Bibbia e Omosessualità gay Chiesa papa Catechesi - Cristiani Cattolici: Pentecostali Apologetica Cattolica Studi biblici

Vai ai contenuti

Bibbia e Omosessualità gay Chiesa papa Catechesi

Catechesi prima parte
Bibbia e omosessualità

E' vero che la Bibbia e quindi Dio, benedice tutti i tipi di amore, compreso quello omosessuale?

Stupore divino

Dio creò l'umanità a sua immagine,
a immagine di Dio la creò,
maschio e femmina li creò (Gn 1,27).
Dio vide quanto aveva fatto,
ed ecco, era cosa molto buona (Gn 1,31).

GESU' HA SEMPRE INSEGNATO IL RISPETTO PER LA PERSONA qualsiasi tipo di persona, il peccato invece va condannato.
L'omosessualità di base non è peccato, ma la sua pratica sessuale si.


Il  fatto che il termine “omosessualità” nasca solo nel XIX secolo non ci  deve portare ad affermare che la Bibbia non abbia nulla da dire in  merito. Molte situazioni che interpellano l'uomo contemporaneo erano  sconosciute ai tempi in cui i libri della Scrittura sono stati composti,  ma ciò nulla toglie alla Sapienza della Parola e alla sua capacità di  orientare il cuore dell'uomo verso la verità dell'essere e dell'agire.  Posta tale premessa, accostiamo brevemente i testi che hanno un qualche  riferimento al comportamento e agli atti tra due persone dello stesso  sesso.

L'Antico e il Nuovo Testamento sono unanimi nella loro posizione: il  comportamento omosessuale, nelle sue diverse varianti, è espressione di  un disordine e di una drammatica distorsione dell'ordine divino.  La nostra attenzione si soffermerà su sei brani: tre presenti  nell'Antico Testamento (Gn 19,1-25; Lv 18,22 e 20,13) e tre nel Nuovo  Testamento (Rm 1,26-27; 1Cor 6,9-11; 1Tm 1,8-11).

Genesi 19,1-25 e Levitico 18,22; 20,13

L'Antico Testamento  affronta la questione in due circostanze: nel primo caso abbiamo a che  vedere con un testo narrativo, nel secondo con due norme appartenenti  alla cosiddetta “legge di santità” che regola la vita sociale e  liturgica del popolo d'Israele.

Genesi 19,1-25. Il giudizio  dell'autore sacro sul comportamento degli abitanti di Sodoma è senza  appello. Nel fatto che giovani e vecchi chiedano con arroganza a Lot di  consegnare gli ospiti per poterne abusare sessualmente, il testo vede il  vertice di un disordine che esige un intervento radicale. Gli angeli si  recano a Sodoma con un obiettivo preciso: verificare se il grido che è  giunto a Dio corrisponda o meno alla realtà delle cose. Ciò viene  chiaramente espresso in Genesi 18,21: "Voglio scendere a vedere se proprio hanno fatto tutto il male di cui è giunto il grido fino a me; lo voglio sapere".  Al centro della questione non sta né il tema dell'ospitalità, né quello  della violenza su due stranieri, ma piuttosto quello di un male che ha  raggiunto il suo culmine e che viene espresso dalla scena di Genesi 19.  La gravità della situazione è ulteriormente enfatizzata dal fatto che  intorno alla casa di Lot si affollano "giovani e vecchi, tutto il popolo  al completo" (v.4). Il loro comportamento è tutt'altro che un dato  accessorio del racconto: è ciò che esprime la gravità del peccato degli  abitanti di Sodoma.

Levitico 18,22. Le norme del capitolo 18  vanno comprese alla luce del v.3: "Non agite secondo il costume del  paese d'Egitto, dove avete abitato, e non agite secondo il costume della  terra di Canaan, dove vi conduco". Nella cultura cananea la pratica  dell'idolatria giungeva a disordini tanto gravi da violare il diritto e  la morale familiare. È proprio la morale familiare che la legge di Dio  si propone di tutelare. Il comportamento di chi "giace con un uomo  come si giace con una donna" viene menzionato tra la venerazione di  Moloch e la bestialità, all'apice  dell'elenco.

