Dono delle Lingue - Catechesi Battesimo nello Spirito Santo
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Fin dalle origini del cristianesimo sono esistiti all’interno della Chiesa particolari carismi utili per l’edificazione, la evangelizzazione, come anche per la guarigione fisica. Lo Spirito Santo ha quindi sempre assistito la sua Chiesa in modo misterioso ma tangibile.
Il dono delle lingue è considerato dai fratelli pentecostali una sorta di cartina tornasole del vero cristiano, ma spesso come vedremo, essi fraintendono il significato di questo dono, che può essere presente nelle comunità cristiane, ma che sicuramente non rappresenta la prova maestra del vero cristianesimo, o dell’aver ricevuto il battesimo nello Spirito Santo.
Il Pentecostalismo non è altro che misticismo impazzito, e la cosa è bene illustrata dalle fonti pentecostali.
Una pubblicazione pentecostale, La Voce degli Uomini d’Affari del Pieno Vangelo, nel numero di giugno 1960, presenta una descrizione del battesimo con lo Spirito Santo di un pastore che, turbato dalla propria “mancanza di potenza”, aveva perseguito il battesimo del fuoco:
Direttamente ho sentito nelle mie mani una strana sensazione, una sensazione che poi è salita fino a metà delle braccia e poi cominciò ad aumentare. E’ come se avessi ricevuto una fortissima scarica elettrica. Cominciò a scuotere e tirarmi le mani. Potevo udire come il rombo di questa potenza. Tirava le mie mani in alto e ce le lasciava là come se Dio le prendesse nelle sue. Poi nella mia anima venne una voce che diceva: “Imponi quelle mani ai malati e li guarirai!” ... ancora però non avevo quel battesimo... In una stanza con aria condizionata, con le mie mani alzate ... e il mio cuore che si protendeva verso Dio, ecco che venne su di me il suo amore come una lava liquida bollente. Si riversava su di me come un torrente dal cielo e mi sentivo come innalzato nel cielo. Parlavo in una lingua che non potevo comprendere per circa due ore. Il mio corpo sudava come se fossi stato in una sauna: il battesimo del fuoco! (citato da Frederick Dale Bruner, Una Teologia dello Spirito Santo, p. 127).
Certamente tutto questo avrebbe messo in imbarazzo Jacob Boehme, per quanto mistico egli fosse!
John Sherrill, pentecostale di prim’ ordine, scrive di aver visto Gesù in una luce bianca sfavillante nella sua camera d’ospedale (cfr. il suo Essi parlano in altre lingue).
Donald Gee, un altro pentecostale di rilievo, descrive in questo modo il suo battesimo pentecostale: “Noi veniamo portati in Dio stesso, e l’anima riceve il desiderio consumante di essere sempre di più e completamente perduto in Lui” – un linguaggio questo tipico del misticismo (cfr. A New Discovery, p. 23).
Il Pentecostalismo è arrogante. Esso è arrogante nel suo atteggiamento verso la Chiesa del passato. Fino al 1900 non si conosceva né si parlava nella Chiesa del “battesimo nello Spirito Santo” nei termini presentati dai pentecostali. Atanasio ed Agostino non l’avevano. Lutero e Calvino non l’avevano.
Il dono delle lingue è considerato dai fratelli pentecostali una sorta di cartina tornasole del vero cristiano, ma spesso come vedremo, essi fraintendono il significato di questo dono, che può essere presente nelle comunità cristiane, ma che sicuramente non rappresenta la prova maestra del vero cristianesimo, o dell’aver ricevuto il battesimo nello Spirito Santo.
Dove sta l'errore Pentecostale? Sta nel fatto che i teologi pentecostali hanno voluto creare un nuovo dogma, e precisamente il dogma che consentirebbe di riconoscere se un credente è battezzato o no di Spirito Santo. Il dogma, perchè di questo si tratta, afferma categoricamente che l'evidenza di aver ricevuto il Battesimo nello Spirito Santo è il fatto di esprimersi in "lingue", puntualizzando secondo le Scritture. Ma secondo le Scritture i primi 120 discepoli parlarono sì in lingue, ma lingue straniere comprensibili alle persone che li ascoltavano, come anche allo stesso modo Cornelio e i suoi. Oggi i credenti pentecostali in base a questo dogma affermano che si riceve il battesimo nello Spirito Santo quando il credente manifesta l'evidenza del segno delle "lingue". Allora uno può chiedersi: ma dove sta l'errore? Proprio nelle "lingue". Non si tratta delle stesse lingue.
