I morti in Cristo rimangono coscienti dopo la morte? Purgatorio - Cristiani Cattolici: Pentecostali Apologetica Cattolica Studi biblici

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I morti in Cristo rimangono coscienti dopo la morte? Purgatorio

Confutazioni al Protestantesimo

I morti in Cristo continuano a pregare anche dopo la morte - Il Purgatorio

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Leggiamo:
Giobbe 26:6: "Davanti a lui il soggiorno dei morti è nudo, l'abisso è senza velo".

Proverbi 15:11: " Gl’inferi e l’abisso sono davanti al Signore, tanto più i cuori dei figli dell’uomo!"

Dai versetti sopraindicati tratti da Giobbe e Proverbi si intravede una differenza tra il soggiorno dei morti e l’abisso, quest’ultimo identificabile con l’Inferno, altrimenti non ci sarebbe stato alcuno bisogno di specificare due volte lo stesso luogo, "inferi" e "abisso".
Evidentemente qui "inferi" indica il regno dei morti e "abisso" l’Inferno. Si potrebbe pure pensare che Inferi sia proprio la prigione dove si espiano le pene inflitte da Dio alle anime non ancora totalmente pure, ma può essere inteso anche come luogo di attesa.

Proverbi 23,13-14 "Non risparmiare al giovane la correzione, anche se tu lo batti con la verga, non morirà; anzi, se lo batti con la verga, lo salverai dagli inferi."


Nei versetti di Pr 23-,13-14 vediamo ancora come "inferi" venga usato per indicare l’inferno, perché non c’è dubbio che il padre che punisce il figlio non lo rende immortale, ma bensì gli consente di salvarsi dagli "inferi" in questo caso quindi dall’Inferno. Il figlio percosso dal padre si ravvederà, naturalmente morirà, ma eviterà di finire all’inferno, quindi in questo caso "inferi" indica l’Inferno.
Proverbi 27,19-21 "Come un volto differisce da un altro, così i cuori degli uomini differiscono fra di loro. Come gli inferi e l’abisso non si saziano mai, così non si saziano mai gli occhi dell’uomo. Come il crogiuolo è per l’argento e il fornello per l’oro…"

"Gli inferi e l’abisso non si saziano mai" perché in entrambi vanno a finire i morti nella carne, ma con una netta differenza, che vede anche stavolta il termine "inferi" usato per indiare l’Ades, e l’abisso per indicare l’Inferno. Gesù quando discese negli inferi per predicare agli spiriti in prigione, ovviamente non scese nell’Inferno, ma nell’Ades, ed è proprio qui che si trova la "prigione" di cui parla Pietro nella sua prima lettera, e Matteo nel suo capitolo 5 al versetto 26.
Dn 12,22 "Molti di quelli che dormono nella polvere della terra si risveglieranno: gli uni alla vita eterna e gli altri alla vergogna e per l’infamia eterna."

Spesso troviamo pure versetti dell’Antico Testamento, come quelli di Daniele che ci dipingono i morti nella carne come dormienti, in uno stato di incoscienza. Ma bisogna capire che si riferiscono al corpo umano, e non allo spirito.
Qo 9,10 "Tutto ciò che trovi da fare, fallo finché ne sei in grado, perché non ci sarà né attività, né ragione, né scienza, né sapienza giù negli inferi, dove stai per andare."

Qui Salomone si sta riferendo al corpo, non allo spirito dell’uomo, ad interpretare questo libro -in particolare- bisogna stare molto attenti, perché è scritto in chiave ironica, e può destare equivoci.

Ez 32,20-21 "Cadranno fra gli uccisi di spada; la spada è già consegnata. Colpite a morte l’Egitto e tutta la sua gente. I più potenti eroi si rivolgeranno a lui e ai suoi ausiliari e dagli inferi diranno: Vieni, giaci con i non circoncisi, con i trafitti di spada."

Ecco come non bisogna spesso interpretare alla lettera la Bibbia, altrimenti si impazzisce davanti a presunte contraddizioni, Salomone parla dell’inscoscienza dei morti, mentre Ezechiele ci fa capire che sono coscienti e parlano.
Ma anche in Giona 2,3 leggiamo: "Nella mia angoscia ho invocato il Signore ed egli mi ha esaudito; dal profondo degli inferi ho gridato e tu hai ascoltato la mia voce."
Evidentemente Giona era morto nel ventre del pesce, ed è stato risuscitato dal Signore, ma mentre era morto era cosciente e pregava.
La sicurezza che Giona morì e fu risuscitato l’abbiamo dall’accostamento con Gesù, che morì e dopo tre giorni risuscitò.
Sempre dal Vangelo vediamo nella parabola del ricco e Lazzaro, che quest’ultimo non si trovava nello stesso posto del ricco.

