Gesù ha insegnato che è sbagliato giudicare gli altri?
In verità Gesù ha insegnato a giudicare rettamente e non ipocritamente come facevano i farisei, le parole di avvertimento a non guardare la pagliuzza nell'occhio del fratello che sbaglia, ma piuttosto la trave che è nel vostro occhio, era rivolto ai farisei che giudicavano condannavano emarginavano pesantemente chi sbagliava e poi loro commettevano gli stessi peccati o magari ancora più gravi.
Il “non giudicare” di Gesù significa nel profondo che non devo giudicare le persone dalle apparenze o dai sentimenti, ma quanto essi compiono.
«Non giudicate e non sarete giudicati; non condannate e non sarete condannati; perdonate e vi sarà perdonato» (Luca 6,37). Che cosa ci sta dicendo? Come mettere in pratica questa parola del Vangelo? Si sta forse contraddicendo Gesù? Ci sta volendo forse confondere?
Per il peccatore chiunque esso sia, noi compresi ovviamente, finchè è in vita c'è sempre la speranza della salvezza concessaci misericordiosamente da Dio, che perdona sempre e chiunque sia veramente pentito e convertito.
Ci sta dicendo che non dobbiamo emarginare chi sbaglia, e che se pentito lo dobbiamo perdonare, accogliere aiutare,
ma il giudizio è il metro per distinguere il bene dal male, non giudicando mai e in nessun caso commettiamo il peccato di ignavia, quindi non dobbiamo rimanere indifferenti verso il peccato di chi conosciamo, lo possiamo ammonire, avvertire, facendo questo ovviamente lo stiamo giudicando, stiamo giudicando una persona che ha sbagliato, ma non possiamo e non dobbiamo mai condannarla, l'assoluzione e la condanna spettano solo a Dio. Oltretutto teniamo sempre presente che l'inferno non l'ha creato Dio, ma Lucifero e i suoi demoni, chi va all'inferno è perchè lo sceglie volontariamente, sceglie il e ama il peccato piuttosto che amare Dio e i suoi insegnamenti.
"Sulla Croce, Gesù morente, usa il giudizio e salva solo uno dei due Ladroni moribondi con Lui… non salva “tutti” indiscriminatamente, o incondizionatamente. E’ quel giudicare per recuperare il peccatore, spingendolo ad abbandonare il peccato. I farisei invece, che erano dei veri ipocriti, convivevano con i peccatori quando tornava loro comodo e si aggiustavano i peccati a seconda delle loro convenienze, ingannando il peccatore stesso sulla sua sorte ultima (vedi Mt.19)." (cfr cooperatores-veritatis.org)
Il giusto giudizio è in realtà un avvertimento fraterno, amichevole, nel tentantivo di recuperare il peccatore nella Via del Signore.
Gv 7,24 “Non giudicate secondo le apparenze, ma giudicate con giusto giudizio!».
“«Hai giudicato rettamente»” (Luca 7,43).
Paolo scrive: “Io parlo come a persone intelligenti; giudicate voi su quel che dico” (1 Corinzi 10,15; 2,15).
“Concedi al tuo servo un cuore docile, perché sappia distinguere il bene dal male”
(1Re 3,5-15)
Salomone chiede la capacità di discernere. Di riconoscere chi ha ragione e chi ha torto, dove sta il bene e dove sta il male.
Isaia 11,1-4 “Un germoglio spunterà dal tronco di Iesse, un virgulto germoglierà dalle sue radici.
Su di lui si poserà lo spirito del Signore, spirito di sapienza e di intelligenza,
spirito di consiglio e di fortezza, spirito di conoscenza e di timore del Signore.
Si compiacerà del timore del Signore. Non giudicherà secondo le apparenze
e non prenderà decisioni per sentito dire; ma giudicherà con giustizia i miseri
e prenderà decisioni eque per gli oppressi del paese.
Ezechiele 33ss.
