Libri deuterocanonici Apocrifi - La Bibbia canone biblico
LA VERA BIBBIA E I LIBRI DEUTEROCANONICI
La diceria che i libri deuterocanonici non vengano mai (ma in effetti Paolo ne cita alcuni nelle sue lettere) citati nel Nuovo Testamento non sembra decisiva: il Nuovo Testamento non cita mai neppure Esdra, Neemia, Ester, Cantico dei Cantici ed Ecclesiaste. (eppure non per questo li consideriamo apocrifi).
Inoltre esistono punti del Nuovo Testamento che, pur non citando i libri deuterocanonici, sembrano fare a questi diretta allusione. Si confrontino a tal proposito:
Romani 1, 18-32 con Sapienza 12-14 (a proposito dell'immoralità dei pagani);
Ebrei 1,3 con Sapienza 7,25 (a proposito del Figlio, immagine del Padre);
Ebrei 11,35-38 con 2 Maccabei 6,18-7,41 (a proposito delle torture subite per fede);
Apocalisse 21,18-21 con Tobia 13,16-17 (a proposito della Nuova Gerusalemme).
Ebrei 11,35 ("Alcune donne riacquistarono per risurrezione i loro morti. Altri poi furono torturati, non accettando la liberazione loro offerta, per ottenere una migliore risurrezione.")
cita 2° Maccabei 7,28-29 ("Ti scongiuro, figlio, contempla il cielo e la terra, osserva quanto vi è in essi e sappi che Dio li ha fatti non da cose preesistenti; tale è anche l’origine del genere umano. Non temere questo carnefice ma, mostrandoti degno dei tuoi fratelli, accetta la morte, perché io ti possa riavere insieme con i tuoi fratelli nel giorno della misericordia")
Romani 1, 19-20 (poiché ciò che di Dio si può conoscere è loro manifesto; Dio stesso lo ha loro manifestato. Infatti, dalla creazione del mondo in poi, le sue perfezioni invisibili possono essere contemplate con l’intelletto nelle opere da lui compiute, come la sua eterna potenza e divinità;")
cita Sapienza 13,1.9 (Davvero stolti per natura tutti gli uomini che vivevano nell’ignoranza di Dio.
e dai beni visibili non riconobbero colui che è, non riconobbero l’artefice, pur considerandone le opere." "perché se tanto poterono sapere da scrutare l’universo, come mai non ne hanno trovato più presto il padrone")
Giacomo 3,8 ("ma la lingua nessun uomo la può domare: è un male ribelle, è piena di veleno mortale.") cita Siracide 37,18 ("bene e male, vita e morte, ma su tutto domina sempre la lingua.")
Giacomo 1,19 ("Lo sapete, fratelli miei carissimi: sia ognuno pronto ad ascoltare, lento a parlare, lento all’ira.") cita Siracide 5,11 ("Sii pronto nell’ascoltare, lento nel proferire una risposta")
Girolamo, dal momento che non vi era ancora un pronunciamento vincolante per il canone definitivo, poteva anche permettersi di avere una sua opinione personale, non condivisa dalla Chiesa, la quale si basava sulla Vetus latina fino alla traduzione della Vulgata. Nella Vetus latina c'erano i deuterocanonici che confluirono nella Vulgata, poi sembra strano come san Girolamo abbia "perso tempo" a tradurre 7 libri che riteneva non ispirati, per includerli nella Vulgata.
In ultima analisi, Gesù e gli apostoli si servivano della Bibbia dei Settanta e in quella Bibbia c'erano i deuterocanonici. Questo è un fatto innegabile.
Ma esistono numerose altre citazioni dei deuterocanonici, sconosciute ai più, sia cattolici che protestanti, eccole elencate qui di seguito:
2Tim. 4,8 - la descrizione di Paolo di una corona di giustizia è simile a quella di Sapienza 5,16.
Eb. 4,12 - la descrizione di Paolo della parola di Dio come una spada affilata e' simile a quella di Sapienza 18,15
Eb. 11,5 - del rapimento di Enoch a Dio e' presente anche in Sapienza 4,10 e Siracide 44,16 (Vedi anche 2Re 2,1-13 e Siracide 48,9 riguardanti Elia). S. Paolo quando parla del rapimento di Enoch
Sembra proprio citare il Siracide 44,16, versetto molto più chiaro ed esplicito rispeto a Genesi 5,24.
