Jassy (1642) e di Gerusalemme (1672). I vari patriarcati, pur non avendo mai preso alcuna decisione ufficiale o conciliare, hanno comunque sempre incluso i libri deuterocanonici nelle loro Bibbie. Solo alcune frange della chiesa russa ortodossa  hanno recentemente avanzato dubbi sulla loro canonicità, avvicinandosi così alle posizioni assunte in passato dagli ebrei e dai protestanti.  I libri deuterocanonici sono infine tuttora presenti (purtroppo con alcuni libri apocrifi) nelle bibbie slave, copte, armene, nestoriane, monofisite e giacobite.

Se dai Padri apostolici passiamo agli apologisti, troviamo la continuazione della stessa Tradizione. Familiarità con gli scritti deuterocanonici dell'A.T., che citano o ai quali alludono, e nessun dubbio circa la loro ispirazione.
Qui basti riportare qualche punto dagli scritti di san Giustino e di Atenagora.
San Giustino (circa 150 d.C.) Nella I Apologia, 46 ricorda Anania, Asana e Misaele, cioè i tré fanciulli di cui parla Daniele, e precisamente con questi nomi e con questo"ordine, proprio come si ha nella parte deuterocanonica di Dan, 3.
Ma più importante ancora è un passo del Dialogo con Trifone (PG 6,641 644) dove S.Giustino dice testualmente: "deve ritenersi parte della Scrittura tutto ciò che c'è nella versione dei Settanta, anche quelle parti che i giudei arbitrariamente hanno tolto". Questa è una affermazione di capitale importanza, che ci fa capire quale era la reazione della Chiesa primitiva di fronte all’ingerenza giudaica sulle decisioni e la vita della comunità cristiana.
Atenagora (circa 175 d.C.) ha il seguente passo:
" Non credo che ignoriate gli scritti di Mosè, di Isaia, di Geremia e degli altri profeti, i quali mossi dallo Spirito Santo ripetevano ciò che veniva loro ispirato, quali strumenti dello stesso Spirito .
Che cosa dicono essi? " II Signore è il nostro Dio, non ve n'è un altro che possa paragonarsi a lui " (citazione letterale di Bar 3,36) ")
Donde vediamo che Atenagora mette Baruc sullo stesso piano di Mosé e dei grandi profeti, e dice espressamente che era mosso dallo Spirito Santo.
I complessi rapporti tra il canone ebraico delle Scritture e il canone cristiano suscitano numerosi problemi per l’interpretazione. La Chiesa cristiana ha ricevuto come "Antico Testamento" gli scritti che avevano autorità nella comunità giudaico ellenistica, ma alcuni di questi sono assenti nella Bibbia ebraica o si presentano in forma diversa. Il corpus è quindi diverso. Perciò l’interpretazione canonica non può essere identica, dal momento che ogni testo dev’essere letto in relazione con l’insieme del corpo, ma, soprattutto, la Chiesa legge l’Antico Testamento alla luce dell’evento pasquale, morte e risurrezione del Cristo Gesù, che apporta una radicale novità e dà, con un’autorità sovrana, un senso decisivo e definitivo alle Scritture (cf. Dei Verbum, 4). Questa nuova determinazione di senso fa parte integrante della fede cristiana. Non deve tuttavia privare di ogni consistenza l’interpretazione canonica anteriore, quella che ha preceduto la Pasqua cristiana, perché è necessario rispettare ogni tappa della storia della salvezza. Svuotare della sua sostanza l’Antico Testamento significherebbe privare il Nuovo Testamento del suo radicamento nella storia.
Le tradizioni giudaiche antiche permettono, in particolare, di meglio conoscere i Settanta, Bibbia giudaica, divenuta poi la prima parte della Bibbia cristiana almeno durante i primi quattro secoli della Chiesa e in Oriente fino ai nostri giorni. La letteratura giudaica extra canonica, chiamata apocrifa o intertestamentaria, abbondante e diversificata, è una fonte importante per l’interpretazione del Nuovo Testamento. I vari procedimenti esegetici praticati dal giudaismo delle diverse tendenze si ritrovano nello stesso Antico Testamento, per esempio nei libri delle Cronache in rapporto ai libri dei Re, e nel Nuovo Testamento, per esempio in certi ragionamenti scritturistici di san Paolo. La diversità delle forme (parabole, allegorie, antologie e centoni, riletture, pesher, accostamenti tra testi lontani salmi e inni, visioni, rivelazioni e sogni, composizioni sapienziali) è comune all’Antico e al Nuovo Testamento, come pure alla letteratura di tutti gli ambienti giudaici prima e dopo il tempo di Gesù. I targumim e i midrashim rappresentano l’omiletica e Numerosi esegeti dell’Antico Testamento fanno ricorso ai commentatori, grammatici e lessicografi ebrei medievali e più recenti per la comprensione di passi oscuri o di parole rare e uniche. Più numerosi di prima appaiono oggi nella discussione esegetica i riferimenti a queste opere giudaiche. l’interpretazione biblica di ampi settori del giudaismo dei primi secoli.   
La ricchezza dell’erudizione giudaica messa a servizio della Bibbia, dalle sue origini nell’antichità fino ai nostri giorni, è un aiuto di primaria importanza per l’esegesi dei due Testamenti, a condizione però di usarla con discernimento. Il giudaismo antico era molto vario. La forma farisaica, che ha poi prevalso nel rabbinismo, non era la sola. I testi giudaici antichi abbracciano un periodo di vari secoli; è quindi importante situarli cronologicamente prima di procedere a confronti. Soprattutto è fondamentalmente diverso il contesto d’insieme delle due comunità, ebraica e cristiana: in forme molto varie, la religione ebraica definisce un popolo e una pratica di vita a partire da uno scritto rivelato e da una tradizione orale, mentre a radunare la comunità cristiana è la fede nel Signore Gesù, morto, risorto e ora vivo, Messia e Figlio di Dio. Questi due punti di partenza creano, per l’interpretazione delle Scritture, due contesti che, nonostante molti contatti e similitudini, sono radicalmente diversi.



