Che c'è tra me e te o donna? Nozze di Cana Significato Catechesi - Cristiani Cattolici: Pentecostali Apologetica Cattolica Studi biblici

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Che c'è tra me e te o donna? Nozze di Cana Significato Catechesi

Catechesi prima parte

Le nozze di Cana (Significato della frase che c'è tra me e te o donna?)

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Sant'Agostino

Quell’episodio serve forse a disprezzare Maria, o a farci prendere le distanze da lei, come apparentemente fece Gesù?
Gli argomenti in favore di questa interpretazione vengono sia dal contesto, dal senso e dalla logica, sia dalla filologia (lingua, traduzioni antiche, sintassi greca), sia ancora dall’esegesi patristica.
Un’offesa pubblica di Gesù a sua madre parrebbe tanto più assurda proprio nel Vangelo che si fonda sulla testimonianza oculare di quel Discepolo Amato a cui Gesù dalla croce aveva affidato Maria.
Anche le antiche versioni copte appoggiano questa interpretazione, in quanto rendono: “Che cosa ha a che vedere questo con me, e anche con te?”
Parimenti la sostiene un’indagine sistematica di tutte le attestazioni greche, dall’antichità alla Patristica, del costrutto ti+ pronome personale dativo + kai + dativo. In almeno due passi della Bibbia dei LXX (Settanta) 2Re 16,10 e 9,23, questo costrutto può essere inteso nel senso “Che cosa importa a me e a te?” in riferimento all’osservazione immediatamente precedente dell’interlocutore, esattamente come in Gv 2,4.
Già in Platone (Gorg. 455D2), del resto e poi in Porfirio (Abst 4.18), ti + dativo in una domanda significa “che cosa importa (a te/a noi?)”.