Alcuni evangelici anche se spiegano in maniera differente  l’Ades sono concordi col dire che con la parabola del Ricco e Lazzaro, Gesù non raccontò fantasie, ma usando un linguaggio simbolico ci aprì uno squarcio sull’aldilà, leggiamo cosa scrive la rivista protestante Cristiani Oggi 1-15 ottobre 1996:

"Rilevante e degno di nota è il fatto che questa non è una parabola. Si tratta di un racconto vero, perché il povero ha un nome, cosa che non avviene mai nelle parabole. Seppure in forma parabolica, il brano racconta una storia realmente accaduta. Lo Sheol-Ades, soggiorno dei defunti, era dunque diviso in due parti distinte, in due scomparti separati da una ‘grande voragine’. Evidentemente la ‘gran voragine’ non impediva a quelli nella grande ‘fiamma’ del tormento di vedere coloro che erano in Paradiso o nel ‘seno di Abramo’, senza che potesse avvenire una migrazione da una parte all'altra. Nel seno d'Abramo vi erano i salvati che erano consolati in attesa dell'avvento del Messia, e vi erano i perduti che pativano la sofferenza in attesa del giudizio finale: ‘Infatti le labbra dell'adultera stillano miele, la sua bocca è più morbida dell'olio; ma la fine a cui conduce è amara come il veleno, è affilata come una spada a doppio taglio. I suoi piedi scendono alla morte, i suoi passi portano al soggiorno dei defunti’ (Proverbi 5:3-5)."
Circa l’esistenza nell’aldilà, di questo luogo o meglio di questo stato di purificazione delle anime nell’attesa di essere ammesse alla visione beatifica di
Dio, dichiarata più volte verità di fede dalla Chiesa Cattolica, in campo protestante c’è il più netto rifiuto.

Secondo loro, i credenti che muoiono vanno direttamente in Paradiso e citano Lc 23,43 e Gv 14,3
Ma come vedremo la Chiesa cattolica non nega i versetti da loro citati, infatti i giusti che non hanno nessun peccato veniale da scontare (per essere totalmente puri) vanno direttamente in Paradiso.
Ma considerando alcuni versetti dove leggiamo:
Gesù andò ad annunciare la salvezza anche agli spiriti che erano in carcere (1 Pt 3,19)
Ci chiediamo in quale luogo o in quale stato erano questi spiriti, visto che non potevano essere all’inferno. Questi spiriti indubbiamente erano nello Sceol (regno dei morti) ma perché Pietro parla anche di prigione?

Anche la sorella Caterina del sito Difendere la vera fede ci viene in aiuto con le seguenti precisazioni: "Gli inferi di cui si parla nella 1Pt.3,19/4,6 non rappresentano l'Inferno propriamente detto o conosciuto dottrinalmente. Si parla di un luogo descrivendolo come PRIGIONE e mentre da una prigione si esce, dall'inferno non si esce come ci racconta Lc 16,19 nella storia del Ricco e di Lazzaro: Gesù non è ancora morto, eppure ci racconta una storia di un ricco che finisce all'inferno, e non per non aver creduto in Gesù, ma per non aver avuto la carità, per essersi comportato in modo non evangelico.  Leggendo la 1Pt.3,19 e 4,6 non è pensabile che il Ricco sia stato fra coloro che vennero liberati da Gesù quando discese negli inferi, perché Abramo stesso fa capire che la condanna di quel ricco è senza appello: < Lazzaro ora è consolato, mentre tu adesso sei tormentato > e il ricco dice prima  < soffro terribilmente in questa  fiamma >. Inoltre è impensabile che Gesù dovendo risorgere non abbia liberato tutte quelle anime dalla < prigione > come viene chiamata, si legge infatti: < In esso andò a portare l'annuncio anche agli spiriti nella prigione, a coloro che erano stati un tempo disobbedienti, quando Dio nella sua longaminità attese, nei...ecc.> poi fa riferimento al Battesimo prefigurato dal Diluvio. Qui leggiamo che c'erano stati dei disobbedienti, affermare che questi disobbedienti oggi non esistano più è impensabile, inoltre non si legge che questa prigione venne chiusa. E di prigione leggiamo appunto in Mt 5, 25-26 "Mettiti presto d’accordo con il tuo avversario mentre sei per via con lui, perché l’avversario non ti consegni al giudice e il giudice alla guardia e tu venga gettato in prigione. In verità ti dico: non uscirai di là finché tu non abbia pagato fino all’ultimo spicciolo!"