Perchè mentre il Battesimo originale nello Spirito Santo ebbe tra gli altri segni il parlare in lingue straniere, e questo secondo le Scritture, il moderno Battesimo nello Spirito Santo, secondo i Pentecostali, è evidenziato dal parlare lingue incomprensibili.
(La Bibbia ci parla largamente nella prima Lettera ai Corinti, cap. 12, 13 e 14, del dono delle lingue, definendone la sua utilità e le sue caratteristiche, ma si parla di lingue celesti che servono al credente per la sua edificazione personale e per esprimere a Dio la propria adorazione con parole suggerite dallo Spirito Santo, ma sempre lingue incomprensibili agli ascoltatori.)
Coseguenze di un errore non possono essere che altri errori. Il dogma pentecostale ha sostituito la Parola di Dio e pretende di farle dire quello che non dice:
"Non hai mai parlato in lingue? non hai ancora ricevuto lo Spirito Santo".
"Quando sarai stato bettezzato di Spirito Santo, ce ne accorgeremo perchè parlerai in lingue".
E così le "lingue" sono diventate il marchio di autenticità di essere stati battezzati nello Spirito Santo. Ma la Bibbia non dice così!
Giovanni 20:21-22
"Allora Gesù disse loro di nuovo: «Pace a voi! Come il Padre mi ha mandato, anch'io mando voi». Detto questo, soffiò su di loro e disse: «Ricevete lo Spirito Santo."
Perchè gli apostoli, qui non parlarono in lingue?
Atti 9:17-19
Allora Anania andò, entrò in quella casa, gli impose le mani e disse: «Fratello Saulo, il Signore, quel Gesù che ti è apparso sulla strada per la quale venivi, mi ha mandato perché tu riacquisti la vista e sia riempito di Spirito Santo». 18 In quell'istante gli caddero dagli occhi come delle squame, e ricuperò la vista; poi, alzatosi, fu battezzato. 19 E, dopo aver preso cibo, gli ritornarono le forze.
I pentecostali non sanno rispondere!
Leggiamo cosa scriveva s. Tommaso d’Aquino nella Summa Teologica a proposito del dono delle lingue:
Negli Atti [2, 4] si legge che «essi furono tutti pieni di Spirito Santo, e cominciarono a parlare in altre lingue, come lo Spirito dava loro il potere di esprimersi»; e S. Gregorio [Glossa ord.] spiega che «lo Spirito Santo apparve sui discepoli sotto forma di lingue di fuoco, e diede loro la conoscenza di tutte le lingue». Dimostrazione: I primi discepoli di Cristo furono da lui scelti per predicare ovunque la fede percorrendo tutto il mondo, secondo il comando evangelico [28, 19]: «Andate e ammaestrate tutte le nazioni». Ora, non era conveniente che quanti erano inviati per istruire gli altri avessero bisogno di essere istruiti dagli altri per poter parlare e intendere ciò che gli altri dicevano. Specialmente perché gli inviati erano di una sola nazione, cioè della nazione giudaica, secondo la predizione di Isaia [27, 6 Vg]: «Quelli che escono con impeto da Giacobbe riempiranno con la loro discendenza la faccia della terra». Inoltre essi erano poveri e impotenti, e non avrebbero potuto trovare facilmente da principio degli interpreti fedeli: soprattutto essendo essi inviati ai popoli pagani. Quindi fu necessario che Dio provvedesse loro con il dono delle lingue: per cui, come la diversità delle lingue era cominciata quando i popoli si erano abbandonati all‘idolatria [Gen 11, 7 ss.], così pure quando i popoli stavano per essere richiamati al culto del vero Dio fu dato un rimedio a questa diversità col dono delle lingue.