Eb 12,12 - l'espressione "mani cadenti e ginocchia infiacchite" deriva da Siracide 25,23
Gc 1,19 - "tieniti pronto ad ascoltare, lento a parlare", e' una citazione di Siracide 5,11
Gc 2,23 - "gli fu accreditato a giustizia" cita 1 Maccabei 2,52 "gli fu accreditato a giustizia".
Gc 5,6 - la condanna e' uccisione del giusto, Figlio di Dio, su profetizzata in Sapienza 2,10-20
Mt 2,16 - il decreto di Erode di uccidere i bambini innocenti fu profetizzato in Sapienza 11,7
"in punizione di un decreto infanticida".
Mt 6,19-20 ; Giac 5,3 - la dichiarazione di Gesù e Giacomo in merito dei tesori divini piu' preziosi di quelli terreni cita Siracide 29,10-11
Mt 7,12 - la regola d'oro di Gesù "fa agli altri cio' che vuoi sia fatto a te" e' la citazione inversa di Tobia 4,15 "Non fare a nessuno ciò che non vuoi sia fatto a te".
Mt 7,16,20 - l'affermazione di Gesù "dai loro frutti li riconoscerete", cita Siracide 27,6 "Il frutto dimostra come è coltivato l'albero".
Mt 9,36 - le persone erano "come pecore senza pastore", e' la stessa di Giuditta 11,19 "come pecore senza pastore".
Mt 12,42 - Gesù si riferisce alla "Sapienza di Salomone" cioè il libro della Sapienza, che e' stata scritta e fa parte dei libri Deuterocanonici.
Mt 16,18 - Gesù parla delle "Porte degli Inferi", espressione presente in Sapienza 16,13
Mt 22,25; Mc 12,20; Lc 20,29 - gli scrittori del Vangelo si riferiscono alla canonicita' di Tobia 3,8 e 7,11 riguardo i sette fratelli.
Mt 24:15 - l'abominio di desolazione presente nel "luogo santo" e' presente anche 2 Maccabei 8,17
Mt 24:16 - l'espressione "fuggano ai monti" e' ripresa in 1 Maccabei 2:28
Mt 27:43 "Se e' Figlio di Dio, lo liberi dai suoi avversari" e' una profezia di Sapienza 2,18
Mc 9:48 - la descrizione dell'inferno dove il loro verme non muore e il fuoco non si estingue e' una citazione di Giuditta 16:17
Lc 1:42 - la dichiarazione di Elisabetta della benedizione di Maria tra le donne e' una citazione della dichiarazione di Uzziah (Ozia) in Giuditta 13,18
Lc 1:52 - il Magnificat di Maria di far al Signore "abbattere il trono dei potenti e innalzare gli umili" e' una citazione di Siracide 10,14.
Lc 2:29 - la dichiarazione di Simeone che sarebbe stato pronto per morire dopo aver visto il bambino Gesù e' una citazione di Tobia 11,9
Lc 24,4; At1,10 - la descrizione di Luca di due uomini in vestiti meravigliosi ricorda 2 Maccabei 3,26
Gv 1,3 - "tutto e' stato creato per mezzo della sua Parola", e' una citazione di Sapienza 9,1
Gv 6,39-59 - il discorso Eucaristico di Gesù e' prefigurato in Siracide 24,19-21.