Non sarà mica la stessa prigione di cui parla Pietro nella sua lettera (1Pt 3,19)?
Cambiano i personaggi ma la prigione è la stessa.
O è la stessa "prigione" o stiamo parlando di un altro "posto-luogo-stato" ancora!
L'Inferno non è una prigione dalla quale si può uscire e che è meglio conosciuto nella Scrittura come:
Geenna (dal greco) è l'inferno vero e proprio di fuoco e zolfo, o "stagno ardente di fuoco e zolfo" di Apocalisse 20:10 e 20:15. E' il termine tradotto in greco dall'Aramaico di "gehinnam", cioè valle di Hinnom, a sud di Gerusalemme, dove al tempo del dominio cananeo venivano eseguiti sacrifici di bambini tramite roghi e che valeva come luogo di giudizio divino. Quando Gesù parla di questo luogo non si riferisce al luogo geografico, ma a quello che esso rappresenta, cioè il luogo della punizione eterna.
Abyssos (dal greco) cioè "abisso", "inferi", in particolare "prigione dei demoni in punizione" dei passi di Luca 8:31 e Apocalisse 9:1; un significato simile è attribuito a "tartaros" di 2° Pietro 2:4  diverso dal termine biblico come:
Sceol (in ebraico) ovvero Ades (in greco), comunemente chiamato "inferi" e "soggiorno dei morti", ed è il luogo provvisorio ed intermedio di soggiorno dell'anima della persona deceduta sino alla resurrezione finale. Lì Gesù è andato a predicare il Vangelo agli spiriti dei morti (1° Pietro 3:19, 4:6), ed è pure da lì che, quando se n'è salito in alto, nel cielo, ha liberato molti che erano prigionieri, portandoli con se (Efesini 4:8). Quindi Sceol o Ades, adesso, dopo la resurrezione di Gesù, è la condizione e il luogo dove vanno le anime di coloro che saranno giudicate; salvate o condannate da Dio ed è tutt'ora un luogo in cui si soffre. (questa breve spiegazione è tratta da un testo in un sito evangelico)
Perciò...rileggendo il Catechismo....dove scese Gesù quando morì per andare a liberare le anime "prigioniere"?...di certo NON andò dove stava il Ricco della storia di Lazzaro, cioè, non andò nella geenna... infatti in un paragrafo del Catechismo si legge:

633 La Scrittura chiama inferi, Shéol o ade (529) il soggiorno dei morti dove Cristo morto è disceso, perché quelli che vi si trovano sono privati della visione di Dio. (530) Tale infatti è, nell'attesa del Redentore, la sorte di tutti i morti, cattivi o giusti; (531) il che non vuol dire che la loro sorte sia identica, come dimostra Gesù nella parabola del povero Lazzaro accolto nel « seno di Abramo ». (532) ...
Quindi esite UNA PRIGIONE, anime dunque che attendono la purificazione per togliere ed eliminare quelle impurità che impediscono loro la gloria piena come appunto toccò a Lazzaro, perciò è dimostrato invece che non tutte le anime attendono in questa prigione, ma che molti godono già della gloria piena come Lazzaro il quale non sta attendendo un premio finale e con lui  nemmeno Maria e gli Apostoli e i moltissimi santi stanno attendendo una sorta di premio, essi già godono della pienezza di Dio, nel giorno del Giudizio ai santi verrà confermata la gloria nella solennità del Giudizio....."
E il buon ladrone appeso in croce che ricevette da Gesù il premio del  Paradiso, dove scontò la sua colpa?