Ulteriori conferme vengono dall’esegesi patristica in una lettera di Teodoreto a Giustino, per questo autore, ti emoi kai soi significa “Che importa questo a me e a te?
E’ molto sorprendente il mondo in cui Maria deve comportarsi dopo la risposta di Gesù, piuttosto enigmatica. Gesù mostra un certo distacco dalla preoccupazione suggerita da sua madre, come se non fosse una question di sua competenza: "Che ho da fare con te, o donna? Non è ancora giunta la mia ora". Curiosamente Maria interpreta queste parole in senso positivo; infatti subito dopo dice ai servi di stare pronti a fare ciò che suo Figlio indicherà loro. Effettivamente, quando Gesù torna a parlar, ordina loro di riempire d’acqua le giare che si trovavano là per la purificazione dei giudei.
Altrettanto soprendente  è l’esagerata quantità d’acqua che Gesù trasforma in vino: se ogni giara conteneva due o tre misure, considerando che ogni misura attica equivaleva a 40 litri, ci troviamo di fronte all’esorbitante quantià di 480-720 litri. Non v’è dubbio: una simile quantità di vino per uno sposalizio nella città di Cana è del tutto inverosimile.
Infine, risulta soprendente anche la decisione e la sicurezza con cui Maria si rivolge a suo Figlio, quando richiede delicatamente il suo aiuto per evitare che agli sposi e ai loro familiari una simile umiliazione. Se teniamo presente il testo greco, questo sembra essere il primo miracolo di Gesù!
Ora nessuno lo ha ancora visto operare miracoli, come faceva Maria a sapere che sarebbe stato disposto a fare questo prodigio?
Il primo miracolo di Gesù fu quello di Cana?
Innanzitutto dovremmo esaminare con attenzione il testo greco del versetto finale, la cui versione strettamente letterale dice così: "Questo fece all’inizio dei segni/miracoli Gesù in Cana di Galilea"
Appare evindente che questa violenta redazione, separando il dimostrativo "questo" dal sostantivo "inizio", è decisamente intollerabile. Ma proprio il dimostrativo iniziale può indicarci come ricostruire l’originale aramaico scritto dall’evangelista.
In aramaico esistono solo due generi, maschile e femminile. Tuttavia, in alcune occasioni, uno dei due viene utilizzato per indicare il genere neutro, che non esiste nella grammatica aramaica.
E’ il caso del dimostrativo che appare all’inizio del versetto appena analizzato. Simultaneamente, il sostantivo "inizio" non era un complemento diretto del verbo "dare", bensì un accusativo indiretto che indicava il tempo degli avvenimenti. Pertanto abbiamo due errori di traduzione dell’originale aramaico, che danno luogo allo strano greco pervenutoci.
Ora, atteniamoci a queste osservazioni, la frase aramaica, con la quale l’evangelista chiudeva il suo racconto del miracolo di Cana, diceva:
"Questo fece all’inizio dei segni/miracoli Gesù in Cana di Galilea, e manifestò la sua gloria, e i suoi discepoli credettero in lui."
L’originale semitico, pertanto, non diceva che la trasformazione dell’acqua in vino durante le nozze di Cana fu il primo miracolo che Gesù compì nel suo ministero pubblico, bensì che fu realizzato all’inzio dei suoi miracoli. In questo modo il narratore ci porta a pensare che, prima di assistere alle nozze di Cana, Gesù avesse già realizzato alcuni miracoli; per questo sua madre, spontaneamente, vista la grave difficoltà in cui si trovavano gli sposi, pensò a suo Figlio e chiese il suo aiuto per porvi rimedio.
Nel testo greco, la risposta di Gesù contiene essenzialmente due gravi errori di traduzione. Nella prima metà, ciò che il traduttore considerò un pronome interrogativo, "che", in realtà era un avverbio di negazione, la cui traduzione avrebbe dovuto essere "non". Nella seconda metà della risposta di Gesù, il traduttore intepretò come un avverbio di negazione (la) ciò che in realtà era una particella enfatica, scritta con le stesse consonanti dell’avverbio, a cui in italiano equivalgono avverbi come "certamente", giustamente, ecc."; il contesto suggerisce di volta in volta la scelta più oppurtuna. Lo stesso dicasi per altri elementi aramaici della frase che, come accade in tutte le lingue, non hanno un solo significato, ma possono averne altri. In forza di quanto detto, la versione dell’originale aramaico delle parole con cui Gesù rispose a sua madre, a nostro giudizio è la seguente: "Non per me, bensì per te, donna, è giunta la mia ora."
Quanto vino fornì Gesù alle nozze di Cana?
Il racconto dice: "Vi erano la sei giare di pietra per la purificazione dei giudei, contenenti ciascuna due o tre misure"
Abbiamo già detto quanto sarebbe inverosimile pensare che Gesù avesse trasformato in vino più di seicento litri d’acqua, laddove ci attenessimo alla media delle quantità suggerite dall’evangelista. Dobbiamo comunque riconoscere che sarebbe altrettanto inverosimile supporre che coloro che avevano preparato il banchetto nuziale disponessero di così tanti litri d’acqua per la purificazione dei giudei. Peraltro risulta ugualmente inverosimile, e forse ancor di più, che ci fossero a portata di mano delle giare che potessero contenere una quantità d’acqua così spropositata.
Ancora una volta, questo dato così assurdo del greco non va imputato all’evangelista Giovanni, bensì a chi tradusse il suo vangelo dall’aramaico al greco.
Nella sua versione letterale, l’aramaico di questo versetto diceva:
"Vi erano là sei giare di pietra per la purificazione dei giudie, le quali contenavano un totale di due o tre misure" anche le sei giare hanno un significato ben preciso, nella Bibbia tutto ha un significato preciso, nulla è stato scritto per caso.
Quindi il significato della frase, ritraducendo a ritroso il greco in aramaico è questo:

"Che importa a me e a te o donna? Non per me, bensì per te, donna è giunta opportuna la mia ora."

In ogni ogni caso rifacendosi all’errata traduzione S. Agostino ci dice:
"Attraverso le stesse circostanze egli ci vuole suggerire qualcosa, poiché ritengo che non senza una ragione il Signore intervenne alle nozze. A parte il miracolo, il contesto stesso adombra qualche mistero, qualche sacramento. Bussiamo perché ci apra e c'inebri del vino invisibile. Anche noi eravamo acqua e ci ha convertiti in vino, facendoci diventare sapienti; gustiamo infatti la sapienza che viene dalla fede in lui, noi che prima eravamo insipienti. Credo sia proprio mediante la sapienza - non disgiunta dall'onore reso a Dio, dalla lode della sua maestà e dall'amore della sua potentissima misericordia - è proprio mediante la sapienza che potremo pervenire all'intelligenza spirituale di questo miracolo. 3. Di fronte a tanti prodigi compiuti per mezzo di Gesù Dio, c'è da meravigliarsi se l'acqua è mutata in vino per mezzo di Gesù uomo? Diventando uomo, egli non ha cessato di essere Dio: si è aggiunto l'uomo, non è venuto meno Dio. Chi ha compiuto questo prodigio è colui che ha creato tutte le cose. Non dobbiamo meravigliarci che Dio abbia fatto questo, ma piuttosto ringraziarlo perché lo ha fatto in mezzo a noi, e per la nostra salvezza.