Se mando la spada contro un paese e il popolo di quella terra prende un uomo del suo territorio e lo pone quale sentinella, e questa, vedendo sopraggiungere la spada sul paese, suona la tromba e dà l'allarme al popolo: se colui che ben sente il suono della tromba non ci bada e la spada giunge e lo sorprende, egli dovrà a se stesso la propria rovina. Aveva udito il suono della tromba, ma non ci ha badato: sarà responsabile della sua rovina; se ci avesse badato, si sarebbe salvato. Se invece la sentinella vede giunger la spada e non suona la tromba e il popolo non è avvertito e la spada giunge e sorprende qualcuno, questi sarà sorpreso per la sua iniquità: ma della sua morte domanderò conto alla sentinella. O figlio dell'uomo, io ti ho costituito sentinella per gli Israeliti; ascolterai una parola dalla mia bocca e tu li avvertirai da parte mia. Se io dico all'empio: Empio tu morirai, e tu non parli per distoglier l'empio dalla sua condotta, egli, l'empio, morirà per la sua iniquità; ma della sua morte chiederò conto a te.
Ma se tu avrai ammonito l'empio della sua condotta perché si converta ed egli non si converte, egli morirà per la sua iniquità. Tu invece sarai salvo.
Noi battezzati cristiani credenti abbiamo il dovere di avvertire i fratelli del mondo, questo non significa condannarli, la condanna o l'assoluzione spettano solo a Dio, ma il retto giudizio spetta anche a noi, altrimenti non potremmo nemmeno distinguere il bene dal male. Tutti siamo peccatori, ma noi cristiani abbiamo il dovere di avvertire i fratelli se vediamo blasfemie commesse in Chiesa, o in qualsiasi luogo, da parte di fratelli più o meno credenti, ma anche da atei, o da preti, questo è il nostro dovere, AVVERTIRE, poi Dio sicuramente che sa giudicare meglio di noi penserà alla condanna o alla assoluzione, ma giudicare rettamente è nostro dovere di cristiani.
Se staremo zitti noi grideranno le pietre.
Giacomo 2,1-4 "Fratelli miei, non mescolate a favoritismi personali la vostra fede nel Signore nostro Gesù Cristo, Signore della gloria. Supponiamo che entri in una vostra adunanza qualcuno con un anello d’oro al dito, vestito splendidamente, ed entri anche un povero con un vestito logoro. Se voi guardate a colui che è vestito splendidamente e gli dite: «Tu siediti qui comodamente», e al povero dite: «Tu mettiti in piedi lì», oppure: «Siediti qui ai piedi del mio sgabello», non fate in voi stessi preferenze e non siete giudici dai giudizi perversi?"
Il Signore Gesù ci comanda ed ammonisce dicendo: “Guardatevi dai falsi profeti i quali vengono verso di voi in vesti da pecore, ma dentro son lupi rapaci” (Matteo 7,15). Noi non potremmo “guardarci”, o sapere se un profeta sia falso oppure no se noi non esercitassimo la facoltà di giudizio. Per questo ci viene dato un criterio oggettivo: “Alla legge! Alla testimonianza!» Se il popolo non parla così, non vi sarà per lui nessuna aurora!”(Isaia 8,20).
Vi sono ambiti in cui il credente generalmente non deve giudicare. Nella maggior parte dei casi, per esempio, egli non deve giudicare se una persona sia o non sia salvata, se professa di essere convertito: «Il Signore conosce quelli che sono suoi» (2 Timoteo 2,19).
Non dobbiamo giudicare nemmeno le altrui motivazioni. Solo Dio può scrutare il cuore e conoscere le motivazioni che sottostanno alle azioni
I termini “giudicare”, o “giudizio” vengono usati nella Parola di Dio in diversi modi a seconda del contesto in cui si trovano Quando essi significano “condannare, esprimere un giudizio, punire”, l’individuo deve lasciare questa prerogativa a Dio: “Non fate le vostre vendette, miei cari, ma cedete il posto all’ira di Dio; poiché sta scritto: «A me la vendetta; io darò la retribuzione», dice il Signore” (Romani 12,19).