At 10,34; Rm. 2,11; Gal. 2,6 - la dichiarazione di Pietro e Paolo che "presso Dio non c'e parzialità'" è una citazione di Siracide 35,12
At 17,29 - la descrizione dei falsi dei fatti di oro o argento e opera delle mani d'uomo e' una citazione di Sapienza 13,10
Rm 1,18-25 - l'insegnamento di Paolo sulla conoscenza del Creatore e l'ignoranza e peccato di idolatria e' una citazione di Sapienza 13,1-10
Rm 1,20 - in particolare, l'esistenza di Dio è evidente nella natura, una citazione di Sapienza 13,1
Rm 9,21 - la metafora del vasaio che con l'argilla forma due tipi di vasi e' ripresa da Sapienza 15,7
1 Cor 2,16 - la domanda di Paolo "chi ha conosciuto la mente del Signore?" si riferisce a Sapienza 9,13
1Cor. 8,5-6 - Paolo riconoscendo molti dei, ma un solo Signore cita Sapienza. 13,3
1 Cor. 10,1 - la descrizione di Paolo dei nostri padri sotto la nuvola che passa attraverso il mare si riferisce Sapienza 19,7
1 Cor. 10,20 - il sacrificio dei pagani che offrono ai demoni e non a Dio e' un riferimento a Baruch 4,7
1 Cor. 15,29 - se non ci fosse la resurrezione, sarebbe sciocco farsi battezzare per conto degli altri, in riferimento a 2 Maccabei 12,43-45
Ef. 6,13-17; 1Ts 5,8 - l'intera discussione di armatura, elmo, corazza, spada, scudo e' una citazione di Sapienza 5,17-20.
1 Tm 2,14 - la donna come causa del peccato e' ripreso da Siracide 25,24
1 Pietro 1,6-7 - l'insegnamento di Pietro del giusto provato come oro nel fuoco e' scritto in Siracide 2,5
Ap 1,4 - i sette spiriti che stanno davanti al trono di Dio é ripreso da Tobia 12,15. Raffaele é uno dei sette angeli che stanno alla presenza del Signore.
Ap 1,18 - il potere sulla vita e sulla morte sugli Inferi é citato da Sapienza 16,13
Ma rispondiamo ancora più dettagliatamente alle obiezioni dei fratelli separati:
La prima obiezione: "Non si trovano i testi Ebraici" è una falsa obiezione riconosciuta tale anche dai protestanti più informati.
L’International Bible Comentary asserisce che, a parte 2 Maccabei ed Ester, tutti gli altri libri apocrifi (come li definisce questo libro) erano originariamente scritti in ebraico.
Inoltre nelle grotte di Qumràn sono stati trovati frammenti in ebraico di alcuni libri deuterocanonici fra i quali Tobia e il Siracide. Non solo. C’è anche un’altra scoperta, ancor più eclatante. Nella Bibbia dei LXX alcuni libri, fra i quali Geremia e Samuele, riportano testi che non si riscontravano nell’ebraico. A Qumràn sono stati trovati questi testi in lingua originale.
Vero è che dagli scavi archeologici sono emersi libri veramente apocrifi assieme ai deuterocanonici e ai canonici, ma l’elemento che fa cadere la tesi ebraica che invalidava qualsiasi libro scritto in greco ritenendolo non canonico, viene a cadere proprio con i ritrovamenti di Qumràn.
E ancora: prima delle scoperte di Qumràn, la documentazione principale sulla varietà di testi nel giudaismo antico erano le citazioni bibliche fatte nel N.T. Ma, essendo tutte in greco, le divergenze si spiegavano normalmente come frutto delle recensioni greche. Adesso i rotoli provvedono esempi di testi ebraici che coincidono con l'ebraico che serve di base ad alcune citazioni bibliche: Am 9,11 così come citata in 4QFlor 1,12 è simile alla citazione che ne fa At 15,16.
Il dibattito fra cristiani di diversa denominazione dovrebbe partire proprio dalla Bibbia, cioè dalla base scritta del cristianesimo, dato che troviamo differenze tra le Bibbie protestanti e la Bibbia cattolica. In quelle protestanti, mancano solitamente i 7 libri deuterocanonici, (loro li chiamano apocrifi) in alcune come quelle luterane, i 7 libri si trovano come apice conclusivo, cioè non nello stesso ordine usato nella Bibbia cattolica e in quella dei LXX (settanta), che poi era quella usata dagli apostoli. Avrete capito che l’argomento di questo capitolo è quindi il Canone biblico, la sua storia e la sua formazione, nonché la sua difesa lungo tutti i secoli ad opera della Chiesa.