Non dimentichiamo la parabola del padrone della messe, nella quale vediamo gli operai assunti a inizio giornata lamentarsi col padrone, nei confronti degli ultimi arrivati, ai quali veniva data la stessa paga, nonostante avessero lavorato di meno. Il padrone della vita è Cristo, decide Lui come ricompensare la nostra fede.
Ora sta di fatto che molti muoiono improvvisamente. Questi tali, se sono in peccato mortale e non hanno avuto tempo di pentirsi vanno all’Inferno; coloro che invece hanno avuto tempo e modo di pentirsi, all’Inferno non ci andranno: il Signore misericordioso accoglie sempre il peccatore che si pente. Ma è anche vero che questi tali non hanno potuto in nessun modo far penitenza per i peccati commessi; come è anche vero che chi muore improvvisamente, anche se in grazia di Dio, non ha modo di espiare peri i peccati veniali, qualora ne abbia. Neppure per questo però egli andrà all’Inferno.
Adunque, all’Inferno no, perché morti da credenti in Dio; in Paradiso no, "perché nulla di men puro vi può entrare" (Ap 21,27) . Deve, per conseguenza, esserci un luogo (prigione), distinto dall’Inferno e dal Paradiso, dove le anime, passate di vita in grazia di Dio e non del tutto pure, abbiano la possibilità di purificarsi e rendersi degne di entrare nella patria beata.
E Paolo lo fa capire nella sua lettera agli ebrei al capitolo 12,22-23 "Voi vi siete invece accostati al monte di Sion e alla città del Dio vivente, alla Gerusalemme celeste e a miriadi di angeli, all’adunanza festosa e all’assemblea dei primogeniti iscritti nei cieli, al Dio giudice di tutti e agli spiriti dei giusti portati alla perfezione…"

Perché Paolo menziona gli "spiriti dei giusti portati a perfezione"?
Se gli spiriti dei giusti fossero tutti puri andrebbero subito in Paradiso, visto che in tale luogo non può entrare nulla d’impuro Ap 21,27 "Non entrerà in essa nulla d’impuro,  né chi commette abominio o falsità,  ma solo quelli che sono scritti nel libro della vita dell’Agnello." l’autore di Apocalisse fa distinzione tra impuri e chi commette abomino o falsità, perché se si riferiva alle anime condannate avrebbe usato semplice la frase "nulla d’impuro" invece Giovanni prima dice nulla d’impuro e poi aggiunge "né chi commette abominio (cioè peccati gravi) o falsità", quindi mette su due piani diversi gli impuri e gli abominevoli e falsi.
Quindi se gli spiriti dei giusti fossero tutti e, solo puri, non ci sarebbe bisogno di portarli a perfezione, ma Paolo parla di "spiriti dei giusti portati a perfezione" perché evidentemente questi spiriti sono stati in prigione a scontare le loro pene, e sono vi sono rimasti fin quando non hanno pagato fino all’ultimo spicciolo.
Mt 5, 25-26 "Mettiti presto d’accordo con il tuo avversario mentre sei per via con lui, perché l’avversario non ti consegni al giudice e il giudice alla guardia e tu venga gettato in prigione. In verità ti dico: non uscirai di là finché tu non abbia pagato fino all’ultimo spicciolo!" Non sarà mica la stessa prigione di cui parla Pietro nella sua lettera (1Pt 3,19)? Cambiano i personaggi ma la prigione è la stessa.
Gesù ci ammonisce che esistono peccati mortali, ed esattamente la bestemmia contro lo Spirito, che non sarà mai perdonata, infatti per farlo capire usa la frase "né in questo secolo, né in quello futuro" cioè mai. Ma oltre al significato di "mai" questa frase ci fa capire che nell’altra vita ci sarà chi sarà perdonato dopo aver pagato fino all’ultimo spicciolo in prigione.
Mt 12,32 "A chiunque parlerà male del Figlio dell’uomo sarà perdonato; ma la bestemmia contro lo Spirito, non gli sarà perdonata né in questo secolo, né in quello futuro"  Ma allora nel secolo futuro (cioè nell’altra vita) ci saranno dei peccati che potranno essere rimessi?
Con questa frase Gesù sta dicendo che la bestemmia contro lo Spirito non sarà mai perdonata, e per dire "mai" usa il secolo presente e quello futuro, ma nel menzionare quello futuro lascia intravedere un spiraglio misterioso.
E ancora Paolo ci avverte:
1Cor 3:13-15 "Se l’opera che uno costruì sul fondamento resisterà, costui ne riceverà una ricompensa; ma se l’opera finirà bruciata, sarà punito: tuttavia egli si salverà, però come attraverso il fuoco."
Paolo riconosce dopo la morte tre stati in cui ci si può trovare al giudizio particolare: "Ma nel giorno del giudizio – egli scrive nella sua prima ai Corinti – Dio rivelerà quel che vale l’opera di ciascuno. Essa verrà sottoposta alla prova del fuoco, e il fuoco ne proverà la consistenza. Se uno ha fatto un’opera che supera la prova, ne avrà la ricompensa (il Paradiso). Se invece la sua opera sarà distrutta dal fuoco, egli perderà la ricompensa (cioè avrà l’eterna condanna). Egli personalmente (se si trova in una via di mezzo) sarà tuttavia salvo, come uno che passa attraverso l’incendio.
Scrive il fratello Mario del sito Difendere la vera fede:
"Un parallelo a questo brano di 1 Corinti lo troviamo il Luca 12,48 ‘Il servo che, conoscendo la volontà del padrone, non avrà disposto o agito secondo la sua volontà, riceverà molte percosse; quello invece che, non conoscendola, avrà fatto cose meritevoli di percosse, ne riceverà poche.’