Secondo il testo, il disordine introdotto da tali azioni  nell'equilibrio della creazione è tale che "la terra vomita i suoi  abitanti" (v.25). Lo stesso tono ricorre nel brano di Levitico 20,13.
La  radicalità presente nei testi anticotestamentari la ritroviamo nei  brani del Nuovo Testamento. Il riferimento all'originale greco diventa,  in tal caso, particolarmente prezioso.

Romani 1,26-27

Per  questo Dio li ha dati in balia di passioni degradanti (pathê atimias):  le loro donne (thêleiai) hanno scambiato il rapporto sessuale naturale  con quello contro natura (para physin); ugualmente gli uomini (arsenes),  lasciato il rapporto naturale con la donna, si sono infiammati (vb.  ekkaiomai) di passione smodata (orexei) gli uni verso gli altri,  compiendo turpitudine (aschemosynen) uomini con uomini, ricevendo in se  stessi il controsalario (antimisthian) debito al loro inganno (plane).

Paolo, in questo brano, è molto esplicito. Il comportamento omosessuale rientra in quelle "passioni degradanti"  che insidiano la dignità della persona umana. Questi due versetti  rappresentano l'unico punto in tutta la Bibbia in cui gli atti  omosessuali sono presi in considerazione nella loro duplice sfumatura: atti di uomini con uomini e atti di donne con donne.  Se è vero che Paolo ha appena stigmatizzato la stoltezza dell'uomo che,  aderendo all'idolatria, ha scambiato "la verità di Dio con la menzogna,  adorando e prestando un culto alle creature invece che al Creatore"  (1,25), è anche vero che obiettivo dei vv.26-27 è quello di mostrare a  quali distorsioni può essere esposto l'ordine della creazione, quando  l'uomo perde la verità ontologica di sé stesso e della realtà creata. Il  testo greco, usando i termini arsen/thely (maschio/femmina) invece di  gyne/aner (uomo/donna), evidenzia la rottura dell'ordine genesiaco,  ulteriormente sottolineata dalla duplice ripresa dell'espressione para  physin (contro natura). Il linguaggio dell'Apostolo è specifico: egli  ricorre a termini che compaiono solo qui in tutto il Nuovo Testamento:  ekkaiomai (infuocarsi) e orexis (libidine, passione smodata),  sottolineando la forza compulsiva che si può scatenare nell'uomo.

Altri  due sostantivi, aschemosyne (vergogna, azione turpe) e antimisthia  (letteralmente, contro-salario, falsa ricompensa), ripresi anche in  Apocalisse 16,15 e in 2Corinzi 6,13, evocano il circolo vizioso in cui  l'uomo si ritrova imprigionato. Significativo l'impiego del termine  plane (inganno) che dà una connotazione ironica all'inciso paolino: chi  aderisce a tali comportamenti è come se si trovasse doppiamente  ingannato, dalla propria passione e dall'offuscamento della verità.

1Corinzi 6,9-11

O  non sapete che gli ingiusti non erediterranno il regno di Dio? Non  lasciatevi ingannare: né immorali (pornoi), né idolatri, né adulteri, né  effemminati (malakoi), né maschi che si accoppiano con maschi  (arsenokoitai), né ladri, né avari, né ubriaconi, né maldicenti, né  rapinatori erediteranno il regno di Dio. E di tal fatta eravate alcuni  di voi; ma siete stati lavati, siete stati santificati, siete stati resi  giusti nel nome del Signore Gesù Cristo...