Agli occhi di Dio, giudicare senza avere prove certe è una grande malvagità. Agli occhi di Dio, è chiaro che non bisogna mai presumere che qualcuno sia colpevole se non ci sono prove chiare. Il peccato va giudicato senza ombra di dubbio. Bisogna fare un’inchiesta diligente .
Un principio biblico che riguarda il giudizio è non giudicare gli altri quando noi stessi abbiamo un peccato da mettere a posto. Un brano che insegna questo è Matteo 7,1-5.
«Non giudicate, affinché non siate giudicati; perché con il giudizio con il quale giudicate, sarete giudicati; e con la misura con la quale misurate, sarà misurato a voi. Perché guardi la pagliuzza che è nell’occhio di tuo fratello, mentre non scorgi la trave che è nell’occhio tuo? O, come potrai tu dire a tuo fratello: “Lascia che io ti tolga dall’occhio la pagliuzza”, mentre la trave è nell’occhio tuo? Ipocrita, togli prima dal tuo occhio la trave, e allora ci vedrai bene per trarre la pagliuzza dall’occhio di tuo fratello. (Matteo 7,1-5)
2 Timoteo 4,14,-15 PAOLO GIUDICA ALESSANDRO IL RAMAIO, la lascia a Dio la decisione finale
"Alessandro, il ramaio, mi ha procurato molti mali. Il Signore gli renderà secondo le sue opere; guardatene anche tu, perché è stato un accanito avversario della nostra predicazione.
Il punto qui è che quando abbiamo una situazione in cui notiamo il peccato in un’altra persona, prima di preoccuparci del suo peccato, prima di giudicare quella persona, dobbiamo preoccuparci del nostro peccato. Quindi, anche quando ci sono prove certe, e non è una situazione solo apparente, dobbiamo considerare se siamo in grado di giudicare, ricordando che noi saremo giudicati con lo stesso metro che usiamo per giudicare gli altri.
È molto importante ricordarlo: saremo giudicati con lo stesso metro che usiamo per giudicare gli altri. Perciò, chi ha un metro duro, senza misericordia, che presume il male senza prove certe, sarà giudicato duramente. Amici, questa è una cosa terribile. Non vogliamo essere giudicati da Dio così, perciò, noi non dobbiamo giudicare così.
Dunque, dobbiamo avere più premura di giudicare noi stessi che gli altri, e dobbiamo ricordare che abbiamo bisogno della misericordia e della benevolenza di Dio, perciò, dobbiamo usare misericordia e benevolenza verso gli altri.
1 Cor 1,5 “Si sente da per tutto parlare di immoralità tra voi, e di una immoralità tale che non si riscontra neanche tra i pagani, al punto che uno convive con la moglie di suo padre. E voi vi gonfiate di orgoglio, piuttosto che esserne afflitti, in modo che si tolga di mezzo a voi chi ha compiuto una tale azione! Orbene, io, assente col corpo ma presente con lo spirito, ho già giudicato come se fossi presente colui che ha compiuto tale azione: nel nome del Signore nostro Gesù, essendo radunati insieme voi e il mio spirito, con il potere del Signore nostro Gesù, questo individuo sia dato in balìa di satana per la rovina della sua carne, affinchè il suo spirito possa ottenere la salvezza nel giorno del Signore.”
Qui vediamo che anche s. Paolo giudica, in maniera giusta, l'incestuoso di Corinto.
Anche i cristiani, come tutte le altre categorie sociali di uomini, hanno le loro idee e le loro opinioni e non rinunciano ad affermarle nello spazio pubblico. Tuttavia solo contro essi viene rivolto un ricatto: i cristiani non devono giudicare gli altri!