Gesù precisa che il servo sarà punito, ma con poche percosse.
Il che significa non eternamente punito, e quindi, secondo me, non può trattarsi dell'Inferno.
Nè può trattarsi del Paradiso immediato, perché in paradiso non si ricevono percosse.

Questi servi che conoscono il Padrone, e quindi credono, non si salvano automaticamente e immediatamente per la SOLA  FEDE ."
I servi dei versetti 47-48  di 1 Cor. sono da considerare tutti i cristiani in generale invitati alla vigilanza di cui parla tutto il capitolo 12, e in particolare i servi amministratori secondo il v.41 di cui Pietro gli aveva espresso esplicita domanda. Non si riferisce ai pagani. Prendiamo in esame i vv.paralleli in Mt e notiamo che le percosse riguardano sempre persone che hanno perso la approvazione di Dio. Si può perdere l'approvazione per qualcosa ma non per tutto. E anche di quel qualcosa il Signore tiene in conto: anche del bicchiere d'acqua dato con amore.
Il testo di Matteo 18 (parabola del servo spietato) e 21 (i vignaioli omicidi) prende in considerazione solo due categorie di servi e non quattro.
Non è affatto detto che la terza e la quarta categoria di servi menzionata da Luca sia una sottocategoria della seconda: per me è evidente che si tratta di categorie a parte rispetto alle prime due. Pensiamo ad esempio a quanti devono fare certe scelte difficili nella loro vita di fede e si trovano ad imboccare strade sbagliate, non avendo ben conosciuto la chiara volontà di Dio a proprio  riguardo.  Pensiamo ancora a quanti, dovendo decidere se intraprendere il proprio impegno cristiano nella Chiesa Cattolica oppure in un'altra denominazione alla fine imboccano una strada fuori dalla vera Chiesa, secondo il proprio intendimento ma non secondo quello che Dio vorrebbe effettivamente.

Vi può essere chi pur senza essere apostata, pur facendo tante cose degne, può incappare in fatti riprorevoli.  Rileggiamo le parole rivolte da Cristo a vari  servi in  Apocalisse 2
"Conosco le tue opere, la tua fatica e la tua costanza, per cui non puoi sopportare i cattivi; li hai messi alla prova - quelli che si dicono apostoli e non lo sono - e li hai trovati bugiardi. Sei costante e hai molto sopportato per il mio nome, senza stancarti. Ho però da rimproverarti che hai abbandonato il tuo amore di prima. Ricorda dunque da dove sei caduto, ravvediti e compi le opere di prima. Se non ti ravvederai, verrò da te e rimuoverò il tuo candelabro dal suo posto. Tuttavia hai questo di buono, che detesti le opere dei Nicolaìti, che anch'io detesto.....All'angelo della Chiesa di Tiàtira scrivi: Così parla il Figlio di Dio, Colui che ha gli occhi fiammeggianti come fuoco e i piedi simili a bronzo splendente. Conosco le tue opere, la carità, la fede, il servizio e la costanza e so che le tue ultime opere sono migliori delle prime. Ma ho da rimproverarti che lasci fare a Iezabèle, la donna che si spaccia per profetessa e insegna e seduce i miei servi inducendoli a darsi alla fornicazione e a mangiare carni immolate agli idoli.... Colpirò a morte i suoi figli e tutte le Chiese sapranno che io sono Colui che scruta gli affetti e i pensieri degli uomini, e darò a ciascuno di voi secondo le proprie opere. "
Questi servi si sono distinti per opere, fatica, costanza, carità, fede, servizio....eppure il Signore ha qualcosa contro di loro, trova qualcosa che non li fa essere perfetti.  In mezzo al bene vi è qualcosa di male oppure in mezzo al male vi è qualcosa di buono.
Il Signore darà a ciascuno secondo le sue opere. Cioè premio o castigo proporzionato a quanto si sarà fatto sulla terra, sia in bene che in male come dice Paolo:
2 Cor 5,10 "Tutti infatti dobbiamo comparire davanti al tribunale di Cristo, ciascuno per ricevere la ricompensa delle opere compiute finché era nel corpo, sia in bene che in male."
Ciò che si fa di male ovviamente ci porterà non una ricompensa ma un castigo, delle percosse, che possono essere poche qualora vi fossero nel contempo altre opere di bene per le quali il Signore dara una ricompensa.
 