Analisi delle obiezioni: 1. Come si legge nella Scrittura [1 Cor 12, 7], «la manifestazione dello Spirito è concessa per una utilità». Perciò S. Paolo e gli altri Apostoli furono istruiti da Dio nelle lingue di tutte le genti nella misura richiesta dall‘insegnamento della fede. Quanto invece alle rifiniture dell‘arte, quali la bellezza e l‘eleganza del periodo, l‘Apostolo ne ebbe il dono nella propria lingua, non nelle lingue straniere. Come anche nella sapienza e nella scienza gli Apostoli erano istruiti a sufficienza secondo le esigenze dell‘insegnamento della fede, ma non quanto a tutto ciò che può essere conosciuto con la scienza acquisita, come ad es. le conclusioni dell‘aritmetica o della geometria. 2. Sebbene fosse possibile l‘una o l‘altra soluzione, cioè che venissero compresi da tutti parlando una sola lingua, oppure che parlassero tutte le lingue, tuttavia era più conveniente che essi stessi parlassero tutte le lingue: poiché ciò conveniva maggiormente alla perfezione del loro sapere, in base al quale non solo potevano parlare, ma anche intendere ciò che gli altri dicevano. Se invece tutti avessero compreso la loro unica lingua, ciò sarebbe avvenuto o per la scienza di quelli che li sentivano parlare, oppure per una specie di illusione: cioè per il fatto che alle orecchie degli altri le parole giungevano diverse da quelle che essi proferivano. Per questo dunque la Glossa [ord. di Beda] afferma che «fu un miracolo più grande che essi potessero parlare ogni genere di linguaggio». E S. Paolo [1 Cor 14, 18] dichiara: «Grazie a Dio, io parlo con il dono delle lingue molto più di tutti voi».
3. Cristo personalmente doveva predicare a una sola nazione, cioè ai Giudei. Per cui, sebbene egli senza dubbio conoscesse perfettamente tutte le lingue, tuttavia non era necessario che le parlasse. Per questo, come scrive S. Agostino [In Ioh. ev. tract. 32], «pur ricevendosi anche oggi lo Spirito Santo, nessuno parla più le lingue di tutte le genti: poiché ormai tutte queste lingue le parla la Chiesa, fuori della quale nessuno riceve lo Spirito Santo». Ma s.Tommaso dice anche altre cose su tale dono, cioè che talvolta serve per l’edificazione personale, perché lo spirito dell’uomo prega e parla direttamente a Dio nella lingua degli angeli. Tuttavia, avverte, come del resto fa la Bibbia, che in presenza di gente che deve essere edificata, è meglio non pregare in lingue, perché chi ascolta non capisce nulla di ciò che viene detto, e quindi non riceve nessuna edificazione.
Un fedele riceve lo Spirito Santo nel momento stesso in cui comincia a credere, perché nessuno crede da se stesso, ma bensì perché è chiamato da Dio, che trovando il cuore dell’uomo predisposto, può seminare il suo germe di salvezza. Questo seme germoglia e manifesta i suoi frutti attraverso l’azione dello Spirito Santo. I doni principali che davvero distinguono i veri cristiani sono la carità e l’amore! Il dono delle lingue può servire per predicare a popoli stranieri, oppure per pregare con le lingue degli angeli, ma non è paragonabile né alla carità, né all’amore.
Quando poi un dono viene usato per parametrizzare i cristiani, allora si esce fuori dall’ortodossia della fede. In molti ambienti pentecostali infatti chi non parla in lingue viene considerato una sorta di cristiano di serie B, chi non parla in lingue ad esempio non può ricoprire cariche di alta responsabilità, come pastore o catechista.