Secoli II-III

Proseguendo nel tempo, dopo l'epoca degli apologisti propriamente detta, troviamo alla fine del sec.II e nella prima metà del III, sei altri grandi scrittori cristiani sant'Ireneo, Clemente Alessandrino, Tertulliano, sant'Ippolito, san Cipriano, san Dionigi Alessandrino.
Con essi risalta ancor meglio l'insegnamento circa i deuterocanonici dell'A.T., perché ne riferiscono più frequentemente dei passi, e spesso notando espressamente che si tratta di Scrittura ispirata oppure equiparando quei passi di deuterocanonici a passi di protocanonici. Anche presso questi sei scrittori, inoltre, non troviamo alcuna traccia di dubbio circa l’ispirazione dei deuterocanonici dell'A.T. In particolare si deve notare.
Sant'Ireneo (circa 190 d.C.) riferisce Baruc come profeta uguale a Geremia (Adv ' hoct, V,35,1 PG 7,1219). allega Tobia, chiamandolo profeta (Adv Haer , I, 30,11 PG 7,701), riporta Dan 13 come "Scrittura" e Dan 14 (Adv Haer . IV, 5226,3 i PG 7,984 1054)
Clemente Alessandrino (circa 200 d.C.) nei suoi scritti ha citazioni o chiare allusioni tratte da tutti i deuterocanonici dell'A.T. (eccetto 1 Mac ), compresi Dan ed Est , e spesso aggiunge che si tratta di Scrittura o da alle citazioni dei deuterocanonici la stessa importanza di quelle dei protocanonici. Notevole la frequenza con cui si riferisce ad alcuni deuterocanonici, a Baruc più di 20 volte, a Ecclesiastico (Siracide) una cinquantina di volte, a Sapienza più di 20 volte.
Tertulliano (circa 210 d.C.) ha citazioni di tutti i deuterocanonici dell'A.T., eccetto Tobia, equiparando di solito anch'egli i passi dei deuterocanonici a dei passi di libri o di autori protocanonici. Anzi, come aveva già fatto san Giustino, rinfaccia ai giudei la colpa di aver arbitrariamente accorciato il canone delle Scritture (De cultu. fem: 1,3 TL 1,1308 [1422]).
Sant' Ippolito (circa 230 d.C.) considera il libro di Baruc come " Scrittura ", da ai passi deuterocanonici di Daniele la stessa importanza di quelli protocanonici, ritiene i libri di Sapienza come "profezia".
San Cipriano (circa 250 d.C.) il libro di Baruc è un oracolo dello Spinto Santo, Tobia , Sapienza e i due libri dei Mac hanno la stessa autorità probativa che i libri protocanonici dell'A T.
San Dionigi Alessandrino (circa a 250) mette Tobia sul piano della ' Scrittura ", e ritiene i detti del Siracide come " parole divine ".