I casi dei comportamenti espressi da Gesù possono dunque essere compresenti nello stesso servo.
Capita a volte di essere caritatevoli con tante persone e altre volte di far cose degne di castigo.
Quale dei due comportamenti il Signore dovrà considerare?

Dovrà eternamente premiare o eternamente punire?
Secondo me, nè l'una nè l'altra cosa. Ma proporzionalmente al grado di conoscenza, di responsabilità e di gravità, assegnare le conseguenti "percosse" o le conseguenti ricompense.

Pensieri, parole, opere ed omissioni sono continui nei servi del Signore: a volte sono più o meno coerenti altre volte incoerenti, a volte consapevoli altre volte inconsapevoli.
Non tutti i servi presentano sempre e solo una stessa costante caratteristica per tutta la vita.

Se per una sola azione fatta e degna di castigo, insieme a tante altre azioni degne del Signore, Egli decidesse di mandarci all'inferno! Chi si salverebbe?
Anche dei ricchi il Signore dice che è più facile che un cammello entri per la cruna di una ago che un ricco nel regno dei cieli. Eppure Egli stesso, rispondendo ai discepoli inculca la fiducia che a Dio niente è impossibile: perfino far passare quel cammello attraverso la cruna dell'ago!  Uno di questi cammelli riuscirono a passare è Zaccheo. E noi siamo come tanti cammelli, più o meno appesantiti da difetti,  che devono passare attraverso la finissima cruna della perfezione che  la santita'  e la giustizia di Dio esige e che incendierà  come fuoco tutte nostre imperfezioni.

Il Vangelo ci parla di persone che pur avendo il dono della fede  fanno qualcosa che essi pensano sia giusto e meglio fare, ma in realtà ciò non è proprio secondo la volontà del loro padrone. Luca non parla di diminuzione di premio ma di poche percosse. Paolo non parla di diminuzione di ricompensa ma che invece EGLI STESSO SI SALVERA' , MA COME ATTRAVERSO IL FUOCO (1Cor 3,15). Queste non sono mie parole o supposizioni ma espressioni precise della Scrittura. Ecco dunque quali possono essere i casi, assieme ad altri analoghi, in cui i servi, pur non avendo piena colpa, non hanno neppure piena coscienza nel loro agire. Per questo tipo di servi Cristo parla di poche percosse.  Matteo riporta solo le prime due specie: o totalmente fedeli o totalmente infedeli.
Luca integra rispetto a queste due categorie, altre due per le quali non si parla nè di premio nè di punizione rigorosa con stridor di denti.
Ripeto e sottolineo che se queste percosse sono poche, vuol dire che non sono eterne, perché se fossero eterne allora sarebbero in numero infinito, illimitato: mentre Cristo specifica che saranno poche e le poche battiture sono segno di pena temporanea, non di eterna separazione. Un fratello evangelico scrivendo in un forum Internet faceva notare "Se poche sono un numero limitato, anche le molte percosse rimangono comunque un numero limitato. Molte vuol dire tante, ma comunque non infinite. In Mt che è un Vangelo sinottico con Luca, vediamo che si parla anche lì di un servo che viene fatto flagellare e che dopo viene gettato in un luogo di sofferenza. Se prima viene fatto flagellare, e poi messo nella sua dimora eterna di separazione da Dio, vuol dire che i colpi di flagello/percosse che ha ricevuto sono limitati, non infiniti. Ciò non fa di lui un salvato."

Ho preferito analizzare le poche percosse perché più evidente la leggerezza della colpa e il conseguente leggero castigo.
Nel caso delle molte percosse, sono pure del parere che si tratta anche in questo caso di punizione pur sempre limitata e  non eterna in vista della salvezza. Mentre secondo il ragionamento dei pentecostali dovremmo pensare che vi saranno prima delle percosse, tante o poche che siano,  e poi l'inferno. Quindi per tanti cristiani, i quali hanno fatto tante cose degne del Signore, basterà che abbiano fatto come i servi di Tiatira, qualcosa contro la volontà di Dio, che saranno prima battuti e poi spediti all'Inferno eterno. Tutta la loro fede, la loro costanza, le loro fatiche, le loro opere non serviranno a consentir loro la salvezza. Davvero tremendo!