[Lo sposo avanza.]
4. Invitato, il Signore si reca ad un festino di nozze. C'è da meravigliarsi che vada alle nozze in quella casa, lui che è venuto a nozze in questo mondo? Se non fosse venuto a nozze, non avrebbe qui la sposa. E che senso avrebbero allora le parole dell'Apostolo: Vi ho fidanzati ad uno sposo unico, come una vergine pura da presentare a Cristo? Che cosa teme l'Apostolo? Che la verginità della sposa di Cristo venga corrotta dall'astuzia del diavolo. Temo - dice - che come nel caso di Eva, il serpente nella sua astuzia corrompa i vostri sentimenti, deviandoli dall'amore sincero e casto verso Cristo. Il Signore ha qui, dunque, una sposa che egli ha redento col suo sangue, e alla quale ha dato come pegno lo Spirito Santo (2 Cor 11, 2-3; 1, 22). L'ha strappata alla tirannia del diavolo, è morto per le sue colpe, è risuscitato per la sua giustificazione (cf. Rm 4, 25). Chi può offrire tanto alla sua sposa? Offrano pure gli uomini quanto c'è di meglio al mondo: oro, argento, pietre preziose, cavalli, schiavi, ville, possedimenti: ci sarà forse qualcuno che può offrire il suo sangue? Se uno offrisse il suo sangue per la sposa, come potrebbe sposarla? Il Signore invece affronta serenamente la morte, dà il suo sangue per colei che sarà sua dopo la risurrezione, colei che già aveva unito a sé nel seno della Vergine. Il Verbo, infatti, è lo sposo e la carne umana è la sposa; e tutti e due sono un solo Figlio di Dio, che è al tempo stesso figlio dell'uomo.

Il seno della vergine Maria è il talamo dove egli divenne capo della Chiesa, e donde avanzò come sposo che esce dal talamo, secondo la profezia della Scrittura: Egli è come sposo che procede dal suo talamo, esultante come campione nella sua corsa (Sal 18, 6). Esce come sposo dalla camera nuziale e, invitato, si reca alle nozze.
5. Non è certo senza un motivo recondito che egli sembra non riconoscere la madre, dalla quale era uscito come sposo, quando le dice: Che c'è tra me e te, o donna? La mia ora non è ancora giunta (Gv 2, 4). Cosa significano queste parole? Ha forse presenziato alle nozze per insegnarci a disprezzare la madre? Era andato alle nozze d'un uomo che prendeva moglie per generare dei figli, e che certamente aspirava ad essere onorato dai figli che avrebbe generato. E Gesù avrebbe partecipato alle nozze per mancare di rispetto alla madre, mentre le nozze vengono celebrate e ci si sposa per avere dei figli, ai quali Dio comanda di rendere onore ai genitori? Certamente, fratelli, c'è qui nascosto un mistero. E si tratta di cosa tanto importante che taluni - contro cui, come già abbiamo ricordato, ci ha messo in guardia l'Apostolo dicendo: Temo che, come nel caso di Eva, il serpente nella sua astuzia corrompa i vostri sentimenti, deviandoli dall'amore sincero e casto verso Gesù Cristo (2 Cor 11, 3) - i quali, contraddicendo il Vangelo, sostengono che Gesù Cristo non è nato da Maria Vergine, credono d'aver trovato una conferma al loro errore proprio in queste parole del Signore. Come poteva essere sua madre - essi dicono - colei alla quale Cristo disse: Che c'è tra me e te, o donna? Bisogna rispondere a costoro spiegando il significato della frase del Signore, affinché non credano d'aver trovato, sragionando, un argomento contro la fede, che corrompa la purezza della sposa vergine, cioè la fede della Chiesa. E davvero si corrompe, o fratelli, la fede di coloro che preferiscono la menzogna alla verità. Costoro infatti che credono di onorare Cristo negando la realtà della sua carne, lo fanno passare per bugiardo. Coloro che costruiscono negli uomini la menzogna, che altro eliminano da essi se non la verità? Vi introducono il diavolo e ne escludono Cristo; vi fanno entrare l'adultero e ne fanno uscire lo sposo. Sono paraninfi o, meglio, agenti del diavolo: con le loro parole aprono la porta al diavolo e scacciano Cristo. In che modo il serpente s'impossessa dell'uomo? Facendo sì che l'uomo ceda alla menzogna. Quando la menzogna domina, domina il serpente; quando la verità domina, domina Cristo. Egli infatti ha detto: Io sono la verità (Gv 14, 6); del diavolo invece ha detto: Non rimase nella verità, perché in lui non c'è verità (Gv 8, 44). Ora, Cristo è talmente la verità che tutto in lui è vero: Egli è il vero Verbo, Dio uguale al Padre, vera anima, vera carne, vero uomo, vero Dio; vera è la sua nascita, vera la sua passione, la sua morte, la sua risurrezione. Se neghi una sola di queste verità, entra il marcio nella tua anima, il veleno del diavolo genera i vermi della menzogna, e nulla rimarrà integro in te.
6. Qual è, dunque, il significato della frase del Signore: Che c'è tra me e te, donna? Forse in ciò che segue il Signore ci mostra perché si è espresso così: Non è ancora giunta la mia ora. Questa è, infatti, l'intera frase: Che c'è tra me e te, donna? Non è ancora giunta la mia ora. Cerchiamo di capire perché si è espresso così. Prima, però, confutiamo gli eretici. Che cosa dice l'inveterato serpente, l'antico istigatore e iniettatore di veleni? Che cosa dice? Che Gesù non ebbe per madre una donna. Come puoi provarlo? Con le parole, tu mi dici, del Signore: Che c'è tra me e te, donna? Ma, rispondo, chi ha riportato queste parole, perché possiamo credere che davvero si sia espresso così?