L’estrapolazione del contesto della frase "chi sono io per giudicare" di Papa Francesco nei confronti degli omosessuali è un tipico esempio di questa strumentalizzazione. Eugenio Scalfari è arrivato perfino a sostenere che il Pontefice avrebbe abolito il concetto di peccato (venendo subito smentito, ovviamente, dal portavoce del Pontefice). E’ una forma retorica usata per mettere a tacere la scomoda critica morale.
GIUDICARE O NON GIUDICARE E' UN ARGOMENTO SEMPRE SPINOSO E DIFFICILE DA AFFRONTARE
I buonisti estremi sono sempre a ribadire che non dobbiamo mai giudicare nessuno, fosse per loro dovremmo peccare di ignavia, dovremmo mostrarci indifferenti.
I più colti usano appoggiarsi al "Discorso della montagna" di Gesù, quando disse: «Non giudicate, per non essere giudicati; perché con il giudizio con il quale giudicate sarete giudicati voi e con la misura con la quale misurate sarà misurato a voi. Perché guardi la pagliuzza che è nell’occhio del tuo fratello, e non ti accorgi della trave che è nel tuo occhio? O come dirai al tuo fratello: "Lascia che tolga la pagliuzza dal tuo occhio", mentre nel tuo occhio c’è la trave? Ipocrita! Togli prima la trave dal tuo occhio e allora ci vedrai bene per togliere la pagliuzza dall’occhio del tuo fratello» (Matteo 7,1-5).
Giudicare gli altri sarebbe dunque sbagliato, lo dice anche Gesù. Eppure, la capacità di giudizio è fondamentale per discernere il bene dal male. Gli stessi che sgridano i cristiani li stanno in quel momento giudicando e, certamente, giudicheranno come sbagliato il comportamento di Hitler e dei nazisti. Allo stesso modo, Martin Luther King avrebbe sbagliato a criticare il razzismo perché stava giudicando le azioni di razzisti e William Wilberforce sbagliava ad esprimere giudizi morali sulla tratta degli schiavi perché in tal modo egli giudicava i proprietari di schiavi.
No, c’è evidentemente qualcosa che non va. Giudicare (in bene o in male) è obbligatorio, lo dice il buon senso, altrimenti -come ben spiegato recentemente sul blog dei coniugi evangelici Flannagan- non dovrebbe esistere alcun sistema giuridico, nessuna legge e nessun tribunali i quali hanno proprio il compito di giudicare le azioni e i comportamenti dei cittadini.
Se leggiamo le parole di Gesù notiamo che lui non sta infatti invitando al relativismo, a "non giudicare", ma a non essere ipocriti: «Togli prima la trave dal tuo occhio e allora ci vedrai bene per togliere la pagliuzza dall’occhio del tuo fratello». Cioè, prima assicurati di non commettere lo stesso errore che stai sottolineando al tuo fratello uomo. Lui stesso, infatti, durante la sua vita pubblica, non ha perso occasione per giudicare in male il comportamento dei farisei, dei cambiavalute del Tempio (addirittura rovesciando i tavoli), del Sinedrio e, spesso, degli stessi apostoli.
Ha giudicato in bene, invece, il centurione, il ladrone crocifisso con lui ecc. Gesù stesso ha infatti spiegato ancora: «Non giudicate secondo le apparenze, ma giudicate con giusto giudizio» (Gv 7,24). E ancora: «Se il tuo fratello commette una colpa, va’ e ammoniscilo fra te e lui solo; se ti ascolterà, avrai guadagnato il tuo fratello» (Mt 18,15). Anche San Paolo lo ha detto a sue parole: «Pensi forse, o uomo che giudichi quelli che commettono tali azioni e intanto le fai tu stesso, di sfuggire al giudizio di Dio?» (Rm 2,3).