Se i protestanti sarebbero realmente attaccati alla Bibbia sarebbe giusto che conoscessero bene la storia del canone, perché stiamo parlando proprio della base del cristianesimo, La Bibbia è Parola di Dio, quindi bisogna conoscerla bene! Ma prima ancora che alla Bibbia loro tengono moltissimo alla loro tradizione di attacco contro la Chiesa cattolica, tralasciando ogni prova storica, logica e/o razionale. Non bisogna infatti mai perdere di vista che il cristianesimo prova la sua veridicità su elementi storici, quindi realmente accaduti. Voler quindi cancellare la storia, o parti di essa significa far uso di comportamenti sospettosamente faziosi.
I fratelli evangelici però pur di andare contro la Chiesa cattolica, non riflettono adeguatamente su quanto vanno dicendo nei loro libri e/o siti Internet.
Parlano del sinodo di Jamnia, fatto dagli ebrei nell’anno 90 d.C. nel quale –dicono- fu revisionato il canone biblico dell’Antico Testamento. Basterebbe leggere con più attenzione la Bibbia per capire che agli ebrei fu tolta ogni autorità ecclesiastica e decisionale, con la nascita del cristianesimo. Fu Cristo a levargliela, dandola ai suoi apostoli e questi ultimi ai loro successori, così avverrà fino alla fine dei giorni terreni.
Nell’anno 90 d.C. Giovanni apostolo era con molta probabilità ancora vivo, ma non partecipò a quel sinodo ebreo, come neppure altri cristiani.
Paolo ad esempio fu un cristiano molto dotto, conosceva benissimo le Scritture dell’Antico Testamento, e come lui anche Apollo, Timoteo, Tito, Filemone e tanti altri, non credo quindi che i cristiani avessero bisogno di farsi rivedere il Canone dagli ebrei, e poi se non sbaglio questi ultimi istigavano i romani a perseguitarli.
Possibile che i fratelli separati non si rendano conto di andare contro il cristianesimo stesso dando autorità agli ebrei, in un’epoca dove già esistevano le prime comunità cristiane?
Sì purtroppo è possibile, il loro anticattolicesimo li acceca, e non li fa riflettere abbastanza.
Preferiscono dare autorità a quegli stessi ebrei che rifiutarono il Messia, pur di screditare la Chiesa cattolica. E’ risaputo che gli i dottori ebrei le tentarono tutte per screditare i cristiani agli occhi del popolo. Screditare la Bibbia dei Settanta, in quell’epoca usata dai cristiani, apostoli compresi, era un’abile e astuta mossa, rimisero stranamente mano al canone, ed esclusero i 7 libri deuterocanonici, che erano da parecchio tempo parte integrante del canone ebreo-alessandrino.
Ma non dimentichiamo –come spesso accade- che vi furono anche molti ebrei che accolsero il messaggio cristiano, a cominciare dagli apostoli passando attraverso le conversioni di massa di pentecoste. In quegli anni diversi Messia si presentarono come salvatori di Israele, ma nessuno di essi durò a lungo. Tuttavia alcuni di essi ricevettero il credito dei rabbini, che li appoggiarono esortando il popolo ebraico a ribellarsi contro l’invasore romano, certi di vincere contro ogni ragionevole dubbio. “Per ultimo, ecco Bar Kokheba: è il vertice del messianesimo ebraico in senso non solo cronologico ma anche ideale. Si chiamava Simone, l’altro nome gli fu dato a riconoscimento dei suoi titoli messianici. Bar Kokheba significa infatti, in aramaico “Figlio della Stella”, un termine applicato soltanto al Messia. Del resto il più celebre tra i rabbini e i dottori della legge, Akiba il Grande, riconobbe in lui pubblicamente il Cristo. Anche se “i tempi erano scaduti”, anche se molti nell’ebraismo consideravano ormai passato nella delusione il periodo dell’attesa, la grandezza delle gesta di Simone il Magnifico e il riconoscimento ufficiale da parte dei sacerdoti finirono col trascinare tutti dietro di lui. Nel 132 d.C. Bar Kokheba riuscì a cacciare i romani da Gerusalemme. L’entusiasmo dilagò incontenibile, tanto che si batterono subito monete del Regno così lungamente atteso. Portavano l’iscrizione: <<Anno Primo della Redenzione d’Israele>>. Il primo anno, cioè dell’Era Messianica.