Chi? L'evangelista Giovanni. Ma è proprio l'evangelista Giovanni che ha detto: E la madre di Gesù si trovava là. Questo è infatti il suo racconto: Il terzo giorno in Cana di Galilea si celebrò un festino di nozze, e la madre di Gesù si trovava là. Alle nozze fu invitato anche Gesù con i suoi discepoli (Gv 2, 1-2). Abbiamo qui due affermazioni dell'evangelista. Egli dice: la madre di Gesù si trovava là; ed egli stesso riferisce le parole di Gesù a sua madre. Affinché voi possiate custodire la verginità del cuore di fronte alle insinuazioni del serpente, notate, o fratelli, come nel riferire la risposta di Gesù a sua madre, l'evangelista cominci col dire: Sua madre gli dice... Nella medesima narrazione, nel medesimo Vangelo, il medesimo evangelista riferisce: La madre di Gesù si trovava là, e: Sua madre gli disse. Di chi è questa narrazione? Dell'evangelista Giovanni. E che cosa Gesù risponde alla madre? Che c'è tra me e te, o donna? Ed è lo stesso evangelista Giovanni a narrarcelo. O evangelista fedelissimo e veracissimo, tu mi racconti che Gesù disse a sua madre: Che c'è tra me e te, donna? Perché hai dato l'appellativo di madre a colei che non riconosce tale? Tu infatti hai detto che là si trovava la madre di Gesù, e che sua madre gli disse... Perché non hai detto piuttosto: Là si trovava Maria, e Maria gli disse? Tu riferisci tutte e due le espressioni: e sua madre gli disse, e Gesù le rispose: Che c'è tra me e te, donna? Perché questo, se non perché tutte e due le espressioni sono vere? Gli eretici, invece, credono all'evangelista quando narra che Gesù disse a sua madre: Che c'è tra me e te, donna?, e non vogliono credere all'evangelista che riferisce: Là si trovava la madre di Gesù, e sua madre gli disse... Ebbene, chi è che resiste al serpente e custodisce la verità, e la cui integrità spirituale non è violata dall'astuzia del diavolo? Certamente chi ritiene vere ambedue le cose: che là si trovava la madre di Gesù, e che Gesù rispose a sua madre in quel modo. Se ancora non riesci a capire come mai Gesù abbia risposto: Che c'è tra me e te, donna?, tuttavia credi che Gesù ha detto queste parole, e che le ha dette a sua madre. Se la fede è fondata sulla pietà, anche l'intelligenza raccoglierà il suo frutto.
[Cercate la verità senza polemizzare.]