I dieci vizi  dell'elenco paolino, declinano la categoria degli adikoi, gli ingiusti.  Sei di questi vizi sono già stati menzionati in 1Corinzi 5,11. Il nuovo  elenco si distingue dal precedente per la minaccia ("non erediteranno il  regno di Dio") e per l'amplificazione della devianza nell'ambito  sessule e relazionale. Due sono i termini che ci interessano da vicino:  il termine arsenokoitai (che trova qui e in 1Timoteo 1,10 le uniche  menzioni di tutto il Nuovo Testamento) e il termine malakoi.

Arsenokoitai  è un vocabolo composto da arsen (maschio) e koite (letto, coito). Il  fatto che questo termine, in tutta la letteratura del I secolo, si trovi  solo nei testi paolini e in quelli del giudaismo della diaspora fa  supporre che esso derivi dai due testi di Levitico 18,22 e 20,13 in cui  si condanna tale comportamento sessuale. È comunque possibile che il  termine vada compreso anche nell'ambito della prostituzione maschile: in  ricorrenze successive al II secolo lo ritroviamo, infatti, accanto a  vizi o disordini di carattere economico.
Malakoi è un termine che si  riferisce, in senso ampio, alla effeminatezza: può riferirsi a uomini  pigri come a chi prende la vita alla leggera, ai codardi come a chi  indulge nel vino e nel sesso, a chi acconsente passivamente a rapporti  sessuali con altri uomini e ai ragazzi che cercano di rendersi più  attraenti davanti alla donne e agli uomini. Indica, in altre parole, un  complesso di comportamenti, atteggiamenti, abitudini che esprimono  nell'uomo la presenza di una “distonia” enfatizzata e rimarcata con  quella mascolinità che per natura gli è propria.

Pur manifestando  un giudizio radicale contro simili comportamenti, Paolo ricorda a chi  lo ascolta che un cammino di conversione è possibile. La comunità a cui  si rivolge ne è una prova: "Di tal fatta eravate alcuni di voi". L'adesione a Cristo rende possibile camminare oltre la ferite e le  distonie personali: la sua Grazia ha la forza di “lavare”,  “santificare”, “rendere giusti”, rinvigorendo una volontà che, ben  orientata, può contribuire efficacemente all'equilibrio personale e  relazionale.

1Timoteo 1,9-10

La legge non è istituita per  chi è giusto, ma per gli iniqui e i ribelli, per gli empi e i peccatori,  per i sacrileghi e i profanatori, per i parricidi e i matricidi, per  gli omicidi, i fornicatori, i maschi che si accoppiano con maschi (arsenokoitais), i mercanti di uomini, i mentitori, gli spergiuri e qualsiasi altro vizio che si opponga alla sana dottrina...

La  dichiarazione dell'autore sacro (in questo caso non si tratta di Paolo,  ma di un suo discepolo), ha come obiettivo quello di ribadire la totale  differenza tra la via additata da Cristo e quella additata dalla legge  mosaica. Se la prima ha introdotto nel mondo la logica della santità e  della Grazia, la seconda serve solo per contenere i danni delle bassezze  e dei disordini introdotti dall'uomo: l'elenco di tali disordini (ne  vengono menzionati ben 14!) riprende l'elenco del Decalogo, mostrando  come tali comportamenti siano totalmente in opposizione alla via  tracciata da Dio.

“...se condannò alla distruzione le città di Sodoma e Gomorra, riducendole in cenere,
perché servissero da esempio a quelli che in futuro sarebbero vissuti empiamente;
e se salvò il giusto Lot che era rattristato dalla condotta dissoluta di
quegli uomini scellerati” (2 Pi. 2:6,7).

La seconda citazione si trova nel libro del Levitico 18:22 “Non avrai con un uomo relazioni carnali come si hanno con una donna: è cosa abominevole”.