Seguirono altre esaltanti vittorie che convinsero anche quei dottori della Legge ancora perplessi che il Messia era davvero giunto. Quando Roma passò al contrattacco, la lotta divampò terribile. La resistenza degli ebrei, fanatizzati dalla certezza di combattere sotto le insegne del Cristo d’Israele, fu tale <<da stupire il mondo intero>>, come scrisse lo storico antico Dione Cassio. Tanta era la fede, che i legionari romani dovettero espugnare con perdite sanguinose ben 50 fortezze e 985 tra città e villaggi. Quando l’incredibile resistenza terminò con la seconda rovina totale di Israele (la prima fu quella intorno al 70 d.C.) crollò anche la fede in quel Messia. Gli stessi sacerdoti che lo avevano soprannominato Bar Kokheba, figlio della stella, gli cambiarono l’appellativo in Bar Kosheba, figlio della menzogna. La fede in quel Simone, il Messia patentato, non sopravvisse in alcun modo allo scacco, seppure glorioso.
Gesù, il Messia sconfessato, sopravvive invece allo scacco vergognoso, alla morte sul servile supplicium, il supplizio per gli schiavi.” (cfr Messori, Ipotesi su Gesù)
Questi elementi storici sconosciuti ai molti, fanno parte della storia del popolo ebraico, quello stesso popolo che perdette l’autorità ecclesiastica per volere del Messia in persona. Lo vediamo barcamenarsi nel disperato tentativo di trovare il Messia giusto, in sostituzione a quello “falso” che avevano crocifisso, i fatti, la storia ci insegna che sbagliarono più volte fino allo loro totale distruzione, rifiutando sempre e comunque il cristianesimo. Escogitavano qualsiasi stratagemma per screditare i cristiani, non per ultimo, come accennavo quello di rivedere il canone estromettendo i 7 libri, nel tentativo di minare la Bibbia dei cristiani, anche nella parte più Antica.ù cominciando da Mosè e dai profeti, andava spiegando loro tutto quello che nelle Scritture alludeva lui (Lc 24,27). Gesù strada facendo alla volta di Emmaus, spiega a due dei suoi discepoli il vero significato di alcune pagine dei Vecchio Testamento: Né individualmente, né soccorsi dai loro rabbini erano stati in grado di afferrarne la portata. Allora rischiarò le loro menti affinché comprendessero il significato delle Scritture (Lc 24,45). Gesù risorto, nel Cenacolo, dopo aver cenato con gli Apostoli, spiega anche a loro, come ai due di Emmaus, il vero significato delle predizioni, contenute nel Pentateuco di Mosè, nei libri dei Profeti e in quello dei Salmi. Le spiegazioni di Gesù non sarebbero state necessarie, se lo Spirito Santo, come aveva ispirato gli antichi agiografi, autori umani della sacra Scrittura, avesse ispirato uno per uno anche i lettori della medesima.
La Sacra Scrittura, senza la Chiesa che ne garantisce l'origine divina e la genuina interpretazione, sarebbe priva di autorevolezza. Però anche la Chiesa, senza la Sacra Scrittura, resterebbe priva del sussidio principale cui ordinariamente fa ricorso nel trasmettere ai fedeli le verità della fede, contenute integralmente nel deposito della sacra Tradizione. Figuratamente si può dire che la Scrittura senza la Tradizione sarebbe priva di autorevolezza, e che la Tradizione senza la Scrittura sarebbe priva dì parte del proprio contenuto, come persona che avesse smarrito un preziosissimo promemoria, pur restando in grado di riscriverselo.La Sacra Scrittura è un tesoro di ricchezze incalcolabili, accumulate lungo i secoli per opera dello Spirito Santo, alla Chiesa cattolica affidate, e che esclusivamente la Chiesa cattolica ha la facoltà di offrire debitamente alle anime per la loro salvezza eterna. Ecco perché non apre un tale scrigno spensieratamente, ecco perché non permette a chiunque di affondarvi le mani a proprio arbitrio."Non da altro infatti sono nate le eresie, se non da questo: che le Scritture, ottime in sé, vengono fraintese, e che quanto in esse è stato frainteso, viene sostenuto con temeraria audacia (S. Agostino, Trattati su San Giovanni, 18, c. 1)". Una mamma non offre del pane a un lattante, non perché il pane sia cattivo, ma perché al suo bambino farebbe male.