7. Domando a voi, fedeli cristiani: C'era la madre di Gesù alle nozze? Voi rispondete che c'era. Come lo sapete? Voi rispondete: Lo dice il Vangelo. Che cosa rispose Gesù a sua Madre? Voi dite: Che c'è tra me e te, donna? Non è ancora giunta la mia ora. E anche questo come lo sapete? Voi rispondete: Lo dice il Vangelo. Che nessuno vi corrompa questa fede, se volete conservare per lo sposo una casta verginità. Se poi qualcuno vi domanda perché Gesù rispose così a sua madre, parli chi è riuscito a capire; e chi non è ancora riuscito a capire, creda fermissimamente che Gesù ha dato questa risposta, e l'ha data a sua madre. Questo spirito di pietà gli otterrà anche di capire il senso di quella risposta, se busserà pregando, e non si accosterà alla porta della verità solo discutendo. Soltanto eviti, mentre ritiene di sapere o si vergogna di non sapere il motivo di quella risposta, di ridursi a credere che l'evangelista riferendo che là si trovava la madre di Gesù, ha mentito; oppure che Cristo ha sofferto per le nostre colpe una morte fittizia, ha mostrato per la nostra giustificazione false cicatrici, ed ha affermato il falso quando disse: Se voi rimanete nella mia parola, siete veramente miei discepoli; e conoscerete la verità, e la verità vi farà liberi (Gv 8, 31-32).

Perché se la madre è fittizia, fittizia è la carne, fittizia è la morte, fittizie le ferite della passione, fittizie le cicatrici della risurrezione; allora non sarà la verità a liberare quelli che credono in lui, ma piuttosto la falsità. E invece la falsità ceda il passo alla verità, e siano confusi tutti quelli che vorrebbero sembrare veraci proprio mentre si sforzano di dimostrare che Cristo è menzognero, e non vogliono sentirsi dire: - Non vi crediamo perché mentite -, mentre loro vanno dicendo che la verità stessa ha mentito. Se poi domandiamo a costoro come fanno a sapere che Cristo ha detto: Che c'è tra me e te, donna?, essi rispondono che hanno creduto al Vangelo. Ma perché allora non credono al Vangelo, quando dice: là si trovava la madre di Gesù, e sua madre gli disse...? Che se dicendo questo il Vangelo mentisce, come gli si può credere quando riferisce le parole di Gesù: Che c'è tra me e te, donna? Non farebbero molto meglio, questi miserabili, a credere sinceramente che il Signore ha dato questa risposta a sua madre e non ad una estranea? e cercare religiosamente il senso di questa risposta? C'è infatti una grande differenza tra chi dice: - Vorrei sapere perché Cristo ha risposto così a sua madre -, e chi dice: - Io so che questa risposta Cristo non l'ha data a sua madre -. Altro è voler chiarire ciò che è oscuro, altro è rifiutare di credere ciò che è chiaro. Chi dice: - Voglio sapere perché Cristo ha risposto così a sua madre -, desidera gli sia chiarito il Vangelo, al quale crede; chi invece dice: - So che Cristo non ha dato questa risposta a sua madre -, accusa di menzogna il Vangelo, dal quale ha appreso che Cristo ha risposto così.

[Fede e intelligenza.]
8. E adesso, fratelli, che abbiamo risposto a costoro, che nella loro cecità son destinati a rimanere nell'errore fin quando umilmente accetteranno di essere guariti, se volete, noi cercheremo di sapere perché nostro Signore abbia risposto in quel modo a sua madre. Caso unico, egli è nato dal Padre senza madre, dalla madre senza padre: senza madre come Dio, senza padre come uomo; senza madre prima dei tempi, senza padre nella pienezza dei tempi. Questa risposta l'ha data proprio a sua madre, perché là c'era la madre di Gesù, e la madre di Gesù gli disse... Tutto questo lo dice il Vangelo. Dal Vangelo sappiamo che là c'era la madre di Gesù, e dallo stesso Vangelo sappiamo che Gesù disse a sua madre: Che c'è tra me e te, donna? Non è ancora giunta la mia ora. Crediamo tutto, e mettiamoci a cercare ciò che ancora non abbiamo capito. E anzitutto state attenti che, come i manichei han trovato pretesto alla loro incredulità nel fatto che il Signore disse: Che c'è tra me e te, donna?, così gli astrologhi non trovino pretesto per la loro ciarlataneria nel fatto che il Signore disse: Non è ancora giunta la mia ora.

Se il Signore ha detto questo nel senso degli astrologi, noi abbiamo commesso un sacrilegio bruciando i loro scritti. Se, invece, abbiamo fatto bene, seguendo il costume del tempo degli Apostoli (cf. At 19, 19), è perché le parole del Signore: Non è ancora giunta la mia ora, non sono da interpretare nel senso che pretendono loro. Infatti, questi ciarlatani, sedotti e seduttori, vanno dicendo: Come vedete, Cristo era soggetto al fato, poiché dice: Non è ancora giunta la mia ora. A chi risponderemo prima: agli eretici, o agli astrologi? Sia gli uni che gli altri provengono dal serpente, e si propongono di violare la verginità spirituale della Chiesa, che consiste nell'integrità della sua fede. Se volete, prima rispondiamo a coloro ai quali per primi mi sono riferito, ai quali peraltro in gran parte abbiamo già risposto. Ma affinché non pensino che noi non sappiamo che dire in merito alla risposta che il Signore ha dato a sua madre, vi vogliamo documentare meglio contro di loro; perché, a confutarli, credo bastino le cose già dette.