Don Stefano Tarocchi, biblista e Preside della Facoltà teologica dell’Italia centrale, ne ha recentemente parlato: «chi opera con un metro differente ha un occhio diverso, che lo porta ad essere indulgente con se stessi (la "trave") e severissimi con il prossimo (la "pagliuzza")». Occorre saper giudicare senza ipocrisia e alla fine dei tempi Dio "giudicherà" colui che "giudica" con il metro che ha adoperato.
E’ dunque necessario giudicare il bene dal male, perché sia un aiuto ai nostri fratelli a seguire una strada buona per loro, ma dobbiamo saper giudicare avendo premura di non stare commettendo noi stessi gli stessi errori. Il giudizio deve sempre nascere come atto di amore all’altro, di passione al suo destino e non un’atto di accusa o di dimostrazione di superiorità. «Con la misura con la quale misurate sarà misurato a voi» (Lc 6, 27).
dal sito UCCR.it
"Gesù non ha condannato, ma ha giudicato."
I cattolici e la resa della sindrome del giudizio
"Un amico mi ha segnalato un frase scritta un secolo fa, ma molto attuale, dal grande Chesterton, che ti riporto: “I cristiani non vogliono più accettare l’idea che la vita umana è una battaglia. Vogliono solo sentirsi dire che è una vittoria o una sconfitta”.
E quel mio amico aggiungeva che, quindi, la sconfitta in realtà è una resa."
Gesù non ha condannato la povera donna, ma le ha anche detto di non peccare più, il che implicava un giudizio non sulla persona, ma sul fatto da lei commesso. Gesù non ha condannato, ma ha giudicato.
Questo atteggiamento è stato reso chiaro da tutti i recenti Papi: per primo San Giovanni XXIII disse di distinguere il peccato dal peccatore, l’errore dall’errante, secondo il disegno di misericordia ricordatoci da tutti i Pontefici successivi. Senza “giudizio” nel senso qui accennato, non vi sarebbe neppure materia per il perdono e per la misericordia, che hanno senso, appunto, in quanto c’è il peccato ed il peccato non possiamo non giudicarlo, come facciamo quando ci inginocchiamo di fronte al confessore.
Sotto sotto, penso che i cristiani del nostro tempo, già preconizzati da G.K.C., preferiscono sottrarsi alla “battaglia” per due motivi: hanno vergogna di Cristo e trovano più comodo (borghesemente) arrendersi al pensiero del mondo, per non avere rogne. Durante un momento di meditazione in questo tempo di Quaresima, il sacerdote che conduceva il gesto ci ha ricordato il peccato di accidia, che il vocabolario così definisce: “Nella teologia cattolica, uno dei sette vizi capitali che consiste nell’indolenza nella pratica del bene”.
Mi è stato insegnato che la pratica del bene cristiano avviene attraverso la carità, la cultura e la missione. Mi sembra, dunque, che veniamo meno alla nostra responsabilità di cristiani cattolici se rinunciamo al tentativo di trasmettere a tutti il pensiero di Cristo, che impariamo dalla appartenenza alla comunità che Egli ci ha lasciato, la Chiesa. (Peppino Zola)
http://www.lanuovabq.it/it/articoli-i-cattolici-e-la-resa-della-sindrome-del-giudizio-19254.htm
BISOGNA AVVERTIRE CHI SBAGLIA
Ezechiele 3,16ss
“Al termine di questi sette giorni mi fu rivolta questa parola del Signore: «Figlio dell’uomo, ti ho posto per sentinella alla casa d’Israele. 17Quando sentirai dalla mia bocca una parola, tu dovrai avvertirli da parte mia.
Se io dico al malvagio: Tu morirai! e tu non lo avverti e non parli perché il malvagio desista dalla sua condotta perversa e viva, egli, il malvagio, morirà per la sua iniquità, ma della sua morte io domanderò conto a te. Ma se tu ammonisci il malvagio ed egli non si allontana dalla sua malvagità e dalla sua perversa condotta, egli morirà per il suo peccato, ma tu ti sarai salvato.