“Se uno ha con un uomo relazioni sessuali come si hanno con una donna, tutti e due hanno commesso una cosa abominevole; dovranno
essere messi a morte; il loro sangue ricadrà su di loro”
(Levitico 20:13)

Nell’Antico  Testamento l’attività omosessuale era fortemente associata a culti  religiosi idolatrici [vedi ad es. 1 Re 14:24: 15:12]. Vi è anche  prostituzione cultuale femminile. Di fatto, la parola “abominazione”,  usata in riferimento ad atti omosessuali nel Levitico, è una traduzione  della parola ebraica tow’ ebah,  descritta dai dizionari come indicante qualcosa di moralmente  disgustoso che ha forti valenze idolatriche. Per questo alcuni studiosi  credono che in Levitico la condanna riguardi soprattutto l’idolatria,  piuttosto che l’omosessualità in sé. Questa interpretazione, però, è  incerta e discutibile.

Si può anche citare Giudici 19:23-26 che presenta un fatto molto simile a quello di Sodoma: “Mentre  stavano rallegrandosi, ecco gli uomini della città, gente perversa,  circondarono la casa, picchiarono alla porta e dissero al vecchio, al  padrone di casa: «Fa’ uscire
quell’uomo che è entrato in casa tua, perché vogliamo abusare di lui!».
 Ma il padrone di casa, uscito fuori, disse loro: «No, fratelli miei, vi  prego, non fate una cattiva azione; dal momento che quest’uomo è venuto  in casa mia, non commettete quest’infamia!”. In questo caso l’oltraggio causa persino una guerra civile!

La Missione di AGAPO


AGAPO, Associazione Genitori e Amici di Persone Omosessuali,  è un'organizzazione di volontariato che fornisce, in una dimensione di  auto mutuo aiuto, supporto a famiglie e amici di persone care attratte  dallo stesso sesso, in difficoltà.
AGAPO è consapevole delle  frequenti problematiche legate all’omosessualità, oltre quelle causate  dall’omofobia; su questa base l’Associazione ritiene importante che  nella società venga riconosciuta la frequente sofferenza delle persone  con tendenza omosessuale  e dei loro familiari, senza che questa sofferenza venga negata e  nascosta dietro una generale banalizzazione dell’omosessualità.  
AGAPO  diffonde informazioni e conoscenze tese a creare condizioni in cui i  nostri figli, fratelli o amici con tendenza omosessuale possano fare  delle scelte veramente libere in armonia con tutte le sfere della loro  personalità.

Ecco qui sotto il video di Luca Di Tolve

Luca era gay e Cecchi Paone era etero
Continuiamo  a tenere su Youtube la testimonianza di Luca Di Tolve (ex-attivista  Arcigay ed ex-responsabile Turismo della stessa Arcigay qualche anno fa  passato da "gay" a "etero") perché riteniamo abbia gli stessi diritti di un Cecchi Paone che è passato da "etero" a "gay" (cfr ww.agapo.net).

Dio, nella Bibbia,  crea “differenziando”. Nel cuore della creazione c'è un processo di  separazione e differenziazione. Anche la crescita cellulare avviene in  questo modo: le cellule crescono dividendosi e differenziandosi. Dio  crea “separando”: la luce dalle tenebre, il giorno dalla notte, l'acqua  dalla terra ferma... Tale processo raggiunge il suo culmine nella  creazione dell'uomo e della donna.


Quando, nel sesto giorno, Dio  contempla l'opera della creazione, il suo sguardo è carico di stupore:  "Era cosa molto buona", specifica il testo, ponendo al centro della  nostra attenzione il disegno originario di Dio e la verità più profonda  dell'uomo e della donna. Pertanto, fin dalla sua prima origine, l'umanità è descritta come articolata nella relazione del maschile e del femminile.

Non  è certo una casualità che tra le modalità scelte da Dio per rivelarsi  al popolo lungo la paziente e sofferta pedagogia della storia della  salvezza, il riferimento all'alleanza tra l'uomo e la donna sia  particolarmente ricorrente. (vedi mappa sito)


Basti  anche solo pensare al Cantico dei Cantici, dove l'amore tra lo sposo e  la sposa rimanda all'amore infinito di Dio, oscillando continuamente  dall'esperienza umana a quella spirituale. Intriso di passione,  tenerezza, corporeità e concretezza, il Cantico, proprio per tale  motivo, è stato valorizzato per esprimere l'amore che unisce Dio al suo  popolo e Cristo alla Chiesa.  Il medesimo linguaggio riaffiora nelle pagine dei profeti (Isaia,  Ezechiele, Osea...): nelle loro parole, la nazione d'Israele viene  paragonata alla sposa che si allontana per cercare altrove la vita e la  felicità, mentre Dio assume i tratti dello sposo tradito, addolorato,  geloso, ma sempre profondamente legato all'umanità da lui plasmata.