Se l'assistenza soprannaturale necessaria al lettore, affinché dalla sacra Scrittura tragga alimento di vita eterna, fosse come quella concessa allo scrittore che la vergò, le preoccupazioni avanzate dall'autorità ecclesiastica sarebbero per lo meno superflue. Sì, l'una e l'altra ispirazione è una grazia attuale; nell'agiografo però agì ex opere operato, tanto che non richiese in lui neppure formale coscienza di essere strumento dello Spirito Santo; mentre nel lettore agisce ex opere operantis: cioè esige in lui preparazione solerte, umile collaborazione, riconoscenza adorante.
La sacra Scrittura è intrinsecamente difficileNella lettera dell'apostolo Giacomo si legge che la fede, se non ha le opere, è morta (Gc 2,17), e che ognuno viene giustificato in base alle opere, e non soltanto per la sua fede (Gc 2,24). Lutero che insegnava diversamente, espunse dal novero dei libri ispirati la lettera di Giacomo, la lettera di paglia, come egli ironicamente la denominava.Atti degli Apostoli san Luca ci dice che i missionari Paolo e Barnaba, imponendo loro le mani, eleggevano i presbiteri ai quali affidavano le nuove cristianità da loro stessi fondate
(At 14,22) mentre i Valdesi, ne Il Nuovo Testamento con note spiegative, Torre Pellice, 1955 insegnano che i due missionari facevano eleggere da altri, cioè dai fedeli, i propri presbiteri, come usano i Valdesi tuttora.
Ancora nel Atti 21,9 leggiamo che il diacono Filippo aveva quattro figlie vergini, cioè non maritate, in greco parthenoi, voce che nell'opera valdese sopraccitata viene espressa dalla frase che erano maritate, suggerita dall'avversione dei Valdesi nei riguardi dei celibato.è il caso di meravigliarsi: la manomissione della sacra Scrittura fu abitudine comune a tutti gli eretici, preoccupati di avallare i propri errori ricorrendo alla sacra Scrittura convenientemente ritoccata o addirittura ridimensionata. Come potrà il semplice fedele difendersi da tali manomissioni indebite?
Non certo interrogando la sacra Scrittura stessa; ma solo ricorrendo all'autorità competente della Chiesa cattolica: Chiesa per la quale i libri ispirati vennero per l'appunto ispirati: autorità cui compete in esclusiva anche la facoltà di dichiarare autentica questa e quella traduzione della sacra Scrittura dalle lingue originali in una qualsivoglia lingua moderna.Tuttavia bisogna pur ammettere che non c'è traduzione per quanto accuratamente eseguita e debitamente approvata, che equivalga perfettamente l'originale. Per questo le traduzioni cattoliche della sacra Scrittura sono corredate di note, ordinate anche a mettere a disposizione del lettore un testo il più possibile corrispondente a quello scritto nelle lingue bibliche, l'ebraico antico, l'aramaico e il greco ellenistico. Tuttavia anche il possesso di tali lingue talora non basta per afferrare il senso autentico di qualsivoglia pagina del libro sacro.Libro? Piuttosto libretti, come dice esattamente la parola greca Biblia.
Si tratta infatti di una biblioteca, alla cui composizione concorsero numerosi autori umani, amanuensi dello Spirito Santo; autori umani che scrissero innanzi tutto per i loro contemporanei; e questi e quelli con mentalità e modi di esprimere sotto vari aspetti diversi dai nostri; libri ritoccati da vari redattori posteriori lungo il decorso di non pochi secoli; libri nei quali si trattano, a volte in modo alquanto promiscuo, argomenti d'indole varia: parabole, poesie, profezie, apocalissi, preghiere, lamentazioni, imprecazioni; ma principalmente fatti storici, narrati ora in modo piano, ora ampliati dallo stile epico, ora adornati dagli aedi popolari che li conservarono e li trasmisero da secolo in secolo oralmente, fino a quando non vennero messi per iscritto in questa o in quell'altra forma.Tradurre tutto ciò secondo le esigenze della nostra mentalità senza guastare nulla, sarà mai possibile? Per questo il biblista impegnato si studia di tradurre il più possibile la propria mentalità moderna in quella degli antichi agiografi: opera certo non facile, che raramente può riuscire in modo perfetto, ma affascinante e religiosamente quant'altra mai ben rimunerata.Tuttavia la maggiore difficoltà che contrasta la retta interpretazione della sacra Scrittura, non deriva tanto dalla sua forma letteraria, quanto dal suo contenuto. E’ facile convincersene, sol che si badi a quanto avviene presso quei Protestanti che ricorrono alla Bibbia come a un prontuario di ricette.