Così, se il giusto si allontana dalla sua giustizia e commette l’iniquità, io porrò un ostacolo davanti a lui ed egli morirà; poiché tu non l’avrai avvertito, morirà per il suo peccato e le opere giuste da lui compiute non saranno più ricordate; ma della morte di lui domanderò conto a te. Se tu invece avrai avvertito il giusto di non peccare ed egli non peccherà, egli vivrà, perché è stato avvertito e tu ti sarai salvato».
Se leggiamo le parole di Gesù notiamo che lui non sta infatti invitando al relativismo, a "non giudicare", ma a non essere ipocriti: «Togli prima la trave dal tuo occhio e allora ci vedrai bene per togliere la pagliuzza dall’occhio del tuo fratello». Cioè, prima assicurati di non commettere lo stesso errore che stai sottolineando al tuo fratello uomo. Lui stesso, infatti, durante la sua vita pubblica, non ha perso occasione per giudicare in male il comportamento dei farisei, dei cambiavalute del Tempio (addirittura rovesciando i tavoli), del Sinedrio e, spesso, degli stessi apostoli.
Occorre saper giudicare senza ipocrisia e alla fine dei tempi Dio "giudicherà" colui che "giudica" con il metro che ha adoperato.
Perchè giudicate coloro che nella vita di tutti i giorni ti dicono delle menzogne?
Perchè giudicate il tuo bambino quando a tavola prende una posata o un piatto e li butta a terra?
Perchè giudicate la pietanza che tua moglie ti ha preparato, se la trovi senza sale o con troppo sale?
Perchè giudicate chi guida la macchina senza patente?
Perché giudicate chi ti graffia la macchina di nascosto?
Perché giudicate chi butta la carta per terra?
Perchè giudicate quei figli che disprezzano o percuotono o ammazzano i propri genitori?
Perchè giudicate quei genitori che ammazzano i loro figli?
Perchè giudicate coloro che divorano le case delle vedove e approfittano degli orfani?
Perchè giudicate il tuo datore di lavoro quando ti nega un tuo diritto?
Perchè giudicate i tuoi colleghi di lavoro quando non fanno il loro dovere sul posto di lavoro?
Perchè giudicate i pedofili?
Perchè giudicate i ladri?
Perchè giudicate criminali Hitler, Stalin, Mussolini ecc.?
Gesù quindi non ci insegna e non giudicare nessuno, ci insegna a giudicare bene, e non come facevano i farisei ipocriti.
Non bisogna giudicare in base all'apparenza, ma informandosi dettagliatamente.
Gesù stesso disse a Pietro di aver giudicato giustamente:
«Un creditore aveva due debitori: l’uno gli doveva cinquecento denari, l’altro cinquanta. Non avendo essi da restituire, condonò il debito a tutti e due. Chi dunque di loro lo amerà di più?». Simone rispose: «Suppongo quello a cui ha condonato di più». Gli disse Gesù: «Hai giudicato bene». Luca 7,41ss.
"Hai giudicato rettamente” (Luca 7,43), volendo dire: ‘Hai espresso un giusto giudizio’. Dunque, se noi credenti esprimiamo dei giudizi corretti, non possiamo incorrere nel giudizio di Dio. Del resto, Paolo non ha forse detto che “l’uomo spirituale giudica d’ogni cosa” (1 Corinzi 2,15)? E non ha forse detto la Scrittura: “Apri la tua bocca, giudica con giustizia” (Proverbi 31,9)? Dunque che c’è da meravigliarsi nel sentirci dire che noi possiamo giudicare?
Del resto se noi figli di Dio non potessimo giudicare in senso assoluto, come potremmo rigettare le false profezie, le false rivelazioni, e le false dottrine, che vengono diffuse in mezzo alla Chiesa di Dio? Perché per rigettarle, dobbiamo prima esaminarle alla luce della Sacra Scrittura, e poi alla fine esprimere il nostro giudizio negativo contro di esse.