9. Perché dunque il figlio ha detto alla madre: Che c'è tra me e te, donna? Non è ancora giunta la mia ora? Nostro Signore Gesù Cristo era Dio e uomo. Come Dio non aveva madre, come uomo l'aveva. Maria, quindi, era madre della carne di lui, madre della sua umanità, madre della debolezza che per noi assunse. Ora, il miracolo che egli stava per compiere, era opera della sua divinità, non della sua debolezza: egli operava in quanto era Dio, non in quanto era nato debole. Ma la debolezza di Dio è più forte degli uomini (1 Cor 1, 25). La madre esigeva un miracolo ed egli, accingendosi a compiere un'opera divina, sembra insensibile ai sentimenti di tenerezza filiale.

E' come se dicesse: Quel che di me compie il miracolo, non l'hai generato tu: tu non hai generato la mia divinità; ma siccome hai generato la mia debolezza, allora ti riconoscerò quando questa mia infermità penderà dalla croce. E' questo il senso della frase: Non è ancora giunta la mia ora. Sulla croce riconobbe la madre, lui che da sempre la conosceva. Conosceva sua madre prima di nascere da lei, quando la predestinò; e prima di creare, come Dio, colei della quale come uomo sarebbe stato creatura.

Tuttavia, in una certa ora misteriosamente non la riconosce, e poi in un'altra ora, che ancora doveva venire, di nuovo misteriosamente la riconosce. La riconobbe nell'ora in cui stava morendo ciò che ella aveva partorito. Moriva, infatti, non il Verbo per mezzo del quale Maria era stata creata, ma la carne che Maria aveva plasmato; non moriva Dio che è eterno, ma la carne che è debole. Con quella risposta, dunque, il Signore vuole aiutare i credenti a distinguere, nella loro fede, la sua persona dalla sua origine temporale. E' venuto per mezzo di una donna, che gli è madre, lui che è Dio e Signore del cielo e della terra. In quanto Signore del mondo, Signore del cielo e della terra, certamente egli è anche Signore di Maria; in quanto creatore del cielo e della terra, è anche creatore di Maria; ma in quanto nato da donna e fatto sotto la legge (Gal 4, 4) - secondo l'espressione dell'Apostolo -, egli è il figlio di Maria. E' ad un tempo Signore e figlio di Maria, ad un tempo creatore e creatura di Maria. Non meravigliarti del fatto che è ad un tempo figlio e Signore: Vien detto figlio di Maria come vien detto figlio di Davide, ed è figlio di Davide perché è figlio di Maria. Ascolta la testimonianza esplicita dell'Apostolo: Egli è nato dalla stirpe di Davide secondo la carne (Rm 1, 3). Ma egli è altresì il Signore di Davide. E' lo stesso Davide che lo afferma. Ascolta: Parola del Signore al mio Signore: Siedi alla mia destra (Sal 109, 1). Gesù pose i Giudei di fronte a questa testimonianza, e con essa li ridusse al silenzio.

Come dunque egli è insieme figlio e Signore di Davide (Mt 22, 45), figlio secondo la carne e Signore secondo la divinità, così è figlio di Maria secondo la carne e Signore di Maria secondo la maestà. E poiché Maria non era madre della divinità, e il miracolo che ella chiedeva doveva compiersi in virtù della divinità, per questo disse: Che c'è tra me e te, donna? Non credere però, o Maria, che io voglia rinnegarti come madre; gli è che non è ancora giunta la mia ora; allora, quando l'infermità di cui sei madre penderà dalla croce, io ti riconoscerò. Ecco la prova di questa verità. Narrando la passione del Signore, il medesimo evangelista, che conosceva la madre del Signore e che come tale ce l'ha presentata in queste nozze, dice così: Stava là, presso la croce, la madre di Gesù, e Gesù disse a sua madre: Donna, ecco tuo figlio; poi al discepolo: Ecco tua madre (Gv 19, 25-27). Affida la madre al discepolo; affida la madre, egli che stava per morire prima di lei e che sarebbe risorto prima che ella morisse: egli, uomo, raccomanda ad un uomo una creatura umana. Ecco la natura umana che Maria aveva partorito. Era venuta l'ora alla quale si riferiva quando aveva detto: Non è ancora giunta la mia ora."