Questo ragionamento contraddice alla grandezza del dono della fede e alla salvezza ad essa connessa, se accompagnata dalla carità, sia pure imperfetta. Contraddice alla Misericordia infinita di Dio che ci ha creati per la salvezza, non per la perdizione con tanta facilità. Contraddice al sacrificio di Cristo che è venuto per salvare e non per condannare.
Per questo noi ribadiamo il concetto che perché questo avvenga vi deve essere un rifiuto di Dio consapevole, reiterato, grave, senza pentimento. Una offesa imperdonabile, nè nel tempo presente nè in quello futuro, come può essere ad esempio la bestemmia contro lo Spirito Santo come può essere cioè la negazione consapevole della verità conosciuta, disperazione di potersi salvare nonostante l'infinita Misericordia di Dio.
Abbiamo visto però che altri tipi di servi sono menzionati in Apocalisse cap. 2 in cui il molto ben operare si  trova mescolato a opere riprorevoli, consapevoli o inconsapevoli, e a loro non viene fatta minaccia di eterna punizione. Tutti coloro che hanno fatto qualsiasi  errore non avrebbero speranza.
Esaminiamo queste minacce fatte in Apocalisse per vari tipi di servi:
"Se non ti ravvederai, verrò da te e rimuoverò il tuo candelabro dal suo posto..."

"Ravvediti dunque
; altrimenti verrò presto da te e combatterò contro di loro con la spada della mia bocca..."  "Ricorda dunque come hai accolto la parola, osservala e ravvediti, perché se non sarai vigilante, verrò come un ladro senza che tu sappia in quale ora io verrò da te."


"Ravvediti dunque; altrimenti verrò presto da te e combatterò contro di loro con la spada della mia bocca..."  "Ricorda dunque come hai accolto la parola, osservala e ravvediti, perché se non sarai vigilante, verrò come un ladro senza che tu sappia in quale ora io verrò da te."
Non risultano in questi versi esaminati minacce di eterni castighi come nel caso di quei servi totalmente infedeli menzionati in Luca 12,45:  "Ma se quel servo dicesse in cuor suo: Il padrone tarda a venire, e cominciasse a percuotere i servi e le serve, a mangiare, a bere e a ubriacarsi, il padrone di quel servo arriverà nel giorno in cui meno se l'aspetta e in un'ora che non sa, e lo punirà con rigore assegnandogli il posto fra gli infedeli".

Quelli che sono  parzialmente infedeli vuol dire che sono al contempo parzialmente fedeli. Cioè hanno qualcosa di buono, in primo luogo la FEDE, visto che sono al servizio del Padrone. Ora, proprio quelli che hanno la FEDE, pur avendo poche opere, non si salveranno? Di essi Paolo dice che chi crede e professa con la bocca che Cristo è risorto saranno salvati. Quindi le "percosse" sono previste per chi pur avendo la fede, non avrà operato in piena conformità al volere del Padrone, ma si salverà ugualmente, attraverso, tribolazioni di questa vita o di quella futura, se necessario.
Una persona che pecca consapevolmente e deliberatamente è punita di più di chi fa le stesse cose senza comprendere appieno la loro gravità, rimane il fatto che essere battuti e flagellati e segno di separazione eterna di Dio
Il quarto tipo di servi non comprende per nulla la gravità di ciò che sta facendo, perché Gesù dice che non conosce il volere del Padrone. Perciò la loro colpa, è degna di castigo, ma è scusabile.

Le battiture o percosse, sia forti che leggere,  non sono necessariamente indice di separazione eterna da Dio, ma anzi devono essere visti come correttivi e come esigenza di giustizia, nonchè della bontà infinita di Dio, che offre una possibilità di affrancamento, in Cristo, che ha aperto per tutti la strada verso la salvezza.
Vediamo qualche esempio dalla Scrittura:
Eb 12,6 "…perché il Signore corregge colui che egli ama e sferza chiunque riconosce come figlio.
Notaamo il termine SFERZA:  flagello che non è finalizzato alla separazione eterna.

Addirittura Paolo abbandona alla crudele e devastante opera di Satana alcuni credenti infedeli, al fine di ritrovarli salvi nel giorno del giudizio:
1Cor 5,5 "questo individuo sia dato in balìa di satana per la rovina della sua carne, affinché il suo spirito possa ottenere la salvezza nel giorno del Signore."

2Co 12,7 "…Perché non montassi in superbia per la grandezza delle rivelazioni, mi è stata messa una spina nella carne, un inviato di satana incaricato di schiaffeggiarmi, perché io non vada in superbia."