Come potremmo guardarci dai falsi profeti se non dovessimo giudicare nessuno?
Il mondo intero è regolato dal giudizio, nei tribunali ad esempio,
senza il giudizio il mondo non potrebbe nemmeno esistere, sarebbe un caos totale.
Gesù quindi ci insegna a non giudicare dalle apparenze, o in modo ipocrita, dobbiamo giudicare secondo quello che ci insegna la Bibbia, cioè secondo la giustizia divina, che è la sola ad essere perfetta e incorruttibile. Se ascoltiamo gli insegnamenti della Bibbia sicuramente sapremo giudicare in modo giusto e santo.
La Bibbia per i cristiani ha una valore morale superiore a qualsiasi legge statale, infatti in certi Stati esistono leggi moralmente sbagliate, come quelle a favore di matrimoni gay, eutunasia, aborto, e addirittura pedofilia consensiente, oltre a tanto altro,
in questi casi il cristiano dovrebbe adottare una sana e pacifica obiezione di coscienza, senza mai usare violenza verso nessuno, neppure a livello verbale. Amiamo il nostro prossimo e quindi lo rispettiamo,
ma rimaniamo saldi nella nostra fede, perdonando misericordiosamente quanti si ravvedono.
La condanna o il condono poi spettano solo a Dio.
La corruzione e il discernimento (cardinal Caffarra)
«Il laico battezzato sa, per fede, che il mondo non è più nella condizione in cui è uscito dalle mani di Dio. È stato corrotto dal peccato; è dominato dal Satana: Tutto il mondo giace sotto il potere del maligno (1 Gv 5,19). Il laico battezzato non può compiere la sua missione nel mondo se non ha una perspicace capacità diagnostica; una capacità “endoscopica” di vedere il male oggi presente nei fondamentali vissuti umani. Si pensi, per fare solo un esempio, alla corruzione che sta subendo il fondamentale vissuto umano della sessualità mediante la proposta di equiparare all’amicizia coniugale l’amicizia omosessuale. Non si tratta di sapere se il bicchiere è mezzo pieno o mezzo vuoto. La categoria di “pessimismo-ottimismo” non appartiene al cristianesimo. È un vero e proprio discernimento».
Il giudizio e il discernimento
«Perché la fede generi cultura, perché il credente cooperi all’edificazione dell’humanum, è necessario che egli sia in grado di elaborare un giudizio sull’humanum stesso: un giudizio interpretativo, un giudizio valutativo.
Un giudizio interpretativo: capire che cosa sta accadendo; un giudizio valutativo: ciò che sta accadendo come deve essere giudicato, positivamente o negativamente?
Ogni giudizio, se è un giudizio ragionevole, è elaborato alla luce di criteri. Che cosa sono i criteri di giudizio? È ciò per cui affermo o nego ciò che affermo o nego. Ciò che è la luce per i nostri occhi, sono i criteri per la nostra facoltà di giudicare. La luce della fede mi dona i criteri di giudizio e purifica la mia ragione, ispirandone e governandone l’attività.
La più grave debolezza di cui oggi soffre il cristiano, una vera malattia mortale, è la sua incapacità o grande difficoltà a elaborare giudizi interpretativi e valutativi di ciò che sta accadendo. Il risultato, o i sintomi di questa grave malattia, sono la riduzione della fede a fatto privato, l’accettazione del dogma fondamentale dell’individualismo: “Io non lo faccio [non convivo, non ricorro all’aborto…], ma perché devo proibire per legge ad un altro di farlo?”. È lo stile del discernimento: questo tema è stato centrale fin dal tempo della catechesi apostolica, come dimostrano gli scritti del Nuovo Testamento. È il tema centrale dell’esortazione apostolica Evangelii gaudium. [...]