Perché Gesù, affida la madre a Giovanni, quando Egli sapeva che dopo appena tre giorni sarebbe risuscitato? Egli stesso avrebbe potuto prendersi cura della madre, sapeva pure che dopo cinquanta giorni avrebbe mandato il Consolatore, che avrebbe fortificato tutti i credenti, e allora che senso ha l’affidamento di Giovanni a Maria e di Maria a Giovanni?
E’ chiaro che Gesù con quelle parole ha voluto affidare la Chiesa nascente a Sua madre, questo come Dio,  come uomo invece prega Giovanni di prendersi cura di Maria sua madre e della stessa Chiesa nascente.
Ma come mai l’evangelista ci racconta l’episodio delle nozze, senza che parli sufficientemente degli sposi? I primi due versetti introducono i personaggi del racconto e i loro rapporti reciproci. Le circostanze (le nozze) sono esposte senza che si parli, come ci si aspetterebbe, degli sposi. La sposa non viene mai nominata e lo sposo interviene soltanto in seguito a una confusione del direttore di mensa.

Gli altri personaggi sono Gesù, la madre di Gesù, i suoi discepoli, i servi, il direttore di mensa. Si nota che tutti i personaggi sono presentati in riferimento a Gesù: sua madre, i suoi discepoli. I discepoli non hanno nessun ruolo attivo, ma sono tuttavia importanti come testimoni della scena e come oggetto di una trasformazione: alla fine divengono credenti.

Scena 1°: Gesù e sua madre (vv. 3-4). La mancanza di vino, elemento costitutivo di una festa di nozze, è il punto di partenza del racconto. Nelle nozze ebraiche, che duravano una settimana, bisognava prevedere una quantità sufficiente di bevande.
La madre di Gesù (chiamata sempre così nel vangelo di Giovanni) prende l’iniziativa d’intervenire. Lo fa, non con una domanda diretta, ma attraverso un’affermazione (il che, nel vangelo di Giovanni, è spesso la forma rispettosa della richiesta). Così Marta e Maria chiedono a Gesù d’intervenire: "Colui che tu ami è ammalato" (11,3). Di norma era compito del direttore di mensa (e anzitutto dello sposo) di prevedere questi dettagli. Non è certamente per caso se, nello schema di cui sopra, la scena tra sua madre e Gesù è parallela alla scena tra il direttore di mensa e lo sposo.
A Cana la madre di Gesù è divenuta la prima sua discepola, perché per fede gli chiese il suo intervento, fu la prima ad avere fede nel Figlio.

Scena 2°: La madre di Gesù e i servi (5-6). La parola della madre di Gesù ai servi attesta che Maria ha compiuto quel superamento al quale la invitava Gesù. "Fate quello che vi dirà". La frase manifesta l’adesione incondizionata; la madre carnale diviene così la prima dei discepoli.

Scena 3°: Gesù e i servi (vv. 7-8a). Nello schema che abbiamo proposto, questa scena è isolata: è il segno che occupa il posto centrale. L’evangelista insiste come se descrivesse al rallentatore le diverse azioni, gli ordini e la loro esecuzione: "Riempite le giare di acqua". Le riempirono fino all’orlo. Dice loro: "Ora attingete e portatene al direttore di mensa". Essi ne portarono (7-8). E’ il tempo del compimento delle meraviglie: la mancanza che ha dato origine al racconto è colmata; tutto potrebbe così concludersi nella gioia e nella festa.

Scena 4°: Il direttore di mensa e i servi (vv. 8b-9a). In realtà comincia adesso il malinteso. Il direttore di mensa "non sapeva donde veniva" il vino. L’origine misteriosa dell’acqua divenuta vino rimanda all’origine misteriosa di Gesù e dei suoi doni. I servi, simbolo dei credenti che obbediscono alla parola, sono qui contrapposti al direttore di mensa: essi sapevano. Ecco contrapposti i sapienti scribi ebrei agli umili servi, i primi non capirono, i secondi conobbero la verità. Cristo si rivela per prima ai servi, il direttore di mensa che doveva essere (umanamente, logicamente) il primo ad essere avvisato non sapeva donde venisse quel vino, i servi sì.