Lo Spirito Santo si può ricevere più volte nella vita, la Bibbia stessa lo insegna quando ci dice che gli apostoli ricevettero lo Spirito Santo in almeno tre occasioni, durante il loro battesimo, (perché non possiamo asserire che gli apostoli non furono battezzati da Gesù) durante l’apparizione di Gesù che alitò su di loro lo Spirito, e durante la Pentecoste. Non basta una ricevere lo Spirito Santo una sola volta? Evidentemente no, non bastò nemmeno agli apostoli, che vistosamente titubanti ricevettero un rafforzamento dello Spirito Santo che già era in loro. Lo Spirito Santo che è in noi ha bisogno di essere alimentato, dalla preghiera principalmente, ma anche dai sacramenti, primo fra tutti l’Eucaristia. E’ come una lampada ad olio, se non la si alimenta si spegne, e più la si alimenta meglio risplende.
L’IMPOSIZIONE DELLE MANI
L’imposizione delle mani, rappresenta uno dei rituali più antichi e più rilevanti, un gesto dai molteplici significati simbolici. “Vorremmo ora tracciare quasi un elenco dei suoi vari valori così da rivelare la funzione spirituale e liturgica che questo atto semplice e primordiale riassume in sé. C’è innanzitutto l’imposizione sacrificale: il fedele che offre in sacrificio un animale, nel momento in cui la vittima viene consacrata a Dio, impone la sua mano sul capo della bestia. Nel grande rito del Kippur, la solennità dell’espiazione, il sommo sacerdote impone entrambi le mani sul capro che incarnerà in sé i peccati del popolo (Levitico 16,21). Come si suol dire tecnicamente si tratta di un transfert, ossia di una sorta di auto identificazione del fedele (o del popolo nel caso del Kippur) con la vittima. E’ come se ci trasferissimo in essa per offrirci totalmente al Signore, oppure travasassimo in essa il nostro peccato per essere liberati ritualmente. C’è, però, un’altra occasione in cui si impongono le mani: è il momento della benedizione. Così fa Giacobbe nei confronti dei due figli di Giuseppe, quando li benedice assegnando loro una funzione all’interno delle dodici tribù future. Significativa è la scenetta di Gesù circondato dai bambini, condotti a lui <<perché imponesse loro le manie pregasse per loro>> (Matteo 19,13-15). Un altro significativo uso di questo gesto è quello registrato in occasione di molti miracoli di Cristo. Esso acquista un valore particolare, persino provocatorio, nel caso dei lebbrosi che, secondo la normativa biblica, non potevano neppure essere avvicinati: <<Venne da Gesù un lebbroso…Mosso a compassione, stese la mano, lo toccò…>> (Marco 1,40-41). E’ come se Cristo volesse non solo imporre le mani per trasmettere l’energia sanante divina, come accadeva nelle altre guarigioni, ma desiderasse quasi assumere su di sé il male per liberare la sua vittima. Un altro aspetto dell’imposizione delle mani è di sua natura squisitamente liturgica e riguarda l’investitura in una carica soprattutto sacra. C’è il caso descritto dal libro dei Numeri (27,18-23) riguardante Giosuè, proclamato da Mosè come suo successore attraverso l’imposizione delle mani: <<Giosuè è pieno di spirito di sapienza, perché Mosè gli ha imposto le mani>>, si legge nel Deuteronomio (34,9). Si intuisce, così, la funzione simbolica del gesto: trasmettere la grazia divina che consacra l’eletto e lo dota dei doni necessari per espletare la sua missione. E’ ciò che accade anche nel Nuovo Testamento per Timoteo, il discepolo di Paolo, che riceve l’imposizione delle mani per il suo ministero da parte dell’Apostolo stesso e dell’<<assemblea dei presbiteri>>, come si legge nella Prima (4,14) e Seconda Lettera a Timoteo (1,6). Lo stesso Timoteo sarà ammonito a <<non imporre le mani a nessuno con troppa fretta>>. (1 Timoteo 5,22).