Secoli IV-V
Durante i secoli IV e V continua vigorosa la corrente di autori che non fanno riserve sui deuterocanonici, nonostante che nel secolo IV e nei primi anni del V, come vedremo, si noti un certo accentuarsi anche del gruppo di scrittori ecclesiastici che solo in teoria si dichiarano contrari ai deuterocanonici, ma che poi in pratica li citano al pari delle altre Scritture.
Fra essi, in modo speciale, si devono qui ricordare i seguenti: Afraate e sant'Efrem della Chiesa di Siria, san Basilio e san Gregorio Nisseno, cappadoci, che, usando tutti i deuterocanonici dell'A.T. come scritture divine, rendono ancora più precari, come osserveremo, i dubbi teorici sollevati dal loro connazionale e contemporaneo san Gregorio Nazianzeno.
Soprattutto sant’Agostino il più insigne di tutto il periodo patristico e grandissimo Dottore della Chiesa, sempre sollecito di indagare e riferire ciò che la Chiesa universale, e la Chiesa romana in modo particolare, credevano, egli, come abbiamo visto intervenne al Concilio di Ippona e ai Concili 3° e 4° di Cartagine, nei quali fu definito il canone completo dell'A.T. (quindi si smetta di dire che i deuterocanonici furono "aggiunti" nel concilio di Trento), in molte delle sue opere, citò come Scrittura tutti i deuterocanonici dell'A.T.; ed anzi, fornì anche l'elenco totale dei libri dell'A.T. nel De doctrina christiana (2,8.12s.. PL 34,40s.) dell'anno 397, come avevamo già visto.
Sulla scia di questi scrittori pienamente favorevoli ai deuterocanonici dell'A.T. si misero poi, sempre più numerosi, gli autori dei secoli seguenti, tanto che la sentenza della completa canonicità dei deuterocanonici non solo si mantenne preponderante, come già era, ma divenne moralmente unica. Alla luce di tutti questi elementi, secondo i protestanti, la Chiesa avrebbe dovuto togliere dei libri solo perché alcuni, e neanche in modo coerente, avevano espresso dei dubbi?
Per parlare seriamente e criticare i deuterocanonici, molti fratelli separati dovrebbero avere l’onestà intellettuale di studiare e approfondire la storia del canone, prima di pronunciarsi.
Sta di fatto però che molti si avventurano in citazioni e accuse senza aver nessuna base seria, basandosi sulle nozioni apprese solo dai libri protestanti, e dai pastori più anziani.
Le presenti pagine infatti difficilmente verranno lette da fratelli poco interessati alla storia della Bibbia cristiana, essi però dovrebbero avere la serietà di non puntare il dito, almeno, contro la Bibbia cattolica. Un’indagine seria deve prendere per forza in considerazione le due parti, le diverse versioni, altrimenti rimane un’indagine faziosa e poco precisa; da tali approcci verso la storia del Canone ne scaturiscono spesso ridicole accuse pronunciate a pappagallo, che producono solo fumo. Peccato però che questo fumo accechi molti fratelli separati che in buona fede prendono per buone le versioni dei fatti raccontate dai loro pastori.

Anche per i libri del N.T. ci sono stati molti valenti padri e intere chiese locali che hanno espresso dubbi. Secondo i fratelli separati, la Chiesa avrebbe dovuto togliere dei libri del N.T. solo perché alcuni avevano espresso dubbi. Non avrebbe dovuto, come in realtà, e giustamente ha fatto, tener conto di tutti gli elementi in gioco e trarre una conclusione?
La conclusione è stata infatti che nel concilio di Trento sono stati dichiarati vincolanti quei libri che la Chiesa, nell’arco di tutta la sua Tradizione, considerando appunto tutti i detti e gli scritti dei padri, pesando debitamente ogni cosa dall’inizio, già di fatto possedeva e professava.
Mi auguro che i fratelli evangelici e/o evangelicali possano riflettere attentamente su quanto sopra, tenendo ben presente anche i parametri cattolici, oltre quelli evangelici, per fare le loro legittime valutazioni in merito alla questione dei deuterocanonici."



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