In tal modo, a base di Bibbia, si possono sentire autorizzati oggi ad affermare una certa opinione, e domani la contraria; oggi a sostenere la moralità di un certo comportamento, e domani a riprovarlo. Ciò avviene perché non si può prendere come norma di verità a sé sufficiente una pagina della sacra Scrittura avulsa dal contesto prossimo e remoto.
L'ispirazione biblicaLa tradizione ebraico-cattolica, riconfermata solennemente nel Concilio di Trento, afferma che l'autore della sacra Scrittura è Dio stesso; ma riconosce anche che Dio non ne è l'unico autore: a ragione si parla di Legge di Mosè, di Salini dì Davide, di Proverbi di Salomone.Dio infatti volle servirsi a modo di strumenti intelligenti e liberi di collaboratori umani, a volte coscienti di parlare o di scrivere in nome di Dio, come quando certi Profeti proclamavano alle folle gli oracoli di Yahweh, altre volte invece del tutto inconsci della provvidenza divina tutta speciale che vegliava sul loro lavoro, illuminava la loro mente, dirigeva la loro volontà, tanto da ottenere che trasmettessero fedelmente agli uomini mediante i loro scritti il messaggio di Dio. In questa azione dello Spirito Santo sulla mente e sulla loro volontà dell'agiografo consiste essenzialmente la sacra ispirazione, secondo la definizione classica della medesima stilata da Leone XIII il 18 novembre 1893 nell'enciclica Providentissimus Deus.Tali strumenti umani, nello scrivere, nel ritoccare, nel ridimensionare i libri ispirati, lasciarono in essi la propria impronta, in modo analogo a quanto avviene di un pennino che, pur tracciando fedelmente le consonanti e le vocali volute da colui che impugna la penna, le traccia tuttavia più o meno fini, più o meno intozzate, a seconda della forma e dell'elasticità della propria punta.Ciononostante anche la forma letteraria si deve dire ispirata, in quanto è lo Spirito Santo che elesse questo piuttosto che quell'altro strumento umano appunto perché in consonanza con la propria personalità e temperamento e sensibilità artistica, avrebbe usato un certo genere letterario piuttosto che un altro: anche la forma dei pennino viene scelta dallo scrivente, quando sceglie quel certo pennino.
San Luca ci assicura di non essersi accinto a comporre il suo Vangelo, che dopo aver investigato diligentemente ogni cosa sin dall'inizio (Lc 1,3).Tanta cura sarebbe stata superflua, se lo Spirito Santo gli avesse dettato quanto egli mise per iscritto. Se si prende la parola "dettato" nel suo senso più stretto e rigoroso, la sacra ispirazione non può essere dichiarata propriamente "dettato dello Spirito Santo". Negli Atti 23,26-30 san Luca inserisce di sana pianta la lettera inviata al procuratore romano Felice dal tribuno Claudio Lisia: lettera nella quale Claudio Lisia, mentendo, afferma di essere corso a salvare Paolo aggredito dai Giudei, appena seppe che Paolo era cittadino romano.Anche tale lettera si può dire ispirata, non meno che ogni altra pagina degli Atti, non in quanto sia stato ispirato Lisia a scriverla, e tanto meno a mentire, ma in quanto venne ispirato san Luca, affinché la inserisse negli Atti.