C’è, infine, un’altra imposizione delle mani che ha come destinatari tutti i cristiani. Ci sono, infatti, tre passi degli Atti degli Apostoli in cui a quel gesto corrisponde il dono dello Spirito Santo. Il primo accade a Samaria ove gli apostoli Pietro e Giovanni impongono le mani su alcuni battezzati perché ricevano il dono dello Spirito (Atti 8,17-19). Molti vedono in questo rito la prefigurazione del sacramento della Confermazione o Cresima. L’altro caso riguarda proprio Saulo appena convertito: a lui Anania, cristiano di Damasco, impone le mani perché riacquisti la vista e sia ripieno di Spirito Santo (9,17). Infine, è Paolo stesso a compiere tale gesto su alcuni battezzati di Efeso e <<non appena ebbe imposto loro le mani, scese su di loro lo Spirito Santo>> (19,6). (cfr, Famiglia Cristiana n.17 del 27 aprile 2008).
Spesso invece dell’imposizione delle mani, i pentecostali usano un fai da te, che vede sempre il singolo chiedere in preghiera, insistentemente, il dono, o il battesimo nello Spirito Santo. Non credo che nella bibbia troviamo casi simili.
Ma nella Bibbia vediamo che lo Spirito di Dio non soffia solo sui cristiani. Potremmo chiederci allora se tutti possono ricevere lo Spirito, questa effusione, e se Esso sia presente altrove, certamente, certissimamente si, e questo lo spiegherebbe l'apostolo quando dice:
"Carissimi, non vogliate credere a ogni spirito, ma esaminate gli spiriti per conoscere se sono da Dio, poiché molti falsi profeti sono venuti nel mondo."(1Gv.4,1,6)
Dunque nessuno scandalo se altrove sentiamo di questi fenomeni attribuiti allo Spirito, il punto è non scandalizzarci, ma appurarne l'autenticità' altrimenti perché l'apostolo ci avrebbe invitati a fare discernimento? Perché ci inviterebbe ad esaminare gli spiriti per capire se provengono da Dio? La presenza di una effusione nello spirito genera naturalmente delle testimonianze, in queste testimonianze noi dobbiamo appurarci della loro autenticità. Una effusione nello Spirito Santo ad esempio, che nella chiesa degli Unitariani insegna poi che la Trinità NON ESISTE, non può essere animata da uno spirito che viene da Dio, altrimenti lo Spirito che li anima sarebbe menzognero
Infine da una effusione nello Spirito che essi erroneamente innalzano più del Battesimo in acqua, si generano i pastori e dunque il rischio di falsi pastori!
Come vediamo l'avviso dell'apostolo è comprensibile alla luce di tutta questa dottrina spesse volte non chiara e contraddittoria che molti gruppi pentecostali- fanno sull'effusione dello Spirito.....
Leggiamo ora una RICOSTRUZIONE BIBLICA dell'effusione dello Spirito per tentare di capire come Dio interveniva ed interviene.
IL DONO DELLO SPIRITO DA MOSE' A GIOELE
Nell'Antico Testamento i doni di Dio, i carismi, non sono permanenti: sono provvisori, momentanei.Questi uomini di Dio, di tanto in tanto, si riempiono del suo soffio, della sua forza, dello Spirito di Dio come di qualcosa che "sopravviene", che non sta sempre nell'uomo ma lo investe dall'alto.Così questo "soffio" investe o invade tra i Giudici Gedeone (Gdc 6,34), Otniel (Gdc 3,10), Jefte (Gdc 11,29); conferisce a Sansone una forza gigantesca ma non permanente.Parimenti Saul subisce una trasformazione spirituale, una forza che eccede le sue capacità normali (1 Sam 10,11).Un cambiamento si registra con l'elezione di Davide: "Samuele prese il corno dell'olio e lo unse in mezzo ai suoi fratelli. Allora irruppe lo Spirito del Signore su David da quel giorno in poi" (1 Sam 16,13).
La novità sta tutta in questa continuità, che si può intendere sia in relazione al regno, cui e' garantita una lunga permanenza, sia in relazione alla persona, cui si promette il possesso dello Spirito. Un aspetto diverso notiamo riguardo a Mosè quando si dice che "... il Signore scende nella nube, parla con Mosè, sottrae una parte dello Spirito che è sopra Mosè e lo pone sopra i settanta anziani" (Nm 11,24ss): in effetti solo Dio può consentire il passaggio dello Spirito da un uomo a un altro uomo, come avviene anche nel caso di Elia, il cui spirito si posa su Eliseo.Ma il seguito del racconto in Numeri (Nm 11,26), quando due uomini che non sono fra i settanta "profetizzano" nell'accampamento, al di fuori dello spazio sacro e Giosuè chiede: "Mosè, signor mio, impediscili !", la risposta di Mosè è molto interessante: "Sei tu geloso per me?