1Ti 1,20 "…tra essi Imenèo e Alessandro, che ho consegnato a satana perché imparino a non più bestemmiare."
Questi correttivi cominciano già nella vita presente, e sono necessari perché il credente deve imparare. Il dolore e la sofferenza fa apprezzare meglio l'Amore di Dio.
Ometto di riportare tutti i versetti dove si parla della necessità delle tribolazioni per raggiungere la vita eterna: tutte finalizzate non alla perdizione ma alla salvezza.
La carne di Imenèo e Alessandro muore prima che satana possa torturarli nel corpo? A chi saranno dati in balia affinché imparino e possano ottenere la salvezza nel giorno di Cristo Gesù?
Evidentemente a quegli "aguzzini" di cui parlava la parabola di Mt 18,34.
Rileggiamo ancora una volta il testo di Paolo:
1Co3,13 "l'opera di ciascuno sarà ben visibile: la farà conoscere quel giorno che si manifesterà col fuoco, e il fuoco proverà la qualità dell'opera di ciascuno. "

1Co 3,14 "Se l'opera che uno costruì sul fondamento resisterà, costui ne riceverà una ricompensa;  ma se l'opera finirà bruciata, egli sarà punito: tuttavia egli si salverà, però come attraverso il fuoco."

Nel versetto 13 si parla della prova del fuoco SULL'OPERA. Ma nel verso 14, si dice che attraverso il fuoco ci passa l'OPERATORE. Si dovrebbe notare quell'Egli.
Oltre all'opera, anche l'operatore passerà attraverso il fuoco, prima di salvarsi
E' proprio EGLI, l'operatore che sarà punito o subirà il danno, ovvero le percosse, in vista della salvezza.
Scriveva un altro fratello evangelico "le ‘percosse’ possono quindi essere viste dunque come questo consumarsi nel fuoco delle opere non fatte secondo la volontà di Dio."
Ma le percosse vengono date ai servi come dice chiaramente la similitudine di Luca 12,47
Non è assolutamente possibile neppure immaginare che vengano date alle opere.
Le opere non hanno sensibilità alcuna e non possono percepire il castigo di cui è invece responsabile il credente. Non per nulla Paolo dice: egli sarà punito: tuttavia egli si salverà,

Traggo (parla sempre il fratello Mario) dal commento evangelico di www.laparola.net uno spunto di risposta anche per far capire meglio qualche contraddizione in cui si viene a cadere:
Ap 3,18  "Io ti consiglio di comprare da me dell'oro affinato col fuoco affinché tu arricchisca;"
"... Solo Cristo può dare a Laodicea i veri beni di cui ha necessità. Cristo l'esorta a comprare da lui questi beni, non perché l'uomo ch'è bisognoso abbia di che pagare dei beni spirituali di valore infinito, ma perché l'uomo deve pur soddisfare a certe condizioni morali senza le quali le ricchezze della grazia divina non possono essergli donate. .. Contraria del tutto alla dottrina evangelica è l'idea romana che i beni della grazia si comprano a prezzo di buone opere."
Ancora una volta la posizione evangelica esprime la convinzione che le opere non servono assolutamente a nulla. Quindi l'oro che il Signore invita ad acquistare, secondo i fratelli separati non sono le opere.

Da notare comunque la frase evidenziata in grassetto dove vien detto, dal commento evangelico, che l'uomo deve pur soddisfare a certe condizioni morali senza le quali le ricchezze della grazia divina non possono essergli donate. Allora NON BASTA LA FEDE!!! ci vogliono anche le opere, ci vuole dirittura morale perfetta. E se le opere sono buone solo in parte? Se ci sono dei difetti? Cosa farà il Signore?
Pensiamo a Pietro che, nonostante conosceva la volontà del Padrone, nonostante gli avesse chiaramente profetizzato il suo rinnegamento, egli ugualmente lo rinnega.

Ma egli si pente e Cristo lo perdona e anzi gli dà l'incarico di confermare i fratelli nella fede affidandogli tutto il gregge. Ma quante tribolazioni Pietro avrebbe poi dovuto sopportare oltre alla contrizione del suo cuore pentito, quante mortificazioni, fatiche, pericoli fino alla morte per martirio, prima di ricevere la corona della vita. Ma che succederà a chi rinnega il Padrone consapevolmente e poi si pente all'ultimo istante senza avere il tempo nè di una contrizione e dolore perfetto come il ladrone che subì anche la crocifissione?
Non dovrà avere anch'egli l'occasione di poter imparare dalla giustizia divina la gravità del suo errore? Ecco dunque le molte percosse, e il SUO passaggio come attraverso il fuoco, ma in vista della salvezza." (fin qui il fratello Mario del sito Difendere la vera fede)

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