Così si dica della sentenza dei Sinedrio: È reo di morte (Mt 26,66).Lo Spirito Santo ispirò san Matteo a collocarla nel suo Vangelo; ma fu il demonio a ispirarla ai sinedristi, non lo Spirito Santo.Consideriamo ancora la lettera di Lisia per una precisazione ulteriore. Detta lettera non rivela una qualche verità altrimenti inaccessibile alle capacità conoscitive naturali dell'uomo: tutto quello che vi si legge, è uscito dalla mente e dalla fantasia di Lisia: tutto ciò che vi si contiene, è ispirato; nulla di ciò che vi si contiene è rivelato.Non tutto ciò che è ispirato, è necessariamente anche rivelato. La sacra ispirazione ha un'estensione maggiore della divina rivelazione.Ecco perché non fa difficoltà ammettere come ispirati nella Bibbia anche dei semplici ornamenti pittorici, quali ad esempio i riferimenti al cane che accompagna Tobia e l'arcangelo Raffaele lungo il viaggio, che precede costoro alla casa dove li attende Tobia il vecchio, cui annunzia il ritorno dei figlio menando festosamente la coda (Volgata-Tobia 6,1; 11, 9).
La sacra Scrittura ha per autore principale Dio, e perciò è ultimamente parola di Dio. Dio ce la rivolge per farci conoscere delle verità a noi naturalmente inaccessibili, i divini misteri, e quindi la meta suprema per la quale ci ha creato, e i mezzi che ci offre affinché possiamo raggiungerla. Se la sacra Scrittura contenesse qualche errore vero e proprio, ci proponesse cioè come verità comunicataci da Dio qualche falsità senza definirla per tale, senza il debito correttivo, cesserebbe di essere sentiero di vita, né potremmo ritenerla derivata dalla fonte da Dio, fonte ultima di ogni verità.Ora, scorrendo le pagine della sacra Scrittura, possiamo imbatterci nell'espressione Dio non esiste. Presa a se stante è certamente falsa, e non può essere parola di Dio. Tutto cambia appena la si ricolloca nel suo contesto immediato: Lo stolto pensa: "Non c'è Dio" (Sal 14 [13], 1). Questa o quella parte della sacra Scrittura, avulsa dal contesto più o meno prossimo, può assumere un significato addirittura antitetico rispetto a quello inteso dal suo autore.
Or questo può avvenire anche per il Vecchio Testamento in genere, quando venga avulso dal Nuovo. La rettifica o condanna di un qualche. comportamento o di una qualche opinione errata, a volte è dato trovarla nel Vecchio Testamento stesso. Così avviene a riguardo dell'opinione ateistica espressa dall'insipiente, subito corretta dal contesto che ne denuncia l'insipienza; così avviene per la ribellione di Adamo, per il fratricidio commesso da Caino, per l'amoralismo di Lamek, colpe condannate da tutto il contesto.
Di altri comportamenti ed opinioni invece la messa a punto definitiva si trova solo nel Nuovo Testamento. Basti considerare il discorso della Montagna. In esso Gesù, dopo aver premesso di non essere venuto per distruggere, ma per portare alla piena maturazione le prescrizioni della Legge e dei Profeti, per ben sei volte presenta la sua legge come correttivo al comportamento tollerato dall'antica legge: Avete udito quanto fu detto agli antichi... Ma io vi dico (Mt 5).Dal punto di vista morale l'antica legge a volte, più che disposizioni positivamente divine, non conteneva che delle limitazioni poste da Dio a dei costumi immorali incancreniti. Una legge che li avesse interdetti in tronco, non avrebbe avuto risonanza: invece di giovare, avrebbe suscitato meraviglia, scandalo, disprezzo. Per questo il Signore agì come il medico che vuol disintossicare una persona affetta da alcoolismo: non la priva bruscamente dell'alcool; ma gliene concede via via sempre di meno, fino a quando potrà negarglielo del tutto senza pericolo. Ora il compito di restaurare integralmente la legge di Dio era riservato a Gesù, che infatti non esita a legiferare come solo Dio stesso avrebbe potuto legiferare, e nel campo morale proibisce in modo inequivocabile il divorzio, pur tanto diffuso universalmente e non raro anche tra il popolo d'Israele, la poligamia, già tollerata nella stessa tribù di Abramo; la vendetta privata estesa talora anche contro degli innocenti; e nel campo dottrinale proietta un raggio di chiara luce sull'aldilà, sostituendo la sua dottrina categorica nei riguardi del Paradiso e dell'Inferno, all'opinione sullo Sheòl, tanto vaga e nebulosa e, fatta eccezione per qualche persona particolarmente privilegiata e illuminata, tanto diffusa in Israele.
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Continua...