Fossero tutti profeti nel popolo del Signore e volesse il Signore dare loro il suo spirito!", esprime l'anelito che l'esperienza profetica non sia soltanto la prerogativa di alcuni privilegiati, ma che il dono dello Spirito sia patrimonio comune di tutti i credenti.Questa aspirazione di Mosè che tutti siano profeti nel popolo di Dio, trova una singolare risonanza nelle parole di Gioele:"Spanderò il mio Spirito su ogni carnee i vostri figli e le vostre figlie profetizzeranno,i vostri anziani faranno dei sognie i vostri giovani avranno delle visioni:perfino sugli schiavi e sulle schiavein quei giorni spanderò il mio Spirito (Gl 3,1-2).Che cosa prevede qui il profeta Gioele? Qui ancora si tratta di un dono momentaneo, eccezionale, ma ciò che è nuovo e che giustifica ampiamente la sua ripresa in At 2, è l'estensione del dono dello Spirito a tutti gli uomini, senza distinzione di sesso, di età, di classe e quindi neppure di nazione: è lo Spirito sopra ogni uomo ! E' un dato di fatto che i doni di Dio, i carismi straordinari possono essere concessi quando questa è la sua volontà e per il tempo che Lui liberamente stabilisce. Ma che gioia che tutti possiamo sperimentare, anche solo qualche volta, la grazia del sogno o della visione profetica.In fondo Gioele si augura proprio questo, che tutti possiamo aver parte alla gioia come frutto dello Spirito.
Vi sono infatti due tipi di gioia. Gioia è contentezza di sé, delle proprie riuscite, dell'approvazione che riceviamo dagli altri, di tutto quello che ci appaga e ci soddisfa.Ma gioia è anche euforia, espansione di sé, capacità di fare gesti gratuiti fuori dal normale, di godere quella che i Santi Padri chiameranno "sobria ebrietas", un'ebbrezza controllata.Questa e' sicuramente la gioia del profeta, dell'uomo di Dio nel suo entusiasmo spirituale. Ed è un desiderio, una aspirazione molto bella, quella di Mosè e di Gioele, che tutti gli uomini, tutte le donne del mondo, un giorno possano gustare questa gioia dello Spirito.
Per qualsiasi chiarimento potete contattare Padre Claudio Traverso E-mail shalom@alleluja.org
PROFEZIA, DONO DELLO SPIRITO:
DALL'ANTICO AL NUOVO TESTAMENTO
La visione delle ossa aride in Ezechiele non e' solamente un'immagine fantasiosa. Ha una forza profetica molto piu' grande: con questa poderosa metafora di ossa che si rivestono di carne e riprendono vita grazie al soffio di Dio, il profeta ci annuncia una rinascita, una nuova creazione.Dio ricomincia la storia da capo, rinnova tutto l'universo. Creare vuol dire fare una cosa nuova, che ancora non esiste. Ora lo Spirito di Dio rinnova ogni giorno il prodigio della creazione:"Ecco, io faccio una cosa nuova: e' adesso che germoglia. Non la riconoscete ?"(Is 43,19)Il Secondo Isaia si riferisce ancora, in questo modo, a un intervento divino destinato a cambiare la storia: la liberazione degli esiliati. Il Terzo Isaia scrive: "Ecco io creo cieli nuovi e una terra nuova" (Is 65,17). In realtà, neppure lui esce dalla storia: i cieli nuovi non sono altri cieli, la terra nuova non e' un'altra terra. Sono gli stessi cieli, la stessa terra "rinnovati" dal soffio di Dio grazie all'universalità' del dono creazionale dello Spirito, al fatto che esso viene riversato in ogni uomo:
"Così dice Dio, il Signore,che crea i cieli e li spiega,che stende la terra e quanto ne esce,che infonde l'alito al popolo che l'abitae il soffio a quanti vi camminano sopra:Io, il Signore, ti ho chiamato nella giustiziae ti ho preso per mano.Ti ho custodito e ti ho postocome patto del popolo, luce delle genti (Is 42,5-6).(cf. Is 42,1; Is 59,21)"Lo Spirito del Signore Dio e' su di medal momento che il Signore mi ha unto (Is 61,1).In questo ultimo passo l'unzione conferisce una stabilità al dono: a differenza dei profeti piu' antichi, l'infusione dello Spirito non e' temporanea, bensì legata a un progetto esistenziale, a una vocazione permanente.Lo Spirito del Signore è assolutamente libero di fare ciò che vuole perché Dio ha una sua volontà sovranamente libera e conferisce i suoi doni a chi vuole (generalmente a chi è pronto ad accoglierli). L'uomo e' stato pensato ad immagine di Dio, in modo che possa instaurarsi una stretta, intima relazione fra di loro.Anche l'uomo è dotato di una volontà decisionale che, entro certi limiti creaturali, è libera, ed è il suo cuore. In Ezechiele, come pure nel Terzo Isaia, "spirito" e "cuore" sono usati come perfetti sinonimi:
"Perche' cosi' dice l'Alto ed Elevato,che dimora in eterno e il cui nome e' Santo:In luogo alto e santo io dimoro,ma anche col contrito e l'umile di spiritoper far rivivere lo spirito degli umilie ridar vita al cuore dei contriti" (Is 57,15).
Contrizione e umiltà di spirito che sono la condizione stessa per stare davanti a Dio nella nostra verità creaturale. Solamente lo Spirito di Dio può santificare lo spirito dell'uomo. Ma questo dono non e' mai fatto una volta per tutte: deve essere costantemente rinnovato.I doni dello Spirito, secondo Isaia, sono destinati a rivelarsi anzitutto nel Messia figlio di David.C'e' una interdipendenza fra profezia e compimento, di modo che l'uno non può stare senza l'altra. In questo senso i santi Padri hanno sempre considerato insieme Antico e Nuovo Testamento, ed e' giusto così.Possiamo ricavare un insegnamento: nel nostro cammino verso la nostra maturità umana e spirituale, ogni passo, ogni gradino che si sale, ha un grande significato e ci avvicina al compimento. Dopo non viene del tutto eliminato perché costituisce la nostra storia, la fatica che abbiamo sperimentato nel tendere alla meta, alla pienezza della nostra condizione di creatura che cerca il Signore.
I profeti, tutti i profeti, hanno reso testimonianza a Gesù' senza neppure bisogno di una confessione esplicita del suo nome.Se davvero noi crediamo che lo Spirito Santo "ha parlato per mezzo dei profeti", per quanto in maniera velata, allusiva, misteriosa - ma proprio per questo così efficace, così suggestiva - tutto questo costituisce oggi e sempre una testimonianza di Gesù'.” (Padre Claudio Traverso)
I pentecostali non distinguono bene il valore battesimo cristiano, infatti essi cominciano col separarlo in due fasi, “battesimo in acqua” e “battesimo nello Spirito” alterando così l’insegnamento battesimale che troviamo nella Bibbia.
Essi dicono che il battesimo in acqua è una semplice pubblica testimonianza della propria fede, il credente testimonia la propria fede davanti alla comunità per mezzo del battesimo in acqua.
Ma non è questo l’insegnamento battesimale che ci ha raccomandato Gesù, Giovanni battista battezzava in acqua, ma con l’avvento di Gesù quel battesimo fu destinato a scomparire, per lasciare il posto a colui che battezzerà in Spirito Santo e fuoco. Nel linguaggio biblico fuoco significa in questo caso purificazione, fuoco purificatore, anche l’acqua è segno di purificazione.
Quindi si può usare l’analogia “dopo di me verrà Colui che battezzerà in Spirito Santo e acqua…”
Senza alterarne il significato biblico.
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