Scena 5°: Il direttore di mensa e lo sposo (vv. 9b-10). Guardiamo il prospetto tracciato all’inizio di questo commento: il direttore di mensa e lo sposo corrispondono alla madre di Gesù e a Gesù: il malinteso è al colmo. Il direttore di mensa ignora che qualcuno si è sostituito a lui nelle sue funzioni; ignora anche che lo sposo non è quello che egli crede. Non sa e si contenta ricordando "quel che di fa di solito", (prima si offre il vino buono, e poi quando gli ospiti sono meno lucidi, si offre quello meno buono). Ciò che è accaduto è il contrario del ripetitivo e per vederlo bisogna saper superare "quel che si fa di solito".

L’accenno alle sei giare vuote indica simbolicamente che le nozze tra Israele e il suo Dio sono giunte a un punto morto: la cifra sei indica imperfezione (sette meno uno). Inoltre il dialogo tra Gesù e sua madre ricorda, nei suoi termini, altri dialoghi nell’Antico Testamento. Quando l’Egitto manca di pane, il faraone invita il popolo a rivolgersi a Giuseppe: "Poi tutta la terra d’Egitto incominciò a sentire la fame, ed il popolo gridò al faraone per il pane. Allora il faraone disse a tutti gli egiziani: "Andate da Giuseppe, fate quello che vi dirà" (Gn 41,55). Così Gesù appare come il nuovo Giuseppe che fa mangiare il popolo e che permette di passare dalla penuria alla sovrabbondanza. Ma l’accostamento più evidente sembra essere Es 19,8, in cui il popolo aderisce all’alleanza in questi termini: "Tutto quello che il Signore ha detto, noi lo faremo". La madre di Gesù è allora il simbolo del nuovo Israele.

Il miracolo di Cana è scritto a uso dei credenti che hanno fatto l’esperienza pasquale e che hanno rotto i ponti con il giudaismo, come traspare dalla costruzione del racconto. L’inizio e la conclusione situano il lettore in un contesto pasquale: il terzo giorno, qui tradotto "tre giorni dopo" (2,1) evoca la risurrezione, in cui si è rivelata la gloria (2,11) di Gesù e in cui la fede dei discepoli è divenuta totale. L’insieme del racconto descrive in che modo in Gesù si attua il passaggio dal giudaismo al cristianesimo. Il giudaismo, con il quale i primi cristiani hanno rotto i ponti, è qui presentato come un movimento religioso in via di esaurimento. Le sei giare destinate alla purificazione dei giudei sono vuote; i responsabili (lo sposo e il direttore di mensa) della festa di nozze sono imprevidenti: il festino messianico è sul punto di restare in secca. Per di più, quando Gesù interviene, dando alle nozze un prolungamento inaspettato e meraviglioso, il direttore di mensa e lo sposo (immagine d’Israele) sono incapaci di accogliere la novità che si offre in Gesù: il direttore di mensa si contenta di volgersi verso il passato e di ripetere "quello che si fa di solito".

La madre di Gesù è presente: è colei grazie alla quale la festa tra Dio e l’umanità ridiventa possibile. Conduce il nuovo Israele (simboleggiato qui dai servi) verso Gesù, ma nel fare ciò diventa ella stessa la donna, immagine del nuovo Israele, che si sottomette a suo figlio: "Fate quello che vi dirà". La quantità e la qualità eccezionale del vino significano che la festa messianica è cominciata e che ormai il vino non potrebbe mancare. "Hanno bevuto tutto? – si domandava un padre della Chiesa. – No, perché noi ne beviamo ancora." (cf commento al vangelo di Giovanni, di Alain Marchadour, ed. San Paolo).
Fratelli, con umiltà chiniamoci di fronte alla profondità della Parola di Dio, e ammettiamo la nostra passata ignoranza!
Tutta questa sublimità, i comuni e semplici fedeli protestanti (ma anche tantissimi cattolici) l’avevano intravista in questi versetti?

Avete visto che profondità ha la Parola di Dio?
Gesù che ci insegna ad onorare i nostri genitori come poteva mancare di rispetto a sua madre?
Solo studiando le espressioni linguistiche di quei tempi si può capire il vero significato di quel titolo "donna". Maria nelle nozze di Cana indirizza il popolo verso suo Figlio, dicendo "fate ciò che Egli vi dirà". Queste parole vanno ben al di là della semplice apparenza, perché dimostrano innanzitutto la fede di Maria, la quale crede che Gesù sia capace di fare quel prodigio, e poi sottolineano anche la sua figura che indirizza il popolo verso suo Figlio. E’ interessante notare pure come qui i presunti fratelli carnali di Gesù (presunti figli di Maria) non vengono menzionati, come mai? Di questo argomento ne parleremo nell’apposito capitolo.
(s. Agostino)


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