La ferita del peccato


La  bontà del disegno originale di Dio resta esposta alle ferite del  peccato (cf Gn 3) il cui primo effetto è proprio quello di snaturare la  relazione, insidiando ciò che unisce l'umanità a Dio, e nell'umanità,  ciò che unisce l'uomo alla donna. Minacciato dal peccato, l'amore resta  adombrato dalla ricerca di sé e dall'istinto del dominio sull'altro. La  differenza e la complementarità originale diventano uno spazio abitato  dalla conflittualità e dall'accusa, ulteriormente aggravate dalla  disarmonia tra l'uomo e Dio. Questi elementi di disordine, descritti con  enorme finezza nelle pagine della Scrittura,  sono gli stessi che agiscono nella società contemporanea e che la  Chiesa individua in quella tendenza a cancellare ogni differenza tra ciò  che è propriamente maschile e femminile, considerando tale preziosa  eredità semplicemente come l'effetto di un condizionamento  storico-culturale. Le conseguenze che ne derivano sono gravi: esse  mettono in questione l'identità profonda della persona, la famiglia,  cellula fondamentale della società e l'ordinato esercizio della  sessualità.


L'ultima parola


Sarebbe, tuttavia, un grave  errore attribuire alla “ferita” o al peccato l'ultima parola. L'ultima  parola è il "Verbo fatto carne", Cristo, che assumendo la condizione  umana, l'ha sanata alla radice. In Cristo, la rivalità, l'inimicizia, la  violenza che sfigurano la relazione dell'uomo e della donna sono  superabili e superate: "distinti fin dall'inizio della creazione e  restando tali nel cuore stesso dell'eternità, l'uomo e la donna,  inseriti nel mistero pasquale del Cristo, non avvertono più la loro  differenza come motivo di discordia da superare con la negazione o con  il livellamento, ma come possibilità di collaborazione che bisogna  coltivare con il rispetto reciproco della distinzione" (Lettera ai  Vescovi della Chiesa Cattolica sulla collaborazione dell'uomo e della donna nella Chiesa e nel mondo, 12).

In  tal senso, il Nuovo Testamento non manca di riprendere l'immagine della  sposa e dello sposo indicando modelli in cui il disegno originale trova  compimento: basti pensare a Maria, nella cui femminilità viene  ricapitolata e trasfigurata la condizione di Israele; a Cristo, che  rivive con i credenti, le pagine del rapporto sofferto tra Dio e il  popolo. Si pensi anche al noto passaggio dell'apostolo Paolo che,  rivolgendosi ai fratelli di Corinto, si esprime in questi termini: "Io  provo per voi una specie di gelosia divina, avendovi promessi a un unico  sposo, per presentarvi quale vergine casta a Cristo" (2Cor 11,2). La  medesima immagine chiude l'intera storia biblica quando, nell'epilogo  dell'Apocalisse, la comunità-sposa e lo Spirito che la assiste implorano  la venuta del Cristo-sposo: "Vieni Signore Gesù" (Ap 22,20).

Distinti  fin dall'inizio della creazione, pertanto, il maschile e il femminile  appartengono ontologicamente ad essa e fanno della relazione  complementare quella "cosa molto buona" che permette al volto di Dio di  continuare a trasparire nella sua luminosità.

Informativa sulla privacy leggila cliccando qui
I testi sono liberamente e gratuitamente condivisibili ma non manipolabili
Torna ai contenuti