È la fede che produce bellezza. [...] La fede sembra una piccola lampada che stia per estinguersi. In una società così corrotta, “nave senza nocchiero e in gran tempesta” [Dante], la presenza di testimoni veri, semplici, forti – credetemi – è ciò che salva la società stessa».
Una barca nella tempesta
Bisogna essere ciechi per non vedere che la Chiesa sta attraversando un momento di confusione e di smarrimento. Non è la prima volta che questo succede. Ne ha vissuti altri di questi momenti. Quando sembrava, come dice Dante, «senza nocchiero e in gran tempesta». L'han vissuto anche gli apostoli, quando si son trovati in mezzo al lago dentro una bufera di vento e di onde. E - incredibile - Gesù dormiva, si era addormentato. A volte siamo tentati di dire: Gesù, ti sei ancora addormentato in questo momento? Ma sappiamo che Lui c'è, questa è la nostra certezza.
Le 5 insidie della Chiesa
L'alternativa ad una Chiesa senza dottrina non è una Chiesa pastorale, ma una Chiesa dell'arbitrio e schiava dello spirito del tempo: praxis sine theoria coecus in via, dicevano i medievali. Questa insidia è grave, e se non vinta causa gravi danni alla Chiesa. Per almeno due ragioni. La prima è che, essendo la Sacra Doctrina niente altro che la divina Rivelazione del progetto divino sull'uomo, se la missione della Chiesa non si radica in essa, che cosa la Chiesa dice all'uomo?
La seconda ragione è che quando la Chiesa non si guarda da questa insidia, rischia di respirare il dogma centrale del relativismo: in ordine al culto che dobbiamo a Dio e alla cura che dobbiamo all'uomo, è indifferente ciò che penso di Dio e dell'uomo. La quaestio de veritate diventa una questione secondaria.
La seconda insidia è dimenticare che la chiave interpretativa della realtà tutta e in particolare della storia umana non è dentro la storia stessa. È la fede. San Massimo il Confessore ritiene che il vero discepolo di Gesù pensa ogni cosa per mezzo di Gesù Cristo e Gesù Cristo per mezzo di ogni cosa. Faccio un esempio molto attuale. La nobilitazione dell'omosessualità, alla quale assistiamo in Occidente, non va interpretata e giudicata prendendo come criterio il mainstream delle nostre società; oppure il valore morale del rispetto che si deve ad ogni persona, il che è metabasis eis allo genos, cioè passaggio a un altro genere, direbbero i logici. Il criterio è la Sacra Doctrina circa la sessualità, il matrimonio, il dimorfismo sessuale. La lettura dei segni dei tempi è un atto teologale e teologico.
La terza insidia è il primato della prassi (insidia di origine marxista). Intendo il primato fondativo. Il fondamento della salvezza dell'uomo è la fede dell'uomo, non il suo agire. Ciò che deve preoccupare la Chiesa non è in primis la cooperazione col mondo in grandi processi operativi, per raggiungere obiettivi comuni. L'insonne preoccupazione della Chiesa è che il mondo creda in Colui che il Padre ha mandato per salvare il mondo. Il primato della prassi conduce a quella che un grande pensatore del secolo scorso chiamava la dislocazione delle Divine Persone: la seconda Persona non è il Verbo ma lo Spirito Santo.
La quarta insidia, molto legata alla precedente, è la riduzione della proposta cristiana ad esortazione morale. È l'insidia pelagiana, che Agostino chiamava l'orrendo veleno del cristianesimo. Questa riduzione ha l'effetto di rendere la proposta cristiana molto noiosa e ripetitiva. È solo Dio che nel suo agire è sempre imprevedibile. E infatti al centro del cristianesimo non sta l'agire dell'uomo, ma l'Azione di Dio.
La quinta insidia è il silenzio circa il giudizio di Dio., mediante una predicazione della misericordia divina fatta in modo tale che rischia di far scomparire dalla coscienza dell'uomo che ascolta la verità che Dio giudica l'uomo.